NICCOLINI, Pietro
Nacque a Ferrara il 22 gennaio 1866 da Antonio e da Francesca Bozzoli.
Il padre (Ferrara, 1825-1894), proprietario terriero e pretore, fu quasi ininterrottamente consigliere comunale nei primi due decenni postunitari e assessore facente funzione di sindaco dal settembre al dicembre 1870.
Iscritto alla facoltà di giurisprudenza dell’Ateneo ferrarese, Niccolini si laureò nel 1887 con una tesi dal titolo «L’evoluzione economica e il socialismo». Già prima della laurea era entrato nel mondo del giornalismo, collaborando assiduamente alla principale testata locale, la Gazzetta ferrarese diretta da Pacifico Cavalieri, al quale sarebbe poi subentrato.
Su posizioni liberali, nel 1889 fu eletto al Consiglio comunale di Ferrara e dal 1893 ricoprì il ruolo di assessore nella giunta municipale. Dal 1899 fu anche consigliere provinciale e a più riprese membro della giunta. Con un intervallo a cavallo fra i secoli, fu sindaco di Ferrara tra il 1897 e il 1902, a capo di una giunta di coalizione liberal-democratica.
Condizionata dalle specificità del Comune ferrarese, di vasta estensione e con territorio e popolazione rurali preponderanti, facilitata dalla situazione politica del capoluogo, che era ancora contenuta dalla mediazione dei notabili e non minacciata da socialisti e radicali, l'amministrazione Niccolini incarnò un modello tradizionale di governo. Pragmatica e gradualista, aliena da grandi progetti e dettagliati programmi ma attenta soprattutto all'equilibrio finanziario, realizzò la municipalizzazione del dazio di consumo, il potenziamento delle strade foresi, il bagno pubblico comunale, il collegamento ferroviario con la darsena fluviale, il servizio di tram a cavalli.
L'esperienza alla guida della città fruttò a Niccolini numerose cariche, che avrebbe mantenuto a lungo, come la direzione del Museo Schifanoia e la presidenza della Società Dante Alighieri. Durante il suo mandato maturò inoltre un dialogo con i cattolici, che avrebbe dato frutti più duraturi con le giunte clerico-moderate successive. Costretto a dare le dimissioni da sindaco per aver partecipato alle feste in onore dell’ascesa del ferrarese Giovanni Grosoli a presidente dell’Opera dei Congressi, nonostante lo scacco mantenne un vivo interesse alle questioni municipali: fu ancora consigliere comunale e pro-sindaco fra il 1907 e il 1908, ma soprattutto fu tra i protagonisti della nascita e della crescita dell'Associazione nazionale dei Comuni taliani (ANCI), di cui fu presidente tra il 1915 e il 1918.
Come evidenziava l’impegno nell’ANCI, l’azione politica di Niccolini andava travalicando i confini della città natia e della sua provincia. Nel novembre 1904, grazie ai voti cattolici, superò il candidato democratico Ruffoni, appoggiato dai socialisti, e fu eletto deputato del collegio di Ferrara. Cinque anni dopo fu confermato alla Camera, ma non mantenne il seggio nel 1913, quando si ritirò dal ballottaggio. Nel frattempo, tuttavia, tre conferenze avevano confermato la sua collocazione in seno al partito liberale, sancendo la sua statura politica nazionale (Per un programma politico, Firenze 1909; L'orientamento dei partiti, ibid. 1910; Alla vigilia del suffragio universale, Milano 1913).
L’impegno politico e amministrativo, così come parte significativa degli studi, furono ispirati a una costante attenzione verso gli interessi della proprietà terriera e dell’agricoltura, nel tentativo di una mediazione borghese dinanzi al divampare dello scontro di classe, particolarmente acuto nelle campagne ferraresi. Nel 1902 presiedette il congresso interprovinciale degli agricoltori, reclamando una risposta energica al conflitto e nuove istituzioni per la composizione delle vertenze (Ragione e programma di un congresso d'agricoltori, Ferrara 1902). Eletto al parlamento, si fece promotore di un Comitato centrale agrario di deputati e, mentre pubblicava un ampio e dettagliato studio su La questione agraria nella provincia di Ferrara (ibid. 1907), stese una proposta di legge (Sul contratto di lavoro nell'agricoltura e sulla disciplina degli scioperi, Roma 1908). Dal 1911 promosse le mutue agricole per l’assicurazione su infortuni, grandine e scioperi, impegno che gli valse un ruolo di consigliere presso le Assicurazioni Generali.
Nel Ferrarese, l’‘Olanda italiana’, l’agricoltura era strettamente connessa al regime delle acque e Niccolini fu dal 1912 alla testa del Consorzio di bonifica del secondo circondario, il Polesine di S. Giorgio, disteso a sud del Po di Volano, fra la città e le valli comacchiesi, teatro di notevoli prosciugamenti negli anni della sua gioventù.
Nel 1916 presentò un vasto progetto al Comitato tecnico dell’agricoltura (Per le bonifiche, Ferrara 1916) e, dopo averne promosso la formazione, fu vicepresidente della Federazione nazionale dei consorzi di bonifica.
Nonostante la residenza periferica, il ruolo politico nazionale di Niccolini fu consacrato durante la guerra dalla presidenza della Confederazione nazionale agraria e dalla formazione di un Segretariato agricolo nazionale, snodo essenziale per la mediazione fra interessi padronali e mobilitazione militare e civile.
Già cavaliere (1902) e commendatore (1910) dell’Ordine della Corona (poi grande ufficiale dal 1922), nel 1917 divenne ufficiale dell’Ordine Mauriziano. Nominato nel 1920 senatore del Regno, aderì al gruppo liberal-democratico e poi all’Unione democratica. Membro della commissione di vigilanza sul debito pubblico, dal 1921 entrò a far parte del Consiglio superiore dell’agricoltura e del Consiglio superiore del lavoro. Non aderì formalmente al fascismo (fu tesserato ad honorem), ma ne sostenne pubblicamente l’ascesa in funzione antisocialista e ne appoggiò attivamente l’operato da posizioni conservatrici e filoagrarie, celebrandone apertamente la funzione («ha marciato, ha trionfato, rinnovando a stupor del mondo la struttura dello Stato e l'anima del popolo italiano», Prefazione a L. Guarnieri, Fascismo e coscienza, Ferrara 1927).
Negli anni del regime fu vicepresidente del Consiglio superiore dell’economia nazionale (1926-29) e presidente della sezione agricola e forestale del Consiglio dell’economia corporativa (1927-1937); mise le sue competenze di studioso al servizio delle politiche rurali su temi centrali per l’economia ferrarese: già relatore della commissione ministeriale su Bietole e zucchero in Italia (Roma 1925), volle dare un contributo anche alla discussione su La bonifica integrale (ibid. 1932).
Negli stessi anni accrebbe i suoi interessi storici e letterari. Dal 1904 segretario della Deputazione ferrarese di storia patria, già autore di diversi contributi di storia locale ottocentesca, si dedicò alla ricerca sulle origini di Ferrara. Dopo aver dedicato uno studio a L'amore e l'arte di Dante (Ferrara 1921) e dopo aver scritto anche un romanzo (Villaretto, Bologna 1928), nonostante la forte miopia congenita andasse degenerando in cecità, nel 1933 chiuse con una lettura le celebrazioni ariostesche dell’Ottava d’oro e riunì in volume il suo bilancio di storia della critica ariostesca (Ariosto dopo il quarto centenario, Roma 1936).
A coronamento del ruolo di interprete della continuità della società ferrarese, confermata da due scritti di sintesi (Ferrara agricola, Ferrara 1926; Usi e consuetudini agrarie e commerciali della provincia di Ferrara, ibid. 1934) e dai contributi a una guida della città (Ferrara, ibid. s.d. [1930]), dal 1928, imposto dal fascismo locale, assunse la presidenza della Cassa di Risparmio, istituzione centrale nell’economia provinciale, di cui celebrò il centenario (La Cassa di Risparmio di Ferrara, ibid. 1938).
Visse sempre nella casa di famiglia in via de’ Romiti 13, nel centro medievale di Ferrara, dietro palazzo Paradiso, sede della Civica Biblioteca, e a pochi passi dalla sede dell'Archivio storico comunale. Nel giugno 1914 sposò la canavesana Vittoria Bevilacqua (Montanaro, 1874 - Ferrara, 1947), giunta da Torino nel 1900.
Morì a Ferrara il 16 ottobre 1939, e fu sepolto in certosa.
Dispose che alla morte della moglie i suoi beni costituissero un fondo per opere di beneficenza e per la conservazione e lo studio del patrimonio storico-artistico locale, istituto ancora attivo nella promozione della cultura ferrarese. Dal 1997 ne ricorda pubblicamente la figura una lapide posta sulla sua casa, oggi ridotta a un rudere.
Lettere di Niccolini sono reperibili in molti fondi epistolari nazionali, ma le carte private devono considerarsi perdute, salvo un residuo di carteggi (G. Muscardini, Una collezione di autografi presso i Musei civici d'arte antica di Ferrara, in Cartevive, 2003, n. 2, pp. 64-80), alcuni dei quali editi: G. Longhi, Cammin facendo su la mia contrada, Bologna 1972, pp. 49-57; Alfredo Oriani nel decennio di "formidabile attivita": 1892-1902. Lettere inedite a P. N., a cura di G. Muscardini, in Nuova Antologia, 2000, pp. 303-310; G. Muscardini, Florilegio di penne illustri. Il carteggio di P. N. con le personalità culturali del suo tempo: De Pisis, Fogazzaro, Medri, Jolanda, in Quaderni della Dante, 2003-04, n. 9, pp. 23-31; Sotto il paralume…: lettere di Jolanda a Giuseppe Agnelli e a P. N., a cura di G. Muscardini - F. Mellone, Ferrara 2008; P.N., Ferrara 1913; E. Savino, La nazione operante, Novara 1937, p. 323; P. N., Ferrara 1939; [R. Bernardello], P. N., Ferrara 1940 (che alle pp. 49-79 reca, per cura di G. Medri, la migliore bibliografia disponibile degli scritti di N., corredata da un elenco di manoscritti oggi perduti); R. Sgarbanti, Ritratto politico di Giovanni Grosoli, Roma 1959, pp. 300-302 e passim; A. Roveri, Dal sindacalismo rivoluzionario al fascismo: capitalismo agrario e socialismo nel Ferrarese, 1870-1920, Firenze 1972, passim; Id., Le origini del fascismo a Ferrara, 1918-1921, Milano 1974, pp. 107, 123, 157; P. Corner, Il fascismo a Ferrara, 1915-1925, Roma-Bari 1974, pp. 262, 292; P. Fracchia, Gli agrari ferraresi: un’imprenditoria «mutilata», in Padania, 1987, n. 1, pp. 111-122; A. Alaimo, La città assediata. Amministrazione comunale e finanze locali a Ferrara all'inizio del secolo (1900-1915), in Il governo delle città nell'età giolittiana, a cura di C. Mozzarelli, Trento 1992, pp. 23-75; S. Garuti, P. N., in Ferrara storia, 1998, nn. 12-13, pp. 51-53; O. Gaspari, L'Italia dei municipi, Roma 1998, passim; R. Parisini, Dal regime corporativo alla repubblica sociale, Ferrara 2005, passim.