MICHELI, Pietro
– Nacque a Dôle, in Borgogna, nel 1600, secondo quanto risulta da un atto conservato nell’Archivio della diocesi di Lecce (Matrimoni, cause e dispense matrimoniali, Arm. H, n. 1) e «borgognone» il M. si definì costantemente accanto al nome nelle sottoscrizioni dei libri da lui stampati.
Non è noto come sia giunto in Italia, ma risulta in attività molto giovane a Roma nella tipografia di Lorenzo Valeri, con il quale verso il 1619 si trasferì a Trani, dove rimase per circa un decennio, lavorando come allievo-socio di Valeri. Il 26 maggio 1621 fu testimone alle sue nozze e pochi mesi dopo prese in moglie la tranese Diana Catino. Nel 1627 risultano alcune piccole operazioni finanziarie che preludevano allo scioglimento della società; infatti il 12 apr. 1629 il M. era a Bari allo scopo di prendere in affitto i locali per impiantare un torchio. In quell’anno stampò da solo il manualetto Nuova, et facile prattica di abaco di Giulio Della Gatta e in seguito, stretta una società il 24 giugno 1630 con il bresciano Giacomo Gaidone, la tragedia spirituale Il trionfo, et martirio del glorioso s. Angelo del carmelitano Davide Gallo e il Teatro morale, e poetico, overo Commentarij etici, politici, militari, di corte, ed economici sopra le opere di P. Virgilio Marone di Camillo Valio. La società con Gaidone si sciolse il 14 marzo 1631, dopo nove mesi, e il M. tornò a stampare da solo.
Nello stesso 1631 si recò a Lecce per le pratiche necessarie a installare una bottega stabile. Fu il primo stampatore autorizzato nella città, con monopolio assoluto dal 1631 al 1688, quando l’impresa fu rilevata dagli eredi. La condotta prevedeva l’abitazione e la franchigia dalla gabella del grano sufficiente al fabbisogno della famiglia. La nuova attività iniziò in sordina già nel 1631 con la raccolta di Carmina di Filippo Formoso, ma l’anno dopo il M. stampò un’opera di grande prestigio come il poema epico Tancredi di Ascanio Grandi.
Nella Biblioteca provinciale di Lecce si conserva il manoscritto (Mss., 45), datato 1626, pronto per la stampa e completo del frontespizio inciso da Pompeo Renzo. I preparativi per imprimere l’opera ebbero inizio nel 1628 e solo dopo l’approvazione ecclesiastica (25 genn. 1631) il M. si decise a sciogliere la società con Gaidone.
Il Tancredi vide di nuovo la luce nel 1636; l’anno prima il M. aveva impresso, dello stesso Grandi, I fasti sacri. Nel 1633 uscirono le Rime serie e burlesche del leccese Giovanni Domenico Salviati; il 1634 inaugurò le pubblicazioni di ambito ecclesiastico con gli atti del sinodo della Chiesa di Castro e la Fida scorta de’ confessori e penitenti del sacerdote Liberato Barberito. Ancora nel 1634 il M. diede alle stampe la Lecce sacra di Giulio Cesare Infantino (ed. anast. Bologna 1973), importante descrizione delle chiese della città, con una pregevole incisione di P. Renzo nel frontespizio e altre cinque nel testo. Nel 1635 seguirono le Rime sacre, madrigali, e canzoni dedicate alla serenis.ma reina del cielo Maria Vergine madre di Dio del sacerdote Basilio Pandolfi.
Per la morte di Beatrice Acquaviva d’Aragona, marchesa di Cavallino, nel 1637, il M. pubblicò libelli di diversi autori, per lo più religiosi, tra cui Pandolfi, il domenicano Antonino da Bisceglie, Angelo Fusco. Per i Lusus iuveniles di Lucrezio Tafuri (1637) P. Renzo firmò uno dei frontespizi più belli usciti dai torchi del M., concepito con lo schema ad altare presente anche nel poema sacro di A. Grandi Vergine desponsata, impegnativa opera uscita tra il 1639 e il 1640 con una prefatoria ai lettori dello stesso Micheli. Nel 1641 seguirono l’Aggiuntione per l’epopeia di Giulio Cesare Grandi, fratello di Ascanio, e nel 1642 le Ecloghe simboliche alla Santissima Vergine Madre di A. Grandi, di nuovo con dedica del Micheli. Non si era interrotta nel frattempo la pubblicistica religiosa, con gli atti sinodali delle diocesi di Otranto (1641) e di Taranto (1642).
Nel 1643 la figlia del M., Elisabetta, sposò il socio tranese del M., Nicola Francesco Russo, ma la società, che editò cinque opere certe, non durò oltre il 1646. Dopodiché Russo rimase «libraro» e il M. «stampatore»: a questa data aveva già coinvolto nella gestione dell’azienda i figli, il primogenito Giacomo e Carlo. Una consacrazione del ruolo acquisito dal M. nella società letteraria leccese arrivò dalle Imprese di G.C. Grandi (1648), tra le quali figura anche quella del M.: «La Stampa: cioè il Torchio di essa, co’ suoi mazzi, cassettoni colmi di caratteri di metallo, et altri ordigni, che servon per complimento di quella. Mille superat calamos. Onde il poeta. La Stampa, che precorre penne mille».
Nel 1646 uscì dalla stamperia del M. La Hidrunte espugnata da’ Turchi nell’anno 1480, tragedia di Girolamo Pipini sui martiri d’Otranto del 1480, con versi dei due fratelli Grandi. Il tema, caro alla pubblicistica sacra pugliese dell’epoca, ricorre nel catalogo micheliano con le Memorie alla posterità delli gloriosi e costanti confessori di Giesu Christo, che patirono martirio nella citta d’Otranto l’anno 1480 di Francesco Antonio Capano (1670), contenente la trascrizione di documenti inediti, e con la Relatione de’ santi martiri della città d’Otranto et apparitioni maravigliose de’ medesimi gloriosissimi martiri in questo anno 1677 di Pompeo Gualtieri (1677), già presente nella raccolta di Capano.
Il primo tomo del commento alle opere di s. Tommaso del domenicano Dionisio Leone comparve nel 1651 (il quinto e ultimo tomo uscì negli anni 1677-78). Dopo il 1656, anno della scampata peste, la diocesi leccese si mobilitò per avviare la pratica di santificazione dei protettori della città Oronzo, Giusto e Fortunato. Registi dell’operazione furono il vescovo Luigi Pappacoda, il teologo Giovanni Camillo Palma e, con un ruolo subalterno, il Micheli. L’offensiva durerà sino al 1659, con I prodigi epidittico sacro sopra i santissimi martiri Orontio protettore della citta, e provincia di Lecce, con Giusto, e Fortunato … di Castorio Sorano e L’apostolo di Iapigia discorso panegirico sopra il glorioso martire sant’Orontio del frate minore conventuale Giovanni Maria Sforza. Ma ancora del 1672 sono I primi martiri di Lecce, Giusto, Orontio, e Fortunato, del patrizio leccese Carlo Bozzi (1672).
Nel 1654 Giovanni Camillo Palma, accademico Trasformato, pubblicò un Discorso intorno alla maggioranza della potenza, o santita dell’augustissima casa di Austria e nel 1660 A. Fusco la Cronologia nobilissimae familiae de Castromediano de Lymburgh in Regno et illustrissimae civitatis Neapoli ab anno 1156. Del 1661 è una raccolta di aforismi politici di vari autori, Breve compendio delle sentenze più notabili della politica, probabilmente raccolti dallo stesso M., che li dedicò con ampio scritto al conte di Chiaromonte Carlo Sanseverino.
La morte di Filippo IV, nel 1665, diede occasione agli umanisti leccesi, ecclesiastici e laici, di dare voce al loro cordoglio: Il mondo redento, overo la Passione di Cristo divisa in quindeci pianti del francescano Serafino da Grottaglie (al secolo Donato Antonio D’Alessandro) in 440 pagine, al termine delle quali l’autore trova la lena per incitare con dodici carmi i potenti a liberare il S. Sepolcro. Nel 1674 il M. pubblicò la Memoria historica dell’antichissima, e fedeliss. città di Brindisi del carmelitano Andrea Della Monaca (ed. anast. Bologna 1972): l’opera, dedicata al tredicenne Carlo II re di Spagna, diede occasione agli accademici Trasformati leccesi di unirsi ai colleghi Erranti di Brindisi per i loro esercizi poetici. Nel 1677 uscirono dalla stamperia del M. gli Scherzi d’ingegno del medico e letterato Francesco Antonio De Virgiliis, opera probabilmente presente nella biblioteca di famiglia di Giacomo Leopardi e nella quale si è voluto riconoscere una fonte a cui il poeta si ispirò.
Il 29 dic. 1689 il M., nonagenario e malato, fece testamento congiunto con il figlio Giacomo. La morte sopravvenne poco dopo, se dagli anni 1689-90 al 1696 la ditta proseguì l’attività come Officina degli eredi di Pietro Micheli, con Giacomo unico titolare.
Primogenito, Giacomo era stato il collaboratore principale del M. in tipografia. Il 3 ag. 1663 era stato ammesso alla prima tonsura. Allo scadere del secolo, l’attività editoriale leccese passò nelle mani del chierico Tommaso Mazzei, che conta fra i suoi primi lavori alcune ristampe di edizioni micheliane.
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G.F. Scrimieri