MAESTRI, Pietro
Nacque a Milano il 23 febbr. 1816 da Antonio, vicedirettore della Contabilità centrale di Lombardia, e da Rachele Magistrati.
Compiuti gli studi liceali nella città natale, si iscrisse nel 1835 alla facoltà di medicina dell'Università di Pavia, dove cominciò presto a svolgere attività politica in un'associazione segreta di studenti democratici (così lo stesso M. ricorda quell'organizzazione cospirativa in una memoria, Origine dell'insurrezione lombarda del 1848, destinata all'Archivio triennale delle cose d'Italia di C. Cattaneo: "L'organismo era semplicissimo. Si radunava un circolo dei migliori, i quali esercitavano per le loro adunanze e per l'influenza di ciascuno una specie di supremazia sugli altri. Il circolo raccoglieva libri e giornali e li mandava in giro").
Laureatosi nel 1841, il M. divenne assistente in un ospedale milanese e cominciò a collaborare nel 1843 alla Gazzetta medica di Milano, fondata da A. Bertani, al quale lo legavano la comune passione per una medicina fortemente orientata verso il piano sociale e la scelta di campo democratico-repubblicana sul terreno politico.
Tra gli articoli destinati a questo periodico spicca un ampio scritto dedicato alla questione della riforma del sistema penitenziario, che aveva acceso in quegli anni un vivace dibattito nel quale si impegnarono tra gli altri Cattaneo e C.I. Petitti di Roreto.
Il proposito di perfezionare gli studi con un soggiorno all'estero portò nel 1845 il M. a Parigi e a Londra; in questa città incontrò G. Mazzini, che riportò una buona impressione del M., che definì un "giovine eccellente", a patto però, soggiungeva, che non si lasciasse "vincere dalla solita tendenza degli ingegni, la sostituzione del pensiero sviluppato teoreticamente al bisogno di azione insurrezionale" (Mazzini, XXVIII, p. 93).
Rientrato a Milano, il M. pubblicò nella Gazzetta medica di Milano le sue vivaci Reminiscenze della gita di un medico ipocondriaco a Parigi e a Londra, nelle quali si possono leggere acute osservazioni sulle cause delle crisi industriali e sugli effetti del lavoro di fabbrica sulla condizione operaia.
L'industria, vi si diceva, "raccoglie le popolazioni squallide ed affamate, e ne misura il lavoro coi moti della vaporiera; i prodotti si accumulano sui prodotti; più si crea e più è forza creare, finché un giorno non vi sia più chi compri - il mercato è colmo. Allora le porte dell'officina si chiudono inesorabilmente [(]. L'industria aveva creato una popolazione di operai e ora li trasmuta in una popolazione di proletarii".
Dopo l'insurrezione milanese del marzo 1848, alla quale partecipò collaborando con Bertani all'organizzazione del servizio delle ambulanze, il M. fondò, insieme con R. Griffini, la Voce del popolo, che fu uno dei fogli democratici più attenti ai problemi sociali. Nelle ultime settimane di libertà della capitale lombarda, il 7 luglio il M. fu chiamato a far parte del Comitato centrale straordinario per l'armamento della guardia nazionale e il 28 luglio entrò, con F. Restelli e M. Fanti, nel Comitato di pubblica sicurezza che tentò invano di organizzare un'estrema resistenza contro gli Austriaci vittoriosi sull'esercito piemontese. Tali avvenimenti il M. - che nei mesi precedenti aveva mantenuto un atteggiamento inflessibilmente repubblicano opponendosi alla fusione della Lombardia negli Stati sardi - narrò polemicamente nell'opuscolo Gli ultimi tristissimi fatti di Milano (datato 15 ag. 1848), in cui criticava aspramente Carlo Alberto accusandolo di "tradimento".
Riparato dopo la capitolazione di Milano a Lugano insieme con Mazzini, il M. - dopo un breve soggiorno a Genova - il 13 sett. 1848 si recò a Venezia per organizzarvi, appunto su incarico di Mazzini, le forze repubblicane. Trasferitosi poi a Firenze, fu tra gli animatori del Comitato centrale provvisorio nato per promuovere la convocazione di una Costituente nazionale in Roma; da Firenze passò poco dopo a Roma segnalandosi tra i più accesi sostenitori della Costituente romana. Dopo la proclamazione della Repubblica, fu inviato, nel marzo del 1849, a Firenze per favorire l'unificazione tra Roma e la Toscana, ma il tentativo non andò a buon fine per l'opposizione di F.D. Guerrazzi. Di nuovo a Roma, partecipò alla difesa della città contro i Francesi, e dopo la sua caduta riparò negli Stati sardi (prima a Genova, dal febbraio 1850 a Susa e dall'aprile a Torino).
Durante il soggiorno in Piemonte il M. si allontanò da Mazzini per avvicinarsi al gruppetto dei dissidenti federalisti che facevano capo a G. Ferrari e a E. Cernuschi, i quali, auspicando un rilancio della democrazia italiana su basi socialiste, accusavano Mazzini di formalismo perché a loro avviso trascurava la questione sociale. Il documento più significativo di questa evoluzione da parte del M. è l'Annuario economico-politico pubblicato a Torino nel 1851, chiara testimonianza dell'influenza esercitata sul suo pensiero dalle idee di P.-J. Proudhon.
Naturalmente il dissenso da Mazzini tenne lontano il M. dai preparativi insurrezionali che portarono alla fallita rivolta milanese del 6 febbr. 1853; ciò però non valse a impedire la sua espulsione dagli Stati sardi, per cui fu costretto il 17 febbr. 1853 a lasciare Torino per la Svizzera e poi per Parigi.
Qui il M. continuò la sua attività di studioso e di pubblicista, collaborando tra l'altro con la Revue franco-italienne, pubblicata dal novembre 1854 dall'esule siciliano G. Carini. I contributi dati alla Revue testimoniano il crescente interessamento del M. per i problemi della statistica applicata all'economia, come attesta anche l'Annuario statistico italiano del 1857-58 (un secondo volume sarebbe apparso nel 1864), preparato insieme con C. Correnti e del quale vale la pena di segnalare il rilievo attribuito dal M. alla formazione di un mercato nazionale ai fini dello sviluppo economico della Penisola: "Un mercato comune - scriveva - sarebbe il vero dinamometro delle industrie italiane, il quale porrebbe le cose a luogo e insegnerebbe a ciascuna parte d'Italia a far quello che è più acconcia a fare e non disperdere in inutili e minute gare e in infelici ripetizioni le forze necessarie per sostenere la lotta con l'industria transalpina e transmarina".
Allo scoppio della guerra del 1859 il M. si arruolò come medico chirurgo nei Cacciatori delle Alpi di G. Garibaldi e fu anche intermediario tra Bertani e C. Cavour, allora ministro della Guerra, per ottenere la parificazione dei medici volontari a quelli dell'esercito regolare. Concluso il conflitto, verso settembre del 1859 tornò a Parigi, da dove inviò molti articoli a vari periodici, tra cui la nuova serie del Politecnico di Cattaneo, la Gente latina e l'Espérance.
In alcuni di questi scritti - per esempio quello apparso in Gente latina del 7 nov. 1859 - prese posizione contro l'inglobamento accentratore della Lombardia nel Regno di Sardegna confermando così le tendenze federalistiche degli anni immediatamente successivi al 1848. A suo parere bisognava procedere con gradualità affinché l'unificazione avvenisse senza scosse. Procedere subito alla "più assoluta unità amministrativa" avrebbe invece voluto dire "attendere ad un lavoro di liquidazione generale degli interessi, incompatibile con le condizioni dei popoli usciti appena adesso da una crisi". Il M. prospettava quindi un regime di "unità politica e federazione amministrativa", che le nuove e le antiche province della monarchia sabauda avrebbero dovuto accettare "come mezzi che conducono praticamente alla loro unificazione". In particolare allo Stato dovevano competere tutte le grandi questioni interne ed esterne; ogni Comune avrebbe dovuto avere la più larga autonomia per la gestione degli affari municipali, mentre a ogni Provincia doveva essere assicurata un'ampia libertà per la conduzione degli affari relativi al suo ambito territoriale. Il M. si dichiarava inoltre a favore dell'istituzione delle Regioni: "Tra la Provincia e il Governo centrale - scriveva - dovevasi mantenere quella circoscrizione territoriale ed amministrativa intermedia, che chiamasi Regione, e che risulta da un'omogenea e ben proporzionata superficie di paese, popolata quasi a dire da una sola famiglia, ed avente un tipo naturale proprio, un organismo amministrativo, ed una comunanza di origine, di tradizioni, di consuetudini e di interessi".
Deluso dalla soluzione unitaria accentratrice realizzata per il nuovo Stato italiano, il M., rientrato stabilmente in Italia, si dedicò da allora ai suoi prediletti studi statistici, da lui sempre visti nella loro funzione di supporto scientifico al progresso civile ed economico. Il 21 apr. 1862, mentre si trovava in Francia, un regio decreto lo aveva posto a capo della Direzione di statistica istituita l'anno prima presso il ministero dell'Agricoltura, industria e commercio, dove aveva il grado di capo divisione di prima classe. In tale veste, oltre a curare le pubblicazioni e a favorire l'aggiornamento tecnologico dell'organismo a lui affidato, il M. prese parte a numerosi congressi internazionali e organizzò personalmente quello di Firenze del 1867; svolse inoltre, insieme con Correnti, un ruolo di primo piano nell'organizzazione della Giunta centrale di statistica e nella rilevazione dei dati relativi alla vita economica del giovane Regno (cfr. i suoi L'Italia economica nel 1869, Firenze 1870, e L'Italia economica nel 1870, ibid. 1871, pubblicati però al di fuori dell'attività della Direzione, forse a causa di un provvedimento disciplinare comminatogli nel 1868 dal ministro E. Broglio, che gli era costato un mese di sospensione dalle funzioni con conseguente perdita dello stipendio). Tale complesso di lavori, oltre a dargli la promozione a direttore generale (1 apr. 1870), avrebbe fatto dire al belga L.-A. Quetelet che "il avait établi en Italie une statistique qui a étonné les statisticiens des tous les pays par le soin, la correction et la précision qu'il avait dans l'élaboration des chiffres" (Marucco, p. 125).
Il M. morì a Firenze il 4 luglio 1871.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero dell'Agricoltura, industria e commercio, Gabinetto, Personale, b. 4, f. 103. Un ampio elenco degli scritti del M. in F. Della Peruta, I democratici dalla Restaurazione all'Unità, in Bibliografia dell'età del Risorgimento in onore di A.M. Ghisalberti, I, Firenze 1971, pp. 293 s.; Ediz. nazionale degli scritti di G. Mazzini (per la consultazione, cfr. gli Indici, a cura di G. Macchia, II, 2, Imola 1973, ad nomen); G. Bustico, L'esilio di Giuseppe Revere e P. M. a Susa nel 1850, Roma 1916; C. Cattaneo, Epistolario, a cura di R. Caddeo, I-IV, Firenze 1949-54, ad ind.; G. Natali, Un italiano del Risorgimento: P. M. (1816-1871), in Memorie dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, cl. di scienze morali, s. 5, I (1950), pp. 61-89; F. Della Peruta, I democratici e la rivoluzione italiana. Dibattiti ideali e contrasti politici all'indomani del 1848, Milano 1958, ad ind.; E. Morelli, Mazzini all'indomani del 1849 in alcuni inediti di P. M., in Scritti offerti a Giovanni Incisa della Rocchetta, Roma 1973, pp. 355-376; C. Cattaneo, Tutte le opere, a cura di L. Ambrosoli, V, Milano 1974, ad ind.; F. Della Peruta, Contributo all'epistolario di P. M., in Saggi mazziniani dedicati a E. Morelli, Genova 1990, pp. 61-104 (poi in Id., Politica e società nell'Italia dell'Ottocento. Problemi, vicende e personaggi, Milano 1999, pp. 299-335). Per gli studi di statistica si rinvia ai saggi di vari autori raccolti in Quaderni storici, 1980, n. 45: L'indagine sociale nell'unificazione italiana, a cura di R. Romanelli, pp. 771, 776, 783, 797, 805, 825 s., 833, 894, 902-908 e a D. Marucco, L'amministrazione della statistica nell'Italia unita, Roma-Bari 1996, ad ind.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v. (G. Badii).