GIACOSA, Pietro
Nacque a Parella, nel Canavese, presso Ivrea, il 4 luglio 1853 da Guido e Paolina Realis.
Ambedue i genitori appartenevano a famiglie della borghesia notarile piemontese animate da ideali laici e liberali e caratterizzate da notevoli interessi per l'arte e la letteratura. Il padre aveva intrapreso nel 1861 la carriera di magistrato, ma ne era uscito cinque anni più tardi a seguito dello scandalo politico suscitato da una sua inchiesta che vedeva coinvolte eminenti personalità della vita pubblica siciliana (v. N. Ruffini, Un giovane magistrato piemontese in Sicilia:1862-63, in G.P. Clivio - R. Massano, Civiltà del Piemonte. Studi in onore di Renzo Gandolfo nel suo settantacinquesimo compleanno, II, Torino 1975, pp. 515-524): ritiratosi a Torino, si dedicò all'esercizio dell'avvocatura.
Compiuti gli studi secondari prima al convitto di Ivrea, poi a Modena e a Brescia, completò il liceo a Torino, ove, per soddisfare il forte interesse per la pittura che aveva nel frattempo maturato e che avrebbe ugualmente coltivato negli anni successivi, seguì anche i corsi impartiti da Antonio Fontanesi, titolare della cattedra di paesaggio presso l'Accademia Albertina. A questa tendenza artistica associò mirabilmente la nascente passione per lo studio della botanica, ispirata dall'amore per la natura e per la montagna che lo accompagnerà per tutta la vita. Acquisì in breve una meritata fama di illustratore delle bellezze naturalistiche e botaniche, già discretamente consolidata nel 1873 tanto che Vittorio Emanuele II volle conoscerlo e gli chiese di raffigurare il campo di Valsavaranche dove villeggiava: questa fortunata circostanza, che offrì al fratello Giuseppe lo spunto per uno dei racconti di Novelle e paesi valdostani, consentì al G. di stabilire cordiali e durevoli rapporti con vari membri della famiglia reale.
Iscrittosi nel 1871 alla facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Torino, durante gli anni di studio si legò in modo particolare a J. Moleschott e ad A. Mosso, destinati a divenire due dei maggiori esponenti della fisiologia italiana. Si laureò nel 1876 discutendo una tesi sulla funzione del respiro in alta montagna che gli valse un posto di perfezionamento a Roma presso la cattedra di S. Cannizzaro, sotto la cui influenza maturò la vocazione per la chimica fisiologica: in questa disciplina acquisì poi una rigorosa preparazione completando la propria formazione a Strasburgo, presso la cattedra di chimica fisiologica diretta da E.F. Hoppe-Seyler, e a Berna, alla scuola del biochimico M. Nencki. Fu poi per un brevissimo periodo a Herlangen, presso la cattedra di clinica medica di W.O. von Leube, ove ricoprì il posto di assistente.
Al suo ritorno a Torino, nel 1881, fu nominato assistente presso l'istituto di fisiologia diretto dal Mosso; tuttavia, la sua speranza che la facoltà medica riconoscesse la dignità di disciplina autonoma alla chimica fisiologica, consentendogli così di inserirsi nel mondo della ricerca e della didattica universitaria, doveva rimanere delusa. Nel 1882 egli accettò l'incarico dell'insegnamento della materia medica e la direzione del laboratorio di farmacologia sperimentale fondato dallo stesso Mosso.
Nel 1885 il G. sposò Laura Fontana vedova Callery, che gli portò in casa le due figlie Amalia e Virginia nate dal precedente matrimonio e che l'anno successivo gli dette l'unica figlia, Elena. Le non floride condizioni economiche nelle quali si trovava la famiglia in questo periodo furono risollevate dal fortunoso ritrovamento, presso il mercato torinese detto del Balun, di alcuni disegni del Mantegna che, rivenduti al British Museum, fruttarono una cifra considerevole.
Proseguiva intanto la carriera universitaria del G. presso la facoltà medica torinese: nominato professore straordinario di materia medica nel 1886, divenne ordinario della stessa disciplina nel 1894. Svolse, oltre a quella didattica, una operosa attività di ricerca scientifica, alla quale si dedicò sin dai primi anni successivi al conseguimento della laurea e che proseguì poi incessantemente durante tutta la sua vita accademica.
Condusse inizialmente una serie di studi nel settore della chimica fisiologica, occupandosi di vari argomenti: l'azione del nitrito d'amile sul sangue, la trasformazione dell'ossiemoglobina in metemoglobina per effetto dell'acido nitroso, le trasformazioni subite nell'organismo da alcune sostanze aromatiche, la costituzione dell'occhio umano, la composizione chimica dell'uovo di rana e l'azione antisettica di carattere meramente fisico della mucina che lo avvolge (Über dieWirckung des Amylinitrits auf das Blut, in Zeitschrift für physiologische Chemie, III [1879], pp. 54-57; Sulla ossidazione dei carburi d'idrogeno aromatici nell'organismo, in Arch. per le scienze mediche, IV [1880], pp. 317-332, in coll. con M. Nencki; Sugli albuminoidi del vitreo nell'occhio umano, in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 3, XXX [1882], pp. 71 s.; Ricerche chimiche sul vitreo dell'occhio umano, in Arch. per le scienze mediche, VI [1882], pp. 29-33; Études sur la composition chimique de l'oeuf et de ses enveloppes chez la grenouille commune, in Zeitschrift für physiologische Chemie, VII [1882-83], pp. 40-56; Sulla composizione chimica dell'uovo e dei suoi inviluppi presso la rana comune, in Arch. per le scienze mediche, VI [1882], pp. 328-345; Sur la transformation des nitrites dans l'organisme, in Zeitschrift für physiologische Chemie, VIII [1883-84], pp. 95-113; Sui nitrili aromatici e grassi nell'organismo, in Annali di chimica medico-farmaceutica e di farmacologia, s. 4, I [1885], pp. 105-116); e ancora, una nuova sostanza colorante individuata nell'urina e l'eliminazione del ferro dall'organismo, i fattori chimici dell'evoluzione, la secrezione dello stomaco e i succhi gastrici (Sopra una nuova sostanza colorante normale nell'urinae sopra l'eliminazione del ferro dall'organismo, in Annali di chimica e di farmacologia, s. 4, III [1886], pp. 201-213; I fattori chimici dell'evoluzione, in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 4, XV [1909], pp. 345-354; Étude sur la sécrétion stomacale, in Archives italiennes de biologie, LIV [1910-11], pp. 1-14, in coll. con S. Derani; Étude sur le suc gastrique, ibid., pp. 40-48). Si occupò anche di batteriologia e dei metodi antisettici: dopo un lavoro pubblicato in collaborazione con M. Nencki nel quale confermava il valore antisettico dell'acido fenico (Giebt es Bacterien oder deren Keime in den Organen gesunder lebender Thiere?, in Journal für praktische Chemie, n.s., XX [1879], pp. 34-44), delineò un quadro lucido e completo dei recenti successi conseguiti in questo settore nel cui contesto, tuttavia, mise in evidenza la non ancora raggiunta perfezione delle tecniche di laboratorio disponibili quale causa di alcune incertezze nell'interpretazione dei risultati (I fondamenti della medicina antisettica, in Collezione italiana di letture sulla medicina, diretta da G. Bizzozero, s. 3, Milano 1883, pp. 83-112). Contemporaneamente dava inizio, indipendentemente dal Mosso, a una serie di ricerche sulle caratteristiche batteriologiche e fisico-chimiche delle acque, nevi e aria in alta montagna (Études sur les corpuscles organisés del'air des hautes montagnes, in Archives italiennes de biologie, III [1883], pp. 201-209; Sopra i germi contenuti nell'aria a grandi altezze, in Riv. di chimica medica e farmaceutica, I [1883], pp. 41-44; Studii sui germi di microrganisminella neve delle alte montagne, in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 3, XXXVIII [1890], pp. 878-888; Indagini sulle acque e sulle nevi delle alte regioni, ibid., XLIII [1895], pp. 537-568) e sulla fisiologia dell'uomo a grandi altezze, con particolare riguardo alle modificazioni subite dall'emoglobina (Der Hämoglobingehalt des Blutes in grossen Höhen, in Zeitschrift für physiologische Chemie, XXIII [1897], pp. 326-342).
Nel campo della farmacologia, il G. fu autore di interessanti lavori caratterizzati tutti da notevole lucidità e ampiezza di vedute: prerogative, queste, di non poco conto nel periodo di trapasso dalla vecchia materia medica alla nuova disciplina, quando i supporti tecnici e le fondamenta teoriche non erano ancora sufficientemente sviluppati per poter soddisfare le attese della scienza medica e della neonata industria del farmaco. Su un piano di rigorosa onestà intellettuale egli seppe mantenersi su posizioni moderate e caute, privilegiando sempre la verifica sperimentale precedente l'applicazione pratica delle nuove acquisizioni. La sua considerazione della farmacologia quale "scienza biologica alleata alla fisiologia ed alla patologia generale […] scienza pura, la quale nel proseguimento delle sue vie non deve preoccuparsi che della ricerca del vero senza altri scopi di utilità immediata" (Trattato di materia medica…, Torino 1901, p. 2), forse troppo rigidamente teorica, lo indusse a considerare con severità i rapporti tra ricerca scientifica e industria e a mettere in luce i rischi connessi allo sviluppo di interessi economici in rapporto ai progressi terapeutici e farmacologici, ma non gli impedì di contribuire significativamente alla nascita dell'industria farmaceutica italiana. Nel periodico La Rassegna di terapia, che fondò nel 1906 e diresse fino al 1909, scrisse: "Ad ogni questione terapeutica si collega dunque una questione economica. Ma la seconda deve essere subordinata alla prima" (I [1906], p. 3), confermando in tutto il suo valore l'immutata attualità delle preparazioni galeniche (ibid., p. 4). Ebbe stretti rapporti di consulenza con la Società Carlo Erba - al cui amministratore delegato, il suo compagno di studi G. Morselli, era legato da stretta amicizia - che nella preparazione di sostanze per uso terapeutico introdusse fin dal 1908 il metodo dei saggi fisiologici del G. per il sistematico controllo dei prodotti mediante la prova diretta sugli animali; e contribuì attivamente allo sviluppo dell'industria farmaceutica sia accreditandone l'utilità sociale, sia mettendo a punto preparati specifici come l'Opopeptol, un estratto totale di succo gastrico ottenuto esercitando fortissime pressioni sulle mucose gastriche di animali. Non ebbe successo, invece, il suo tentativo di isolare il principio attivo della digitale onde approntare un farmaco efficace e maneggevole (Studi sui farmaci del gruppo della digitale, in Giornale dell'Accademia di medicinadi Torino, s. 4, XVII [1911], pp. 372-390; Nuove osservazioni sui farmaci digitalici, ibid., XVIII [1912], pp. 159-164), un progetto in cui aveva riposto notevoli speranze di migliorare la propria posizione economica. Tra i numerosi lavori pubblicati dal G. durante il suo magistero farmacologico meritano di essere ricordati, in particolare, gli studi sull'ossido di carbonio, che considerò un veleno specifico del sistema nervoso piuttosto che un veleno respiratorio (Sur le mode de se comporter de l'oxyde de carbone dans l'organisme, in Archivesitaliennes de biologie, XL [1903-04], pp. 281-299); quelli sull'azione di varie sostanze, in special modo dell'abrotina (Sull'abrotina, alcaloide dell'ArtemisiaabrotanumL., in Riv. di chimica medica e farmaceutica, I [1883], pp. 411-454) e di due nuovi alcaloidi che aveva estratto da Xanthoxylon senegalense (Studj chimici e farmacologici sulla corteccia di xanthoxylon senegalense (artar root), in Annali di chimica e di farmacologia, s. 4, IX [1889], pp. 209-241, in coll. con M. Soave; Cenni sull'azione fisiologica dell'artarina, ibid., X [1889], pp. 257-267); e le sue ricerche sulle proprietà anestetiche dell'aldeide ammoniaca e del feniluretano (Studio sull'azione dell'aldeide ammoniaca, in Arch. per le scienze mediche, X [1886-87], pp. 293-310; Studi sull'azione fisiologica della Euforina (feniluretano) e di alcuni corpi analoghi, in Giornale dell'Accademia di medicinadi Torino, s. 3, XXXVIII [1890], pp. 889-904, e in Annali di chimica e di farmacologia, s. 4, XIII [1891], pp. 74-89; Sull'euforina in medicina e chirurgia, in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 3, XXXIX [1891], pp. 337-349).
Il G. inoltre fu autore di un faticoso lavoro di bibliografia medica, che pubblicò, con l'aiuto di vari altri autori tra i quali S. Belfanti e G. Bordoni-Ufreduzzi, tra il '90 e il '95: Bibliografia medica italiana. Riassunto dei lavori originali italiani relativi alle scienze mediche usciti nel 1890, Torino 1892; …usciti nel 1891, ibid. 1893; … usciti nel 1892, ibid. 1894; …usciti nel1893, ibid. 1895. Di lui si ricordano ancora Le piante medicinali: manuale di botanica medica ad uso dei medici e farmacisti e degli studenti di medicina e farmacia, Milano 1883, in coll. con G. Gibelli; Farmacognosia, Torino 1886, traduzione del Lehrbuch der Pharmakognosie del farmacologo F.A. Flückiger che aveva conosciuto durante il suo soggiorno all'Università di Strasburgo; e il Trattato di materia medica, farmacologia e tossicologia, uscito a Torino nel 1891 e in seconda edizione, con sostanziali modifiche e aggiornamenti, nel 1901.
Andava intanto maturando e approfondendo l'interesse del G. per la storia della medicina, della quale aveva cominciato a interessarsi poco dopo aver conseguito la laurea: la consapevolezza del clima di incertezza teorico nel quale la medicina clinica viveva il suo momento critico di trasformazione da "una semplice aspettativa vigilante" alla disponibilità di un più concreto strumento terapeutico basato "sulla fede nelle virtù dei medicamenti", lo aveva infatti indotto a premettere ai suoi lavori di farmacologia un ampio inquadramento storico. Questi interessi, nati originariamente come espressione di una più generale curiosità per il passato e l'antiquariato, si sarebbero ben presto consolidati e strutturati in una vera attività professionale, orientata allo studio dei problemi della vita universitaria (L'università italiana e il suo avvenire, Torino 1893) e in particolare dell'insegnamento medico (The international problem of medical education, in The British Medical Journal, 1920, n. 2, pp. 824-826). Presso l'Università di Torino tenne corsi liberi di storia della medicina dal 1884 al 1910, e a partire dal 1907 fu incaricato di svolgere regolari corsi della disciplina a Milano per i medici che frequentavano gli istituti clinici di perfezionamento fondati da L. Mangiagalli. Nel 1924, alla nascita dell'Università di Milano, la facoltà di medicina e chirurgia gli affidò l'incarico ufficiale dell'insegnamento della storia della medicina, al quale attese fino alla morte. Nel 1907 fece parte del comitato promotore provvisorio presieduto da G. Baccelli che l'11 ottobre dello stesso anno dette vita alla Società di storia delle scienze mediche e naturali: all'attività della Società, tuttavia, il G., che pure A. Pazzini definisce il decano degli insegnanti, partecipò scarsamente.
Il G., che già nel 1886 aveva descritto un ricettario dell'XI secolo scoperto e studiato nella Biblioteca comunale di Ivrea (Un ricettario del secolo XI, esistente nell'Archivio capitolare d'Ivrea, in Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, s. 2, XXXVII [1886], pp. 643-663), dette alle stampe a Torino nel 1901 il volume Magistri Salernitani nondum editi: l'opera, concepita come catalogo ragionato della mostra di storia della medicina che egli stesso aveva voluto fosse inclusa nell'Esposizione generale italiana apertasi a Torino nel 1898 per commemorare il cinquantenario dello statuto, finì per essere occupata fondamentalmente dall'edizione di sei trattati inediti della scuola salernitana scoperti dal G. esaminando i codici inviati per la mostra della Biblioteca Angelica di Roma. La scoperta avvenne durante il periodo in cui la mostra rimase aperta e venne annunciata nel corso di una conferenza tenuta nell'ottobre 1898 presso l'Università di Torino e poi in una relazione presentata al congresso dei medici naturalisti tedeschi tenutosi a Monaco nel 1899 (Über einige neue Forschungsergebnisse betreffs der medizinischenSchule von Salerno, in Verhandlugen der Gesellschaft deutscher Naturfoscher und Ärzte Versammlung zu München… 1899, II, München 1900, pp. 618-622). Pur ignaro di paleografia, il G. si dedicò personalmente, con l'aiuto dello storico F. Gabotto, alla trascrizione, facendo seguire al testo di ogni codice dei Magistri una breve nota che ne illustrava il contenuto e l'importanza e ne giustificava o discuteva attribuzione e datazione. Il libro è preceduto da una consistente introduzione dal titolo I primi trattati salernitani nella quale è delineata la loro storia. Secondo il G. il trattato salernitano nasce all'interno di una comunità di medici monastici, dominata da interessi tecnici e pratici, i quali avevano bisogno di brevi prontuari e ricettari, e questa fase originaria sarebbe documentata da alcuni codici cassinesi del IX, X e XI secolo e dal codice 236 della Biblioteca governativa di Lucca risalente al IX secolo. La successiva evoluzione del trattato si articola in 3 stadi: codici di un primo periodo contenenti alcuni scritti di Ippocrate e di Galeno uniti a compilazioni di altri autori come Celio Aureliano e Sorano d'Efeso, privi tuttavia di una vera cultura medica e letteraria; testi di una seconda fase, sottoposti a un lavoro di rielaborazione e di amalgama attuato a partire dall'XI secolo nel Passionarius di Garioponto e nella Practica di Petroncello e sollecitato dalla necessità di strutturare anche l'insegnamento della medicina che, nel frattempo, era andato maturandosi; il Trattato salernitano della terza fase, infine, caratterizzato da una nuova terminologia e dalla più logica struttura della disposizione della materia e arricchito da nuovi elementi, alla cui nascita contribuirono i maestri salernitani, resisi autonomi dalla tradizione antica, e gli apporti della medicina araba. Pur se non tutti i critici hanno accolto completamente questa sua ricostruzione, al G. è comunque riconosciuto il merito di aver arricchito il corpus della letteratura medica salernitana e di aver contribuito, grazie soprattutto alle sue conoscenze di botanica medica e alle sue considerazioni sull'evoluzione della terminologia medica, a precisare datazioni e attendibilità di alcuni codici e a mettere ordine nel fitto intrico di influenze che per molto tempo hanno reso difficile l'individuazione dei contributi originali della scuola salernitana.
Socialista progressista, il G. svolse per alcuni anni un'apprezzata attività politica: eletto nel 1895 consigliere provinciale nei collegi di Vistrovio e Pavone, venne rieletto nel 1902 e riconfermato fino al 1910, occupandosi prevalentemente della politica sanitaria e dell'istruzione. Educato in una famiglia laica e convintosi attraverso il contatto con maestri quali il Moleschott, il Mosso e il Cannizzaro del valore culturale e dell'importanza sociale ed economica della scienza, aderì fin dalla sua costituzione, nel 1906, alla Società italiana per il progresso delle scienze all'interno della quale sostenne l'indirizzo che, sottolineando il valore produttivo della ricerca, tendeva a uno stretto collegamento con tecnici e industriali per imprimere un'accelerazione che riteneva necessaria al progresso civile e sociale dell'Italia. Questi stessi ideali lo indussero a sollecitare, insieme con l'amico senatore G.B. Pirelli, l'istituzione nel 1916 del Comitato nazionale scientifico-tecnico per lo sviluppo e l'incremento dell'industria italiana, che venne sciolto nel 1928 quando il Consiglio nazionale delle ricerche ne assunse la maggior parte delle funzioni. Il Comitato, del cui ufficio di presidenza il G. fece parte, si impegnò per migliorare le condizioni dei laboratori scientifici, impiantò un grande archivio tecnico, si occupò della politica dei brevetti e stimolò studi su molti problemi industriali. Allo sviluppo della cultura scientifica italiana il G. contribuì anche mettendo a frutto le proprie conoscenze personali: riuscì, per esempio, nel 1921 a ottenere consistenti finanziamenti dalla Fondazione Rockefeller per migliorare e aggiornare la dotazione dei laboratori delle facoltà mediche. Del G. è da ricordare anche l'opera di restauro dei codici miniati portata a termine, su incarico del governo, con I. Guareschi dopo il devastante incendio che nel 1904 distrusse gran parte della Biblioteca nazionale universitaria di Torino ove erano conservati: ne risultarono osservazioni e indicazioni che avrebbero costituito un sicuro punto di riferimento per i successivi interventi dei laboratori di restauro.
Continuò per tutta la vita a coltivare l'interesse per le arti, in particolare la pittura, la musica, la letteratura, e fu apprezzato collaboratore di quotidiani (Corriere della sera) e di riviste (Nuova Antologia, La Lettura, Rassegna nazionale) su temi che andavano dalla divulgazione scientifica alla curiosità storico-medica, dalla presa di posizione nel dibattito culturale alla discussione di problemi della politica dell'istruzione e della ricerca. Tra la sua produzione letteraria si segnalano, in particolare, il romanzo Anteo (Milano 1914), vagamente autobiografico, Cogne (Ivrea 1925), monografia sull'omonima valle che, unendo alla precisa descrizione naturalistica una accurata ricostruzione storica, oltre all'amore per la serenità e la meditazione ispirato dalla montagna, meglio di ogni altra opera può restituire l'immagine viva di quella singolare fusione di creatività e fantasia artistica con il rigore scientifico che caratterizzò la personalità del G. e rendere testimonianza dei valori ai quali egli ispirò la propria esistenza e l'attività professionale. Partecipò attivamente e autorevolmente alla vita culturale e assieme al fratello fu in rapporti di amicizia con G. Carducci, ospite alcune volte della loro casa di Parella, con A. Fogazzaro (con il quale dibatté talora anche in pubblico i temi del rapporto tra fede e scienza e i problemi della teoria dell'evoluzione, oggetto questi ultimi di alcune sue pubblicazioni scientifiche), con A. Boito. Insegnò anche per molti anni anatomia artistica presso l'Accademia Albertina di belle arti.
Destinato a essere collocato a riposo nel novembre 1928, occasione per la quale aveva preparato un commosso Commiato. 1882-1928 (nel lasciare la cattedra di materia medica e farmacologia sperimentale della Regia Università di Torino) pubblicato a Ivrea nello stesso anno, sofferente di scompenso renale morì improvvisamente a Torino il 17 ott. 1928.
Fonti e Bibl.: Necr. in: Annuario della R. Università di Torino 1928-29, Torino 1929, pp. 377-384 (contiene in appendice l'elenco completo delle pubblicazioni scientifiche del G. ma non di quelle letterarie); Giornale di batteriologia ed immunologia, III (1928), pp. 521-527; Archeion, X (1929), pp. 227 s.; Riv. di storia delle scienze mediche e naturali, XIX (1928), pp. 303 s.; Il Policlinico, XXV (1928), pp. 2314 s.; L'industria dei medicamenti, in Le Industrie italiane illustrate, IV (1917), p. 5; A. Pazzini, La storia della medicina in Italianell'ultimo cinquantennio, in Riv. di storia delle scienze mediche e naturali, s. 4, XXVIII (1937), pp. 251-259; XXIX (1938), pp. 79-84, 218-283; XXX (1939), pp. 26-38; M. Mastrorilli, Un grande benemerito della storia della scuola medica di Salerno: P. G., … in Scritti in onore del prof. P. Capperoni in occasione del XXX anno di laurea, Torino 1941, p. 106; P. Nardi, Vita e tempo di Giuseppe Giacosa, Milano 1949, passim; F. Grondona, P. G., in Salerno, 1967, n. 1, pp. 38-42; R. Bettica-Giovannini, Invito allo studiodella storia della medicina canavesana e valdostana: P. G., in Giornale di batteriologia, virologia edimmunologia ed annali dell'Ospedale Maria Vittoria di Torino, LXI (1968), pp. 579-583; G. Oberto, P. G. uomo e letterato, in G. Bosso, F. Carandini, P. G. ricordati al castello di Parella, Torino 1971, pp. 21-37; E. Beccari, P. G. scienziato, ibid., pp. 41-47; A. Pazzini, Storia dell'arte sanitaria dalle originia oggi, Torino 1974, I, pp. 490, 508, 523; II, pp. 1621, 1628, 1672, 1678, 1683 s.; V.A. Sironi, Le officine della salute. Storia del farmaco e della sua industria inItalia, Roma-Bari 1992, pp. 64 s., 119; A. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte…, I, p. 497; Enc. Italiana, XXII, p. 725, s.v.Medicina; XXIX, p. 136, s.v.Restauro.