MARCELLO, Pietro
Nacque presumibilmente a Venezia intorno al 1376 da Francesco di Pietro e da Maddalena di Paolo di Giovanni.
Il M. non è da confondere, come spesso è avvenuto, con altri omonimi e in particolare con il Pietro Marcello, figlio di Antonio, vissuto nella seconda metà del XV secolo e autore di orazioni e dell'opera di carattere storiografico De vita, moribus et rebus gestis omnium ducum Venetorum, Venetiis 1502.
Il M. si formò forse alla scuola di Giovanni Conversini, come ipotizzato da Remigio Sabbadini, e studiò diritto presso lo Studio di Bologna, non conseguendovi però la laurea. Nel 1399 risultava residente a Bologna già da sette anni, nonché titolare del canonicato di Parenzo, che gli era stato concesso nel 1397. A Bologna il M. fu in stretto rapporto di amicizia con Zaccaria Trevisan, che gli era anche parente da parte di madre, e Pier Paolo Vergerio: da queste frequentazioni e da una certa conoscenza della lingua greca che sembra trasparire da alcune operette a lui attribuite, Sabbadini ha ipotizzato un suo soggiorno a Firenze durante gli ultimi anni del XIV secolo per studiarvi il greco presso Emanuele Crisolora.
Nel 1399 fu eletto vescovo di Ceneda, dopo essere stato dispensato dal difetto di età. A Ceneda trasferì all'inizio del suo episcopato tutta la famiglia, della quale facevano parte i fratelli Jacopo Antonio, Girolamo, Lorenzo e Valerio, ma vi risiedette in modo discontinuo.
Fonte principale di notizie sul primo periodo del vescovato a Ceneda sono le lettere che inviò al M. l'umanista originario di Feltre Antonio da Romagno. Tra il 1402 circa e il 1404 questi faceva copiare, per conto del M., diversi codici contenenti opere di autori classici. Dalle lettere di Antonio da Romagno si deducono altri aspetti della cultura classica del M. nonché il ruolo che egli svolse nell'umanesimo veneto. Il M. possedeva, in particolare, le Epistole ad Attico di Cicerone, la cui copia aveva probabilmente ottenuto a Firenze e che divulgò presso umanisti veneti come Gasperino Barzizza a Padova e Guarino Guarini e Francesco Barbaro a Venezia.
Nei primi anni del vescovato il M. soggiornò più volte a Venezia, probabilmente per cercare di ottenere qualche incarico dalla Repubblica: nel 1405 fu infatti a Genova con Zaccaria Trevisan per una ambasceria per conto della Serenissima.
Nel 1409 il M. fu eletto vescovo di Padova, dove, nel 1413, conseguì finalmente la laurea in diritto. Promotori furono l'amico Zaccaria Trevisan e Francesco Zabarella, che indirizzò al M. anche una consolatoria in occasione della morte di Zaccaria Trevisan, avvenuta agli inizi del 1414. Nella stessa circostanza Francesco Barbaro inviò a Francesco Zabarella una orazione diretta al Marcello.
Nell'esercizio della sua funzione episcopale egli svolse un importante ruolo nella riforma dei monasteri della diocesi. Tra le azioni riformatrici in questo senso si possono ricordare, nel 1417, lo spostamento della badessa e delle monache da S. Prosdocimo a S. Bernardo in Porciglia; nel 1418 l'unione del monastero di S. Maria di Monselice con quello di S. Maria della Misericordia di Padova e, soprattutto, nel 1420, la cacciata delle monache benedettine da S. Giacomo di Monselice e la concessione del monastero alla Congregazione di S. Giorgio in Alga, che era stata fondata a Venezia all'inizio del secolo da Gabriele Condulmer, futuro papa Eugenio IV, e che aveva tra i suoi esponenti principali Antonio Correr, futuro papa Gregorio XII, Ludovico Barbo e Lorenzo Giustinian.
All'inizio del 1419 fu scomunicato per brevissimo tempo insieme con il capitolo della Chiesa padovana, con il quale era in lite. Ancora al 1419 risale la denuncia alle autorità veneziane che il M., insieme con Prosdocimo Conti, fece nei confronti di Giovan Francesco Capodilista, accusato di infedeltà nei confronti di Venezia. Nel 1425 fu risolta invece con un compromesso una disputa fra il M. e Niccolò d'Este in merito all'elezione della badessa del monastero di Gemola.
In qualità di responsabile dello Studio, in quanto vescovo della città, nel 1417 tenne un'orazione in occasione dell'elezione a rettore dei giuristi di Giovanni di Montebaroccio. L'Oratio domini Petri Marcelli episcopi Patavii in domini Iohannis de Montebarocio rectoratu habita è stata pubblicata da Donato Gallo (pp. 64 s.). Nel 1424 il M. emanò inoltre gli statuti del Collegio dei teologi di Padova.
Nel 1427, per sfuggire all'epidemia di peste, si rifugiò nel monastero di S. Giovanni Battista del Venda, dove raccolse le testimonianze relative alle origini del monastero. Con una lettera del 28 dic. 1427 Martino V affidò a Ludovico Barbo e al M. la raccolta di offerte per la liberazione dei cristiani resi schiavi dai Turchi.
Il M. non riuscì però a svolgere il compito affidatogli dal papa perché morì, forse proprio contagiato dalla peste, all'inizio del 1428, non si sa se a Padova o a Venda.
Del M. resta una lettera consolatoria inviata a Fantino Dandolo nel gennaio 1405 (pubblicata da Sabbadini, 1915, pp. 236 s.); secondo Sabbadini il M. sarebbe autore anche di alcune finte orazioni di Eschine, Demade e Demostene che la tradizione manoscritta in genere attribuisce a Leonardo Bruni. Una orazione a lui inviata da Gasperino Barzizza, che era anche in corrispondenza con il fratello del M., Valerio, è datata al 1419, anno della morte di un altro fratello del M., Girolamo. Durante gli anni del suo episcopato, presumibilmente tra il 1416 e il 1420, fu forse al servizio del M. Giorgio da Trebisonda, il quale gli avrebbe destinato una Oratiuncola de laudibus episcopo Patavii.
Fonti e Bibl.: Ga. Barzizza - Gu. Barzizza, Opera, a cura di G.A. Furietti, Romae 1723, pp. 85-87; R. Sabbadini, Antonio da Romagno e P. M., in Nuovo Arch. veneto, n.s., XV (1915), pp. 207-246; F. Barbaro, Epistolario, a cura di C. Greggio, I, Firenze 1991, ad ind.; II, ibid. 1999, pp. 46-50; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, Venezia 1752, I, pp. 388, 461; F.S. Dondi dall'Orologio, Dissertazione nona sopra l'istoria ecclesiastica padovana, Padova 1817, pp. 9-21; R. Sabbadini, Ancora P. M., in Nuovo Arch. veneto, n.s., XVI (1916), pp. 260-262; P. Gothein, Zaccaria Trevisan il vecchio. La vita e l'ambiente, Venezia 1942, ad ind.; G. Cracco, La fondazione dei canonici secolari di S. Giorgio in Alga, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XIII (1959), pp. 70-88; P. Sambin, Ricerche di storia monastica medioevale, Padova 1959, ad ind.; C. Piana - C. Cenci, Promozioni agli ordini sacri a Bologna e alle dignità ecclesiastiche nel Veneto nei secoli XIV-XV, Quaracchi 1968, pp. 349, 354, 358; D. Mazzuconi, Per una sistemazione dell'epistolario di Gasparino Barzizza, in Italia medioevale e umanistica, XX (1977), pp. 213, 232, 240; M.C. Ganguzza Billanovich, L'umanista feltrino Antonio da Romagno e il suo "Liber de paupertate", Firenze 1980, ad ind.; M.L. King, Venetian humanism in an age of patrician dominance, Princeton 1986, ad ind.; D. Gallo, Un'orazione universitaria di P. M. (Padova 1417), in Quaderni per la storia dell'Università di Padova, XXI (1988), pp. 55-65; P. Viti, Giorgio da Trebisonda, in Diz. biogr. degli Italiani, LV, Roma 2000, p. 374; N. Faldon, L'umanista feltrino Antonio da Romagno e le nove lettere scritte nel 1403 e 1404 nel castello di Ceneda all'amico P. M. vescovo e conte, in Atti e memorie dell'Ateneo di Treviso, n.s., XVIII (2000-01), pp. 49-80; Hierarchia catholica, I, pp. 180, 386.