GRAVINA, Pietro
Nacque a Montevago, nell'Agrigentino, il 26 dic. 1749, da Giovanni, principe di Montevago, duca di San Michele e grande di Spagna, e da Eleonora Napoli, dei principi di Resuttana. Ebbe almeno tre fratelli: Gabriele Maria, poi arcivescovo di Mitilene; Federico Carlo, ammiraglio al servizio del re di Spagna; Girolamo, principe di Montevago e senatore di Palermo dal 1782 al 1784.
Dopo studi presso i teatini di Palermo, il G. si trasferì a Roma dove frequentò il collegio Clementino, l'Accademia dei nobili ecclesiastici e l'Università, conseguendo la laurea in utroque iure. Entrò poi nell'amministrazione pontificia come referendario presso il tribunale delle Due Segnature (5 apr. 1781); in seguito fu governatore di Città di Castello (dal 9 luglio 1783), Fano (25 febbr. 1785), Spoleto (13 ag. 1790) e Ancona (25 genn. 1793). Asceso all'ordine presbiterale il 7 apr. 1792, nel 1794 divenne protonotario onorario e, nello stesso anno, arcivescovo di Nicea in partibus (12 settembre) e nunzio a Lucerna (16 settembre).
Gli anni della nunziatura coincisero con i drammatici avvenimenti della Rivoluzione francese. Fu intensa l'opera del G. in favore di numerosi esuli di quella nazione, soprattutto appartenenti al clero, rifugiati in Svizzera. Tra coloro cui offrì ospitalità si annoverano gli arcivescovi di Parigi, Langre, Agen, Besançon e altri prelati. Con l'invasione francese della Svizzera (febbraio 1798) il G. fu arrestato e poi deportato a Basilea; il suo archivio fu posto sotto sigilli. Successivamente trovò rifugio a Costanza e, nel 1799, ad Augusta, presso il nunzio A. Della Genga (il futuro Leone XII), dove si trattenne per circa un mese. Da qui si recò dapprima a Monaco di Baviera e infine, dopo l'elezione di Pio VII, rientrò in Italia.
Un breve pontificio del 1° marzo 1803 nominò il G. nunzio in Spagna, in sostituzione di F. Casoni, creato cardinale nel novembre 1800. La nomina aprì un grave contenzioso tra il governo spagnolo e la Santa Sede, che si protrasse per quasi due anni. Alla base del conflitto erano i poteri di giurisdizione del nunzio. Mentre infatti da parte iberica si voleva limitarli a quelli di un ambasciatore di un principe temporale - come ebbe a riferire il rappresentante diplomatico spagnolo a Roma, P. Labrador -, da parte pontificia si tendeva a conferire al nuovo nunzio, come già ai suoi predecessori, facoltà straordinarie su materie relative alle dispense matrimoniali, indulti e, soprattutto, all'esercizio della potestà sugli ordini regolari.
L'impasse fu superata nel 1802, quando la S. Sede nominò il primate L.M. di Borbone, arcivescovo di Toledo, visitatore dei regolari, venendo in qualche modo incontro alle richieste del governo spagnolo, che nel febbraio del 1803 concesse il placet al nunzio. Forte dell'esperienza maturata a Lucerna e, soprattutto, in previsione dell'interruzione delle comunicazioni con la S. Sede stante il pericolo rappresentato da Napoleone, il 30 luglio 1803 il G. ottenne facoltà straordinarie non comprese nel breve di nomina, ma già concesse nel 1786 al predecessore I. Vincenti Mareri. Il 12 agosto entrò nel pieno possesso delle sue funzioni.
Qualche anno dopo, nel 1806, il G. si recava a Cadice al capezzale del fratello Federico Carlo, ferito a morte durante la battaglia di Trafalgar. Un primo attrito fra il nunzio e il primate di Spagna si ebbe circa il governo e il controllo degli ordini regolari, che entrambi erano abilitati a esercitare, seppure con poteri distinti. Si giunse a un vero e proprio scontro quando il Borbone sollevò la questione dell'esercizio delle facoltà straordinarie attribuite al nunzio. Il 25 sett. 1808, in seguito alle sollevazioni del 2 maggio, si costituì ad Aranjuez la giunta centrale governativa del Regno, che il G. non esitò a riconoscere come unico governo legittimo della Spagna. L'interruzione delle comunicazioni con la S. Sede lo costrinse a ricorrere ai poteri straordinari, soprattutto in materia di dispense dagli impedimenti matrimoniali. Ottenuta l'autorizzazione al pubblico esercizio di tali funzioni dal presidente della giunta, il conte J.M. de Floridablanca, il G. si apprestava a darne notizia all'episcopato quando l'avanzata francese costrinse la giunta a ritirarsi a Siviglia e il nunzio a Puerto Santa María. In seguito alla morte del Floridablanca, i rapporti tra il nunzio e la giunta si deteriorarono. Nel frattempo si era ritirato a Puerto Santa María anche il primate, che subito si contrappose al G. sulla questione delle facoltà straordinarie, sobillato soprattutto da J.L. de Villanueva e altri ecclesiastici, preoccupati di frenare gli interventi di Roma nella vita della Chiesa spagnola.
Il conflitto si accentuò quando il G. pretese di porre mano alla riorganizzazione del tribunale della Rota, finché, nell'aprile 1809, il Borbone ingiunse al nunzio di dimostrare in forma specifica, legale e autentica il possesso delle facoltà che pretendeva di esercitare: richiesta difficilmente esaudibile in quanto la documentazione era conservata nell'archivio della nunziatura in Madrid, allora occupata dalle truppe francesi. A infiammare ulteriormente lo scontro contribuì, nel 1812, la protesta del G. per le misure della reggenza sugli ordini religiosi e i beni ecclesiastici e, l'anno seguente, la sua reazione alla soppressione del tribunale dell'Inquisizione da parte delle Cortes di Cadice, con quattro decreti emanati il 22 febbr. 1813. Il nunzio si oppose con fermezza alla loro esecuzione e pubblicazione, poiché ledevano autorità e diritti del pontefice, esortando la gerarchia spagnola a ribellarsi contro gli abusi del governo e della fazione regalista del clero legata al card. di Borbone, eletto presidente della reggenza provvisoria nel marzo 1813. L'ostinazione del G. nel sostenere i propri diritti esasperò tanto la reggenza che il 27 giugno 1813 deliberò l'espulsione del G. dalla Spagna e il successivo 7 luglio dispose che gli fosse inviato il passaporto, procedendo alla confisca dei suoi beni ecclesiastici. Il G. ricevette il documento mentre si trovava a Puerto Santa María; rifiutando una nave offertagli dal governo, si imbarcò sulla "Sanctisima Trinidad", che lo condusse a Tavira, in Portogallo. Da lì proseguì l'indefessa azione di indignata protesta contro la reggenza, esortando il clero spagnolo alla resistenza, soprattutto attraverso un manifesto, datato 4 genn. 1814, che ebbe larga diffusione in Spagna.
Nell'aprile 1814 Ferdinando VII tornò sul trono e, per l'intercessione del card. E. Consalvi, segretario di Stato pontificio, il G. fu richiamato dall'esilio; giunto nuovamente a Madrid, presentò le credenziali il 21 ag. 1814. Fra i primi suoi atti vi fu la proposta al sovrano di ricostituire l'Inquisizione; prima ancora che il sovrano ricevesse il parere del Consiglio, dell'episcopato e dei tribunali, il G. trasmise al papa la notizia della rinascita del tribunale.
Per i meriti acquisiti, nel concistoro dell'8 marzo 1816 Pio VII creò cardinale il G., col titolo presbiterale di S. Lorenzo in Panisperna. Proposto come arcivescovo di Palermo dal re delle Due Sicilie il 10 luglio 1816, fu preconizzato il 23 settembre e raggiunse la diocesi all'inizio del 1818.
Allo scoppio in Sicilia dei moti del 1820 il cardinale tentò invano di acquietare le rivolte. Accolse nel palazzo episcopale molti fuggiaschi, e incoraggiò i notabili della città a difendere i diritti del governo legittimo. Il 18 luglio 1820 fu eletto presidente della giunta provvisoria di pubblica sicurezza, ma pochi giorni dopo rinunciò all'incarico. Il 2 aprile dell'anno successivo fu nominato luogotenente generale di Sicilia, conservando la carica fino al 10 giugno. Durante la carestia che colpì l'isola nel 1822 operò attivamente in favore della popolazione e fece costruire un nuovo ospedale.
Intanto, come cardinale, il G. era stato nominato membro di diverse congregazioni: dei Vescovi e regolari, di Propaganda Fide, della Disciplina regolare, delle Indulgenze. Partecipò anche ai due conclavi del 1823 e del 1829. Nel primo giunse dodici giorni dopo l'apertura, il 15 settembre, con il preciso incarico del re delle Due Sicilie di sostenere la linea innovatrice del Consalvi. Tuttavia, presto guadagnato all'opposta fazione degli zelanti, favorì la loro vittoria facendo fallire i progetti napoletani. Nel secondo presentò l'esclusiva della monarchia spagnola contro il card. G. Giustiniani.
Il G. morì a Palermo il 6 dic. 1830.
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