GASPARRI, Pietro
Nacque a Portoferraio, nell'isola d'Elba, il 19 maggio 1910 dall'avvocato Giuseppe e da Aurelia Anselmi. Si laureò con lode in giurisprudenza a Pisa, il 7 luglio 1932, discutendo una tesi in diritto commerciale, relatore L. Mossa. Dal novembre 1932 frequentò la scuola allievi ufficiali di complemento di Moncalieri, superando l'esame d'idoneità a sottotenente il 31 maggio 1933; prestò, quindi, servizio di prima nomina dal luglio 1933 al gennaio successivo. Nel 1934 pubblicò poche dense pagine su L'azienda e i suoi contratti (in Archivio di studi corporativi, V [1934], pp. 269 ss.). Diplomato con lode, il 12 nov. 1935, presso la Scuola di perfezionamento in scienze corporative di Pisa, fu assistente volontario - nella stessa scuola - dal 29 ott. 1936 al 28 ott. 1939; venne abilitato alla libera docenza in diritto corporativo nel 1937. Nella scuola pisana il G. lavorò intensamente, e senza incorrere in spericolatezze teoriche.
Il volume L'azienda nel diritto del lavoro (Padova 1937) è la rielaborazione di un testo precedente, Il contratto di lavoro nella vita dell'azienda (Livorno 1935), e ha scopo teorico e pratico. Il G. vi contesta le tesi anticontrattualistiche in tema di rapporto di lavoro: queste - "applicazione particolare della teoria della pluralità degli ordinamenti" - vanno negate "non tanto in omaggio ad un'ottica statalistica, quanto perché le contestazioni inerenti al rapporto di lavoro, o i provvedimenti presi a carico dei lavoratori possono esser condotti innanzi alle autorità statali" (pp. 7 s.); esclude che l'azienda sia ente pubblico in quanto - anche se la "Carta del lavoro" parla dell'attività produttiva "come funzione di interesse nazionale" e di "responsabilità dell'imprenditore verso lo Stato" - essa fa salvo il dogma dell'iniziativa privata (p. 9); l'azienda è però "persona economica": gode di una specie di personalità di fatto che prelude al pieno riconoscimento di soggettività giuridica autonoma e tende a svalutare la figura del proprietario (p. 21). Il volume Le norme corporative economiche, sempre del 1937 (ibid.), è un "tentativo di dare un assetto organico al complesso delle forme di disciplina del mondo economico creato con la riforma corporativa"; è una "guida alla pratica professionale" nella prima "fase di esperimento delle norme"; ma anche "una verifica delle posizioni raggiunte", un contributo "per la necessaria avanzata verso più compiute realizzazioni legislative" (Prefazione). In tema di controversie individuali relative all'applicazione di norme corporative economiche il G. nega, in contrasto con la Cassazione, che esse debbano "considerarsi, agli effetti procedurali, equiparate alle controversie individuali di lavoro, e quindi […] giudicate col rito speciale previsto per quest'ultime"; al contrario sostiene che "debbano considerarsi soggette al sistema ordinario del Codice di procedura" (p. 232).
Nel 1938 il G. concorse alla cattedra di diritto corporativo presso l'Università di Camerino, ottenendo dichiarazione unanime di idoneità e un voto per la terna; nel 1939 partecipò, senza fortuna, al concorso di diritto amministrativo per l'Università di Cagliari. Incaricato di diritto corporativo nella facoltà di giurisprudenza di Parma per l'anno accademico 1938-39, ottenne il medesimo incarico a Pisa nei tre anni successivi. Si dedicò allo studio del diritto pubblico generale, e amministrativo in specie, con L'amministrazione consultiva e La causa degli atti amministrativi: lavori che, interrotti per il richiamo alle armi (9 giugno 1940), completò all'inizio del 1942 (pubblicandoli a Pisa), durante un periodo di sosta del suo reggimento in sede. Nel 1942 partecipò al concorso per la cattedra di diritto amministrativo presso la facoltà giuridica dell'Università di Urbino, che vinse, riuscendo terzo con tre voti.
Presentò trentuno pubblicazioni: la Commissione dichiarò che tra quelle di diritto corporativo le maggiori trattavano anche problemi attinenti alla disciplina messa a concorso, lodò "la capacità di costruzione scientifica", affermò che l'ultimo lavoro, La causa degli atti amministrativi, "sebbene forse frettolosamente redatto e perciò non esente da mende", non induceva a mutare il giudizio favorevole sul candidato (Min. dell'Educazione nazionale, Bollettino ufficiale, parte II, 11 marzo 1943, n. 10, estratto).
Dal 1° dic. 1942 fu in ruolo come straordinario di diritto amministrativo presso la facoltà di giurisprudenza di Cagliari. Ottenuta licenza illimitata dal servizio militare il 21 genn. 1943, di lì a pochi giorni, il 30 gennaio, sposò Valeria Bitossi. Tornò alle armi nelle file della Repubblica sociale italiana; dopo la guerra, fu sottoposto a un procedimento di epurazione, che superò. Riprese a pubblicare nel 1946: Considerazioni sulla discrezionalità amministrativa (in Studi economico-giuridici… della Università di Cagliari, XXXVIII [1946], pp. 51 ss.); Il concetto giuridico di amministrazione. Premessa critica (in Archivio giur. "Filippo Serafini", CXXVI [1946], pp. 93 ss.), ove emerge con slancio il metodo logico-sistematico, considerato caratteristica e limite del suo stile.
Il G. si pone una domanda centrale e - lamenta - trascurata dalla dottrina: se "l'amministrare è una specie dell'agire", in che cosa esso si distingue dall'agire in genere? Reputa insufficiente una definizione di amministrazione solo negativa (sarebbe come se un geografo definisse il mare "tutto ciò che non è né terra né cielo": Il concetto giuridico…, p. 94). Afferma che riscontrare "in un medesimo atto caratteri positivi della amministrazione e insieme caratteri positivi […] della legislazione non costituisce una anomalia". Via via demolisce a fil di logica i concetti di "sostanza amministrativa", di "forma amministrativa", di "effetto e di contenuto amministrativo", di "causa amministrativa", di "valore amministrativo". Conclude: "L'atto di amministrazione deve essere utile alla comunità non per essere un atto di amministrazione, ma per essere un atto di buona amministrazione, quale il diritto lo vuole […] l'atto amministrativo è un atto che si ha il dovere giuridico di compiere se ed in quanto un determinato interesse lo richieda. Il che non è ancora una definizione, ma qualche cosa che mette sulla buona strada, richiamando l'attenzione sul carattere di doverosità giuridica dell'attività amministrativa. Rimane così dimostrato che, se si vuole trovare la definizione esatta del concetto di amministrazione, questa non può essere ricercata in nessuno degli aspetti non giuridici dell'agire umano" (p. 119).
Il ricorso di candidati esclusi a causa delle leggi razziali condusse, nel 1948, alla revisione dei concorsi di diritto amministrativo di Cagliari (1939) e di Urbino (1942): una parte della commissione espresse dubbi sul G., ma la sua nomina fu confermata. A questo riguardo resta una memoria del G., in cui egli definisce il diritto corporativo "una specialità" del diritto amministrativo; dichiara che i propri lavori in tema sono condotti con criteri puramente scientifici e che in essi sono toccati argomenti di carattere generale, attinenti alla teoria dell'atto amministrativo e a quella delle persone giuridiche pubbliche. Proseguiva intanto con la consueta lena il suo impegno scientifico cui s'affiancava l'attività professionale (iniziata collaborando con il padre nello studio di Livorno). Notevole l'attenzione rivolta ai temi sindacali.
Negli Elementi di diritto sindacale secondo la nuova Costituzione (Bologna 1952) l'analisi degli articoli 39 e 40 della Costituzione è acuta e minuziosa; alle organizzazioni sindacali è attribuita rilevanza pubblicistica; il G. sostiene l'illiceità della serrata e afferma che se il legislatore ordinario ne riconoscesse la libertà "pur non violando alcuna espressa norma della Costituzione, ne violerebbe lo spirito" (p. 103).
Precoce e vasto fu l'interesse alla materia regionale. La sua vena teorica culminò nel ripensamento Gli interessi umani ed il diritto. Introduzione all'analisi del pensiero giuridico (ibid. 1951).
Qui, valendosi di dati filosofici, etici, sociologici, empirici, il G. costruì una complessa classificazione per decifrare quello che definiva "il misterioso mondo della realtà giuridica". L'ansia di ordinare e dominare la complessità del reale non lo spingeva verso l'empirismo e il positivismo legislativo, né lo faceva approdare alla storicità; privilegiando il metodo dogmatico e la creatività della scienza del diritto, il G. costruiva elaborati e rigidi schemi logici. Il "fastidio della oscurità e del disordine" generava - per l'imperativo di non lasciare realtà inesplorate e non ordinate - una fitta rete di concetti.
La sua aspirazione a una diversa sede universitaria (attestata da un nutrito carteggio) si realizzò infine nel 1953: il 20 novembre la facoltà di giurisprudenza di Perugia lo chiamò all'unanimità alla cattedra di diritto amministrativo. Il 16 febbr. 1954 lesse la prolusione Funzione pratica della teoria del diritto. Le materie che insegnò per incarico sono indicative dei suoi interessi: tenne per dieci anni la cattedra di diritto costituzionale (dall'anno acc. 1957-58), per assumere poi teoria generale del diritto (1968-69, 1969-70); insegnò, inoltre, episodicamente, diritto del lavoro (1953-54), diritto amministrativo processuale (1967-68), filosofia del diritto (1967-68).
Il primo volume del suo Corso di diritto amministrativo, Teoria della organizzazione amministrativa, è del 1953 (Bologna), il secondo, La funzione amministrativa, del 1955 (Padova), il terzo, Le disorganizzazioni e le disfunzioni amministrative, del 1956 (ibid.). I volumi subirono "giudizi molto sbrigativi" da parte della dottrina.
M.S. Giannini (rec. in Riv. trim. di diritto pubblico, VIII [1958], pp. 653 ss.), pur lamentando la "astoricità dell'impostazione", la scarsa utilità didattica, l'eccesso di "logicismi" e di "metafore", li giudicò importanti come opera di "teoria pura" del diritto; li definì il solo esempio, in campo amministrativo, di "quell'indirizzo di estremo dogmatismo" diffuso invece in diritto privato e in diritto processuale civile, rilevando l'influsso di F. Carnelutti.
In quegli anni si andava consumando la definitiva sconfitta del metodo logico-sistematico del G. (forse la più rigorosa alternativa alle posizioni di Giannini). L'isolamento apparve intenso quando il G. tentò d'inserirsi nel gioco delle chiamate che, tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, toccò sedi universitarie quali Roma, Firenze, Pisa, Bologna Milano; ne rimase sconfitto e amareggiato. Dal 1957 al 1970 pubblicò un centinaio di lavori.
Tra gli argomenti più dibattuti: regioni (il tema prediletto), Comunità europea, Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, acque, miniere, idrocarburi. Vanno poi almeno ricordati: La scienza dell'amministrazione: considerazioni introduttive (ibid. 1959); il quarto volume del Corso di diritto amministrativo (Teoria dei controlli, ibid. 1960); Teoria giuridica della pubblica amministrazione: nozioni introduttive (ibid. 1964); Lezioni di diritto costituzionale, I-II (ibid. 1964-65). Alla seconda metà degli anni Sessanta risalgono dispense ciclostilate. Il G. condusse anche, insieme con filosofi (tra cui N. Bobbio), una ricerca, incompiuta, sulle tecniche di motivazione delle sentenze giudiziarie.
Nel 1966 e nel 1968 il G. si candidò, senza successo, alla II cattedra di diritto amministrativo della facoltà di giurisprudenza di Roma. La tardiva chiamata in questa università - nella facoltà di scienze politiche - è del 12 maggio 1970.
Il G. morì a Roma il 20 maggio 1970.
La sua alacrità scientifica, un impegno professionale d'alto profilo (fu avvocato della Regione Sardegna), dal quale nasceva parte delle sue pubblicazioni, conservando stigma di concretezza; l'attività svolta per il Centro italiano di studi amministrativi; la partecipazione alla Commissione consultiva per la riforma sanitaria di base, e alla Commissione per l'istituzione dei tribunali amministrativi regionali (con invito a stilare la relazione governativa): tutto ciò nulla valse contro l'avversione, o piuttosto l'indifferenza, della dottrina. In un ricordo del Giannini il G. campeggia come "forse ultimo cultore dell'indirizzo concettualistico".
Fonti e Bibl.: Le carte personali del G. sono conservate dalla famiglia; per una bibliogr. dei suoi scritti cfr. C. Camilli, Gli scritti di P. G., in Rivista trim. di diritto pubbl., XXXI (1981), 1, pp. 311-325. Necr., in Annuario dell'Università di Perugia, anno acc. 1970-71, pp. 449 s.Vedi anche: Roma, Archivio centr. dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione gen. dell'istruz. sup., Divisione I, Concorsi a cattedre nelle Università (1924-1954), bb. 190, 238; Perugia, Archivio dell'Università, fascicolo personale; M.S. Giannini, Diritto amministrativo, in Cinquanta anni di esperienza giuridica in Italia. Atti del Congresso, Messina - Taormina… 1981, Milano 1982, p. 373.