LAZZARONI, Pietro
Nacque nei primi decenni del XV secolo; è ignoto il nome dei genitori. Il luogo di nascita è incerto, ma sembra sicura l'origine valtellinese, dal momento che il L. stesso ne parla nel finale della Vita ducum a proposito della "Lazarona domus": "Nam generis veteres et primos edidit ortus / Imperio submissa tuo et servire parata / Vallibus ex magnis Vallis Telina vocata" (cfr. L'umanista e il principe. La "Vita ducum" di Pietro Lazzaroni, a cura di L. Pesavento, Pisa 1997, p. 219).
Bernardino Labochet, rettore della facoltà giuridica di Pavia, in una lettera alla duchessa di Milano Bona di Savoia, lo chiama "Petrum Lazaronum de Lazaronibus Vallistelinae" (Arch. di Stato di Milano, Autografi, Pietro Lazzaroni, cart. 137). Quadrio dà come luogo di nascita Teglio nei pressi di Sondrio; nei Libri di provvisione di Chiari (Arch. stor. civico, Provvisioni, 1464, 18 marzo, c. 44) il L. è registrato come "Petrus de Lazaronibus de Scalve", cioè della Val di Scalve, in provincia di Bergamo, più precisamente di Colere, secondo Bonaldi. Nell'intestazione di alcune opere manoscritte e a stampa figura, invece, come "Brixianus" o "Brixiensis"; a supporto di ciò, inoltre, una provvisione del Comune di Brescia lo definisce "concivi nostro" (Arch. stor. civico, Provvisioni, vol. 509, 1486, 11 ottobre), e il Rotulo del 1480 dell'Università di Pavia presenta "Petrus Lazaronus Brixiensis" (Arch. di Stato di Milano, Studi, p.a., Pavia, cart. 390).
Sulla formazione giovanile del L. si possono soltanto formulare congetture: la presenza successiva a Pavia potrebbe essere giustificata da una precedente esperienza come studente; forse si formò alla scuola di Giorgio Merula. È ignoto il suo titolo di studio, ma la qualifica di magister fa presupporre un iter di studi regolare.
Il L. giunse a Chiari nel 1464, proveniente da Iseo, da lì fuggito per l'imperversare della peste: nel verbale del 18 marzo il Consiglio di provvisione del Comune lo nomina, con 31 voti favorevoli e 14 contrari, insegnante di grammatica e retorica, con la paga di un ducato al mese a partire dal 1° aprile, portata a 3 lire l'anno seguente. Non si conosce il motivo della scelta di Chiari, centro culturale abbastanza fervido, fin dalla metà del Trecento. È probabile che il L., in cerca di una prima affermazione professionale e intellettuale, avesse scelto quella località anche per la relativa vicinanza ai luoghi natali.
Nel 1465 il L. era sposato e viveva con il suocero, maestro Pellegrino. In questo periodo scrisse la sua prima opera nota, il De quattuor virtutibus cardinalibus, compilazione didascalica elaborata quasi esclusivamente con il proposito di trovare un protettore che gli accordasse una migliore collocazione in ambito professionale e culturale.
L'opera venne dedicata a Galeazzo Maria Sforza e composta prima del 1466, quando Francesco Sforza era ancora vivo; l'esemplare fornito di tale titolo, segnalato da G. Porro (Catalogo dei codici manoscritti della Trivulziana, Torino 1884, p. 204), non risulta attualmente presente presso la Biblioteca Trivulziana di Milano (cfr. Manoscritti e libri notificati, Roma 1967, pp. 106 s.; cfr. anche Kristeller, I, p. 360). Si conservano invece tre esemplari successivi: il primo rivolto "ad senatores Chremenses" (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashb., 1561), il secondo e il terzo "ad senatum Bergomensem" (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., O.124 sup.; Padova, Biblioteca universitaria, Mss., 56), identici in tutto, con la sola variante della lettera dedicatoria alle autorità di Crema e di Bergamo. Dal momento che in questa occasione l'autore si definisce "artis oratoriae in Ticinensi Gymnasio publicus lector", essi risalgono almeno al 1480, anno in cui il L. divenne lettore a Pavia. Il De quattuor virtutibus è strutturato in quattro libri, ognuno dedicato a una virtù: De prudentia, De fide, De iusticia, De liberalitate, con un intento primario di carattere etico e pedagogico e un ampio repertorio di esempi tratti dall'antichità classica.
Un tentativo analogo di segnalarsi e raccomandarsi ad alcune illustri personalità milanesi è rappresentato sia dai Carmina ad Gasparem Vicecomitem (Milano, Biblioteca Trivulziana, Mss., 779), indirizzati al poeta Gaspare Visconti, sia dai Carmina Iasoni Maino dicata, dedicati appunto al celebre giurista Giasone del Maino e conservati a Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Mss. lat., cl. XII, 180 (=4459).
Il suo nome compare a Chiari nei Libri di provvisione per l'ultima volta il 9 apr. 1470: in questa data probabilmente si accingeva a partire, dal momento che vi risulta la vendita di "aliqua bona super territorio de Claris" (Arch. stor. civico, Provvisioni, 1465, 24 gennaio).
Nei mesi immediatamente precedenti la chiamata a Pavia, il L. compose il De gestis illustrissimorum ducum Philippi tertii, Francisci quarti, Galeacii Marie quinti, conosciuto anche come Vita ducum (Milano, Biblioteca Trivulziana, Mss., 699; cfr. ed. Pesavento).
L'opera, preceduta da una lettera dedicatoria, "Illustrissimo Duci Ioanni Galeacio Mediolani Sexto", è un poema di circa 1200 esametri, diviso in quattro libri; i primi tre narrano le imprese, soprattutto militari, dei duchi Filippo Maria Visconti, Francesco Sforza e Galeazzo Maria Sforza; il quarto, dedicato a Gian Galeazzo Sforza, è una trattazione sulle virtutes dei principi, intessuta di esempi dell'antichità classica. Il poema, che si inserisce nel filone dell'epica coeva, ha un duplice intento: uno più squisitamente celebrativo, l'altro spiccatamente etico e pedagogico. Il L. ha "il merito di mantenersi un po' più con i piedi per terra rispetto alle varie Sfortias, Borsias, Alfonseis o Hesperis a lui contemporanee; l'interesse per il dato reale è decisamente più forte" (ed. Pesavento, p. 73).
Dall'estate del 1480 il L. insegnava senza salario nelle "scholis potestatis Papiae"; nel settembre di quell'anno Labochet prese l'iniziativa perché gli venisse affidata la lettura del bergamasco Francesco Oca, morto poco prima, ma nei Rotuli originali conservati a Pavia il L. risulta attestato solo nel 1482-83 con uno stipendio di 50 fiorini; in quel periodo scrisse una lettera e un'ode in distici elegiaci al segretario ducale Bartolomeo Calco per chiedere un aumento di stipendio. Nel 1485-86 l'emolumento giunse alla cifra di 170 fiorini, scese a 120 nel 1494 per risalire a 186 nel 1497: l'insegnamento era la Lectura rhetoricae.
In questi anni il L. partecipò al fermento letterario del Ducato sforzesco, soprattutto nel tentativo di segnalarsi e mettersi in mostra. Nel 1484 un'operetta in prosa (fra l'altro l'unica nota del L.), dedicata a Ludovico Sforza, De parte gestorum a … Ludovico Sfortia superiore anno libellus (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., Z.74 sup.), non fruttò uno sperato avanzamento. Contemporaneamente il L., nell'incertezza del proprio futuro, non rinunciò a rivolgersi fuori dal Ducato, in cerca di altri protettori: il Carmen civitatis Brixiae gli procurò nel 1487 un premio di 25 fiorini d'oro; il componimento è andato perduto e la notizia si ricava dai Libri di provvisione di Brescia. Scrisse un'opera, anch'essa perduta, in onore di Bonifacio III, marchese di Monferrato; compose un Carmen ad Alexandrum VI in tre libri (Firenze, Biblioteca nazionale, Nuovi acquisti, 73) e il trattatello in versi De septem prerogativis que nobilitant domos, dedicato a Ulderico di Liechtenstein, vescovo di Trento (Milano, Biblioteca Trivulziana, Mss., 778). Il tentativo di avvicinarsi alla corte mantovana produsse un componimento in onore di Isabella d'Este e un poemetto elegiaco, entrambi perduti. In seguito il L. scrisse altre due opere, non conservate: una in onore del marchese di Mantova Francesco II Gonzaga, composta nel clima delle celebrazioni per la battaglia di Fornovo (1495), e un'altra in occasione della discesa di Carlo VIII in Italia, in cui il L. celebra il sovrano francese (Excellentia regis Caroli VIII).
La dedizione, per altro sincera, a Milano e un costante interesse a distinguersi per ottenere una promozione lo portarono a comporre alcune opere di carattere eminentemente elogiativo, non a caso le uniche pubblicate a stampa. Nel 1494 uscì per i tipi di Antonio Zarotto l'Epithalamium in nuptiis Blancae Mariae Sfortiae cum Maximiliano Romanorum rege (Indice generale degli incunaboli [=IGI], 5709), operetta redatta in occasione delle nozze, avvenute il 30 nov. 1493 fra Massimiliano d'Asburgo e Bianca Maria Sforza, nipote di Ludovico il Moro.
Il componimento è il classico elogio in esametri dello sposo e della sposa, cui seguono una rassegna dei parenti di Bianca Maria, con un particolare encomio del Moro e dell'opera di rinnovamento urbanistico e monumentale, l'illustrazione delle dodici virtù che decorano la corona della sposa, gli auguri per la discendenza e un richiamo al valore militare degli Sforza e di Francesco in particolare, e infine la cronaca dell'incoronazione con la descrizione del corteo e il congedo prima della partenza. Sempre nella tradizione nuziale va ricordato il perduto Carmen in laudem Ludovici Mariae Sfortiae et Beatricis Estensis coniugis.
In quegli stessi anni fu edito, sempre a Milano, il De decorata civitate Mediolani, per i tipi di Ulrich Scinzenzeler (IGI, 5708). L'opera, pubblicata intorno al 1494-97, è un poemetto in 160 versi sulla superiorità di Milano che assomma tutte le qualità delle principali città italiane ("Insubriae regina quae maxima surgit urbibus Italiae"): la ricchezza di Venezia, la superbia di Genova, l'opulenza di Bologna, la bellezza di Firenze, la nobiltà di Napoli, la santità di Roma.
In occasione della morte di Beatrice d'Este infine, il L. compose gli Epitaphia XII in obitu Beatricis consortis illustrissimi ducis Mediolani Ludovici M. Sphorciae, pubblicati a Milano presso Antonio Zarotto nel 1497 (IGI, 5710). Gli Epitaphia sono probabilmente l'opera più riuscita del L.: concepita in dodici epitaffi in distici elegiaci, presenta, come al solito, fitti riferimenti mitologici, funzionali in questo caso a nobilitare la forte drammaticità che la pervade.
Oltre a queste opere va segnalato anche il De gestis Pompei maioribus gestis Caesaris (Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Hss., 599), un poemetto in cui si discute sulla superiorità politica e morale di Cesare o Pompeo, argomento tipico dell'epoca e già affrontato dal L. nel IV libro della Vita ducum: il L. si dichiara a favore di Pompeo, difensore della tradizione e delle istituzioni repubblicane, mentre Cesare è considerato un tiranno, responsabile di una sanguinosa guerra civile, abile nell'approfittare dell'avversa fortuna di Pompeo.
L'insicurezza per il proprio posto in università continuava a turbare il L.: nel 1491 Bartolomeo Calco, primo segretario del Ducato, incaricato di sfoltire il numero di docenti pavesi, dovette intercedere per il L., per evitare che "questo pocho pane gli fosse levato de bocha ad lui et ad li soi fioli" (cfr. ed. Pesavento, p. 51); nel 1496 il L. fece intervenire presso il Moro Niccolò Orsini, capitano generale veneziano, grato per un'operetta a lui dedicata.
Tale incertezza spiega anche i continui tentativi di rivolgersi altrove: compose infatti i Poemata in laudem Antonini Borellae, perduti, per Gian Antonio Secco conte di Borella e Vimercate, vicino al Moro; il De magistratibus Venetis, in onore del doge Agostino Barbarigo e del Senato veneziano - Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. lat., cl. X, 240 (=3370); Ibid., Biblioteca del Civico Museo Correr, Misc. Correr, b. 51 -, l'ode De duodecim virtutibus quibus coronatur consumata regina et quibus fulgere concernimus coronam serenissimae Katerinae Cypri reginae dignissimae, per la regina di Cipro Caterina Cornaro di passaggio a Brescia nel 1497, quando era podestà suo fratello Giorgio (Ibid., Correr, 370, codice attualmente illeggibile; cfr. ed. in Segarizzi).
Nei Rotuli dell'Università di Pavia dell'anno 1497-98 il L. risulta sostituito dal figlio Evangelista, che venne poi cassato l'anno successivo su intervento diretto del Moro, per l'evidente modesto valore del docente. Da questo momento si perdono le tracce del L., di cui si ignorano la data e il luogo di morte.
Fonti e Bibl.: Brescia, Arch. stor. civico, Provvisioni, vol. 509 (1485-87), 11 ott. 1486; Chiari, Arch. stor. civico, Provvisioni, 1465, 24 gennaio; Arch. di Stato di Milano, Autografi, Bartolomeo Calco, cart. 117; Arch. di Stato di Pavia, Università. Studium Ticinese, Rotoli originali e tavole degli stipendi, cart. 20 (1406-1601); Università. Acta Studii Ticinensis, cart. 29b; L. Cozzando, Libraria bresciana, Brescia 1696, p. 91; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, II, Mediolani 1745, coll. 790, 2000; G. Parodi, Elenchus privilegiorum, et actuum publici Ticinensis Studii, [Pavia] 1753, pp. 45, 137; F.S. Quadrio, Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua delle Alpi, oggi detta Valtellina, III, Milano 1755, p. 407; G.J. Gussago, Biblioteca Clarense, ovvero Notizie istorico-critiche intorno agli scrittori e letterati di Chiari, I, Chiari 1820, p. 41; Memorie e documenti per la storia dell'Università di Pavia e degli uomini illustri che v'insegnarono, I, Pavia 1878, p. 163; L. Gandola, Albo storico biografico degli uomini illustri valtellinesi, Sondrio 1879, pp. 50 s.; A. Luzio - R. Renier, Francesco Gonzaga allabattaglia di Fornovo, in Arch. stor. lombardo, XVII (1890), p. 239; F. Gabotto, Miserie e suppliche di professori, in Intermezzo, I (1891), pp. 3-12; F. Gabotto - A. Badini Confalonieri, Vita di GiorgioMerula, Alessandria 1894, pp. 164 s.; A. Segarizzi, Un poemetto sconosciuto di P. L. (per le nozze Dalla Santa - Valsecchi), Venezia 1904; B. Mazzali, Poeti e letterati in Valtellina e in Valchiavenna, Sondrio 1954, p. 33; D. Bianchi, Qualche appunto su P. L., in Boll. della Società pavese di storia patria, LVII (1957), pp. 99-103; E. Bonaldi, L'antica Repubblica e Comunità di Scalve. Brevi appunti sulla sua storia, le sue leggi e i suoi costumi, Milano 1965, p. 317; G. Resta, La cultura umanistica a Milano alla fine del Quattrocento, in Milano nell'età di Ludovico il Moro. Atti del Convegno… 1983, Milano 1983, p. 209; A. Sottili, Università e cultura. Studi sui rapporti italo-tedeschi nell'età dell'Umanesimo, Goldbach 1993, pp. 120-122; L. Pesavento, La "pulcherrima urbs Mediolani" di P. L. e la storiografia milanese di età sforzesca, in La memoria e la città. Scritture storiche tra Medioevo ed Età Moderna, a cura di C. Bastia - M. Bolognani, Bologna 1995, pp. 361-372; P.O. Kristeller, Iter Italicum. A Cumulative Index to volumes I-VI…, p. 309.