FOSCARINI, Pietro
Nacque a Venezia attorno al 1410 da Nicolò di Pietro da S. Polo e Caterina Da Mula di Antonio. Presentato nel 1428 al sorteggio per l'ammissione anticipata al Maggior Consiglio, nel 1429 si sposò con Maria Molin di Nicolò, da cui ebbe almeno sette figli maschi: Francesco (nato intorno al 1432), Alvise (1434), Girolamo (1436), Antonio (1440), Giovanni Battista (1441), Domenico (1445) e Bernardino (1449).
Unico maschio della famiglia, il F. venne avviato alla carriera politica, ma le prime tracce della sua presenza nelle magistrature minori della Repubblica si incontrano solo negli anni Quaranta del secolo, quando fu camerlengo a Zara, straordinario dei consoli dei mercanti, e poi signore di notte e uno dei Cinque alla pace; in questo periodo l'unica carica di un certo rilievo fu probabilmente quella di capo dei Quaranta, rivestita nel 1444. Fino alla metà degli anni Sessanta egli non ebbe alcun incarico di una qualche importanza, fatta eccezione per due piccoli reggimenti della Lombardia veneta, quello di Peschiera, nel 1451, e quello di Salò nel 1456, quest'ultimo attribuitogli tra l'altro solo da alcune fonti (Priuli, Relazioni dei rettori, X). Solo a partire dal 1465 la carriera del F. fece un notevole salto qualitativo: senatore, dal novembre 1468 fu più volte consigliere ducale per il sestiere di San Polo e negli intervalli di contumacia da quella carica fu a più riprese savio del Consiglio o savio di Terraferma e due volte avogadore di Comun. In tal modo fu pure membro di diritto del Collegio. Infine, sempre in qualità di consigliere ducale e di avogadore, sedette per lunghi periodi nel Consiglio dei dieci, nel quale ricoprì anche, come membro ordinario, la carica di capo.
Il F. può quindi a buon diritto essere annoverato tra gli elementi di spicco della classe dirigente della Serenissima, come dimostra anche la sua presenza tra gli elettori dei dogi Nicolò Tron (nel 1471), Nicolò Marcello (1473), Pietro Mocenigo (1474) e Andrea Vendramin (1476). D'altronde, benché non raggiungesse mai le massime dignità repubblicane e neppure ricoprisse le cariche più prestigiose e onorifiche, egli operò per circa un quindicennio a stretto contatto con i protagonisti della politica veneziana. Il suo nome si trova, ad esempio, associato in qualità di consigliere ducale, savio o avogadore, a quelli dei futuri dogi Andrea Vendramin e Marco Barbarigo, dei procuratori di S. Marco Bernardo Giustinian, Francesco Venier e Antonio Erizzo, ma anche a quelli non meno importanti di Triadano Gritti, Francesco Sanuto, Vitale Lando e Candiano Bollani, coi quali divise compiti e responsabilità nel corso dei comuni mandati.
L'attività politica del F., così come emerge dagli atti ufficiali, dà il senso di una forte continuità di azione nelle principali questioni che si presentarono alla classe dirigente veneziana nel settimo e ottavo decennio del Quattrocento. Come savio e consigliere egli fu spesso tra gli estensori dei provvedimenti necessari ad affrontare la guerra con il Turco, iniziata da Venezia nel 1463 nel tentativo di assicurarsi il controllo sulla Morea. Le sorti del conflitto, lunghissimo e logorante, volsero presto a sfavore della Repubblica che perdette Negroponte, il suo principale avamposto nell'Egeo; Ottomani si affacciarono sulle rive dell'Adriatico e si spinsero perfino a devastare nel 1479 le campagne friulane, i cui incendi poterono essere scorti dal campanile di S. Marco. Insieme ai suoi colleghi senatori il F. si occupò quindi di fronteggiare questa situazione di emergenza. In qualità di membro più volte confermato delle zonte ad hoc del Consiglio dei dieci il F. dovette anche affrontare il problema di Cipro, dove nel 1473, poco dopo la morte del re, una congiura filoaragonese aveva minacciato la regina, la veneziana Caterina Corner, spingendo la Repubblica a occupare di fatto l'isola, che sarebbe stata formalmente annessa solo nel 1489.
Sullo scacchiere italiano il F. ebbe modo di partecipare alle delicate decisioni che riguardavano i rapporti con gli Stati italiani e in particolare con la corte di Roma. Tra l'altro fu anche presente tra i Dieci, prima come membro di una zonta convocata ad hoc e poi come consigliere ducale quando, tra l'agosto e il novembre 1477, il Consiglio venne investito della richiesta di grazia di Elisabetta Barbo Zen, sorella del defunto papa Paolo II e madre del cardinale G. Battista Zen, che nel 1471 era stata condannata a perpetuo confino a Capodistria dopo la scoperta di un'efficientissima rete spionistica da lei organizzata tra senatori e altri uomini politici, al fine di trasmettere a Roma tutto ciò che si dibatteva nelle più appartate stanze di palazzo ducale. Un'affaire delicatissima per le ripercussioni che poteva avere sia sui rapporti col Papato, sia sulla futura salvaguardia dei segreti di Stato, uno dei pilastri su cui si basava la costituzione stessa della Repubblica.
Il settore in cui fu maggiormente coinvolto e impegnato fu senza dubbio quello del governo delle province da Terra, in particolare nella riorganizzazione del sistema fiscale. In questo senso - dopo il mandato a Salò del 1456 - il F. acquisì indubbia esperienza come provveditore sopra Camere nel 1468, per poi essere impegnato personalmente nel reggimento di una grande e importante provincia tra il 1470 e il 1471, quando fu podestà a Brescia. Rientrato in patria e ridivenuto consigliere ducale, propose subito, nel 1472, una serie di provvedimenti per mettere ordine nelle troppo facili esenzioni fiscali concesse nel Bresciano, che minacciavano di ridurre drasticamente le entrate camerali. E se è vero che egli rifiutò nel dicembre del 1475 la carica di savio all'eredità di Bartolomeo Colleoni, che lo avrebbe costretto a recarsi nel Bergamasco per dirimere tutte le difficili questioni giurisdizionali e finanziarie aperte dalla morte del capitano, ciò accadde probabilmente solo perché il F. preferiva seguire la vicenda dall'aula senatoria, come fece nei mesi successivi.
Egli fu anche tra i protagonisti della vasta e durissima azione di repressione di falsari e "stronzatori" di monete intrapresa dal Consiglio dei dieci: tra il 1473 e 1474 e poi ancora negli anni successivi quando vennero infatti inflitte senza pietà condanne durissime - al rogo ovvero al taglio degli arti e del naso - nel tentativo di arginare questo preoccupante fenomeno.
L'interesse per la Terraferma rimase comunque la principale costante nell'azione del Foscarini. Del resto il suo primo incarico di qualche rilievo dopo l'entrata in Senato, nel giugno 1465 era stato proprio la designazione insieme con altri cinque patrizi a occuparsi della controversia che vedeva contrapposte Vicenza e Padova per questioni di confini. E quattro anni dopo egli aveva proposto con successo - insieme col collega savio di Terraferma F. Sanuto - di mettere fine alle controversie sorte tra nobili e dottori trevigiani aumentando il numero di questi ultimi nel principale organo di governo cittadino, la Provveditoria, negando loro però l'ambita ammissione al grado nobiliare.
Anche in questo frangente il F. dimostrò competenza e conoscenza dei delicati equilibri su cui si reggevano le province suddite. Non per caso dunque l'ultima esperienza della sua carriera politica e della sua vita fu proprio un reggimento in Terraferma: nell'aprile del 1478, infatti, ormai quasi settantenne, partì per Padova per occupare la carica di capitano. Lì si impegnò a fondo nel tentativo di far funzionare al meglio la struttura amministrativa locale e, in particolare, cercò di mettere riparo ai "manchamenta" della Camera fiscale, di sua diretta competenza, chiedendo e ottenendo l'intervento del Senato per obbligare due funzionari della Camera a recarsi a esercitare personalmente gli uffici, e rimuovere invece i loro sostituti, giovani e inesperti, che arrecavano gravi danni all'esazione delle imposte.
Morì tra il 1478 e il 1479, forse ancor prima di aver compiuto il mandato padovano.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Maggior Consiglio, reg. 23 (Regina), cc. 79r, 102v, 123r, 131v, 143r, 157r (22 dic. 1468-27 febbr. 1477); Avogaria di Comun, regg. 162 (Balla d'oro, I), c. 70v (27 nov. 1428); 163 (Balla d'oro, II), cc. 247v (25 sett. 1450), 248r (1° dic. 1452), 248v (27 nov. 1454), 248v (28 nov. 1458); 3653, cc. 54v-74v (gennaio-settembre 1474); Matrimoni patrizi per nomi di donna, p. 118; Consiglio dei Dieci. Misti, regg. 17, cc. 165v, 168v, 169r, 173r, 174r, 176v, 177v, 178v, 180r (10 giugno-30 dic. 1472); 18, cc. 18v, 19-24v, 28r, 29v-35v, 38r, 42r, 44v-45r, 52r, 53r-54v, 56r-57v, 58r-59v, 64r-68v, 71r, 76v-78r, 82v-83r, 86v, 90v, 91v, 98r, 99rv, 105r, 105v, 111v, 118r, 122r, 124rv, 144rv, 147r, 148v, 167v-169r, 169r-170r, 174r, 180v (25 ag. 1473-8 genn. 1477); 19, cc. 4r, 25v, 29r, 31v, 33v, 40r, 43r, 45r (21 marzo 1477-14 genn. 1478); Senato. Secreta, regg. 24, cc. 69r, 69v, 70v, 78r, 81r, 89v, 92v, 117r, 133v (2 ott. 1469-4 sett. 1470); 25, cc. 96v, 106v, 110r, 119r, 122v (28 gennaio-21 apr. 1472); 26, cc. 14rv, 17rv, 18rv, 19r (maggio-giugno 1473); 27, cc. 23rv, 28v, 47r, 75v-76r, 77r-76r, 80v, 85v-86r, 86v-87r, 96rv, 99r, 128r (10 luglio 1475-29 genn. 1477); 28, cc. 4v, 12r, 21r (28 marzo-13 giugno 1477); Senato. Terra, regg. 5, cc. 45v, 51v, 54v (19 dic. 1468-11 apr. 1469); 6, cc. 78v, 85r, 96v, 98v-99r, 114v, 116v, 163v, 165r, 167r, 172v, 174r, 178r, 179v, 182r, 191r, 193v, 195v (8 nov. 1469-30 genn. 1473); 7, cc. 6v, 67v, 76v, 78r, 83v, 85v, 91r, 139v, 152rv, 152v-153r, 169r (11 maggio 1473-27 genn. 1478); 8, cc. 9v (27 maggio 1478); Senato. Mar, reg. 7, c. 48r (11 febbr. 1462); Segretario alle Voci. Misti, regg. 4, cc. 2v (7 apr. 1444), 26r (21 sett. 1442), 44r (30 sett. 1455), 45v (25 luglio 1451), 72r (16 marzo 1451), 79r (18 ott. 1439), 120v (21 genn. 1444); 6, cc. 41v (26 nov. 1467), 50v (12 apr. 1478), 91r (29 sett. 1470); Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi…, III, cc. 523, 527; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Cod.Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio…, II, c. 40v; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno alla vita e alle opere degli scrittori viniziani, Venezia 1752, I, p. 194; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, IV, Venezia 1855, p. 374; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, IV, Podestaria e capitanato di Padova, Milano 1975, p. LIII; X, Provveditorato di Salò, Provveditorato di Peschiera, ibid. 1978, pp. L-XXIII; XI, Podestaria e capitanato di Brescia, ibid. 1978, p. LII; C. Pasero, Il dominio veneto fino all'incendio della loggia (1426-1575), in Storia di Brescia, II, Brescia 1963, p. 170.