LAZZARI, Pietro (anche Lazari, Lazeri, Lazzeri)
Nacque a Siena il 16 ott. 1710. Mancano notizie sulla famiglia e la prima gioventù. Si formò nel collegio gesuitico di Firenze, dove ebbe come docente di filosofia Melchiorre Dalla Briga, protagonista nelle polemiche con i novatori dell'Università di Pisa. Come ad altri allievi, Dalla Briga gli fece sostenere in pubblico tesi sulla concordanza tra pensiero antico e moderno (Philosophorum veterum ac recentiorum consensus latens in apparenti dissensu, Florentiae 1727). Il L. trasse dal maestro anche interessi per la cronologia del cristianesimo antico e le relazioni tra era cristiana e calendari classici, che emergono nelle sue prime pubblicazioni (una notevole lettera di argomento cronologico inviatagli da Dalla Briga nel 1732 da Vienna è in Roma, Biblioteca nazionale, Autografi, A 19/1). Tali interessi implicavano una preparazione matematica e astronomica. Nel collegio di Firenze mancava un insegnamento di matematica, ma il L. lo ricevette quando, entrato nel 1727 nella Compagnia di Gesù, fu trasferito a Roma, dove dal 1730 al 1734 oltre a seguire nuovamente corsi di retorica e filosofia studiò anche matematica con O. Borgondio, docente della disciplina nel Collegio romano e maestro di R.G. Boscovich.
Ancora studente di teologia fu destinato alla cattedra di storia ecclesiastica del Collegio romano, istituita su richiesta di Benedetto XIV, che tenne dal novembre 1742 fino alla soppressione dell'Ordine nel 1773.
Il L. sembra essere stato uno dei tramiti maggiori della penetrazione nel Collegio della trattatistica seicentesca sulla cronologia, della metodologia critica (dai bollandisti a L.A. Muratori) e delle susseguenti innovazioni negli studi di storia della Chiesa. In generale, egli colse il nesso metodico tra le forme nuove del discorso scientifico e quelle del discorso storiografico e filologico. Ebbe tra i compagni di noviziato Boscovich, con il quale corrispose almeno dal 1737. Una lettera inviatagli nel 1740 da Padova da G.A. Bassani (Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Epp. NN., 96, c. 105) documenta che il L. effettuava osservazioni astronomiche, che trasmise anche a G. Poleni a Padova; essa mostra nel contempo che la sua formazione scientifica era stata più che elementare, come confermano i suoi scritti editi e inediti di cronologia e teoria del calendario.
Il L. fece sostenere e pubblicare da allievi, tra i quali L. Brenna, tesi che sono da considerare parte della sua produzione. In una lettera del 1749, poi apparsa con falsa attribuzione a un dottore della Sorbona (Décret de la congrégation de l'Indice, contre la "Bibliothèque janséniste", avec la lettre d'un docteur de Sorbonne, Avignon 1750), criticò la messa all'Indice della quarta edizione della Bibliothèque janséniste del gesuita Dominicus de Colonia (Bruxelles 1744). La lettera, mordace verso i domenicani del S. Uffizio, fu proibita da questo e messa all'Indice.
Appartengono all'attività del L. studioso e docente di storia della Chiesa anche altre pubblicazioni: Dissertationes selectae ex historia ecclesiastica, Romae 1749; De anno Christi natali ab orbe condito exercitatio chronologica ex Prolegomenis historiae ecclesiasticae habenda a patribus S.I., ibid. 1753; Miscellaneorum ex mss. libris Bibliothecae Collegii Romani Societatis Iesu, I, Clarorum virorum Theodori Prodromi, Dantis Alighierj, Franc. Petrarchae… et Iacobi Sadoleti epistolae ex codd. mss. Bibliothecae Collegii Romani S.I. nunc primum vulgatae, ibid. 1754; De conciliis Romanis prioribus IV Ecclesiae saeculis dissertatio, ibid. 1755.
Dal novembre 1752 (forse su indicazione di Benedetto XIV, dato che aveva collaborato all'edizione in 12 volumi delle opere del pontefice, Roma 1747-51), il L. compare tra i qualificatori della congregazione dell'Indice, della quale il 16 maggio 1753 fu nominato consultore dal papa (Città del Vaticano, Arch. della Congregazione per la Dottrina della fede, Index, Diari, 17, cc. 28v, 32r). In questo ruolo esaminò opere in lingue orientali e dette pareri qualificanti (nel settembre successivo si oppose alla proibizione del Della regolata devozion de' cristiani di Muratori: ibid., cc. 44v-45r).
Ancora come consultore dell'Indice il L. fu autore di un memoriale, scritto probabilmente a seguito di un riesame dei documenti galileiani e ritrovato soltanto di recente, dopo l'apertura al pubblico dell'Archivio della congregazione romana dell'Indice, che sollecitò la cancellazione dalle future edizioni dell'Index librorum prohibitorum della formula generale di condanna delle opere favorevoli alla teoria copernicana (Riflessioni sopra l'articolo "Libri omnes docentes mobilitatem terrae et immobilitatem Solis", in Arch. della Congregazione per la Dottrina della fede, Index, Protocolli, [II.a.85] 1755-1757, cc. 486-497, pubblicato in Baldini). All'inizio del 1754 l'allora segretario della congregazione dell'Indice, A. Ricchini, presentò a Benedetto XIV una memoria per una ristrutturazione dell'Index, allegando una Nota, e Saggio d'alcuni libri che potrebbono permettersi corretti, ed espurgati, che includeva le opere di Cartesio, Copernico e Galileo. Il papa accolse la proposta; dopo tre anni di lavoro preparatorio, il 13 giugno 1757 la congregazione decise, in seguito al memoriale del L. e previa autorizzazione di Benedetto XIV, di cancellare la formula generale, fondata sul decreto del marzo 1616; tuttavia questo atto non equivalse a un'abrogazione del decreto, dal momento che il De revolutionibus di Copernico e il Dialogo di Galileo rimasero nell'Indice del 1758 e in quelli successivi fino al 1835.
Il memoriale si sviluppa in tre tappe. Il L. argomentò che il decreto del 1616 "(1) […] fu allora con buone ragioni prudentemente posto; (2) […] queste ragioni non vi sono ora più per ritenerlo; (3) […] è espediente in questa congiuntura di levarlo". Nel primo Seicento, sostenne, la mobilità della Terra era ancora opinione nuova, rigettata dalla maggioranza degli astronomi e fisici, ritenuta contraria alla Sacra Scrittura e priva di una dimostrazione convincente. Al presente, invece, era ormai condivisa dai maggiori fisici e matematici (il L. menzionò C. Huygens, I. Newton e d'Alembert), che interpretavano la Bibbia in un "senso proprio e letteralissimo" (il L. insistette sulla distinzione tra moto relativo e assoluto), ed era confermata da prove empiriche, tra cui l'aberrazione della luce stellare, le maree e il moto delle comete. Proseguì elencando vari motivi per i quali era utile non conservare la formula proibitiva: non solo si sarebbe evitata la ormai diffusissima inosservanza dell'Indice (tutti i giovani si formavano ormai sui libri degli autori menzionati), ma sarebbero venuti meno anche il disprezzo e gli strali dei protestanti circa l'ignoranza della Chiesa romana. Una ritrattazione, poi, non avrebbe minato l'autorità dell'Indice: questo non poteva presentarsi come infallibile; inoltre la Chiesa non aveva esitato a riformare il Messale e il Breviario e ad abbandonare tesi antiche e comuni (come quelle della Donatio Constantini o delle intelligenze angeliche come motori dei corpi celesti). I suoi effetti, al contrario, potevano solo essere positivi, perché "tolghiamo il patente disprezzo […] e l'inosservanza visibile a tutti" e "sopiremo le angustie di molti, i quali volendo essere informati delle migliori scoperte fisiche ed astronomiche non sanno dove si ricorrere". Importa rilevare che il L. riteneva che una lettura storicistica del testo biblico fosse ormai necessaria e che con gli sviluppi e conferme venuti dalla meccanica celeste newtoniana l'eliocentrismo si potesse ormai ritenere dimostrato.
Negli anni successivi il L. seguitò a collaborare con la congregazione, scrivendo tra l'altro, nel febbraio del 1766, una relazione su Dei delitti e delle pene di C. Beccaria, che suggerì di proibire; il suo giudizio fu accolto dai cardinali dell'Indice (Arch. della Congregazione per la Dottrina della fede, Index, Diari, 18, c. 11v). Nel marzo 1773 valutò negativamente Il vero dispotismo di G. Gorani (apparso anonimo con la falsa indicazione di Londra 1770, in realtà edito a Ginevra nel 1769), e questa volta il suo consiglio divenne base di una delibera del S. Uffizio (Arch. della Congregazione per la Dottrina della fede, Index, Diari, cc. 51, 53v).
Nella censura a Dei delitti e delle pene (Ibid., Index, Protocolli, 1763-1767, cc. 280-289) il L. osservò che l'autore aveva trattato problemi di natura giuridica e politica con metodo geometrico, si era fondato su principî di autori protestanti, eretici o sospetti e aveva proposto conclusioni contrarie ai dottori della Chiesa e alla prassi comune dei tribunali, offendendo inoltre religione, pietà e clero. Citando ampiamente dal trattato, confutò la sua dottrina della legge naturale come derivata da Bodin, Hobbes, Pufendorf, Montesquieu, Rousseau, rivendicando l'origine divina delle leggi civili. Il L. respinse poi la distinzione tra delitto e peccato e il rifiuto beccariano della pena capitale e della tortura, entrambi espressione di "summa audacia et temeritas". Infine giudicò offensive per la Chiesa alcune idee, inclusa la storicizzazione di vizi e virtù. Nella censura a Il vero dispotismo (Ibid., Index, Protocolli, 1771-1773, cc. 246r-257r) indicò una serie di "dogmi perversi" quali il deismo, la tolleranza religiosa, la richiesta dell'abolizione del celibato ecclesiastico e del ridimensionamento delle proprietà ecclesiastiche.
Rimasto a Roma come bibliotecario del card. F.S. de Zelada dopo lo scioglimento della Compagnia, il L. attese a varie opere, tra le quali un trattato di storia della Chiesa in molti volumi, derivato dai materiali raccolti per l'insegnamento, che però non apparve mai (i materiali si conservano in varie sedi: Biblioteca apost. Vaticana, Borg. lat., 227: Institutiones historiae ecclesiasticae; Roma, Biblioteca nazionale, Fondo gesuitico, 1079-1084, 1223, 1397; Ibid., Arch. della Pontificia Università Gregoriana, 4 serie di lezioni nei mss. 950-956, 957-961, 962-965, 966-968; v. anche Sommervogel, IV, coll. 1614 s.).
Il L. morì a Roma nel marzo del 1780.
Fonti e Bibl.: Parte notevole della corrispondenza (circa 180 lettere, soprattutto di altri al L.) è in Roma, Biblioteca nazionale, Autografi, sez. A (in particolare nelle cartelle 19 e 32); altre lettere indirizzate al L. sono in Ibid., Archivum Romanum Societatis Iesu, Epp. NN., 96, cc. 105, 107, 110, 111. Notizie sull'attività nella congregazione dell'Indice sono in Città del Vaticano, Arch. della Congregazione per la Dottrina della fede, Index, Diari, 17, cc. 32r, 44v-45r. H. Reusch, Der Index der verbotenen Bücher, II, Bonn 1885, p. 829; An. Backer - Al. Backer, Bibliothèque des écrivains de la Compagnie de Jésus, ou Notices bibliographiques, IV, Liège 1858, pp. 336-338; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, Bruxelles-Paris-Louvain 1890-1960, IV, coll. 1609-1615; IX, col. 580; J. Hilgers, Der Index der verbotenen Bücher, Freiburg i.B. 1904, p. 448; C. Frati, Diz. bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani, a cura di A. Sorbelli, Firenze 1933, p. 295; P. Maffei, Giuseppe Settele, il suo diario e la questione galileiana, Foligno 1987, pp. 16 s., 445; E. Proverbio, Provisional catalogue of R.J. Boscovich letters, in Nuncius, IV (1989), p. 89; W. Brandmüller - E.J. Greipl, Copernico, Galileo e la Chiesa: fine della controversia (1820)…, Firenze 1992, p. 374; U. Baldini, Teoria boscovichiana, newtonismo, eliocentrismo: dibattiti nel Collegio romano e nella congregazione dell'Indice a metà Settecento, in Id., Saggi sulla cultura della Compagnia di Gesù (secoli XVI-XVIII), Padova 2000, pp. 281-347.