ALLERY, Pietro Lucas de la Roche de
Nato a Ruffieux en Chautagne (Savoia) da Francesco e da Carlotta di Bellegarde e cresciuto in un periodo di guerre continue, si dedicò al mestiere delle armi, compiendo le sue prime prove come ufficiale subalterno in Olanda e in Francia nelle file degli eserciti di Luigi XIV. Lasciata la Savoia dopo la pace di Nimega (1678), passò nei Balcani, dove partecipò a diverse campagne contro i Turchi, al comando di un reparto di corazzieri a cavallo che combatteva sotto la bandiera degli Asburgo. Contro "i nemici del nome cristiano"prese parte a numerosi scontri, da sotto le mura di Vienna fino alla Morea, a fianco dei Veneziani nel 1688 (ma non poté -come vuole il De Sonnaz - prender parte alla battaglia di Petervaradino, il 10 ag. 1716, avvenuta due anni dopo la sua morte).
Durante l'assedio di Vienna (1683) si segnalò nei sobborghi della capitale, ostacolando per due volte l'avanzata dei Turchi e permettendo ai Viennesi di sbarrare in tempo l'accesso alla città. In riconoscimento del suo comportamento l'imperatore Leopoldo I lo nominò (24 marzo 1688) conte del Sacro Romano Impero.
Rientrato in patria, passò al servizio del duca Vittorio Amedeo II, con il grado di colonnello e comandò il reggimento di fanteria "Savoia"e successivamente il reggimento "Chablais".Durante la guerra di successione spagnola fu al comando della cittadella di Verrua (1704-05), e di quella di Torino (1706) al tempo dell'assedio francese. A Verrua -tra Torino e Casale, sulla valle del Po - quando il maresciallo di Vendôme iniziò l'assedio, l'A. contenne gli attacchi del nemico e lo bloccò sulle difese esterne. Già ferito leggermente, ricevette sul bastione di Camus un colpo di carabina a un braccio, il 7 genn. 1705. Dovette cedere poco dopo il comando a F. G. Pallavicino e ritirarsi a Crescentino per ricevervi le cure necessarie.
La sua valorosa condotta a Verrua fu poi amplificata dal Saluzzo, il quale favoleggiò di lui che, essendo in corso trattative per un armistizio con il Vendôme e non volendo l'A. accettare le condizioni imposte dai vincitori, rimanesse seduto su un barile di polvere, tenendo accesa la miccia fino a quando non ebbe la definitiva risposta del nemico, il quale, ammirato del gesto, accettò le sue proposte; in realtà al momento della capitolazione di Verrua l'A. era già altrove e perfino il suo successore, Pallavicino, era stato a sua volta sostituito dal colonnello Fresen.
Rimessosi dalla ferita e recatosi a Torino assediata, ebbe dal duca Vittorio Amedeo II il comando della cittadella. Nel consiglio di guerra tenuto il 27 ag. 1706 con il comandante supremo, l'austriaco maresciallo Daun e il governatore della città marchese Caraglio, l'A. sostenne l'utilità di una condotta aggressiva e caldeggiò una sortita che, grazie al reggimento "Savoia" e ad altre truppe, ebbe successo. Il 31 agosto, durante un secondo assalto generale condotto dalle truppe piemontesi, fu protagonista di un episodio risolutivo, che gli procurò una nuova ferita e portò alla conquista di tre importanti posizioni francesi.
Il suo spirito di disciplina e l'obbedienza che prestò al comandante in capo Daun -verso il quale non mostrò risentimento sebbene il Daun, straniero, gli fosse stato preferito nel comando supremo - furono fattori importanti di coesione interna tra gli assediati e gli meritarono i più ampi riconoscimenti dal duca Vittorio Amedeo II, che lo nominò luogotenente maresciallo nel 1710 e gli conferì nel 1713 il Collare dell'Annunziata. Fu per diversi anni governatore di Torino, fino alla morte che ivi lo colse il 14 ott. 1714.
Fonti e Bibl.: A. M. Metelli, Torino assediato e soccorso l'anno 1706 ,Parma 1711, p. 236; C. Saluzzo, Ricordi militari degli Stati Sardi, Torino 1859, pp. 459-461; D. Carutti, Il conte della R. d'A. e il colonnello Fresen all'assedio di Verrua, Torino 1900 (estr.); P. Fea, Tre anni di guerra e l'assedio di Torino nel 1706, Roma 1905, pp. 23, 57,122, 191, 215-216, 341, 355; C.A. De Sonnaz-E. Gonella, P. L. de la R. d'A., in Bollett. d. Associaz. fra oriundi savoiardi e nizzardi italiani, (1914), n.4, pp. 65-72.