FOLLERIO (Falliero, Follero, Follien, Folliero), Pietro
Nacque nel feudo di Sanseverino, presso Salerno, intorno alla seconda decade del sec. XVI da Antonio, dottore in legge. Ebbe due fratelli, Lucio e Lorenzo, anch'essi dottori in legge. Trascorse gli anni dell'adolescenza a Napoli presso lo zio Leone, giudice della Vicaria e professore di diritto civile e canonico a Napoli, che lo introdusse negli ambienti dell'aristocrazia togata.
Dopo essersi addottorato in utroque iniziò, alla fine degli anni Quaranta, la carriera di funzionario del principe di Sanseverino come uditore ed in tale veste compose un'allegazione in suo favore contro il duca di Nocera, ottenendone conferma presso la Gran Corte criminale. Nello stesso periodo fu accusato di violazione dell'immunità ecclesiastica per aver catturato un prete, benché questi si fosse rifugiato in un convento dei dintorni, e fu imprigionato per sei mesi. Con l'esilio in Francia di F. Sanseverino nel 1552, il feudo entrò a far parte del Demanio regio e il F., per ottenere protezione, si dichiarò suddito fedele di Carlo V. Fra il 1553 ed il 1554 svolse un'intensa attività interpretativa sulle recenti prammatiche, dove, ispirandosi alla dottrina tomistica, esaltò la potestà regia e la sua origine divina.
Il 13 dic. 1553 portò a termine la Practica criminalis. L'opera, che conobbe una grande diffusione fin dalla prima edizione del 1554, era strutturata in forma dialogica tra un inquisitus, uno iudex ed il Fiscus, impersonati rispettivamente da Alberto da Gandino, A. Gambiglioni ed il F. stesso, e proponeva una razionale divisione in sette parti della materia processuale e criminale. Straordinaria fortuna ebbe la seconda parte, de modo procedendi in criminalibus, tanto che nel 1566 F. Vivio la riteneva ormai communis opinio. L'interpretazione del crimen laesae maiestatis valse al F. l'amicizia di G. Giganti, autore del più celebre trattato in materia. In appendice all'opera il F. aggiunse brevi commenti a talune modifiche sopravvenute nella legislazione criminale tra il 1553 ed il 1554.
Nel corso del 1554 il reggente della R. Cancelleria F.A. Villani gli assegnò l'incarico di commentare la prammatica de abolitionibus, con cui il luogotenente card. P. Pacheco concedeva l'indulto, e G. Seripando, appena eletto arcivescovo di Salerno, gli fece assumere la carica di uditore presso la curia arcivescovile.
L'intesa con il Seripando influì in modo decisivo sugli sviluppi del suo pensiero: è certo da ascrivere ai rapporti con questo agostiniano, di formazione scolastica e di tendenze neoplatoniche, l'indirizzo più incisivamente teoretico impresso dal F. alle opere giuridiche successive ed ispirato ad una sorta di sincretismo fra i due sistemi dottrinali. Una summa delle sue idee si può considerare la Praxis censualis, iniziata nel 1555, completata l'anno successivo e pubblicata a Venezia nel 1559 (nel relativo contratto di edizione viene ricordato un lavoro del F., Dialogus de viris illustribus Anxiani, di cui si è persa traccia). L'opera fu interrotta poichè il F. fu nominato governatore del Vasto dalla marchesa d'Avalos, feudataria di quelle terre, reggente del territorio di Sanseverino nello stesso periodo, ed è forse per tale motivo che l'ampia introduzione sembra prevalere sul tema del trattato. Qui il F. intese attribuire un ruolo eminente ai principi etici nell'esercizio della funzione politica e giudiziaria; l'edizione ficiniana del corpus platonico e la Secunda secundae della Summa aquinate sono utilizzate per introdurre temi quali l'essenza del potere sovrano e della potestà legislativa, la necessità del controllo equitativo sull'ermeneutica legale e sulla prassi giudiziale, l'essenza dell'amore (sacro e profano), la natura degli angeli e delle comete.
Il 20 genn. 1557 portò a compimento la Canonica criminalis praxis, data alle stampe nel 1561. Sembra che fosse il Seripando ad indurlo all'opera e di fatto appare un omaggio all'arcivescovo il prologo che ribadisce il primato della morale in politica secondo le ampie citazioni dal Platone di M. Ficino. Un'esposizione sistematica della procedura criminale canonistica era del resto coerente con il progetto del Seripando di rinnovare le consuetudini della Chiesa salemitana per porre freno all'eccessiva autonomia di cui godevano i maestri di frateria in seno al capitolo.
Tornato ad occupare la carica di uditore presso la curia, il F. fu invitato dall'arcivescovo a mediare tra curia e capitolo nel tentativo di sedare i conflitti, divenuti più accesi, tra gli Ordini religiosi. L'adunanza del 14ott. 1559 sancì tuttavia il fallimento della sua iniziativa. Il sodalizio con il Seripando proseguì sino al febbraio 1561 allorché questi, eletto cardinale, raggiunse Trento come legato del concilio. Il 3 apr. 1561, quando il Seripando era al culmine del potere, il card. G. Ruscelli in una lettera a Filippo II indicava il F. come uno degli studiosi tra i quali scegliere l'eventuale cronista ufficiale della Monarchia.
Nel novembre 1561 il F. iniziò un ampio commento alle prammatiche del Regno e, svolgendo un progetto appena delineato nel frammenti del 1554. le disponeva secondo l'ordine del codice giustinianeo. L'opera, dedicata a D. de Vargas, membro del S. Consiglio d'Italia e segretario di Filippo II, fu compiuta il 15 genn. 1567 e pubblicata l'anno successivo con un indice di G.B. Ziletti. Nel frattempo il F. svolse a Salerno l'attività di consulente del foro civile ed ecclesiastico e mise a punto una nuova edizione della Practica (1563). L'opera fu pubblicata solo nel 1575 in base ad un privilegio di Filippo II, che ne vietava la stampa per un decennio su richiesta del F. stesso.
Tra l'ottobre 1565 ed il 1567 fu uditore del Principato Citra e della Basilicata; allo scadere del biennio ritornò a Salerno, ma intensificò i rapporti con i magistrati napoletani impegnati a salvaguardare le prerogative del regio patronato contro le pretese pontificie circa l'applicazione dei canoni tridentini. Nel 1573, quando F. Alciati fu inviato a Napoli da Gregorio XIII per dirimere i nuovi conflitti giurisdizionali sorti quell'anno nel Regno, il F. incontrò il cardinale, noto per la sua intransigenza politico-religiosa. Nel clima di dialogo instaurato da Gregorio XIII nei rapporti con la Monarchia, il F. dovette apparire come un esponente del ceto togato fedele alla Corona, ma privo di punte giurisdizionaliste, competente per la sua trascorsa attività giusdicente presso la curia salernitana, che aveva ben assimilato la lezione di equilibrio impartitagli dal Seripando. Il F. si recò pertanto a Roma, dove, il 14 ag. 1574, ultimò una Praxis de conservatione status regalis con una dedica al sovrano spagnolo.
Non è chiaro il motivo per cui lo scritto rimase inedito ed entrò a far parte del patrimonio dei bibliofilo veneto M.L. Canonici e perché inedite rimasero altre due opere composte durante il soggiorno romano. I manoscritti, autografi, provengono entrambi dalla biblioteca del duca G.A. Altemps, che, com'è noto, aveva acquisito quella del Sirleto. Il primo Aphorismi Hippocratis ad salutem animae conversi, dedicato al card. Alciati (è probabile che il Sirleto sia stato il tramite tra il F. e quest'ultimo), appare una rielaborazione, in chiave unicamente filosofica, delle sue concezioni neoplatoniche. L'altro, Epitome seu Repertorium regularum Iserniae, è un'epitome dell'opera di Andrea d'Isernia che, disposta in 4 parti, include alcune Regulae elaborate sul pensiero del feudista in forma di indice ragionato ed un compendio delle sue decisioni in materia criminale, civile, canonistica, feudale con ampio riferimento a M. d'Afflitto, P. Del Pozzo, T. Grammatico, M. Freccia. Lo scritto si colloca nel solco della tradizione giuridica napoletana di compendiare e parafrasare l'opera dell'antico maestro per una sentita esigenza del foro (Cortese).
Il soggiorno dei F. a Roma si protrasse almeno fino al 1577, anno in cui apparve un suo saggio sulle misure profilattiche della peste nel territorio cittadino, Apparatus ad instructiones urbanas, et Regias pro custodia pestis. Nel 1580 era di nuovo nel Regno e ritornava alla sua attività consulente, mentre quella scientifica poteva dirsi conclusa. L'ultimo documento che lo riguarda è una controversa allegazione del 1° luglio 1586 presso il Sacro Regio Consiglio in difesa di una sentenza della Vicaria.
Si ignora la data della morte, da collocare comunque prima del 1590, anno in cui S. Rovito diede alle stampe la prima raccolta di prammatiche.
Opere inedite: Bibl. apost. Vaticana, ms. Ottob. lat. 1162: Aphorismi Hippocratis ad salutem animae conversi, ff. 1-201; Ibid., ms. Ottob. lat. 2311: Epitome seu Repertorium regularum Iserniae, ff. 1-380; Londra, British Library, Add. mms. 10729: Praxis de conservatione status regalis..., ff. 1-495. Opere edite: Commentaria ... in tribus pragmaticis Regni de ictu balistae, duello et de sodomia, Neapoli 1553 (l'opera fu inserita in S. Rovito, Pragmaticarum Regni Neapolis commentaria, Venetiis 1590, pp. 91-110); Commentaria ... ad intelligentiam novellae pragmaticae ... de contumacibus..., Neapoli 1553; Practica criminalis dialogice contexta, Neapoli 1554 (riedita con lo stesso titolo Lugduni 1556; Venetiis 1558 e ibid. 1568, e con il titolo Practica criminalis dialogica noviter illustrata et plurimum aucta ab eodem auctore, Venetiis 1575; poi, ibid. 1587, con note di F. Monaco del Vasto); Additiones a R. Maranta, Speculum aureum..., Neapoli 1557 (Lugduni 1573, con altre due distinctiones); Praxis censualis super pragmatica de censibus, Venetiis 1559 (fu inserita nel Tractatus universi iuris, VI, 2, Venetiis 1584, ff. 117v-162r, con il titolo De contractibus censuariis); Canonica criminalis praxis, Venetiis 1561 (poi ibid. 1583, con note di F. Monaco del Vasto); Commentaria primae partis super constitutionibus capitulis, pragmaticiset ritibus Regni, Venetiis 1568; Consilia in G.B. Ziletti, Consiliorum seu responsorum..., Venetiis 1572, 1, pp. 173-178; II, pp. 122-127; Apparatus ad instructiones urbanas, et regias pro custodia pestis, Romae 1577; Ritus archiepiscopales curiae Salernitanae, Neapoli 1580; Commentaria ad pragmaticam fin. de administratione Universitatum, in S. Rovito, Pragmaticarum Regni..., cit., p. 120; Commentaria ad pragmaticamI de abolitionibus, e Allegat. ad pragmaticam I de syndicatu officialium, in S. Rovito, In singulas Regni Neapoli pragmaticas..., Venetiis 1600, pp. 6-702.
Fonti e Bibl.: F. Monteleone, Praxis et sollemnia commentaria..., Venetiis 1560, cc. n.n.; F. Vivio, Communium opinionum doctorum utriusque censurae, Venetiis 1566, p. 23; G.B. Ziletti, Index librorum..., Venetiis 1566, cc. 8v, 13v; G. Ruscelli, Delle lettere di Principi..., Venezia 1581, III, p. 219; N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 246; L. Nicodemi, Addizioni..., Napoli 1683, p. 201; S. Cristofaro, Istoria genealogica della famiglia Fuiro detta volgarmente Folliero, Napoli 1746, pp. 33 ss.; B. Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1746-55, 111, 2, p. 25; VI, 2, p. 194; L.A. Muratori, Raccolta delle vite e famiglie degli uomini illustri del Regno di Napoli, Milano 1755, p. 279; L. Giustiniani, Memorie istoriche..., Napoli 1787, p. 25; D. Romanelli, Scoverte patrie…, Napoli 1805, p. 305; C. Minieri Riccio, Biblioteca storico-topografica degli Abruzzi, Napoli 1862, I, pp. 195, 378; E. Ricca, La nobiltà delle due Sicilie, Napoli 1862, 11, 1, p. 55; B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle Province meridionali d'Italia, Napoli 1875, 11, p. 26; E. Cannavale, Lo Studio di Napoli nel Rinascimento, Napoli 1895, p. 82; E. Pescione, Corti di giustizia nell'Italia meridionale, Milano-Roma-Napoli 1924, pp. 37, 167; G. Salvioli, Storia della procedura civile e criminale, in Storia del diritto ital., a cura di P. Dei Giudice, III, 2, Milano 1927, cap. IX, passim; P. Fiorelli, La tortura giudiziaria nel diritto comune, Milano 1953-54, ad Indicem; F.E. De Tejada, Napoles hispanico, Madrid 1958, II, pp. 283 ss.; A. Balducci, G. Seripando arcivescovo di Salerno, Cava dei Tirreni 1963, pp. 75, 108; F. Nicolini, Saggio di un repertorio bio-bibliografico..., Napoli 1966, p. 195; M. Sbriccoli, Crimen laesae maiestatis, Milano 1974, passim; G. Alessi Palazzolo, Prova legale e pena, Napoli 1979, passim; P.L. Rovito, Respublica dei togati, Napoli 1981, pp. 257, 429; A. Cemigliaro, Sovranità e feudo nel Regno di Napoli, Napoli 1983, passim; E. Cortese, Sulla scienza giuridica a Napoli tra Quattro e Cinquecento, in Scuole, diritto e società nel Mezzogiorno medievale d'Italia, a cura di M. Bellomo, I, Catania 1985, pp. 133 s.; A. Cemigliaro, Giurisdizione baronale..., in Arch. stor. per le prov. napoletane, CIV (1986), pp. 197-241; G. Intorcia, Magistrature del Regno dì Napoli, Napoli 1987, p. 311; P.O. Kristelier, Iter Italicum, IV, p. 90.