MALDURA, Pietro
Nacque a Bergamo intorno al 1400 da Baldassarre. L'anno di nascita non è precisabile, ma se, come affermano Quétif - Échard, quando il M. morì, nel 1482, era in età avanzata ("annis gravis", p. 863b), tale anno non può essere posto troppo lontano dall'inizio del secolo.
Poche e frammentarie sono le informazioni che riguardano la sua vita. In giovane età entrò nel convento domenicano di S. Stefano, a Bergamo, ove, grazie anche alla ricca biblioteca conventuale, avviò la sua formazione filosofica e teologica.
Intorno alla metà del secolo fu inviato al convento di Bologna, appartenente alla Congregazione dei conventi riformati della Lombardia. Un documento lo attesta infatti in quella città il 22 genn. 1452 (Piana, p. 281 n. 1). A Bologna, città di studi e centro importante di irradiazione della dottrina tomista, il M. ebbe modo di perfezionare la sua preparazione teologica, nonché di approfondire la conoscenza del pensiero e dell'opera di Tommaso d'Aquino. Il 22 sett. 1459 il vescovo di Ventimiglia, Giacomo da Savona, lo ordinò sacerdote. Tre anni dopo, nel 1462, divenne maestro degli studenti, come attesta un documento conservato presso l'Archivio del convento di S. Domenico a Bologna (cit. in Piana, p. 113). Il M. compì un ulteriore progresso nella strada dell'insegnamento nel 1465, quando il capitolo generale lo designò maestro sentenziario per gli anni 1466 e 1467. Il 5 marzo 1471 conseguì il magistero "in sacra theologia" e fino al 1477 detenne la carica di reggente degli studi.
Secondo quanto riferito da Quétif - Échard ebbe, tra i suoi allievi, personaggi illustri, tra cui futuri maestri generali dell'Ordine e due teologi, Domenico da Fiandra e Paolo da Soncino. Se dubbio è che si possa parlare, per Domenico da Fiandra, di un vero e proprio discepolato e non, piuttosto, di una frequentazione amichevole, sembra invece certo, dopo le ricerche di Ridolfi, che all'elenco degli allievi più celebri del M. sia da aggiungersi il nome di Girolamo Savonarola, che lo avrebbe avuto maestro di studi teologici negli anni 1476 e 1477.
Della sua vita non si possiedono ulteriori notizie. Controverso è anche l'anno della sua morte, che avvenne, sappiamo, nel convento domenicano di Piacenza. Le testimonianze convergono nell'indicare la data del 15 ottobre, ma si dividono sull'anno. Che possa trattarsi del 1470, secondo quanto afferma Domenico Carli, storico bergamasco (cit. in Guyot - Sterli, p. 601), è da escludersi, perché ciò confligge con la documentazione, che eccede cronologicamente quella data. Più probabile dunque che egli sia morto nel 1482, come sostengono Quétif - Échard, i quali confutano per altro la notizia, riferita dal domenicano Tommaso Manriquez nel 1571, che la morte del M. avvenne nel 1484. Manriquez sarebbe stato tratto in inganno "ab iconis ejus inscriptione Placentiae ad ejus tumulum biennio tantum ab ejus morte apposita" (p. 864a).
Poco si sa della personalità del M. ma, secondo Quétif - Échard, egli fu persona sobria, dedita agli studi, tanto brillante e lieve nella conversazione quanto misurata e solenne nell'eloquio. Grande ammirazione, in ogni caso, dovette incontrare presso il popolo dei fedeli se questi, subito dopo la sua morte, presero a venerarne la memoria e a ricordarne la santità di costumi, al punto che la città di Piacenza gli eresse un sepolcro presso l'altare di S. Tommaso, nella chiesa del convento. Successivamente, il 14 maggio 1485, i suoi resti furono traslati, con rito solenne, sotto l'altare della basilica di S. Giovanni in Canale, annessa al convento dei domenicani.
La produzione del M. si iscrive in quel momento della storia dell'Ordine domenicano in cui la dottrina tomistica, dopo una fase iniziale segnata da aspre polemiche, trionfò come dottrina ufficiale dei frati predicatori. L'opera maggiore del M. è la Tabula, in seguito definita aurea, edita per la prima volta a Bologna da Baldassarre Azzoguidi l'11 marzo 1473 (Indice generale degli incunaboli [IGI], 7613; F.R. Goff, Incunabula in American libraries, New York 1964, P-450); si tratta di uno strumento assai utile, ancora oggi, per la consultazione degli scritti di Tommaso d'Aquino.
La Tabula offre un elenco, in ordine alfabetico, di lemmi, per lo più di rilevanza teologica, ricavati dalle opere del doctor angelicus, accompagnati da rinvii, al fine di agevolare il reperimento dei luoghi implicati con quei lemmi. Sotto ogni singolo lemma, o dictio, vengono raggruppate tutte le proposizioni (sententiae) che vi si riferiscono, assegnando a ciascuna di esse un numero d'ordine. Ogni sentenza risulta così agevolmente reperibile grazie alla dictio sotto la quale è lemmatizzata e al numero che la individua. Accanto a ciascuna sentenza (o a ciascun gruppo di sentenze se si tratta di argomenti affini) un rinvio permette di identificare il luogo o i luoghi dai quali la proposizione è stata estrapolata.
La tabula del M., benché sia la più completa e diffusa delle tabulae tomistiche, dipende, come ha dimostrato Sterli, da opere analoghe cronologicamente anteriori. Non si spiegherebbe, altrimenti, l'identità di alcuni contesti di sententiae riscontrabile nella Tabula aurea e in una tabula anonima, pubblicata a Colonia il 14 marzo 1473, a soli tre giorni dalla pubblicazione dell'opera del Maldura. Escluso, per la prossimità cronologica, che l'una dipenda dall'altra, laddove le due tabulae esibiscono contesti identici si è obbligati a supporre l'esistenza di un esemplare comune. Sterli ha rinvenuto questo esemplare nel ms. del XV secolo custodito presso il convento agostiniano di Herzogenburg (Stiftsbibliothek, Mss., 6, cc. 1-108). Il codice, che erroneamente si riteneva l'unico testimone manoscritto della Tabula aurea, trasmette in realtà una tabula più breve, le cui lezioni sono confluite nell'opera del Maldura. Da questa stessa tabula ne dipende un'altra, anch'essa manoscritta, che è conservata a Montefalco (Biblioteca comunale, Mss., 34), datata 10 febbr. 1455. In forza di questo ulteriore elemento è possibile concludere che la tabula più antica è quella di Herzogenburg, i cui contesti vennero assorbiti, con qualche integrazione, da quella di Montefalco; a questa seguirono, tra loro coeve, la tabula di Colonia e la tabula del Maldura. Diversamente però dagli autori precedenti, che si limitarono ad accrescere il numero dei contesti della tabula di Herzogenburg, il M., oltre ad aggiungerne di nuovi, sottopose i contesti già presenti nelle altre tabulae a un attento lavoro di revisione e riordino, sforzandosi di procurare una maggiore aderenza al testo di Tommaso.
L'editio princeps della Tabula fu rapidamente seguita da due ristampe: l'una del 1478 a Basilea, presso Bernardo Richel, e l'altra del 1495, sempre a Basilea, presso Nicola Kessler. Una nuova edizione, notevolmente ampliata e arricchita di un Index auctoritatum, vero e proprio regesto delle fonti bibliche, procurò invece Ambrogio Corradi, confratello del M.; essa fu pubblicata "per Johannem Rubeum vercellensem" il 13 maggio 1497 e reca una lettera di dedica indirizzata a Tommaso Donati, patriarca di Venezia, domenicano, tra i primi allievi del Maldura. Sulla base di questa edizione ne fu tratta una terza, ulteriormente accresciuta, nella quale per la prima volta la Tabula, ormai definita aurea, figura come volume a sé di un'edizione completa delle opere di Tommaso. È la cosiddetta editio Piana (da Pio V che ne fu il promotore), organizzata in 18 tomi, cominciata a stampare a Roma nel 1569 "apud Iulium Accoltum" e portata a termine nel 1571 dagli stampatori "heredes Antonii Bladii". Il tomo che contiene la Tabula, stampato per ultimo, è in realtà il primo nella numerazione dei volumi che compongono l'Opera omnia. Curatori dell'edizione furono i domenicani Vincenzo Giustiniani e Tommaso Manriquez, probabilmente assistiti da una équipe di confratelli. La Piana del 1571 costituisce la base di tutte le edizioni della Tabula, fino all'edizione parigina del 1880 e alla romana del 1960, che sulla parigina si fonda. Sulla Tabula aurea e le sue edizioni è fondamentale la lunga recensione di Guyot all'ultima edizione in Bulletin thomiste, XII (1963-65), pp. 169-208, riprodotta, con l'aggiunta di una nota biografica e di nuovi dati sulla genesi dell'opera, in Guyot - Sterli.
Tre anni dopo aver pubblicato la Tabula, il M. pubblicò, a Venezia, nel 1476, le Ethimologiae sive Concordantiae dictorum atque conclusionum divi Thomae de Aquino, un piccolo volume in ottavo (IGI, 7612; Goff, P-448), nel quale sono raccolte 1222 proposizioni all'apparenza discordanti dell'opera di Tommaso, le cosiddette antilogiae o, più semplicemente, dubia, che il compilatore si proponeva di ricondurre a coerenza mediante il rinvio ad altri luoghi dell'opera del santo. Le Concordantiae figurano accorpate alla Tabula aurea già nell'edizione Corradi del 1497, da dove confluirono nella Piana del 1571, per poi essere inopportunamente soppresse nelle edizioni successive.
Del M. resta anche una tabula scritta a uso dei confessori, la Confessione cavata de l'Antonina, che contiene un elenco di peccati suddivisi secondo i comandamenti, i vizi capitali, le opere di misericordia e le violazioni di doveri. L'incunabolo, conservato presso la Biblioteca Casanatense di Roma (365/2), è datato 1493 (IGI, 7610). Incerto invece è se vada attribuita al M. un'edizione del commento di Tommaso alle lettere di s. Paolo, la cui editio princeps apparve a Bologna nel 1481, presso il tipografo Giovanni Schriber de Annunciata.
Fonti e Bibl.: C. Piana, Ricerche su le Università di Bologna e di Parma nel secolo XV, Quaracchi 1963, pp. 112-114, 281; T. Kaeppeli, Scriptores Ordinis praedicatorum Medii Aevi, III, Romae 1980, p. 219; IV, ibid. 1993, pp. 226 s.; R. Ridolfi, Vita di G. Savonarola, Firenze 1981, p. 17; T. Sterli, P. da Bergamo e la sua Tabula aurea, in Fabula in Tabula: una storia degli indici dal manoscritto al testo elettronico. Atti del Convegno di studio(, Certosa del Galluzzo( 1994, a cura di C. Leonardi - M. Morelli - F. Santi, Spoleto 1995, pp. 145-156; B.G. Guyot - T. Sterli, La Tabula aurea di fra P. M. da Bergamo O.p. entro la storia del tomismo, in Angelicum, LXXX (2003), pp. 597-660; J. Quétif - J. Échard, Scriptores Ordinis praedicatorum, I, pp. 863 s.