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MOCENIGO, Pietro

di Giuseppe Gullino - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)
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MOCENIGO, Pietro. –

Giuseppe Gullino

Primogenito di cinque maschi e tre femmine, nacque a Venezia il 3 genn. 1406 dal futuro procuratore Leonardo, fratello del doge Tommaso, e da Franceschina Molin di Michele.

Nel 1429 sposò Laura Zorzi di Giovanni di Bernardo, con la quale non ebbe figli e che gli premorì. Iniziò alquanto tardi l’attività politica, dopo aver dedicato gli anni della giovinezza alla mercatura; il 24 ag. 1438 fu eletto giudice del Proprio e il 6 dic. 1439 nominato ufficiale di Notte nel sestiere di S. Marco, ove risiedeva nella casa pro tempore accordata al padre.

Dopo la morte di quest’ultimo, avvenuta alla fine del 1442, il M. intraprese la carriera marittima, che sentiva a sé congeniale; il 17 marzo 1443 fu eletto sopracomito nella flotta dell’Adriatico e a novembre, inseguendo dei corsari catalani, fece naufragio sulla spiaggia di Brindisi e fu imprigionato dalle autorità locali; tradotto a Napoli, fu poi liberato grazie ai buoni uffici dell’ambasciatore veneziano.

Rimpatriato, fra 1444 e 1449 fu quasi sempre presente nella zonta del Senato, quindi riprese il mare allorché venne eletto capitano del convoglio di Beirut, il 24 ag. 1449; il 23 genn. 1452 entrò a far parte dei savi di Terraferma, nella fase conclusiva delle guerre contro il Ducato di Milano, incarico che conservò tutto l’anno. Ancora savio di Terraferma per il semestre marzo-settembre 1453, quindi per la prima metà del 1454 e ancora, in deroga alla legge che prevedeva la contumacia, da ottobre 1454 a marzo 1455; rifiutata la podestaria di Crema, cui era stato eletto il 15 giugno 1454, da ottobre entrò a far parte del Consiglio dei dieci, pur continuando a esercitare il saviato di Terraferma. A tale carica fu nuovamente eletto per il secondo semestre del 1455, ma il 6 luglio si dimise per assumere quella di consigliere ducale per il sestiere di Cannaregio.

Il ritorno della pace in Italia (Lodi, 1454) contribuì al ripristino della normalità nella rotazione delle cariche; ciononostante il M. ricoprì ancora per un anno intero il saviato di Terraferma (ottobre 1456 - settembre 1457), cui fu rieletto per il semestre aprile-settembre 1459. Negli anni che seguirono fu più volte consigliere ducale (ottobre 1459 - settembre 1460; ottobre 1463 - settembre 1465); il 12 maggio 1462 fu tra gli elettori del doge Cristoforo Moro e il 31 luglio 1464 fece parte dei consiglieri destinati ad accompagnare lo stesso doge nella crociata proclamata da Pio II. L’incontro avvenne ad Ancona, dove la squadra veneziana giunse il 12 agosto, ma tre giorni dopo, stremato dal caldo e dai disagi, il papa morì e il doge rimpatriò con il suo seguito.

Il 5 settembre il M. fu eletto fra i dieci ambasciatori destinati a recarsi a Roma per l’elezione del papa; la missione si svolse a dicembre, con la stagione peggiore, ma tanto zelo si spiega con il fatto che la Repubblica era in guerra contro i Turchi e che era stato eletto il veneziano Pietro Barbo, che prese il nome di Paolo II.

All’inizio del marzo 1466 il M. divenne avogador di Comun, quindi fece parte dei savi del Consiglio nella seconda metà del 1467; il 29 nov. 1468 fu tra i senatori che accolsero a Padova l’imperatore Federico III d’Asburgo, in viaggio alla volta di Roma; e a Roma il M. lo accompagnò con un altro autorevole patrizio, Triadano Gritti, con il quale ritornò a Venezia nel febbraio 1469.

Il M. sedeva nuovamente tra i savi del Consiglio quando il 30 luglio 1470 giunse la notizia della caduta di Negroponte per mano di Maometto II; il 19 agosto, il M. fu eletto capitano generale da Mar, in sostituzione dell’inetto Nicolò Canal, che non aveva saputo prestare soccorso all’isola.

Compito del M. era di risollevare le sorti del conflitto; in attesa di rinforzi, svernò nel Peloponneso, donde si mosse nella tarda primavera del 1471. La flotta ottomana però non uscì dagli Stretti, sicché il M. fece vogare gli equipaggi da un’isola all’altra dell’arcipelago, devastando le coste dell’Anatolia; ne ottenne il duplice risultato di risollevare il morale dei soldati e, cosa non meno importante, di arricchirli con le razzie e i saccheggi, per lo più a danno di popolazioni inermi o mal difese. Così passò la campagna del 1471, quindi il M. si ritirò a Modone, dove lo raggiunse la notizia della nomina a procuratore di S. Marco de citra, conferitagli il 4 novembre. Il 20 apr. 1472 il Senato inviò in armata cospicui rifornimenti di uomini e mezzi; per la nuova campagna il M. poteva così disporre di 56 galere, alle quali in giugno si unirono quelle pontificie e napoletane. Si aprivano lusinghiere prospettive: in febbraio nell’arsenale di Costantinopoli un incendio aveva messo fuori uso gran parte della flotta ottomana, che infatti non fu in grado di operare per il secondo anno consecutivo; inoltre le truppe del sultano erano impegnate a oriente dal turcomanno Uzū´n Ḥàsan, con cui Venezia aveva stretto alleanza.

Il M. condusse allora l’armata a Rodi, donde si mosse verso le coste asiatiche, nell’intento di far giungere a Uzù´n Éàsan quelle artiglierie che gli erano indispensabili per affrontare i Turchi. Il contatto però non avvenne, sicché il M. non trovò di meglio che scorrere le coste della Misia, della Caria, della Panfilia. Tutto si risolse, come l’anno precedente, in reiterati saccheggi, che forse intendevano compensare le scorrerie che il pascià di Bosnia andava compiendo in Friuli. L’azione decisiva sembrava però imminente; nell’ottobre 1472 Maometto II aveva passato il Bosforo al comando dell’esercito, diretto verso gli altopiani dell’Anatolia, dove Uzù´n Éàsan aveva conquistato Cesarea (Kayseri), per cui il 23 giugno 1473 il Senato poteva finalmente ordinare al M. di portarsi ai Dardanelli e muovere contro Costantinopoli. Senonché pochi giorni dopo, il 7 luglio, moriva a Cipro il re Giacomo II Lusignano, lasciando come reggente la moglie Caterina Corner, veneziana. Un mese dopo il M. ancorava a Famagosta e il Senato ne avallava il proposito di difendere l’isola da minacce esterne, anziché tentare l’impresa di Costantinopoli. Si perse in tal modo l’occasione più favorevole per aver ragione dell’Impero ottomano; probabilmente il M. fu un valoroso soldato, ma non quell’eroe del mare da molti creduto: con la sua condotta egli assicurò alla patria il Regno di Cipro, ma le sottrasse la vittoria sul secolare nemico. Ben presto infatti (11 ag. 1473) i Turchi sconfissero Uzù´n Éàsan, e Maometto II poté rientrare trionfalmente a Costantinopoli, sicché il M. si ritirò a Modone, lasciando parte della flotta a Cipro.

Tanta prudenza non era infondata: a novembre scoppiò una rivolta che fu repressa ma, per assicurare il definitivo controllo veneziano sull’isola, nel febbraio 1474 il M. vi portò la flotta e procedette all’eliminazione dei ribelli.

Il 19 marzo 1474, il Senato gli concedeva di rimpatriare, avendo da tempo nominato quale suo successore Gritti, allora impegnato contro i Turchi in Albania. Durante il viaggio di ritorno, giunto a Corfù il M. ricevette l’ordine di unirsi a Gritti, e nel giugno sbarcò sulle paludi della Bojana. Ammalatosi a causa dell’aria malsana, il M. raggiunse Venezia dopo quattro anni trascorsi sul mare.

Il 14 dic. 1474 fu eletto doge, sulla scia del consenso popolare e grazie alla presenza, fra gli elettori, di Vettore Soranzo, che era stato provveditore in armata e testimone delle sue imprese.

Difficile valutare la linea politica perseguita dal M. in quanto doge, data la collegialità delle magistrature che lo affiancarono alla guida dello Stato; tuttavia sembra assodata la sua prudenza nei confronti dei Turchi, dei quali aveva saggiato la forza.

Morì il 23 febbr. 1476 e fu sepolto nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo con un’iscrizione che ne esalta le gesta.

A detta di Sanuto (Le vite dei dogi, 1474-1494, I, p. 4), fu «homo dotto, eloquente, liberal, benigno et piacente; non havia fioli legitimi, ma un bastardo [Filippo] fato con una turcha in armada, qual fece poi prior di l’hospedal di la chà di Dio».

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii …, V, pp. 172, 175, 186; Avogaria di Comun, Balla d’oro, reg. 162, c. 96r; Segretario alle voci, Misti, regg. 4, cc. 2r, 6r, 65r, 81v, 82v, 90r, 94v, 114r, 118r, 120v, 125, 127v, 130v, 134r, 137v, 139r, 147r, 148r, 149r; 5, cc. 7r, 86v-87r; 14, c. 127r; Senato, Secreti, reg. 19, cc. 153r, 192r; Notarile, Testamenti, b. 1195 (Atti L. Bracchi, 2); Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti …, II, cc. 224r-225r; D. Malipiero, Annali veneti dall’anno 1457 al 1500, a cura di F. Longo - A. Sagredo, in Archivio storico italiano, 1843, t. 7, pt. 1a, pp. 62, 72, 76, 78, 93, 97, 108; 1844, t. 7, pt. 2a, pp. 602, 664; Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Dispacci di Zaccaria Barbaro. 1° novembre 1471 - 7 settembre 1473, a cura di G. Corazzol, Roma 1994, pp. 74, 253, 283, 303, 305 s., 344, 379, 384, 401, 449, 457, 491, 501, 525, 533 s., 549, 641, 646; M. Sanuto, Le vite dei dogi. 1474-1494, a cura di A. Caracciolo Aricò, I, Venezia 1989, pp. XIII, XVI, XX, XXIII, LXXIX, 1 s., 4, 23, 25 s., 119, 219; II, ibid. 2001, p. 506; Id., Le vite dei dogi. 1423-1474, a cura di A. Caracciolo Aricò, I, Venezia 1999, p. 466; II, ibid. 2004, pp. 34, 59, 73, 77, 82, 96, 111, 147, 158, 169, 187, 190, 192, 200 s., 255 s., 276; M. Sabellico, Historiae rerum Venetarum, in Degl’istorici delle cose veneziane …, I, Venezia 1718, pp. 745 s., 748-756, 759-763, 765-772, 776-780, 782-784, 786, 788, 790; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, Venezia 1853, pp. 576, 646; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, IV, Venezia 1855, pp. 345, 350, 354-356, 360-363, 366-370, 373, 375, 377, 379; L. Fincati, L’armata di Venezia dal 1470 al 1474, in Rivista marittima, XIX (1886), pp. 384-396; XX (1887), pp. 5 s., 12-17, 163-168, 170, 172-175, 177-183; F. Forcellini, Strane peripezie d’un bastardo di casa d’Aragona, in Archivio storico per le provincie napoletane, XXXVIII (1913), 1, pp. 102-105, 110 s.; G. Magnante, L’acquisto dell’isola di Cipro da parte della Repubblica di Venezia, in Archivio veneto, s. 5, IX-X (1929), pp. 119-124, 128, 132 s.; F. Babinger, Maometto il Conquistatore e il suo tempo, Torino 1967, pp. 301 s., 335-337, 339-342, 344 s., 358 s., 361 s.; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Firenze 1977, pp. 157, 162, 182, 185, 191, 194-198, 204, 280 s., 567; G. Gullino, Le frontiere navali, in Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, IV, Il Rinascimento. Politica e cultura, a cura di A. Tenenti - U. Tucci, Roma 1996, pp. 71 s., 74-76, 78; C. Neerfeld, «Historia per forma di diaria». La cronachistica veneziana contemporanea a cavallo tra il Quattro e il Cinquecento, Venezia 2006, pp. 94, 98; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Mocenigo, tav. II.

Vedi anche
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