GRILL, Pietro (Pietro Alamanno o Alemanno)
Figlio di Giovanni e originario di Göttweig in Austria, se ne ignora la data di nascita; fu attivo nelle Marche tra gli anni Ottanta e Novanta del Quattrocento.
La paternità si evince da un documento pubblicato da Fabiani (cui si rimanda per le questioni documentarie), relativo all'acquisto di una casa ad Ascoli Piceno nel 1477, ove il G. è detto "Iohannis Grilli de partibus Alamanee", a confermarne l'origine oltremontana. Nello stesso anno, ancora ad Ascoli, fu implicato in una lite per questioni economiche.
La firma "Petrus Almanus de Choethei" compare nella predella con le figurette di Cristo e di alcuni Apostoli del disperso polittico proveniente da S. Francesco di Monterubbiano (già in collezione privata: Lozzi; Grassi). Datata 1475, è la prima opera documentata del G., ma forse anche il suo primo lavoro eseguito nelle Marche, giacché soltanto in questo precisa la sua città natale. È stato ipotizzato (Daffra) che la predella facesse parte di un complesso cui doveva appartenere la Madonna con Bambino, pure attribuita al G., della Pinacoteca di Brera. Proveniente anch'essa dalla chiesa di S. Francesco a Monterubbiano, quest'ultima fu a lungo ritenuta scomparto centrale di un polittico i cui laterali, raffiguranti i santi Girolamo, Agostino, Cornelio papa e Pietro a sinistra e Ludovico da Tolosa, Giovanni Battista, Stefano e Francesco a destra, avrebbero invece fatto parte di una seconda macchina d'altare, anch'essa realizzata dal G. per la chiesa francescana e confluita poi nella stessa Pinacoteca milanese. L'aver scisso il cosiddetto polittico di Brera in due distinti complessi, da scalare a poca distanza di tempo l'uno dall'altro nell'arco della seconda metà dell'ottavo decennio del Quattrocento, consente qualche precisazione in più sugli esordi dell'artista, una volta definitivamente espunto dal suo catalogo il problematico affresco attribuitogli da Serra nella chiesa della Madonna delle Rose a Torre San Patrizio, presso Ascoli Piceno, raffigurante la Madonna col Bambino tra i ss. Nicola da Tolentino e Bernardino da Siena, datato 1466 e corredato di una firma incerta. Lo scomparto centrale braidense riprende con qualche variante la Madonna del polittico di Porto San Giorgio (Washington, National Gallery), datato 1470, realizzato da C. Crivelli, di cui il G. si professò sempre allievo, tanto da firmare nel 1488 come "Petri Alamani discipulus maestri Caroli Crivelli Veneti" un polittico, già appartenuto alla collezione Southesk di Londra (Diz. enc. Bolaffi).
A documentare la fase iniziale del maestro rimane, tra l'altro, il polittico smembrato della Pinacoteca civica di Montefortino, di cui restano la cimasa con Cristo nel sepolcro tra gli strumenti della Passione, lo scomparto centrale con la Madonna con Bambinotra i ss. Sebastiano e Cosma e uno laterale con S. Lucia. Quest'opera evidenzia una straordinaria vicinanza ai modi crivelleschi, tale da lasciar supporre uno stretto sodalizio tra i due artisti. A riguardo Zampetti (1961) ipotizzava che il G. fosse giunto nelle Marche proprio al seguito di Crivelli - stabilitosi ad Ascoli almeno dal 1469 se non dall'anno prima, quando datava il polittico di Massa Fermana - dopo un possibile comune tirocinio nella bottega padovana di F. Squarcione e forse un soggiorno in Dalmazia.
Infatti, proprio la S. Lucia di Montefortino mostra una chiara matrice squarcionesca, discendendo da prototipi femminili assai simili a quelli del polittico De Lazara al Museo civico di Padova.
Al polittico di Montefortino deve essere avvicinata anche la Madonna con Bambino già in collezione Sartoris a Parigi (successivamente in una raccolta privata americana), collegata forse alla serie di santi di Brera (Daffra).
Generalmente tutte le opere del G. riecheggiano, sia stilisticamente, sia iconograficamente, i lavori di Crivelli. Un fenomeno questo che apre il complesso problema della organizzazione della bottega crivellesca e della diffusione dei cartoni del maestro, indubbiamente ben noti al G., sulla formazione del quale, peraltro, come è stato sottolineato da Daffra, dovette influire in maniera rilevante la circolazione dei disegni di Iacopo Bellini, forse direttamente conosciuti o mediati dalla fonte crivellesca. Ne sono prova dei Profili, un David e dei Combattenti affrontati, eseguiti a carboncino e biacca sul retro delle tavole conservate a Brera (Bologna), chiaramente desunti dal noto repertorio dei taccuini belliniani.
La contiguità dei modi del G. con le opere di Crivelli si nota anche nella Madonna di Poggio di Bretta nel Museo diocesano di Ascoli Piceno, generalmente inserita nel catalogo crivellesco, che si è voluta vedere come un lavoro di "solidarietà operativa tra i due" (Zampetti, 1988, p. 329). Lo potrebbe essere forse anche il polittico di Crivelli oggi nella Pinacoteca Vaticana (Id., 1961), un'opera di cui il G. tenne presente lo schema nella produzione successiva.
Sull'esempio dei primi lavori marchigiani di Crivelli è costruita anche la macchina d'altare della chiesa dei minori riformati di Montefalcone Appennino, ove nel primo ordine il G. dipinge la Madonna con Bambino e i ss. Caterina d'Alessandria, Giovanni Battista, Francesco d'Assisi e Ludovico da Tolosa, nel secondo Cristo in pietà tra i dolenti con i ss. Antonio di Padova, Giacomo, Bernardino e Bonaventura inserendoli all'interno di una cornice di chiaro gusto lagunare. Di particolare rilevanza iconologica-iconografica la figuretta del francescano, verosimilmente il committente, inginocchiato ai piedi del santo assisiate, che reca in mano un cartiglio in cui si legge: "Non est verus amator Virginis qui renuit eius conceptionem celebrare", un'iscrizione che si inserisce con estrema attualità nel dibattito teologico sull'Immacolata Concezione di Maria.
Entro l'ottavo decennio si devono collocare anche la Madonna con Bambino tra i ss. Cipriano e Caterina nella parrocchiale di Castel Folignano e la Madonna col Bambino tra i ss. Lorenzo e Marco della chiesa di S. Lorenzo a Paggese di Acquasanta, nelle quali il G. raggiunse forse i suoi risultati migliori, riuscendo a esprimersi con una individualità che non avrebbe più manifestato negli anni seguenti, quando diventò diligente divulgatore di modelli di successo.
Nel 1482 il G. ebbe un contenzioso per il pagamento del polittico dell'università degli Albanesi, collocato un tempo nel duomo di Ascoli; dell'opera si conserva nella Pinacoteca cittadina un pannello raffigurante S. Veneranda.
L'anno successivo firmava e datava il polittico nel seminario vescovile ascolano, ancora una Madonna con Bambino e santi, che, tra i pochi lavori dell'artista datati, occupa un posto di rilievo nel suo catalogo. Lo scomparto centrale propone lo stesso impianto della già citata Madonna Sartoris, attestando come la riflessione su modelli consolidati diventi negli anni Ottanta una prassi per il maestro, rendendo assai problematica anche la distribuzione cronologica dei suoi lavori, poiché anche a distanza di molti anni egli ripete gli stessi impianti iconografici, tanto da riscuotere scarsa considerazione dalla critica e l'epiteto, indubbiamente troppo duro, di "povero figurinaio" affibbiatogli da Venturi.
Tra il 1480 e il 1485 dovrebbero datarsi gli affreschi frammentari della chiesa dell'Annunciata a Cossignano (Ascoli Piceno); sono ancora leggibili una Madonna con Bambino, un'Annunciazione, di cui è discretamente conservato soltanto l'Arcangelo Gabriele, e una S. Lucia, che ripete la stessa figura del polittico di Montefortino e sarebbe stata di lì a poco replicata nella Maddalena di uno dei polittici di Ascoli.
Nel 1484 eseguì un'Annunciazione nella cappella anzianale del palazzo del Popolo di Ascoli, oggi conservata nella raccolta cittadina; l'anno successivo realizzò quattro pennoni con le insegne della città.
Nel 1485 ottenne la cittadinanza ascolana e comprò una vigna nei dintorni della città e nel 1489 acquistò altri appezzamenti di terreno: evidenti segnali di una situazione economica solida, fondata sul buon successo riscontrato in provincia dai suoi lavori, graditi a una committenza desiderosa d'emulare, almeno nell'apparenza, le numerose pale di gusto e impostazione crivellesca presenti su molti altari del Maceratese e dell'Ascolano.
Sempre nel 1485 il G. firmava e datava il polittico di Cerreto di Venarotta (Ascoli Piceno), la Madonna della Misericordia della collegiata di San Ginesio (Macerata), dove impiegò un modello iconografico consolidato, che nel 1494 avrebbe ripetuto nella tavola commissionata dalla Confraternita del Rosario di Sarnano, oggi nella locale Pinacoteca.
L'ultimo decennio di attività del G. si svolse in centri periferici, ove assai scarsi giungevano stimoli e novità, ma dove un discreto consenso incontrarono le sue macchine d'altare dalle cornici intagliate e dorate, per le quali era solito servirsi di un maestro di legname oriundo di Matelica ma attivo ad Ascoli (Crocetti). Commissioni gli giunsero anche dal Teramano, dacché nel 1501, a tre anni dalla sua morte, la vedova reclamava ancora quanto pattuito con le Comunità di Poggiomorello, Mosciano Sant'Angelo e Civitella del Tronto.
A questo periodo appartengono i due polittici della Pinacoteca di Ascoli Piceno, provenienti il primo dalla demolita chiesa di S. Leonardo, il secondo, datato 1489 e firmato, da S. Maria della Carità.
Il 18 sett. 1497 il G. si impegnava con i sindaci della chiesa di S. Rufina di Cesano a dipingere per 16 ducati d'oro, entro la Pasqua dell'anno successivo, un polittico, conservato oggi all'Aquila nel Museo nazionale d'Abruzzo, eseguendo quest'ultimo sul modello di quello già realizzato nella pala della cappella dei Lombardi in S. Maria della Carità ad Ascoli (perduto). L'anno seguente dipinse la pala per le monache di S. Margherita ad Ascoli, per il pagamento della quale la moglie Costanza avrebbe rilasciato quietanza il 18 febbr. 1501.
Non si conosce la data di morte del G., che dovette avvenire entro il 22 nov. 1498, poiché a quella data Costanza risulta essere già vedova.
Fonti e Bibl.: L. Lanzi, Storia pittorica della Italia…, Bassano 1809, p. 17; C. Lozzi, Una tavola della gioventù di P. Alemanni, in L'Arte, V (1902), pp. 178-180; C. Astolfi, A proposito dell'origine tedesca di P. Alemanni, ibid., VI (1903), pp. 205 s.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 3, Milano 1914, pp. 397-400; L. Serra, P. Alemanni. Due opere anteriori all'influsso crivellesco, in Rassegna marchigiana, VIII (1930), pp. 167-185; L. Grassi, Dipinti ignoti di Lorenzo Salimbeni e dell'Alemanno, in Critica d'arte, XXXIII (1950), pp. 60, 69; G. Fabiani, Ascoli nel Quattrocento, II, Ascoli Piceno 1951, pp. 156-164; Carlo Crivelli e i crivelleschi (catal.), a cura di P. Zampetti, Venezia 1961, pp. 152-162; L. Dania, La pittura a Fermo e nel suo circondario, Fermo 1967, ad indicem, s.v. Alemanno, P.; V. Curzi, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano 1987, p. 736 (con bibl.); P. Zampetti, La pittura nelle Marche, I, Dalle origini al primo Rinascimento, Firenze 1988, pp. 316-319, 329 s.; F. Bologna, Nota al Crivelli e all'"Alamanno", in Documenti dell'Abruzzo teramano, III, 1, La valle dell'Alto Vomano ed i monti della Laga, Pescara 1991, pp. 366-372; C. Tropea, Trittici di Carlo Crivelli e di P. Alamanno dalle valle Vastellana, ibid., pp. 359-365; E. Daffra, in Pinacoteca di Brera. Scuole dell'Italia centrale e meridionale, Milano 1992, pp. 181-190; G. Crocetti, Vittore Crivelli e gli intagliatori dei suoi polittici, in Vittore Crivelli e la pittura del suo tempo nel Fermano, a cura di S. Papetti, Milano 1997, pp. 74 s.; P. Zampetti, Carlo Crivelli, Nicola da Ancona, Giorgio Schiavone e la "cultura adriatica", in Adriatico. Un mare di storia, arte, cultura, a cura di B. Cleri, Ripatransone 2000, p. 117 e passim; S. Papetti, Aspetti crivelleschi nell'arte di Ludovico Urbani e di Lorenzo d'Alessandro, in I pittori del Rinascimento a Sanseverino (catal., Sanseverino Marche), a cura di V. Sgarbi, Milano 2001, pp. 63 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, I, pp. 166 s. (s.v. Alamanno, P.); Diz. enc. Bolaffi, IX, Torino 1975, pp. 52 s.; Allgemeines Künstlerlexikon (Saur), II, pp. 243 s. (s.v. Alemanno, P.).