GRISETTI, Pietro
Nacque a Salò, sulla sponda bresciana del lago di Garda, il 25 ott. 1779 da Domenico, commerciante e industriale tessile. Il 1° ag. 1797 - mentre Salò era occupata dai Francesi e dai repubblicani bresciani - si arruolò come semplice cannoniere nell'artiglieria della legione "Bresciana", comandata dal generale G. Lechi. Nello stesso mese scrisse, datandola "Benaco 7 fruttidoro anno 5 repubblicano e 1° libertà italiana", un'enfatica Canzonetta sull'aria "Ecco l'arbor trionfal…", dedicata a Napoleone Bonaparte che si recava al congresso di Udine (testo in Lonati, pp. 270 s.). Ai primi del settembre 1797 fu promosso caporale, e sergente alla fine dello stesso mese; fece poi le funzioni di aiutante sottufficiale nell'artiglieria della legione, e il 6 novembre successivo fu nominato tenente in seconda di artiglieria nella stessa legione, con decreto del governo provvisorio di Brescia. Nello stesso novembre 1797, entrata Brescia a far parte della Repubblica Cisalpina, il G. seguì le sorti della legione, incorporata nell'esercito cisalpino.
Nel 1798, con la 3ª compagnia di artiglieria bresciana, prestò servizio sulla costa della Toscana, combattendo contro gli insorgenti e, nel dicembre, contro i Napoletani che avevano invaso la Toscana. Nel 1799 il G. fece una parte della campagna agli avamposti sugli Appennini. Nello stesso anno, alla ritirata delle truppe franco-cisalpine, con la sua compagnia fu a Genova e poi - dopo la battaglia di Novi - a Nizza. Quando questa città fu presa dal nemico il G. partì (22 maggio 1800) per raggiungere l'armata di riserva che si era formata a Digione. Dopo la riconquista della Lombardia a opera del Bonaparte, ora primo console, passò a un'altra compagnia a Milano col grado di tenente in prima, conferitogli alla fine dell'anno VIII (settembre 1800). Fece la campagna dell'anno IX (1800-01) parte in Valtellina con la divisione Lechi, parte con l'armata, impiegato con la compagnia al parco di artiglieria al passaggio del Mincio. Il 24 sett. 1801, alla riorganizzazione dell'esercito cisalpino, fu assegnato col grado di tenente in prima al corpo di artiglieria. Dal luglio 1802 al marzo 1803 fu impiegato provvisoriamente al ministero della Guerra della Repubblica Italiana, a Milano; rientrato al corpo, fu promosso capitano in seconda il 17 luglio 1803. A Milano conobbe uomini destinati alla notorietà, tra i quali il patriota napoletano G. Rosaroll Scorza, allora ufficiale dell'esercito della Repubblica Italiana. Il Rosaroll e il G., entrambi ottimi schermidori, scrissero insieme una monografia, La scienza della scherma esposta dai due amici Rosaroll Scorza, capitano dei zappatori italiani, aggiunto allo stato maggiore del genio, e Grisetti Pietro, capitano di artiglieria italiana, pubblicata a Milano nel 1803, anno II della Repubblica Italiana. Il 2 nov. 1804 il G. fu promosso capitano in prima. Mentre era di stanza a Pavia, il locale comitato d'istruzione di artiglieria l'incaricò dell'insegnamento della scherma.
Fedele agli ideali repubblicani, egli disapprovò la trasformazione della Repubblica Italiana in Regno d'Italia (marzo 1805), ma rimase in servizio attivo, prestando giuramento di fedeltà a Napoleone re d'Italia. Fece la campagna del 1805 come comandante della 1ª divisione di artiglieria dell'armata di riserva, comandata dal principe Eugenio Beauharnais viceré d'Italia. Nel marzo 1806 si imbarcò a Venezia per la Dalmazia, dove ebbe il comando della 10ª compagnia del II battaglione bombardieri. Il 18 giugno dello stesso anno fu promosso capo battaglione sottodirettore di artiglieria; in tale qualità, nel dicembre seguente, fu trasferito in Istria dove fu impiegato nel comando successivo di tutte le piazze e dell'artiglieria della costa. Il 15 apr. 1809 - dopo essere stato fatto prigioniero in Istria e rilasciato sulla parola - passò a Mantova per essere impiegato in quella piazzaforte col suo grado di capo battaglione. Nel 1811 era a Venezia, incaricato di ispezionare i magazzini del forte del Lido, di Sant'Andrea e di Vignole, nonché di fare il disegno dell'Arsenale e descrizioni dei locali dell'artiglieria da inviare alla direzione generale di quell'arma. Contemporaneamente ebbe incarico di sorvegliare l'istruzione dei cannonieri del reggimento di guardia nazionale sedentaria di Venezia. Nell'agosto 1813 divenne direttore dell'artiglieria a Pavia e nel dicembre dello stesso anno, dopo che l'Armata d'Italia si era ritirata sull'Adige, ebbe il comando della colonna mobile del dipartimento del Rubicone (Forlì), allora comandato dal colonnello P.D. Armandi.
Nei primi mesi del 1814 il G. - ancora capo battaglione dopo quasi otto anni - divenne sottodirettore dell'artiglieria ad Ancona. Nel marzo, arresasi la cittadella di Ancona ai Napoletani di Gioacchino Murat, egli, prigioniero di guerra impegnato con parola d'onore a non combattere per un anno contro gli alleati, avrebbe dovuto recarsi in Francia con la colonna dei prigionieri; ma, insieme con altri ufficiali italiani di artiglieria, preferì fermarsi a Bologna, da dove tornò poi ad Ancona. Per questa scelta egli e gli altri furono bollati come disertori all'ordine del giorno. A difesa di tutti il G. scrisse da Ancona, il 18 maggio 1814, una lettera al generale D. Pino, comandante in capo dell'esercito italiano (ora in Arch. di Stato di Milano, Ministero della Guerra, b. 1591), in cui sostenne che non si erano recati in Francia per le minacce rivolte loro dai camerati francesi e non volendo lasciare la patria né mancare al loro onore riprendendo le armi. Nella stessa data però, in una lettera al fratello Lorenzo (Lonati, pp. 286 s.), confessò di non aver voluto esporsi ai "capricci militari" del viceré. Nella lettera - scritta quando il Regno Italico era già interamente occupato dal nemico, ma si sperava ancora che la sua indipendenza sarebbe stata riconosciuta dalle potenze europee - affermò: "Sono insorti altri cambiamenti che hanno mutato le cose, forse in bene per noi giacché io non sarei più andato con i francesi. Cosa sono io, cosa siamo? Io sono tuttavia libero, e sempre pronto agli ordini del mio paese". Il 6 giugno 1814 - dopo che, con il trattato di Parigi del 30 maggio, erano cadute le residue speranze di indipendenza del Regno Italico - il G. scrisse da Ancona al ministro italiano della Guerra, generale G.B. Bianchi d'Adda, una lettera (in Arch. di Stato di Milano, Ministero della Guerra, b. 1591) in cui chiedeva che gli fosse risparmiata la taccia di disertore e concesso invece il congedo. Tuttavia, su proposta del generale Pino, il 27 giugno 1814 egli fu cancellato dai ruoli per non avere seguito le sorti della guarnigione della piazza di Ancona dopo la capitolazione e per essere rimasto nei paesi occupati dal nemico.
Perciò, diversamente da molti altri ufficiali dell'ex esercito italiano di Napoleone, non dovette decidere se accettare il passaggio nei nuovi corpi austro-italiani, inquadrati in un esercito già nemico. Non intendendo però rinunciare alla carriera delle armi, scelse di passare nell'esercito napoletano. Ammesso col grado di colonnello (anche grazie al vecchio amico Rosaroll, ora generale e barone), ebbe il comando della 3ª divisione di artiglieria; Murat gli affidò l'educazione militare dei propri figli, i principi Achille Napoleone e Luciano Napoleone. Nel breve periodo in cui svolse tali funzioni a Napoli il G. fu decorato della medaglia d'onore napoletana e dell'Ordine reale delle Due Sicilie. Dopo la convenzione di Casalanza e la partenza di Gioacchino e della sua famiglia dal Regno di Napoli (maggio 1815), si ritirò a vita privata nella sua terra natale.
Il G. morì nella sua campagna di Selve, presso Gaino di Toscolano Maderno, nel Bresciano, il 31 marzo 1847.
Fonti e Bibl.: La Biblioteca dell'Ateneo di Salò conserva carte della famiglia. Inoltre: Arch. di Stato di Milano, Ministero della Guerra, b. 1591; Ibid., Ministero della Guerra - Matricole degli ufficiali, b. 89; G. Bustico, Il colonnello napoleonico P. G., in Id., Terze pagine benacensi, Salò 1909, pp. 19-29; Id., Per la biografia di P. G. e del generale Rossarol, in Nuova Antologia, 1° giugno 1913, pp. 390-405; G. Lonati, Pietro e Domenico Grisetti salodiani ufficiali napoleonici, in Rassegna storica del Risorgimento, XVII (1930), pp. 249-300.