LAPPI, Pietro
Nacque a Firenze nel 1575. Molte informazioni biografiche si ricavano dalle dediche premesse alle sue raccolte musicali pubblicate fra il 1600 e il 1630. Nei frontespizi il L. si dichiara fiorentino. Fin dall'età giovanile era entrato nella Congregazione di S. Girolamo da Fiesole, un ordine sottoposto alla regola di S. Agostino, all'epoca diffuso nelle maggiori città italiane (fu poi soppresso da Clemente IX nel 1668).
In un trentennio di attività compositiva il L. ricoprì stabilmente l'incarico di maestro di cappella nella chiesa e convento di S. Maria delle Grazie a Brescia. Il trasferimento nella città lombarda avvenne probabilmente nel 1593 poiché l'autore, nella dedicatoria degli Hymni per tutto l'anno, a 4 voci (Venezia 1628) ai conti Francesco e Venceslao Gambara, nobili bresciani, dichiarò di aver goduto della loro protezione nello "spazio di trentacinque anni". Negli anni precedenti il L. era stato attivo a Lendinara (Die Musik in Gesch. und Gegenwart).
Il L. si fermò a Brescia per tutta la vita, salvo presumibili soggiorni a Venezia. Sotto il suo magistero la cappella di S. Maria delle Grazie visse un periodo di straordinaria operosità, qualificandosi non solo come la più importante istituzione musicale cittadina (superiore alla stessa cattedrale), ma pure come uno dei centri più vivaci di tutta l'Italia settentrionale. Nei primi anni del Seicento vi furono infatti attivi come organisti il bresciano Cesario Gussago e il veneziano Giovanni Francesco Capello, ai quali recenti studi hanno riconosciuto un ruolo di avanguardia rispettivamente nell'ambito della canzone polistrumentale e dello stile concertato.
La più antica raccolta del L. a noi pervenuta, Sacra omnium solemnitatum vespertina psalmodia, a 8 voci (Venezia 1600), include quattordici intonazioni salmodiche e tre Magnificat. Il dedicatario Petrobello de Petrobelli, definito "peritissimo" di musica, ricevette dal compositore, diversi anni dopo, anche l'omaggio di una canzone strumentale intitolata "La Pietrobella". Nel 1605 apparve a stampa una nuova e più voluminosa raccolta di salmi vespertini: i Regis Davidis psalmi ad vesperas, a 5 voci con l'aggiunta di Magnificat, Gloria e falsi bordoni a 9 e 10 voci.
La dedica si rivolge a uno dei più entusiasti mecenati di musica sacra: il re di Polonia Sigismondo III Vasa. Non è chiaro attraverso quali canali il L. abbia potuto stabilire un contatto con l'influente sovrano, paladino di un'ampia diffusione della polifonia di rito romano in area baltica: si possono forse ipotizzare relazioni dipendenti dalla Congregazione dei gerolamini, oppure - con minor grado di probabilità - intermediazioni di musici lombardi apprezzati alla corte di Varsavia.
D'altra parte i dedicatari delle stampe del L. includono non solo autorità bresciane, ma diversi benefattori della Congregazione fiesolana, tra cui aristocratici ed ecclesiastici di Venezia, Milano, Padova, Ancona, Fano: da sottolineare, in particolare, il rapporto privilegiato con i canonici e gli arcivescovi di Salisburgo. Senza dubbio questa rete internazionale contribuì alla diffusione delle musiche del Lappi. Fin dal 1624, nella dedica dell'op. XIV, il L. lamentava che l'età avanzata non gli permettesse di effettuare lunghi viaggi.
La morte dovette coglierlo a Brescia nel 1630, forse in occasione della pestilenza immortalata da A. Manzoni. L'ultima epistola dedicatoria, premessa ai Salmi spezzati, a 4 voci, op. XXII, reca come data il 28 aprile di quell'anno.
Delle ventidue opere pubblicate a Venezia, solo diciotto (non tutte complete) sono giunte fino a noi. In massima parte si tratta di composizioni sacre destinate alla messa (due libri di messe a 8 voci, 1601 e 1608; nonché due libri di messe concertate a 4, 5, 6 voci, 1613 e 1624) oppure ai diversi servizi liturgici dell'ufficio: lodi (La terza con il Te Deum…, a 8 voci, 1607), vespri (Vespertina psalmodia, 1600; Regis Davidis psalmi ad vesperas, 1605), compieta (Compieta a tre e quattro chori, op. XVI, 1626), officium defunctorum (Missa et responsorii, op. XV, 1625). Come maestro di cappella di una chiesa intitolata a S. Maria delle Grazie, il L. dedicò diverse opere al culto mariano, fra cui due raccolte di litanie (1607 e 1627) e il Rosario musicale della sacratissima Imperatrice del cielo, op. XXI (1629), comprendente una messa a tre cori, due mute di litanie, mottetti e i salmi per il vespro della Beata Vergine. Fra i generi musicali sacri usualmente coltivati nella prima metà del Seicento sembrano mancare all'appello solo le musiche per la settimana santa, ma proprio in questo specifico ambito aveva pubblicato nel 1612 una significativa raccolta l'organista delle Grazie (ed estimatore del L.) Giovanni Francesco Capello.
L'organo è quasi sempre prescritto nell'opera sacra, a maggior ragione quando favorisce l'impiego di voci soliste entro la magniloquente compagine policorale. Per la scrittura delle composizioni a quattro cori, attestata nella raccolta delle messe op. XIV (1624) scritte per l'arcivescovo di Salisburgo Paride Lodron, si può supporre l'influenza dei Salmi a quattro chori (1612) di L. Viadana: il coro favorito a 6 voci soliste e il coro di "ripieni per la cappella" vengono qui affiancati da altri due cori strumentali formati da violini (o cornetti) e tromboni (non a caso il transetto del duomo di Salisburgo disponeva di quattro cantorie). Gli stessi strumenti - violino o cornetto, violone o trombone - sono prescritti nel mottetto Incipite Domino, a 6 voci, dalle Sacrae melodiae (1614), raccolta che si chiude con sette Sinfonie da 4 a 6 parti.
La produzione strumentale include anche un'importante collezione di Canzoni da suonare, op. IX (1616), con organici variabili dalle 4 alle 13 parti. Altre tre canzoni appaiono nell'antologia veneziana di A. Raveri (1608), e un'altra, L'Anconitana, nel Rosario musicale del 1629. Le canzoni polistrumentali costituivano una tradizione musicale tipica della città di Brescia; spesso i brani portavano titoli derivati da note famiglie locali. Si può supporre che il L. fosse un abile polistrumentista: nelle sue canzoni è notevole l'estensione al grave, sino al Si bemolle, nelle parti presumibilmente affidate ai tromboni.
La presenza delle musiche del L. nel Fondo S. Barbara (oggi conservato alla Biblioteca del conservatorio G. Verdi di Milano) attesta il loro gradimento alla corte dei Gonzaga. Lo stesso L. fu probabilmente in contatto con l'ambiente musicale mantovano: la messa Sorgi e rischiara al tuo apparir il cielo (1613) si basa sull'omonimo madrigale di Giaches de Wert composto nel 1581 per le nozze di Vincenzo Gonzaga (da un modello wertiano deriva anche la messa Qual musico gentil del 1608). Ancora più stretto il rapporto con Claudio Monteverdi: la raccolta delle canzoni strumentali termina con un brano intitolato "La Monteverde" per l'eccezionale organico di 13 parti in 3 cori, mentre i Concerti sacri, op. XIII (1623) comprendono il mottetto a 3 voci Ave Regina mundi, basato sul madrigale Vaga su spina ascosa dal Settimo libro (1619) di Monteverdi.
Compositore fecondo, sempre attento all'adesione della musica al testo, esperto nella scrittura strumentale, il L. è da annoverare tra i più significativi rappresentanti dello stile concertato e della policoralità lombarda nel primo Seicento. La flessibilità delle soluzioni esecutive e la compresenza di stilemi tradizionali accanto a tratti innovativi favorirono la diffusione e le ristampe delle sue opere.
Edizioni moderne: Seventeenth-century Italian sacred music, I, Masses by G. Villani, A. Grandi, P. Lappi, B. Leva, a cura di A. Schnoebelen, New York 1995, pp. 135-203; Canzoni da suonare (Venezia 1616), a cura di A. Bornstein, Bologna 1997; Salmi di terza, Te Deum e litanie a 8 voci e basso continuo (Venezia 1607), a cura di M. Gabbrielli, Bologna 2002.
Fonti e Bibl.: J. Roche, North Italian liturgical music in the early seventeenth century, tesi di dott., Cambridge University, 1968, passim; K. Fischer, Nuove tecniche della policoralità lombarda nel primo Seicento: il loro influsso sulle opere di compositori di altre aree, in La musica sacra in Lombardia nella prima metà del Seicento, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 1988, pp. 41-60; O. Mischiati, Bibliografia delle opere dei musicisti bresciani pubblicate a stampa dal 1497 al 1740, Firenze 1992, pp. 372-424 (catal. delle opere con trascrizione integrale delle dedicatorie); G. Morche, "… ad concertum (ut vocant) formam": P. L. analysiert Giaches de Wert, in Studien zur Musikgeschichte: eine Festschrift für Ludwig Finscher, Kassel 1995, pp. 181-188; L. Mazzucco, Le messe di P. L. (1608): osservazioni sulla prassi esecutiva, in Barocco padano 2, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 2002, pp. 287-302; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XIV, pp. 269 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart (ed. 2003), Personenteil, X, coll. 1208 s.