MOSETIG, Pietro
– Nacque a Trieste nel 1833 da Antonio e da Luigia Gennaro.
Di famiglia impiegatizia, fu anche lui impiegato, prima a Trieste, come ispettore all’ufficio dei dazi civici, poi a Genova, alla succursale ferroviaria dei Giovi, come avrebbe ammesso in un corsivo, nel giugno 1892, offuscando un’immagine fondata sull’amor patriae e sulla congiunta passione per la stampa. La sua fama di patriota, in realtà, si costruì in due momenti posteriori alla proclamazione del Regno d’Italia, tra l’ultimo garibaldinismo e il primo irredentismo: partecipò alla battaglia di Bezzecca, il 21 luglio 1866, nella quale i volontari al comando di Garibaldi riportarono l’unica vittoria sugli austriaci della terza guerra d’indipendenza, e fu protagonista, con i fratelli Enrico e Giovanni Cairoli, della campagna garibaldina dell’Agro Romano, nel 1867, che si infranse a villa Glori e gli valse «il battesimo di una ferita» (Michel 1933, III, p. 662).
Il nesso tra giornalismo e milizia politica emerse a Trieste. Arrestato, e poi assolto, per i reati di «perturbazione di pubblica tranquillità» nel 1867 e di «tumulto» nel 1869, tra il 1874 e il 1878, quasi in concomitanza con la fondazione dell’Associazione in pro dell’Italia irredenta, Mosetig fu attivo nel Partito d’azione, che faceva capo a Matteo Renato Imbriani ed era formato dai 'rossi' Michele Eliseo, Giusto Muratti ed Edoardo Rascovich, presidente della Società operaia. Nel 1876 fu redattore con Francesco Pegan ed Eugenio Salvator de L’Avvenire, periodico popolare semi-mensile, quindicinale di lingua italiana, i cui unici tre numeri (apparsi fra il 7 ottobre e il 4 novembre) furono sequestrati, precedente che Mosetig non menzionò mai nella sua carriera giornalistica.
Dieci anni dopo fu a fianco del conte di Camposampiero, Ferruccio Macola, nella fondazione de Il Secolo XIX di Genova. Delle origini del quotidiano, che uscì il 25 aprile 1886 con l'ambizioso obbiettivo di battere la concorrenza de Il Secolo di Milano, si conservano poche tracce. Foglio di vocazione antigovernativa, schierato con la sinistra pentarchica di Giuseppe Zanardelli, Alfredo Baccarini e Benedetto Cairoli, e stilisticamente spinto verso il modello del New York Herald importato in Italia da Dario Papa, dovette rinunciare precocemente al programma politico e al disegno editoriale iniziali.
Mosetig, direttore amministrativo, lavorò alacremente per costruire l’azienda. Assicurò le inserzioni di quarta pagina, curò gli abbonamenti e i rapporti con i rivenditori e, nel febbraio 1887, procurò una nuova sede e il primo impianto tipografico, in Piazza S. Giorgio, con i mezzi del marchese Marcello Durazzo Adorno e della società di navigazione La Veloce. Non fece mancare sostegno all’armatore Enrico Cravero dei Cantieri navali La Foce, candidato alle elezioni dell’aprile 1886, e a Lazzaro Gagliardo, membro di spicco dell’ala pentarchica genovese e finanziatore del portavoce della dissidenza antitrasformistica, La Tribuna di Roma, e, infine, concesse attenzioni alla ditta Fratelli Casareto di Francesco che sarebbe diventata concessionaria esclusiva della pubblicità.
Il sodalizio con Macola si spezzò già alla fine del 1887. Le forzature politiche del conte avevano irrigidito la linea del quotidiano; il passaggio dalle fila dell’opposizione all’area della stampa filogovernativa aveva fiaccato l’impostazione giornalistica; e, in ultimo, anche la convenzione siglata con Giacomo Millo, presidente della Camera di commercio di Genova, pur garantendo la sopravvivenza della testata fino al luglio 1892 (attraverso un’entrata annua di 1800 lire), aveva ridotto Il Secolo XIX, dal numero del 1° gennaio 1888, a organo «ufficiale per gli atti della Camera di Commercio». Fu questo lo stato di cose che Mosetig dovette accettare nell’ottobre 1888, quando assunse la direzione del foglio.
Il suo lavoro fu irto di difficoltà. Mosetig collocò il giornale nell'area crispina, come è testimoniato dall’assunzione di Vincenzo Riccio, assai vicino allo statista siciliano, in qualità di corrispondente da Roma dal 1895, e dalle ripetute dichiarazioni di fedeltà alla politica africanista e triplicista. Nel 1893 il console francese a Genova, Théodore Meyer, affermò che il giornale era «l’organo della coalizione ibrida dei moderati e dei clericali, egualmente moderati» (Belardinelli, 1976, p. 159 n.; Milan, 1989, pp. 14 s.) e che esso riceveva sovvenzioni dalla prefettura nonché da emissari del corpo diplomatico tedesco al fine di amplificare la campagna antifrancese in città. Ma la tesi, pur fondata, non trova effettivi riscontri nella documentazione d'archivio in Italia.
La direzione di Mosetig conobbe una fase di declino a partire dal maggio 1893, quando il tribunale di Genova emise la sentenza nel processo intentato contro di lui da Prospero Aste e Pietro Guastavino, rispettivamente direttore-proprietario e redattore del Caffaro , l'altro giornale genovese che esprimeva le posizioni della sinistra costituzionale. La sentenza, pur prosciogliendolo dal «delitto di ingiuria» per prescrizione e non mettendo in discussione la sua onorabilità e il suo patriottismo, finì per minare la credibilità del quotidiano, che subì un ulteriore cedimento nel 1896, quando Mosetig, per compiacere il governo crispino, dette notizie distorte sulle operazioni militari italiane in Africa. Un anno dopo, l’8 marzo 1897, egli ufficializzò la cessione della proprietà del giornale e del relativo stabilimento tipografico.
Si trasferì a Milano, dove trascorse l'ultimo periodo della sua vita relativamente appartato, vedovo di Giovannina Tedeschi. Qui morì il 3 giugno 1911, nella Casa di salute S. Giuseppe di Milano, dove era stato ricoverato per disturbi cardiaci.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero dell’Interno, Gabinetto, Rapporti prefetti (1882-1894), b. 10, f. 28, sf. 5; Milano, Arch. di stato civile, Atto n. 523, Registro n.3, Parte II, Serie B, Anno 1911; Arch. di Stato di Trieste, Tribunale di Trieste-atti Penali, b. 3116, f. Assise 33/1879; Procura superiore di Stato, b. 125; Arch. di Stato di Genova, Tribunale Penale (I vers.) nr. 184. Necr. in Corriere della sera, 4 giugno 1911; A. Scocchi, Guglielmo Oberdan, Trieste 1926, pp. 91 s., 104 s.; G. Doria, Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, II (1883-1914), Milano 1973, ad ind.; M. Belardinelli, Un esperimento liberal-conservatore: i Governi di Rudinì (1896-1898), Roma 1976, p. 159 n.; S. Monti Orel, I giornali triestini dal 1863 al 1902, Trieste 1977, p. 264; M. Milan, La stampa periodica a Genova dal 1871 al 1900, Milano 1989, pp.14 s.; V. Castronovo, La stampa italiana dall’Unità al fascismo, Roma-Bari 1991, ad ind.; O. Freschi, Il Secolo XIX. Un giornale e una città, 1886-2004, Roma-Bari 2005, pp. 25-39; L. Garibbo, Politica, amministrazione, interessi a Genova (1815-1940), Milano 2000, pp. 96 s.; E. Michel, in Diz. del Risorgimento nazionale. Fatti e persone, a cura di M. Rosi, III, Milano 1933, p. 662.