MARAVIGNA, Pietro
Nacque a Catania, il 14 marzo 1876, da Salvatore e Matilde Castelli. Terminate le scuole superiori, il 1° dic. 1894 venne ammesso alla Scuola militare di Modena, dalla quale uscì sottotenente di fanteria nell'ottobre 1897. Destinato inizialmente al 93° reggimento, di stanza a Catania, l'anno successivo il M. partì, con il II battaglione, per l'isola di Creta, dove era in corso un intervento delle potenze europee diretto a tenere separate le popolazioni greca e turca dell'isola, da oltre un anno in aperto conflitto. Promosso tenente il 21 dic. 1899, il M. rientrò in patria nel 1900 e, dopo un'ulteriore permanenza al 93°, fu assegnato come ufficiale di governo alla Scuola militare. Nel 1904 venne ammesso alla frequenza del corso di stato maggiore presso la Scuola di Torino, concluso con successo nel 1907. Durante il soggiorno torinese conobbe e sposò Clementina Carignano, dalla quale ebbe tre figli.
Destinato, per il periodo di esperimento, presso il comando del corpo di stato maggiore a Roma, il M. passò, nel marzo 1908, a quello della divisione di Cuneo, venendo infine assegnato, nel dicembre dello stesso anno, a quello del corpo d'armata di Palermo; distintosi nelle operazioni di soccorso che seguirono il tragico terremoto di Messina del 28 dicembre, ricevette un encomio solenne.
Promosso a scelta capitano il 5 sett. 1909, venne trasferito, nell'aprile 1910, al 53° reggimento di fanteria di stanza a Vercelli, per esser comandato, nel gennaio 1912, al battaglione specialisti del genio, destinato alla Libia. Dopo una breve permanenza Oltremare, in maggio il M. venne comandato in servizio di stato maggiore presso la divisione di Salerno. Nel gennaio successivo fu nominato insegnante titolare di storia militare presso la Scuola militare di Modena.
Tale incarico, che coronava le aspettative e i desideri del M., rappresentò il suo ingresso ufficiale nell'ambito della storia militare. In questo campo avrebbe operato per quarant'anni con libri, opuscoli, articoli e, soprattutto, attraverso la didattica, esercitata dalle cattedre successivamente ricoperte, e attraverso la sua attività di organizzatore degli studi storico-militari e di raccordo tra gli ambienti militari e quelli accademici.
Mobilitato all'inizio della Grande Guerra - dopo aver ricevuto il 23 marzo 1915 la qualifica di primo capitano - venne promosso maggiore nell'arma di fanteria il 28 ottobre successivo, continuando a prestare servizio di stato maggiore. Transitato di nuovo nei ruoli dello stato maggiore l'anno seguente, ottenne nel 1917, a marzo e ad agosto, le promozioni a tenente colonnello e a colonnello; fu, quindi, assegnato alla 59ª divisione quale capo di stato maggiore.
Il 30 ott. 1917 meritò una croce di guerra al valor militare per aver impedito al nemico di impadronirsi del ponte di Codroipo bloccando così il ripiegamento delle truppe della sua divisione.
Trasferito al comando supremo, il M. fece parte della commissione incaricata di trattare con i delegati austro-ungarici la cessazione delle ostilità e il suo nome figura tra i firmatari dell'armistizio di villa Giusti, presso Padova.
Dal marzo 1919 al febbraio 1928 fu insegnante titolare di storia militare alla Scuola di guerra di Torino. Fu, questo, il periodo più fecondo per la ricerca storica del M., che indirizzò i suoi studi soprattutto verso il conflitto da poco concluso, divenendone, tra le due guerre, il miglior divulgatore ad alto livello.
Già nel 1919 era apparso Come abbiamo vinto (Torino), cui seguirono: La campagna romena del 1916 (Roma 1920); nel 1922 La guerra mondiale: la campagna del 1914, La battaglia della Marna (ambedue Torino) e Studi critici sulla guerra mondiale (Roma); Gli Italiani nell'Oriente balcanico, in Russia e in Palestina 1915-18 (ibid. 1923). Nel 1927 pubblicò infine Guerra e vittoria (Torino), forse la più diffusa storia ufficiosa della Grande Guerra; l'opera ebbe tre edizioni, l'ultima delle quali (ibid. 1938) si adeguava al clima politico del momento, collegando direttamente, nell'ultimo capitolo, la vittoria del 1918 alla marcia su Roma del 1922.
Il M. si dedicò anche a opere di più largo respiro, quali la Storia dell'arte militare moderna (I-V, Torino 1923).
Il lavoro, che trovò all'epoca un notevole riscontro, risentiva tuttavia delle tendenze dottrinarie dello stato maggiore italiano, rivolte più alle lezioni del recente passato che ai futuri sviluppi dell'arte militare, secondo le convinzioni del maresciallo P. Badoglio, nel cui ambito, appunto, il M. gravitava.
Nel 1922 il M. organizzò presso la Scuola di guerra un "gabinetto di cultura" con l'intento di avvicinare, attraverso cicli di conferenze tenute da ufficiali e professori, forze armate e società allo studio dei problemi concernenti politica e scienze militari. Il ciclo del 1924 venne particolarmente indirizzato agli studenti dell'Università e della Scuola d'ingegneria di Torino, un'anticipazione di quanto sarebbe stato previsto - probabilmente sull'esempio di quel che il M. aveva realizzato - dal r.d. 7 ag. 1925, n. 1615, che istituiva nelle università corsi di storia militare e di cultura scientifica applicata alla tecnica militare. Così, già dall'anno accademico successivo, il M. e il suo "aggiunto" alla cattedra, E. Scala, svolsero a Torino corsi di storia militare rivolti a circa cinquecento studenti. Il M. fu, inoltre, attivo collaboratore dell'Enciclopedia militare (I-VI, Milano 1929-33).
Nel 1926, promosso generale di brigata, il M. tornò al comando di truppe, alla testa della XXIV brigata fanteria a Chieti. Divenuto generale di divisione nel marzo 1932, fu posto al comando della 19ª divisione militare territoriale di Firenze, dal 1934 denominata 19ª divisione fanteria Gavinana, la quale, l'anno successivo, in vista del conflitto italo-etiopico, venne mobilitata. Nell'aprile 1935 il M. sbarcò in Eritrea; incaricato il 1° settembre, alla vigilia della guerra, delle funzioni di comandante del II corpo d'armata, alla sua testa varcò il confine del Mareb ed entrò ad Axum il 15 ottobre. Il 1° gennaio fu promosso generale di corpo d'armata, conservando il precedente comando che resse per tutta la campagna, partecipando alle battaglie del Tembien e dello Scirè (sebbene, in quest'ultima occasione, la sua azione di comando non fu del tutto esente da critiche).
Rientrato in Italia già nel giugno 1936, il M. fu nominato presidente del Tribunale supremo militare (1° novembre), incarico che mantenne per pochi mesi, essendo stato designato comandante del corpo d'armata di Bologna il 15 febbr. 1937. Cessò dall'incarico il 20 febbr. 1939, venendo collocato fuori quadro e destinato al ministero per incarichi speciali. Il 14 marzo dello stesso anno gli venne conferito il rango di generale di corpo d'armata designato quale comandante d'armata, ma nel corso della seconda guerra mondiale, anche per motivi di salute, non gli fu affidato alcun comando di truppe. Il 14 marzo 1942 venne anzi trasferito nella riserva, per raggiunti limiti di età, e tuttavia subito dopo richiamato in servizio presso il ministero, sempre per incarichi speciali. Non aderì alla Repubblica sociale e, nel giugno 1944, si ripresentò in servizio a Roma: ricollocato in congedo poco dopo e richiamato per due soli mesi nel 1946, passò in congedo assoluto per limiti di età nel novembre 1951.
Dai primi anni del secondo dopoguerra il M. tornò a scrivere di storia militare, indirizzando i suoi interessi soprattutto sul conflitto da poco concluso; pubblicò in particolare Come abbiamo perduto la guerra in Africa (Roma 1949) nella Rivista militare. Suoi articoli furono stampati, inoltre, in altre riviste e in opere collettanee.
Il M. morì a Roma il 24 maggio 1964.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, 132.346, 540.291; Ibid., Arch. dell'Ufficio stor. dello stato maggiore dell'Esercito, Biografie, 80; F. Botti - V. Ilari, Il pensiero militare italiano dal primo al secondo dopoguerra (1919-1949), Roma 1985, ad ind.; L.E. Longo, La campagna italo-etiopica (1935-1936), Roma 2005, ad indicem.