FONTANA, Pietro
Primogenito di Giacomo, architetto, e di Elisabetta Crescini, nacque a Bassano del Grappa il 27 marzo 1762 (Bassano, Archivio di S. Maria in colle). La ricostruzione della sua prima formazione artistica poggia sull'autorevole testimonianza del suo conterraneo e biografò G.B. Baseggio (1837), che lo dice circa tredicenne, intorno al 1775, mandato dal padre presso la scuola di Giulio Golini - mediocre pittore riminese allievo a Venezia di G.F. Costa stabilitosi a Bassano intorno al 1770 - ad apprendervi i rudimenti del disegno.
Che gli esitì di questo tirocinio disegnativo fossero prevalentemente orientati ad una pratica propedeutica all'esercizio dell'incisione si ricava dai percorsi paralleli di tanti dei coetanei del F. compagni di studi presso il Golinì - dai fratelli Schiavonetti ai Vendramini, a T. Viero, G. Folo e P. Bonato - che sarebbero in seguito stati tra i più dotati esponenti di quella "diaspora incisoria" che negli ultimi due decenni del Settecento spinse molti artisti bassanesi a diffondere in tutta Europa le modalità tecniche e produttive apprese presso la locale calcografia Remondini, da Roma all'Inghilterra e alla Russia.
A queste iniziali esperienze grafiche il F. volle dar seguito trasferendosi intorno al 1780 a Venezia, per continuare la propria istruzione presso il pittore tiepolesco G.B. Mengardi, di cui risulta condiscepolo assieme con il Folo a partire dall'anno accademico 1780-81. Benché l'attività di questo soggiorno veneziano resti poco documentata, è ancora Baseggio a evidenziare i rapidi progressi alla scuola del Mengardi e la qualità dei primi saggi incisi sotto la sua direzione, alcuni dei quali, sottoposti al giudizio di G. Volpato, ne meritarono non solo le lodi ma l'esplicito invito a recarsi a Roma presso il suo studio. La vicenda artistica del F., infatti, parallela a quella degli altri due incisori del "triunivirato bassanese" G. Folo e P. Bonato, è segnata dal comune alunnato presso la bottega romana del celebre conterraneo G. Volpato.
Negli anni 1783-84 il Volpato compì un viaggio attraverso la Toscana, la Lombardia e il Veneto, dove ebbe come meta la partecipazione alle celebrazioni in occasione della beatificazione della bassanese Giovanna Bonomi (9 giugno 1783); in questo suo ultimo rientro in patria ottenne dal padre del F. il consenso a che il giovane lo raggiungesse al più presto a Roma. Ciò non dovette avvenire in realtà che alla metà del 1785, come si ricava dal carteggio del Volpato al conte Remondini (Bassano, Museo civico, Epist. Remondini, XXIII. 8/6948); agli inizi di luglio il F. risulta essersi unito nella celebre bottega di via Bocca di Leone al Folo, che lo aveva preceduto nel 1781, e a R. Morghen, ormai affermato discepolo e genero del Volpato, cui si sarebbe aggiunto nel 1797 anche il Bonato. All'avanguardia nella formulazione di quelle tipologie grafiche che abbinavano con uso meditatissimo del taglio incrociato l'impiego di acquaiorte e bulino, nella messa a punto di un linguaggio tecnico in grado di esprimere tutte le sfumature della traduzione pittorica, lo studio del Volpato rappresentava al contempo uno degli ambienti di punta del neoclassicismo internazionale in via di affermazione, frequentato tra gli altri da G. Hamilton, Angelica Kauffmann e dal giovane Canova.
I primi lavori eseguiti dal F. sotto la direzione del Volpato riflettono inevitabilmente orientamenti dì gusto e scelte operative, indirizzate largamente, nel corso degli anni Ottanta e Novanta, ad offrire ad un pubblico di intenditori, collezionisti e viaggiatori stranieri riproduzioni dei capolavori della pittura classicista del Seicento italiano. Altre opere nacquero invece dalla partecipazione ad importanti commissioni richieste in particolari occasioni alla bottega del Volpato, all'apice della sua affermazione, come le otto tavole con allegorie e medaglie celebrative incise dal F. per il volume pubblicato nel 1789 a memoria delle solenni esequie celebrate in S. Giacomo a Roma, il 13 dic. 1788, per la morte di Carlo III di Spagna, o il ritratto del pontefice Pio VII, inciso nel 1805 da un dipinto di G.B. Wicar, a ricordo del concordato con Napoleone. Anche le contemporanee vicende politiche finirono naturalmente per riflettersi nella sua produzione dell'ultimo decennio del secolo: ai ritratti di Luigi XVI, di Maria Antonietta e del Delfino, incisi intorno al 1796 da disegni di S. Tofarielli, o a quello di F. Cacault, incaricato di affari francese a Roma, da un disegno di M. Coltellini, fece seguito, intorno al 1798, una serie di testatine calcografiche con emblemi, fregi e vignette relative alla Repubblica Romana per gli atti d'ufficio della Repubblica Cisalpina, da disegnì di G. Cades e P. Lapi. Contemporaneamente, una fiorente attività editoriale non mancava di utilizzare giovani incisori per edizioni illustrate - al F. va ascritta, ad esempio, gran parte delle ventiquattro tavole, incise con Folo e Petrini da disegni di S. Piale e G. Cades, per il Compendio della vita di s. Francesco Saverio di G. Massei, pubblicato a Roma nel 1793 da M. Puccinelli - e per una produzione di soggetti sacri, spesso committenza di prelati spagnoli, come la stampa con S. Caterina Thomas, beatificata nel 1792, da un disegno di Cades e dedicata al cardinale F. de Zelada o il S. Stefano abate, da un'invenzione di B. Salesa, pubblicato negli stessi anni.
Da questo clima culturale scaturì la serie di incisioni da disegni di D. Del Frate con dodici busti di statue antiche conservate in Vaticano e pubblicate dall'editore A. Franzetti (Roma 1794), fra cui l'Apollo del Belvedere, l'Apollo citaredo e le Muse vaticane. Queste erano state precedute dalla collaborazione alle illustrazioni dei volumi III e IV del Museo Pio Clementino di E.Q. Visconti, tra il 1790 e il 1792. Verso la fine del 1793, con la testa colossale di Marco Aurelio eseguita per il principe Borghese, e soprattutto nel 1795-96, con le opere canoviane di Venere e Adone e Amore e Psiche giacenti, la produzione del F. rivela come ormai la scultura, e quella neoclassica in particolare, fosse congeniale alla sua tecnica bulinistica nitida nella grafia e precisa nel tratto. Dalle lettere che regolarmente inviava a Bassano al conte G. Remondini il F. nel 1794 risultava impegnato nel ritratto del procuratore veneziano A. Capello, da un dipinto di M. De Boni, incisione commissionatagli direttamente da Venezia e al cui buon esito il F. sembrò legare le sue possibilità di successo nella capitale lagunare. Alla fine degli anni Novanta la produzione di ispirazione canoviana sì andò rapidamente intensificando, a partire dalla traduzione di un busto dell'artista scolpito da A. D'Este, con cui si apriva il volume di F. Tadini, Le sculture e le pitture di Antonio Canova pubblicate fino a quest'anno 1795 (Venezia 1796), fino all'unica derivazione da una tela canoviana, la Carità, dipinta a Possagno nel 1799, durante il breve rientro in patria dello scultore. Alla stretta collaborazione con il Canova rimase legata la fortuna del F. a partire dal decennio successivo.
Aperto uno studio a Roma, intorno al 1802, anno in cui fu aggregato alla Congregazione dei Virtuosi del Pantheon, di cui nel 1812 sarebbe stato brevemente reggente, il F. affiancò, nel primo decennio del nuovo secolo, alla traduzione scultorea un'intensa attività riproduttiva dai capolavori pittorici prediletti dal gusto classicista: incisioni dal Domenichino, con una Sibilla Cumana del 1797, dal Guercino con la Deposizione, i quattro Evangelisti, un Ecce Homo, e da Reni con Erodiade, S. Giovanni evangelista, un'Addolorata, un Ecce Homo e l'Aurora di palazzo Rospigliosi, in competizione con il celebre bulino del Morghen. Il 4 giugno 1808, in nome della fama acquisita, diventò socio onorario dell'Accademia veneziana; coinvolto fortemente nella traduzione canoviana fu impegnato per tutto il 1809 nella serie di bassorilievi incisi a contorno con storie omeriche ed episodi della vita di Socrate, per cui risultano documentati numerosi pagamenti.
Sostenuto dall'esplicita fiducia dello scultore, questo ruolo non ufficiale di incisore prediletto da Canova si riflette nel numero di rami realizzati per lui, quasi la metà della grande "calcografia canoviana", tanto che alla morte dell'artista il fratellastro, l'abate Sartori, affidò al F. la stesura dell'inventano e la stima, in vista della cessione alla Calcografia camerale.
Dietro sollecitazione del Canova, presidente dell'Accademia di S. Luca, nell'agosto 1810 il F. fu nominato accademico di merito, insieme con il Folo e il Ricciani, col consenso pressoché unanime dei membri votanti. Nel 1813, vedovo di Maria Arena, che aveva sposato intorno al 1797, abitava con i figli in via del Lavatore, nella parrocchia di S. Nicola in Arcione, mentre nel 1820 era censito in via della Fontanella Borghese con la seconda moglie, Cecilia Bianchini.
Intorno alla metà del secondo decennio del secolo, in vista della realizzazione di un volume di accompagnamento all'"omaggio" delle province venete nel 1818 per le quarte nozze dell'imperatore Francesco I d'Austria con Carolina Augusta di Baviera, sempre su suggerimento del Canova, il F. fu coinvolto da L. Cicognara nell'incisione delle opere scultoree realizzate per l'occasione dal Canova, da G. Fabris e da R. Rinaldi.
Nell'ambito di tale progetto, commissionato dall'Accademia veneziana ad artisti veneti attivi a Roma, il F. fu incaricato di realizzare le incisioni a contorno della Musa Polimnia di Canova, su disegno di G. De Min, del rilievo con le Nozze di Alessandro e Rossane, scolpito in un grande vaso da G. Fabris, e del gruppo di R. Rinaldi con Chirone che ammaestra Achille.
Il già maturo F. continuò ad essere impegnato nelle traduzioni canoviane, spesso in competizione col Folo, come nelle due diverse riprese dell'Ercole e Lica, eseguite separatamente dai due incisori. Dopo la morte di Canova, dalla metà degli anni Venti la sua attività grafica subì una rapida flessione, anche per un diverso gusto che si andava affermando. Intorno al 1827 vanno datati quattro piccoli ritratti, uniche prove dell'artista nella nuova tecnica litografica, cui seguirono una serie di soggetti incisi per la Calcografia camerale da dipinti di V. Camuccini su disegni di G.B. Borani, tra cui La morte di Cesare, Lucrezia, Pompeo riceve il comando e il Convito degli dei. Negli anni estremi, agli inizi del quarto decennio, oltre a cimentarsi con la scultura di B. Torwaldsen con gli apostoli Giacomo e Tommaso, il F. ritornò a tradurre capolavori del Rinascimento, tra cui la Fornarina da Raffaello.
Nel 1834 fu aggregato dal nuovo tesoriere generale mons. L. Tosti alla commissione artistica della Calcografia camerale, come consulente nella scelta dei soggetti da incidere e nella assegnazione dei lavori ai diversi artisti; all'attività di questo istituto restano legate le sue ultime opere documentate, tra cui quattro incisioni da statue antiche per il secondo volume de Il Museo Chiaramonti aggiunto al Pio Clementino..., pubblicato a Roma nel 1837.
Morì a Roma il 27 sett. 1837.
Entrambi i figli maschi del F. seguirono gli insegnamenti paterni, mentre la figlia Elisabetta sposò l'incisore romano Ignazio Pavon. Il primogenito Francesco, nato nel 1797, cominciò a collaborare col padre intorno alla metà degli anni Venti dell'Ottocento. Di lui si conoscono un'incisione dalla Madonna della seggiola di Raffaello, un Ritratto di Gregotio XVI, una Vergine dal Guercino e alcuni disegni preparatori per altre incisioni, a prevalente soggetto topografico e scenografico. Ia sua carriera terminò con la morte prematura nel 1833.
Meglio documentata resta l'attività calcografica del figlio Giacomo, nato nel 1807, che ebbe una formazione da disegnatore architettonico e che predilesse, anche nell'incisione, temi topografici e di ornato. In questa direzione si orienta infatti la maggior parte della sua produzione incisoria di cui restano i rami presso la Calcografia nazionale, come i Lacunari delle terze loggie al Vaticano, gli Ornati del palazzo di villa Madama, gli Ornati delle stanze vaticane e le Scenografie dei più celebri monumenti sacri e profani, antichi e moderni di Roma e adiacenze (1864). La sua attività per la Calcografia camerale è documentata dalla metà del quarto decennio dai verbali della commissione artistica dell'istituto, con l'assegnazione a Giacomo di alcuni disegni e delle relative incisioni, tra cui un rame con il Mosaico pavimentale nel Museo Chiaramonti, nel 1838, una Veduta del sotterraneo di S. Martino ai Monti e il Battistero della basilica lateranense, nel 1840. Più interessante resta tuttavia la produzione disegnativa, di cui la Calcografia nazionale conserva quarantasei grandi fogli acquerellati (Miraglia, 1995, nn. 630-675), in gran parte con interni di chiese romane e relativi alle tavole della Raccolta delle migliori chiese di Roma e suburbane espresse in tavole disegnate ed incise da Giacomo F. e corredate di alcuni cenni istorici e descrittivi, pubblicata in quattro volumi tra il 1833 e il 1855. Nel 1850 era uscita presso S. Antonelli la Nuova raccolta di 50 principali vedute di Roma e suoi contorni, cui fecero seguito, nel 1864, le dieci tavole dell'Altare della confessiane e nuova cripta di S. Maria Maggiore. Nel 1870 pubblicò il volume in folio con i Mosaici della primitiva epoca delle chiese di Roma ... ; una raccolta di trenta tavole con La nuova basilica di S. Paolo descritta ed illustrata uscì alla fine dell'ottavo decennio, al termine della sua intensa carriera artistica iniziata nel 1830, come documentano alcuni acquerelli inediti conservati presso il British Museum con palazzi e vedute di Roma, firmati e datati, ed esplicitamente dichiarati essere i primi dell'artista. Morì a Roma nel 1880.
Fonti e Bibl.: Bassano del Grappa, Biblioteca del Museo civico, Epist. Remondini, X. 3, XXIV. 14; Ibid., Epist. Trivellini, XI. 39; Ibid., Epist. Gamba, XV. E. 12; Possagno, Lascito Fondaz. Canova, busta 9: Fontana; Roma, Arch. stor. dell'Accad. naz. di San Luca, Misc. Congr. I, fascc. 2, 5, 8, 15, 16, 20, 45, 70-78, 95-118; II, fascc. 10, 18, 25, 58, 67, 70, 80-95; La solenne apertura delle scuole di belle arti celebrata sul Campidoglio..., Roma 1812, p. 43; J. Heller, Praktisches Handbuch für Kupfersticiisaminler..., I, Bamberg 1823, p. 186; La distribuzione dei premi solennizzata sul Campidoglio li 5 ottobre 1824…, Roma s.d. (ma 1824), p. 51; G. Brancadoro, Notizie riguardanti le accademie di belle arti, e di archeologia esistenti in Roma, Roma 1834, p. 70; Distribuzione de' premi del concorso di Carlo Pio Balestra celebrata sul Campidoglio... dall'insigne e pontificia Accademia romana di S. Luca, Roma 1834, p. 56; Distribuzione de' premi del concorso clementino celebrata sul Campidoglio il di 24 di aprile 1836, Roma 1836, p. 39; G.B. Baseggio, in Biografie d'Italiani illustri, a cura di E. De Tipaldo, V, Venezia 1837, pp. 449-451; Roma, Istituto naz. per la grafica, Arch. stor. della Calcografia, Adunanze Commissione artistica, Verbali, 1838-1840, Ibid., Archivio Contratti, b. 8 nn. 38, 43-44; b. 9 nn. 69, 99; b. 10 nn. 11, 145; b. iI nn. 204, 214, 228, 233, 243, 309; b. 33 nn. 21, 42, 46; b. 34 n. 65 (per Giacomo); Statuto della ... Congregazione de' virtuosi al Pantheon, Roma 1839, p. 53; J. Heller, Prakisches Handbuch für Kupferstichsammier..., Leipzig 1850, pp. 233 s.; Ch. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, II, Paris 1856, p. 224; A. Andresen, Handbuch für Kupferstichsammier…, I, Leipzig 1870, p. 488; Annuario biografico univ. compilato sotto la direzione del prof. A. Brunialti, Torino 1885, p. 231 (per Giacomo); Un'amicizia di A. Canova. Lettere di lui al conte Leopoldo Cicognara..., Città di Castello 1890, pp. 96, 107, 110, 116-118, 128, 133-138, 140, 148, 155; E. Ovidi, La Calcografia romana e l'arte dell'incisione in Italia, Roma-Milano 1905, pp. 50 s., 58; p. 73 (per Giacomo); P. Arrigoni - A. Bertarelli, Le stampe storiche conservate nella raccolta del Castello Sforzesco. Catalogo descrittivo, Milano 1932, nn. 1791, 2097, 2326, 6022; 4195 (per Giacomo); C.A. Petrucci, Catalogo generale delle stampe tratte dai rami incisi posseduti dallaRegia Calcografia di Roma, Roma 1934, ad Indicem; P. Arrigoni - A. Bertarelli, Piante e vedute di Roma, e del Lazio conservate nella Raccolta delle stampe e dei disegni, Milano 1939, nn. 36, 980, 1075, 1181, 1184, 1268, 3846-3847 (per Giacomo); C.A. Petrucci, Mostra delle incisioni da A. Canova, Roma 1957, nn. 134-161; C.G. Bulgari, Argentieri, gemmari e orafi d'Italia, I, Roma 1958, p. 451; A. Tasca, P. F. incisore bassanese, tesi di laurea, Facoltà di Magistero, Univ. di Padova, a.a. 1970-71; L'arte di presentarsi. Il biglietto da visita a Roma nel Settecento (catal.), Roma 1985, nn. 255-258; Raphaél Invenit... (catal.), a cura di G. Bemini Pezzini - S. Massarì - S. Prosperi Valenti Rodinò, Roma 1985, pp. 36-37, 129, 231, 869; G. Reni und der Reproduktionsstich (catal.), a cura di V. Birke, Wien 1988, nn. 51, 62; G. Marini, G. Volpato ... (catal.), Bassano del Grappa 1988, pp. 15, 18; Remondini. Un editore del Settecento (catal.), a cura di M. Infelise - P. Marini, Milano 1990, pp. 33, 54, 266, 269-270; La Sistina riprodotta ... (catal.), a cura di A. Moltedo, Roma 1991, pp. 219, 315 (per Giacomo); Canova e l'incisione (catal.), a cura di G. Pezzini Bemini - F. Fiorani, Bassano 1993, pp. 15-18, 31-35 e passim; A.M. Sorge - M. Tosti Croce, L'Archivio storico dell'Istituto nazionale per la grafica. Calcografia (1826-1945) - Inventario, Roma 1994, ad Indicem; H. Honour, Canova and his Printmakers, in Print Quarterly, XII (1995), 3, pp. 262-263, 27; M. Miraglia, I disegni della Calcografla 1785-1910, I, Roma 1995, ad Indicem; Il Guercino. Le stampe della l'inacoteca civica di Cento, a cura di F. Gozzi, Cento 1996, pp. 152-153, nn. 164-166; M. Mussini, Correggio tradotto..., Milano 1996, pp. 155-156, nn. 225-226; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 185; L. Servolini, Diz. illustrato degli incisori ital. moderni e contemp., Milano 1955, pp. 334-337 (anche per Giacomo).