MONTANI, Pietro
– Nacque a Cornogiovine, presso Lodi, il 31 ag. 1895 in una famiglia di musicisti, da Angelo ed Emilia Raggi.
Il padre aveva iniziato alle discipline musicali i suoi quattro figli: Pasquale, Giuseppe, Oreste e il Montani.
Pasquale (Cornogiovine, 22 maggio 1885 - Genova, 4 genn. 1971), dopo aver studiato pianoforte nel conservatorio G. Verdi di Milano, organo nel liceo musicale di Bologna e composizione nel liceo di Pesaro, dal 1918 al 1921 diresse l’istituto musicale G. Verdi di Genova, quindi divenne docente di pianoforte e direttore del liceo N. Paganini della stessa città. Giuseppe (Cornogiovine, 28 ott. 1888 - Vigevano, 12 dic. 1964) studiò presso il liceo musicale di Bologna, e divenne organista e direttore della Schola cantorum di Vigevano. Oreste (Cornogiovine, 5 apr. 1900 - Lodi, 23 dic. 1971), dopo un ciclo di studi con il fratello Pasquale, fu insegnante di canto corale e preside della scuola magistrale di Lodi.
Il M. si avvicinò allo studio della musica sotto la guida del padre e del fratello Pasquale. A Milano frequentò il conservatorio nella classe di composizione di V. Frazzi e l’Università locale. Diplomatosi giovanissimo, intraprese subito una brillante carriera concertistica che lo portò a esibirsi nelle principali sale da concerto italiane e straniere. Nel 1920 ottenne la cattedra di pianoforte al conservatorio L. Cherubini di Firenze, dove insegnò per dodici anni tenendo anche corsi di direzione d’orchestra. Nel 1932 divenne docente al conservatorio di Milano, rilevando la cattedra di pianoforte tenuta da G. Frugatta per quasi quarant’anni. La sua esperienza di insegnante nel conservatorio milanese si concluse nel 1965. Contemporaneamente all’impegno didattico, il M. portò avanti un’attività concertistica particolarmente intensa fino al 1939 circa. Dal 1945 al 1946 fu direttore della sezione musicale di Radio Firenze; in tale veste organizzò decine di concerti sinfonici e da camera, tenne settimanali conversazioni al microfono e, in compagnia del compositore italoamericano M. Braggiotti, ideò la rubrica Botta e risposta. Per la Rai condusse due fortunate trasmissioni radiofoniche, intitolate Interpretazione pianistica e Piccola enciclopedia musicale. Nel secondo dopoguerra cominciò a collaborare in maniera sempre più assidua con la casa editrice Ricordi.
Dal 1951 al 1957 diresse Ricordiana. Rivista mensile di vita musicale e successivamente I quaderni di Ricordiana; molti dei suoi editoriali, apparsi sotto lo pseudonimo di Phantasius, sono dedicati all’importanza di una pedagogia musicale alleggerita dal peso degli intellettualismi critici: «c’è tanto bisogno oggi di questa parola scarica di letteratura ma ricca di esperienza, oggi che parecchie penne, e non delle meno accreditate, si gingillano con argomenti musicali offrendoci lo spasso gratuito di corbellerie come "le fughe vertiginose do Bach" o "la Sarabanda che improvvisa scoppia travolgente e indiavolata come un infernale pandemonio"» (Ricordiana, aprile 1951, p. 4).
Negli stessi anni lavorò a lungo alla revisione di musiche pianistiche, spesso usando pseudonimi quali P. Bergmann, Raggi, Peter Seak. Piuttosto frequenti, nel corso degli anni, sono state le sue collaborazioni musicologiche con il periodico Musica d’oggi. Dal 1965 alla morte fu presidente dell’Accademia filarmonica di Bologna.
Nel corso della carriera ottenne numerosi riconoscimenti per la sua attività artistica: come compositore fu insignito nel 1922 del premio Zanella per il Poemetto campestre per pianoforte, del premio dell’Associazione palermitana dei concerti sinfonici nel 1924 per la Suite umoresca, del premio B. Cristofori nel 1931 per gli Studi caratteristici per pianoforte. Ricevette inoltre prestigiose onorificenze come la medaglia riservata ai benemeriti della cultura e dell’arte, il premio Antico Fattore dell’Accademia dei Georgofili di Firenze e quello assegnato agli uomini di cultura dal Governatorato di Roma.
Il M. morì a Milano il 9 giugno 1967.
Formatosi negli anni in cui i compositori della cosiddetta generazione dell’Ottanta (O. Respighi, I. Pizzetti, G.F. Malipiero, A. Casella, F. Alfano) cercavano di trovare una strada al di fuori del percorso teatrale e operistico, anche il M. sentì l’esigenza di dare un contributo significativo alla produzione strumentale. Estraneo alle inquietudini delle avanguardie, così come alle tendenze del neoclassicismo, egli scelse di muoversi in una dimensione deliberatamente anacronistica, cercando un contatto diretto con la grande scuola pianistica dell’Ottocento. Il suo principale obiettivo era quello di creare nuovi lavori per giovani pianisti alle prese con i problemi tecnici di sempre. Tra questi si annoverano gli Studi caratteristici (1931), i Cinque studi di tecnica superiore (1945), i Sedici studi lirici, gli Studi americani, i Ventiquattro preludi, le Sei danze su cinque note, La giornata del giovane pianista, e una serie di lavori pensati appositamente per la preparazione degli esami di compimento inferiore e compimento medio del conservatorio: Tutte le scale per pianoforte per l’esame di quinto anno e per tutti gli esami complementari (1951), Il libro per l’esame di quinto anno (1957), Tutte le scale di doppie terze e doppie seste per l’esame di VIII anno (1951) e i Sei studi per l’esame di VIII anno di pianoforte (1952). Più squisitamente legate al repertorio da concerto sono alcune pagine sciolte, ora brillanti come la Burlesca (1944), ora visionarie come il Poemetto campestre (1922), ora umoristiche come L’arca di Noè (1941).
Il M. fu autore anche di diverse composizioni per orchestra. I lavori più noti sono quelli che prevedono l’intervento solistico del pianoforte: il Concertino in mi per pianoforte e archi, dopo la prima esecuzione fiorentina (1° apr. 1933), fu spesso eseguito negli Stati Uniti; la Fantasia per pianoforte e archi (1935) venne eseguita dall’Accademia di S. Cecilia e dall’orchestra I pomeriggi musicali di Milano; il concerto per pianoforte e orchestra (1940) fu tenuto a battesimo al teatro alla Scala di Milano. Il catalogo del M. ospita anche lavori che denotano una notevole competenza nella scrittura degli strumenti ad arco, a fiato e a percussione: è il caso del Mattutino per violino, archi e pianoforte (1938), del concerto per violoncello, archi, due trombe, pianoforte e timpani (1947), del concerto per organo, archi, due trombe e timpani (1938), e della Primavera per oboe d’amore e archi (1934); tutte pagine che manifestano una decisa ricerca nella direzione della sperimentazione timbrica. Tra i lavori per orchestra la già citata Suite umoresca resta una delle pagine più interessanti, proprio per la sua inclinazione a rievocare con spontaneità l’antica tradizione della successione di danze. La Danza tragica (1929) è una delle poche composizioni in cui il M. cerca di lavorare sul tema del grottesco. Le Due stampe «Natio borgo» furono composte per la sezione italiana del Concorso internazionale di Vienna (1938), Preludio e danza nacque su commissione del teatro Gaillard di Parigi (1931), mentre la stesura di Serenata e intermezzo si deve alla richiesta di una trasmissione radiofonica (1938).
La musica da camera comprende un quintetto (1944), un quartetto (1940), una Piccola suite per due trombe e trombone, una Suite per violoncello e pianoforte, una Elegia per violoncello e pianoforte (1941), un Divertimento per due violini. Le opere vocali includono il coro per voci bianche intitolato Dal cielo, il brano per coro e voce solista Mamma che voglia, dieci liriche per canto e pianoforte, E lasciatemi divertire per tre voci femminili e il Carmen saeculare per coro e orchestra su versi di Orazio (1958). Il M. si dedicò anche alla musica sacra (Ave Maria, Ecce tempus idoneum, Psallite suaviter, Vespere autem sabbati, e l’oratorio La Parabola del Seminatore) e ad alcuni lavori da rappresentare in forma scenica (Sogno e Astartes) e semiscenica (le musiche composte nel 1958 come commento al Rosignuolo di H.Chr. Andersen). Tra gli artisti che hanno interpretato sue composizioni si annoverano C. Abbado, W. Backhaus, P. Molinari, A. Casella, il Quartetto Poltronieri, il Quartetto della Scala, L. Dallapiccola, G. Di Stefano.
L’attività di revisore svolta dal M. per Ricordi rappresenta un importante contributo alla storia dell’editoria e dell’interpretazione. In tempi non ancora avvezzi alla sistematica applicazione della filologia in ambito esecutivo, il M. intervenne su revisioni ormai ampiamente diffuse come quelle di A. Brugnoli, cercando di sfrondare tutte quelle integrazioni dinamiche, agogiche ed espressive che si sovrappongono inopinatamente alle intenzioni del compositore. Il suo intervento fu senza dubbio decisivo per far maturare nelle nuove generazioni di pianisti una coscienza interpretativa votata al maggiore rispetto del dettato originale. Le parole inserite nella prefazione alla revisione degli Scherzi di Fr. Chopin (Milano 1957, p. 1) sintetizzano in maniera efficace il pensiero del M.: «Nata sulle ultime propaggini del pianismo post-romantico, la revisione brugnoliana dello Chopin, seguendo il gusto odierno, deve limitare la pedalizzazione, l’instabilità dinamica e agogica, i troppi segni detti d’espressione […] deve insomma sfoltire quell’apparato revisionale che allora conveniva e oggi non coincide con la predominante tendenza alla essenziale semplicità della "edizione secondo gli originali", o, come dicono gli editori d’oltralpe, dell’Urtext. Oggi, forse non a torto, si crede che una revisione tutta consigli e guide, preordinando per ogni dettaglio un’esecuzione quasi obbligata, possa ostacolare, specie nei giovani, ogni eventuale interpretazione». Il M. approfondì le sue idee in merito al problema dell’interpretazione pianistica in un volume edito da Ricordi, Viaggio intorno al pianoforte (Milano 1959).
Fonti e Bibl.: Milano e il suo conservatorio, a cura di G. Salvetti, App. II, Milano 2003, pp. 20 s.; Enciclopedia della musica Ricordi, p. 227; Diz. encicl. universale della musica e dei musicisti, Le biografie, V, p. 156.