NICCOLINI, Pietro
NICCOLINI, Pietro. – Nacque il 5 settembre 1572 a Firenze da Lorenzo e Isabella Corsi.
La famiglia patrizia apparteneva ai vertici del sistema di potere mediceo: suo padre era membro dell’Accademia fiorentina e, dal 1588, senatore della Repubblica; il cugino Giovanni Niccolini rivestì dal 1587 la carica di ambasciatore presso la corte pontificia.
In virtù di una complessa strategia di affermazione familiare, fin dalla giovinezza fu avviato alla carriera ecclesiastica all’interno della Chiesa toscana. Iniziati nel 1592 gli studi di diritto all’Università di Pisa, fu promosso alla prima tonsura e all’ordine dell’ostiariato dal vescovo di Fiesole Alessandro Marzi Medici il 6 gennaio 1597. Qualche mese dopo, grazie all’interessamento di Giovanni, che si adoperò presso l’arcivescovo di Firenze Alessandro de’ Medici, riuscì a ottenere anche un canonicato della cattedrale fiorentina. Nel 1600 aggiunse a queste prebende il beneficio di S. Niccolò nella chiesa di S. Simone di Firenze.
Laureatosi in utroque iure il 14 dicembre 1597, iniziò il suo cursus honorum ecclesiastico. Il primo incarico di rilievo fu la nomina a vicario generale della diocesi di Fiesole, ratificata dal vescovo Marzi Medici il 17 luglio 1602. Dopo la partenza di Marzi Medici, nominato arcivescovo di Firenze nel 1605, Niccolini fu riconfermato come vicario dal successore Bartolomeo Lanfredini il 7 novembre 1605. La scelta di restare a Fiesole non indicava tuttavia una rottura con Marzi Medici, che, al contrario, il 4 luglio 1605, non ancora insediatosi sulla cattedra fiorentina, lo nominò auditore del proprio tribunale arcivescovile e poi, il 14 aprile 1607, vicario generale dell’arcidiocesi.
A Firenze si sviluppò il seguito della vita ecclesiastica di Niccolini, nominato arciprete della cattedrale il 3 dicembre 1613. Nonostante le possibilità di ottenere un episcopato, apertesi nel 1622 con la creazione della diocesi di S. Miniato, alla fine decise di restare a Firenze.
Sottostavano a questa decisione precisi calcoli di politica familiare, ricostruibili dall’epistolario intercorso tra Niccolini e il figlio di Giovanni, Francesco, dal 1621 residente dei Medici alla corte romana. Era stato Francesco a rendersi conto dell’occasione favorevole per ottenere la desiderata promozione di Niccolini al soglio episcopale: Francesco aveva caldeggiato la candidatura del cugino presso i granduchi; soltanto l’elevazione alla dignità arcidiaconale di Niccolini, il 21 febbraio 1622, aveva indotto il diplomatico, in accordo con i familiari, a rivedere le proprie mosse, dal momento che la nuova nomina lasciava sperare più larghi margini di manovra per conseguire un migliore collocamento rispetto a quello della diocesi sanminiatese, «chiesa [non] di gran rendita e di città principale» (Firenze, Archivio Niccolini di Camugliano, b. 248, ins. 5, lett. di Francesco, 3 settembre 1622).
Il tempo diede ragione alle oculate scelte dei Niccolini. Riconfermato vicario generale della diocesi alla morte di Marzi Medici, nel 1630, dal neoeletto arcivescovo Cosimo Bardi, Niccolini resse la cattedra fiorentina nel periodo successivo alla subitanea morte di Bardi, occorsa nel 1631, e infine fu consacrato arcivescovo di Firenze il 7 giugno 1632.
Appena entrato in carica, diede avvio a una serie di visite pastorali che interessarono l’intero territorio dell’arcidiocesi e si protrassero per tutti gli anni Trenta e i primi anni Quaranta del Seicento. Celebrò anche due sinodi diocesani, editi il primo nel 1637 e il secondo nel 1645. I biografi antichi hanno inoltre sottolineato l'opera caritativa in occasione della peste degli anni 1630-33: durante questo triennio particolarmente difficile per la città, Niccolini, da un lato, cercò di regolare l’attività del clero, per il quale preparò alcune regole da osservarsi nell’amministrazione dei sacramenti agli appestati secondo il modello borromaico degli Acta ecclesiae mediolanensis; dall’altro, cercò di dare una risposta devozionale all'epidemia, organizzando nel 1633 il trasferimento in città della popolare reliquia della Madonna dell’Impruneta. Sempre sul piano della pastorale, bisogna sottolineare il sostegno alla fondazione dell’Ospedale fiorentino di S. Dorotea de’ Pazzerelli, l’‘ospedale de’ pazzi’ di Firenze, avvenuta nel 1643 su progetto di padre Alberto Leoni. Lasciò ricordo di sé anche attraverso alcune opere di ammodernamento del palazzo arcivescovile: ampliò i locali dell’archivio nel 1642, costruì gli scantinati e sistemò il cortile della sua residenza.
Un momento di crisi dell’episcopato di Niccolini fu determinato dalla sua politica giurisdizionale, giudicata da Roma troppo accondiscendente nei confronti dei Medici. Causa della momentanea sfortuna dell'arcivescovo agli occhi della S. Sede fu la violazione dell’immunità ecclesiastica perpetrata ai danni della chiesa fiorentina dell’Annunziata nell’agosto 1639 dagli sbirri del bargello mediceo. Il conflitto, che generò subito tensione tra i centri del potere politico e quelli del potere ecclesiastico – arcivescovo e nunzio apostolico – fu risolto a favore dei Medici grazie alla tacita connivenza di Niccolini, che permise al granduca Ferdinando II di antedatare il decreto di arresto e di avvalersi del diritto di prevenzione per la detenzione dei criminali arrestati in chiesa. La soluzione adottata non risultò affatto gradita alla congregazione dell’Immunità, che scomunicò l'arcivescovo per non aver opposto adeguata resistenza alle ingerenze delle autorità laiche. La scomunica fu però presto tolta e Niccolini continuò la sua opera senza gravi scosse, anche se non vennero mai meno periodici sussulti nei rapporti con Roma causati da ricorrenti e inevitabili dispute di carattere giurisdizionale.
Altro terreno delicato di intervento ecclesiastico fu quello della lotta all’eterodossia: proprio nei primi anni dell’arcivescovado di Niccolini fu emessa la sentenza contro Galilei, filosofo della corte medicea, anche se pare che l'arcivescovo non abbia svolto un ruolo significativo nella vicenda, se non come censore del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, a cui rilasciò il vidit di stampa nel 1630 come vicario arcivescovile. Ben più grave, almeno nel contesto locale della città di Firenze, fu il caso di Pandolfo Ricasoli, patrizio fiorentino e canonico della cattedrale, condannato dall’inquisitore di Firenze e da Niccolini stesso nel corso di una cerimonia pubblica, il 24 novembre 1641, per le particolari forme di direzione spirituale adottate nei confronti di un circolo di donne devote. La partecipazione di Niccolini al processo risulta tuttavia solo di sostegno e di affiancamento all’azione inquisitoriale e, ancora una volta, non indica un intervento sostanziale dell’arcivescovo in un procedimento che coinvolgeva direttamente personaggi di prima grandezza nel panorama locale.
Morì a Firenze il 1° dicembre 1651 e fu sepolto nella cattedrale.
Fonti e Bibl.: Firenze, Arch. arcivescovile, Filze di cancelleria 15-20; Libri di cancelleria 10-12; Mensa arcivescovile, II s., 197; Ibid., Arch. Niccolini di Camugliano, Fondo antico, 28-29, 248-249; Arch. di Stato di Firenze, Miscellanea medicea, 105 ins. 19, 226, 305 ins. 6, 341 ins. 4, 344 ins. 5; Decreta synodi dioecesanae florentinae habitae in metropolitana ecclesia die xvi mensis iulii MDCXXXVII, Firenze 1637; Decreta et acta Synodi dioecesanae florentinae habitae in metropolitana ecclesia XVII mensis maii anni MDCXLV, Firenze 1645; F. Ughelli, Italia sacra…, Venezia 1714, p. 192; L.G. Cerracchini, Cronologia sacra de’ vescovi e arcivescovi di Firenze, Firenze 1716, pp. 216-221; L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Niccolini, Firenze 1870, pp. 68 s.; K. Eubel, Hierarchia catholica …, IV, Münster 1935, p. 188; E. Barletti, Il palazzo arcivescovile di Firenze. Vicende architettoniche dal 1533 al 1895, Firenze 1989, p. 43; M.P. Paoli, «Nuovi» vescovi per l’antica città: per una storia della Chiesa fiorentina tra Cinque e Seicento, in Istituzioni e società in Toscana in età moderna, II, Roma 1994, pp. 748-786, in part. p. 774; G. Aranci, L’Archivio della Cancelleria arcivescovile di Firenze: inventario delle visite pastorali, Firenze 1998, ad ind.; C. Callard, L’inquisiteur, le prince et l’historien: l’année 1641 à Florence, in Dix-septième siècle, LI (1999), pp. 449-468; L. Roscioni, Il governo della follia: ospedali, medici e pazzi nell’età moderna, Milano 2003, p. 55; D. Edigati, Il ministro censurato: giustizia secolare e diritto d’asilo nella Firenze di Ferdinando II, in Annali di storia di Firenze, II (2007), pp. 115-150.