GRIMALDI, Pietro (Pietrino)
Nacque a Genova presumibilmente verso il 1230. Come per molti altri personaggi del suo tempo, la sua identificazione presenta notevoli difficoltà, a causa della presenza, negli stessi anni, di più persone con lo stesso nome, anche se l'importante ruolo svolto dal G. nelle vicende politiche genovesi e i suoi rapporti con la corte angioina di Napoli fanno ritenere che egli possa essere identificato con uno dei figli di Lucchetto di Grimaldo signore di Prelà e capo della fazione rampina, o guelfa.
Di lui non abbiamo alcuna notizia fino al 1263, quando ricevette - insieme con l'esperto Paschetto Mallone - l'incarico, di altissimo prestigio e di grande responsabilità, del comando di una squadra di 25 galee e altre navi minori inviata nell'Egeo contro i Veneziani.
Si era negli anni immediatamente successivi al trattato di Ninfeo che, nel 1261, aveva sancito l'alleanza in chiave antiveneziana tra Genova e l'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo. Essa aveva provocato, come conseguenza, la caduta dell'Impero latino di Costantinopoli e la prima guerra tra Genova e Venezia, anche se questa aveva preso avvio solo nel corso del 1262, dopo un iniziale periodo di inerzia. In quell'anno, infatti, una flotta genovese, al comando di Lanfranco Dugone Spinola, era stata inviata a Costantinopoli, per unire le sue forze a quelle dei Bizantini e ad alcune galee che Marino, fratello di Guglielmo Boccanegra, allora al potere a Genova, aveva condotto al soldo dell'imperatore, subito dopo gli accordi di Ninfeo. L'attività di queste due squadre era stata condizionata dall'arrivo a Negroponte di una flotta veneziana numericamente superiore, la cui sola presenza aveva indotto i Greco-Genovesi a rinchiudersi nel porto di Tessalonica, evitando uno scontro che poteva rivelarsi decisivo per le sorti del conflitto.
Nell'inverno successivo la maggior parte delle navi genovesi restò in acque bizantine, al soldo dell'imperatore, mentre a Genova ci si apprestò a inviare nell'Egeo una nuova flotta. Essa fu allestita grazie a un prestito di 36.000 lire concesso dal G. e da Paschetto Mallone, i quali - a garanzia del loro credito (peraltro già soddisfatto quattro mesi prima della partenza) - ne ricevettero il comando. La flotta salpò da Genova il 28 maggio 1263, quando nell'Egeo era frattanto giunta una nuova armata veneziana di 32 galee, capitanata da Giberto Dandolo, diretta a Negroponte.
Il Dandolo, alla fine di aprile, si era scontrato con Lanfranco Spinola, uscito con le sue navi dal Bosforo, per condurre uomini e viveri alla fortezza bizantina di Malvasia, sulla costa orientale del Peloponneso. La battaglia, svoltasi presso l'isola di Settepozzi (o Spetsa), all'imboccatura del golfo di Nauplia, fu affrontata dai Genovesi in modo disordinato e con scarso impegno da parte di alcuni comandanti, cosicché si concluse in una sostanziale sconfitta, anche se essi poterono comunque raggiungere Malvasia.
Qui, dopo alcune settimane, giunsero le galee del G. e del Mallone e insieme effettuarono varie scorrerie lungo la costa, a danno delle terre del principe di Acaia Goffredo di Villehardouin. La forza della flotta greco-genovese, grazie all'arrivo del nuovo convoglio, ascendeva a una sessantina di galee, il che avrebbe permesso all'imperatore Michele VIII di sferrare nuovi attacchi nell'arcipelago Egeo, a Creta o a Cipro, ma questi, del tutto inaspettatamente, licenziò in tronco i Genovesi, ordinando loro di fare ritorno in patria.
Sulle cause di una così repentina decisione si sono fatte le più svariate ipotesi, ma appare probabile che l'imperatore si trovasse nell'impossibilità di mantenere ai propri stipendi un così elevato numero di navi e marinai, tanto più che il loro impegno, come testimoniato dall'esito della battaglia dell'isola di Settepozzi, lasciava assai a desiderare. Inoltre, tra Genovesi e Bizantini erano sorti contrasti circa l'atteggiamento da tenersi nei confronti del Villehardouin, che il Paleologo intendeva combattere, non trovando però adesione nei suoi alleati, decisissimi a fare la guerra ai Veneziani ma non ai baroni franchi di Morea, protetti dal papa. Certo è, tuttavia, che la condotta dei comandanti genovesi non dovette essere immune da critiche, tanto che al loro ritorno a Genova, ai primi del 1264, essi furono posti sotto inchiesta. Il G., come del resto Paschetto Mallone, risultò del tutto scagionato, ma gli altri furono tutti condannati a pesanti ammende.
Dopo questa vicenda il nome del G. scompare dalle cronache genovesi per riapparire quasi una decina d'anni dopo. Nel 1271, infatti, dopo un periodo in cui i guelfi (e soprattutto i Grimaldi) avevano diretto in pratica il Comune, i ghibellini avevano assunto il potere con i capitani del Popolo Oberto Spinola e Oberto Doria, costringendo all'esilio i loro avversari. Molti tra i fuorusciti si radunarono a Roma, presso il cardinale Ottobono Fieschi, capo, insieme con il fratello Alberto, del partito guelfo. Il G. li raggiunse nei primi mesi del 1272, assumendo subito, all'interno del gruppo, un ruolo di primaria importanza, tanto da essere uno dei firmatari dell'accordo con il quale, nel maggio di quell'anno, i fuorusciti guelfi offrirono a Carlo d'Angiò la signoria di Genova in cambio del suo aiuto per rientrare in patria. Non è noto se il G. abbia preso parte, fisicamente, alle operazioni militari condotte dai guelfi nelle due Riviere liguri, ma è certo che egli continuò a rivestire una posizione di primo piano nel governo dei fuorusciti, figurando quale rappresentante della propria famiglia nella nuova convenzione che, nel 1273, rafforzava ulteriormente i legami d'alleanza tra i guelfi genovesi e il sovrano angioino.
Il fallimento dei loro tentativi di rientrare con le armi a Genova condusse il G. a trasferirsi alla corte di Napoli, dove il re lo impegnò in numerose missioni di fiducia, consultandolo soprattutto su questioni navali. Nel giugno 1274 fu così inviato a Marsiglia per presiedere all'armamento di una squadra di galee che, al comando dell'ammiraglio provenzale Jean de Vivant, avrebbe dovuto, congiuntamente alla flotta napoletana, assalire Genova: tale impresa venne in seguito abbandonata, per la scarsa fiducia di Carlo nei confronti delle proprie forze navali. Dopo di allora non abbiamo altre notizie del G. fino al 1288, quando, rientrato a Genova a seguito della pace del 1276, figura come teste in un atto riguardante la famiglia Fieschi, rogato nella chiesa di S. Salvatore di Cogorno.
Il G. morì a Genova dopo il giugno 1295, anno in cui è citato, quale rappresentante della propria famiglia, in una convenzione tra i Grimaldi e gli Spinola per affidare all'arbitrato del priore dei domenicani di Genova la controversia circa il possesso della chiesa di S. Luca.
Fonti e Bibl.: G. Del Giudice, Diplomi inediti di Carlo I riguardanti le cose marittime, Napoli 1871, n. 16; Iregistri della Cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri, X, Napoli 1957, p. 89; XI, ibid. 1958, p. 310; C. Minieri Riccio, Il regno di Carlo I,1273, in Arch. stor. italiano, s. 3, XXII (1875), p. 236; C. Manfroni, Storia della Marina italiana…, I, Livorno 1902, pp. 8-12; G. Caro, Genova e la supremazia nel Mediterraneo (1257-1311), I, in Atti della Società ligure di storia patria, n.s., XIV (1974), pp. 136, 139, 141, 285; II, ibid., XV (1975), pp. 104, 207.