GAMBARA, Pietro (Pietro da Gambara)
, Pietro (Pietro da Gambara). - Figlio di Maffeo di Gherardo e di Maddalena da Correggio, nacque probabilmente a Brescia intorno alla metà del secolo XIV Sul suo conto si hanno notizie sicure solo a partire dal gennaio 1371, quando divise l’eredità patema con i fratelli Federico e Girardo.
Nella ripartizione patrimoniale al G. spettarono i beni situati a Pralboino, Ostiano, Volongo, Gottolengo, Leno, Bagnolo, Ghedi, Gussago, Ronco, Rodengo, Saiano, Botticino e nelle «chiusure» cittadine, mentre il castello e il palazzo di Gambara dovevano essere tenuti in comune con il fratello Federico, come pure la casa posta in contrada S. Agata a Brescia. Successivamente il Go avrebbe acquistato un terreno a Volongo (6 giugno 1372) mentre nel marzo 1375 ottenne dal Comune di Pralboino l’esenzione fiscale per i suoi possedimenti in quella località; nel 1389 infine, giunse a un accordo per l’uso delle «seriole» Gambarella e Nova.
Il suo nome tuttavia è legato alla fama di condottiero militare, alla spregiudicatezza di talune sue imprese e all’audacia dimostrata nei tornei cavallereschi, mentre il legame con i Visconti, in particolare con il duca Gian Galeazzo, determinò le sue scelte politiche.
In occasione della ribellione guelfa divampata nella Val Trompia nel 1401, il G. fu uno dei capitani dell’esercito visconteo, che contava più di 5000 uomini, inviato a domare i rivoltosi. Nel settembre dell’anno seguente partecipò ai solenni funerali di Gian Galeazzo Visconti (defunto il 3 settembre) e al ritorno da Milano divenne punto di riferimento per i ghibellini bresciani. Una nuova insurrezione guelfa scoppiata a Brescia nel luglio del 1403, che fu motivo di episodi di grande crudeltà, coinvolse direttamente la famiglia del Gambara.
Narra infatti una cronaca locale (Memorie ..., c. 168), ripresa da B. Corio e da C. Maggi, che i guelfi dopo aver catturato due figli del G., di circa dieci anni di età, li portarono al macello pubblico, dove li uccisero e poi li vendettero in pezzi, come bestie, al prezzo di 3 soldi per libbra. Allo stesso modo venne presa anche una sorella del G., condotta al macello e sacrificata come un animale. Radunati 3000 fanti e 300 cavalieri, il G. insorse contro i guelfi uccidendo tutti quelli che riuscì a prendere, dichiarando - secondo quanto attesta la cronaca - a Dio e agli uomini che il loro sangue non sarebbe mai bastato a saziarlo.
Le sorti della battaglia costrinsero le truppe ghibelline a ritirarsi nella cittadella, mentre i guelfi ebbero campo libero per saccheggiare la città; alla fine però, impossibilitati ad avere la meglio e incalzati dalle continue sortite offensive degli assediati, stipularono con i nemici una breve tregua. Questa consentì al G. di abbandonare la città e di ritirarsi nel castello di Salò, dove provvide a organizzare nuove forze provenienti dal contado bresciano e a inviare ambasciatori a Milano per chiedere rinforzi. Riprese le ostilità ed entrato in città dalla parte di Torrelunga, il G. vendicò la morte dei familiari, ma la sua azione fu bloccata nei pressi del mercato del lino, e fu poi costretto a retrocedere. I guelfi bresciani, infatti, avevano offerto il governo cittadino a Francesco Novello da Carrara, signore di Padova, che non aveva indugiato a mettersi alla testa di un folto esercito e a dirigersi contro Brescia cingendola d’assedio. L’arrivo di altri contingenti provenienti da Bergamo, Cremona, Crema e Soncino, riorganizzati in tutta fretta dal G. e da Rolando Pallavicino, ridiede fiato alle truppe ghibelline. Dopo aver riconquistato Soncino, Gazzo, Friminengo, Castelleone, e liberato Isola Dovarese dall’assedio dei guelfi cremonesi, il G., reso audace da queste vittorie, decise di marciare su Cremona. Il 16 ag. 1403 alla guida di 2000 soldati si presentò davanti al castello di S. Croce che difendeva la città, confidando che il castellano Giorgio Crivelli, che lo teneva in nome dei Visconti, lo avrebbe fatto passare. Questi però si oppose e inutile fu il tentativo del G. di prendere il castello con la forza; il timore di un’improvvisa sortita da Cremona degli uomini di Ugolino Cavalcabò, esponente di punta del guelfismo lombardo, spinse infine il G. ad abbandonare l’impresa ritirandosi oltre l’Oglio.
Verso la fine del mese, grazie al sopraggiungere da Bologna di rinforzi, l’esercito del G. poté rompere l’assedio posto da Francesco Novello da Carrara che abbandonò rapidamente Brescia. Il 22 settembre fu firmata la pace che riabilitava i guelfi bresciani e restituiva loro i beni sequestrati.
Una successiva rivolta, avvenuta ad Asola contro i capitani milanesi Giorgio Carcano e Giovanni Visconti, vide di nuovo in prima linea il G. che insieme con Paolo Savelli, Giacomo Della Croce, Orlando Pallavicino e 400 cavalieri, riuscì a penetrare nel borgo fortificato, dove represse la sommossa antighibellina distruggendo l’intero abitato, tanto che «non rimase pietra su pietra», (Memorie ..., c. 168). Dopo questa impresa il G., passando per Remedello e Orzinuovi, si fermò a Quinzano dove riuscì a concentrare un folto esercito allo scopo di attaccare i guelfi bresciani che avevano nuovamente assunto il controllo della città, ma l’impresa non ebbe esito favorevole per la compatta reazione della popolazione locale. Il predominio guelfo a Brescia terminò solo nel gennaio 1404 con l’invio, da parte delle autorità milanesi, di Pandolfo Malatesta che, con l’aiuto delle truppe di Facino Cane e del G., conquistò la città, divenendone virtualmente signore.
Non è nota la posizione assunta dal G. dopo la presa di potere da parte del Malatesta poiché egli mori poco dopo, lontano da Brescia, forse in battaglia, il 24 nov. 1404, colpito da un dardo (cfr. Odorici, Storie, VIII, p. 155).
I beni del G. - ereditati dal figlio Pietro, sposo di Beatrice di Vercellino Visconti, e da suo fratello Giovanni Gambara - furono assegnati nel maggio 1408, per ordine di Pandolfo Malatesta, a Maffeo e Marsilio Gambara, esponenti di un altro ramo della famiglia.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Brescia, Fondo di religione, b. 40, perg. Gambara, passim; Brescia, Archo storico civico, b. 1320, f. 40, pp. 1 s.; Privilegi di casa Gambara, I, cc. 37 s.; Indice de processi dell’Archivio di casa Gambara, p. 94; Famiglie bresciane, 9, c. 44; Annali cronologici et istmici dell’archivio di sua eccellenza... Carlo Antonio Gambara estratti da tutte carte, libri e processi, per me frate Clemente Zillioli ..., l’anno I77I, I, pp. 5-8, 18; Brescia, Bibl. civica Queriniana, c.I.13.b: Memorie spettanti a Brescia estratte da varii autori così bresciani come esteri ..O. II, f. 13, cc. 130,168; AIl. 20: G. F. Da Ponte, Historia Camilli de Maggis patritii Brixiae rebus patriae ..O. cc. 161-163, 166 s.; H.IlI.n: V. Bighelli, Documenti dell’Archivio Gambara, cc. 8-10; Ordo funeris Iohannis Galeatii Vicecomitis ducis Mediolani peracti anno 1402, in LA Muratori, Rero Ital. Script., XVI, Mediolani 1730, col. 1027; Iacobus De Delayto, Annales Estenses, ibid., XVIII, ibid. 1731, col. 993; Il registro di Giovannolo Besozzi cancelliere di Giovanni Maria Visconti con appendice di altri atti viscontei, a cura di C. Santoro, Milano 1937, p. 48 n. 37; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A Morisi Guerra, II, Torino 1978, pp. 972, 986, 988 s.; O. Rossi, Elogi historici di bresciani illustri, Brescia 1620, pp. 145-149; A Campo, Dell’historia di Cremona, Milano 1645, p. 107; L.A. Muratori, Annali d’Italia ..O. IX, Napoli 1773, pp. 13 s., 19-22; F. Odorici, Storie bresciane dai primi tempi sino all’età nostra, VII, Brescia 1857, pp. 238-270 passim; VIII, ibid. 1858, p. 155; A Cavalcabò, Cremona durante la signoria di Ugolino Cavalcabò, in Bollo stor. cremonese, XXII (1961-64), pp. 29-32 passim, 62; F. Cognasso, Un Ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 79, 93, 108; A Masotti, Niccolò Tartaglia, in Storia di Brescia, I, Brescia 1963, p. 865 e n.; II, p. 24 n.; F. Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, I, I castelli, Brescia 1973, pp. 369-371; E. Abeni, Il frammento e l’insieme: la storia bresciana, II, Il Medioevo, Brescia 1987, pp. 430 s.; B. Viscardi, Pralboino, Milzano e Verolanuova feudo dei Gambara, Brescia 1994, p. 36; G. Archetti, Una famiglia in ascesa: i Gambara nel Quattrocento, in Civiltà bresciana, V (1996), 4, pp. 60-88 passim; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s. V. Gambara; Eco bresciana, V, Brescia 1982, p. 86; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, III, p. 349; Enc. biogr. e bibliogr. Italiana, C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, pp. 428 s.