GIUSTINIAN, Pietro
Figlio di Pancrazio, della parrocchia veneziana di S. Giovanni in Bragora, non si conosce la sua data di nascita, da collocare presumibilmente agli inizi del sec. XIV. La ricostruzione della vita del G. risulta assai problematica, come spesso accade per il patriziato veneto, per la presenza di omonimi coevi.
La prima notizia sulla sua attività, se di lui però si tratta, risale al 21 genn. 1333 quando assolveva l'incarico di console alla Tana (Azov). In quella data il Consiglio dei rogati nominò infatti una commissione di quattro savi, cui fu aggiunto l'ambasciatore di ritorno dalla Tana, per procedere all'esame della lettera del console sui fatti accaduti in quella regione e con l'incarico di rispondere nell'arco di otto giorni.
Di nuovo a Venezia il 23 febbraio dell'anno successivo e membro del Senato, il G. appoggiò una proposta avanzata dai savi alla Tana Pietro Civran e Giovanni Michiel relativa a un aumento di spesa corrente chiesta dal console per la sicurezza dei mercanti e dei sudditi che vi operavano. Il G. suggerì una variante alla proposta del savi, cioè che il fabbisogno superiore all'ammontare della spesa già concordata, stimato in 1000 aspri, fosse prelevato fino a nuova decisione dai denari delle collette, ma il suo suggerimento non venne adottato. Il 23 febbr. 1334 Pietro Contarini, Marco Dolfin e il G. proposero inoltre che fosse destinato un capitano per la sicurezza delle navi dirette alla Tana e ad Abido (sulla costa asiatica dei Dardanelli).
Un Pietro Giustinian fu quindi attivo a varie riprese all'interno del Consiglio dei dieci fra il 1350 e il 1363 e, in questo caso, l'identificazione con il G. è certa per il 1356 e il 1357, allorché i documenti fanno esplicito riferimento a Pietro Giustinian fratello di Nicolò. Di lui si tratta ugualmente nel 1360, quando, in data 29 gennaio, fu eletto fra i capi del sestiere di Dorsoduro destinati a entrare in carica il 1° marzo. Nel 1368 fece parte di una commissione di cinque savi destinata all'esame degli affari d'Istria, al tempo della guerra fra Venezia e Trieste che, originatasi dalla ribellione della città al dominio veneziano, si estese per l'intervento del duca d'Austria Alberto III e terminò l'anno successivo con la vittoria militare della Repubblica.
Nel 1370 il G. venne nominato tra i deputati alle trattative con il re d'Aragona e nel 1372 fu podestà di Conegliano. Nel 1374, al termine del conflitto con Francesco da Carrara, fu uno degli arbitri designati dalla Repubblica per definire i confini oggetto di contesa con il signore di Padova e, all'indomani della presa di Chioggia da parte dei Genovesi (16 ag. 1379), venne scelto con Nicolò Morosini e Jacopo Priuli per una difficile missione diplomatica.
In questa occasione, infatti, il doge Andrea Contarini cercò di praticare la via della pace per porre fine alla guerra disastrosa che stava mettendo in forse la stessa sopravvivenza di Venezia, e chiese al signore di Padova un salvacondotto per i tre ambasciatori, ma ne ebbe uno sprezzante rifiuto. Data la situazione di estremo pericolo vissuta da Venezia durante la guerra di Chioggia il G., come altri nobili, offrì inoltre somme all'Erario per provvedere ai bisogni del conflitto, che si sarebbe concluso nel 1381 con la pace di Torino.
In seguito il G. fece parte degli avogadori di Comun e, come membro di questa magistratura, si trovò coinvolto nelle vicende che condussero Venezia alla guerra contro Francesco da Carrara per il possesso di Udine.
Dopo la morte di Bertrand de Saint-Geniès, patriarca di Aquileia (1350), il Friuli si era trovato in preda a lotte intestine, dalle quali il signore di Padova ambiva a trarre un vantaggio territoriale. Nel 1381 papa Urbano VI aveva affidato in amministrazione il patriarcato al cardinale Filippo d'Alençon, ma gli Udinesi non vollero sottomettersi al suo dominio e ricorsero all'aiuto di Venezia, mentre il da Carrara si schierava apertamente dalla parte di Filippo.
Le operazioni militari furono precedute da un'intensa attività spionistica da parte del signore padovano che, cercando in ogni modo di carpire i segreti della Repubblica, riuscì a corrompere il G., a conoscenza di importanti informazioni a motivo della sua carica, e il chioggiotto Antonio Meneghino, dal quale fu messo al corrente di quanto si andava dicendo in Senato. Non si sa per quale motivo il G. si risolse a tradire la sua città, ma ad accusarlo furono sufficienti dei semplici canestri d'uva ricevuti in omaggio e chi lo denunciò fu un suo collega, l'avogadore Vittore Morosini. Venne processato e confessò di aver rivelato ai Carraresi segreti di Stato usando come intermediario Antonio Meneghino.
Il 5 maggio 1385, per ordine del Consiglio dei dieci, gli fu tagliata la testa in mezzo alle due colonne di S. Marco.
Non sono segnalati mogli o figli del G., ma si conoscono soltanto i nomi di quattro fratelli: Nicolò, Andrea conte di Sebenico, Michele podestà di Trieste e Giovanni che fu podestà di Treviso nel 1359 e che prese parte alla guerra di Candia.
Fra gli omonimi del G. ricordiamo in particolare: un Pietro Giustinian figlio di Bernardo del sestiere di S. Polo, parrocchia di S. Cassiano, fratello del più celebre Marco; un Pietro Giustinian, figlio di Marco, che nel 1355 fu implicato in una contesa giudiziaria con il nobile Luca Contarini, che egli aveva schiaffeggiato nel corso di un'udienza a palazzo ducale e che venne perciò condannato al pagamento di una forte multa; morì il 16 marzo 1362, quando il Consiglio dei dieci deliberò di procedere contro la figlia Giustiniana, e sorella della dogaressa, per le male parole pronunciate dal padre contro il doge.
Fonti e Bibl.: Raphaynus de Caresinis, Chronica aa. 1343-1388, a cura di E. Pastorello, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XII, 2, pp. 21, 63; Iacobus Zenus, Vita Caroli Zeni, a cura di G. Zonta, ibid., XIX, 6, pp. 12, 79; I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, II, Venezia 1876, nn. 161 p. 247, 249 p. 322, 319 pp. 334 s.; III, ibid. 1883, nn. 661 s., p. 103; Le deliberazioni del Consiglio dei rogati (Senato). Serie "Mixtorum", a cura di R. Cessi - M. Brunetti, Venezia 1961, nn. 397 p. 113, 367 pp. 279 s., 374 pp. 281 s.; Venetiarum historia vulgo Petro Iustiniano Iustiniani filio adiudicata, a cura di R. Cessi - F. Bennato, Venezia 1964, pp. 203, 227; Consiglio dei dieci. Deliberazioni miste registro V (1348-1363), a cura di F. Zago, Venezia 1993, nn. 68, 70, 80 s., 86, 206, 383, 553, 557, 561, 571, 573 s., 579, 626, 729, 742, 799, A. 18 s. pp. 323, 326, A. 25 p. 334, A. 27 p. 341; G. Cogo, Il patriarcato di Aquileia e le aspirazioni dei Carraresi al possesso del Friuli (1381-1389). Con documenti inediti, in Nuovo Arch.veneto, XVI (1898), p. 248; V. Lazzarini, Marino Faliero, Firenze 1963, pp. 147, 254; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, III, Venezia 1972, pp. 110, 201; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Giustiniani di Venezia, tav. IV.