FERRERO, Pietro
Nacque a Grugliasco, in provincia di Torino, il 12 maggio 1892, da Giuseppe e da Carlotta Carolina Scarafia.
Nel 1913 la morte del padre, operaio e fondatore della cooperativa lime, fece ricadere sul giovane F., che era il maggiore dei quattro figli, la responsabilità della famiglia. Iniziò a lavorare come pavimentatore presso la ditta Grabbi di Torino, ma ciò non gli impedì di continuare a dedicare parte del suo tempo alla lettura e all'approfondimento. Il F., che aveva potuto frequentare soltanto pochi anni di scuola, riuscì in tal modo a formarsi una buona cultura da autodidatta.
Di spiccate simpatie libertarie, il F. fu tra i primi aderenti al Circolo di studi sociali, sorto nel febbraio 1905 alla "barriera" di Milano con lo scopo di lottare contro il riformismo. Nel 1911 il circolo si trasformò in Scuola moderna, ispirata alla "Escuela moderna" del pedagogista spagnolo Francisco Ferrer, e il F. ne divenne segretario, prodigandosi per la diffusione della cultura nei quartieri operai. Da allora il F. fu partecipe di tutte le più importanti iniziative sviluppate dal movimento anarchico e lo ritroviamo tra gli aderenti al sindacato metallurgico, sorto nel 1911 in opposizione alla linea riformista della Federazione italiana operai metallurgici (FIOM). Ma dopo che l'esito negativo dello sciopero dei lavoratori dell'automobile, nell'inverno 1911- 1912, rese evidenti le disastrose conseguenze della scissione, il F. fu, insieme con M. Garino, fautore, in seno al fascio libertario torinese, del ritorno alla FIOM in nome dell'unità sindacale proletaria.
A differenza di altri suoi compagni di fede il F. riuscì a stabilire un dialogo, sia pure assai difficile e animato, con i giovani socialisti, contribuendo insieme con essi a conferire un'impronta più marcatamente classista al movimento operaio torinese. La strategia unitaria si rivelò pagante anche dal punto di vista organizzativo, dal momento che gli iscritti alla sezione FIOM di Torino passarono dai 1.759 del primo trimestre del 1913 a 3.125 del secondo semestre.
Dal 1915 e per tutta la durata della prima guerra mondiale il F. lavorò come operaio militarizzato presso l'arsenale di Torino, svolgendo un'attiva propaganda contro la partecipazione dei lavoratori ai Comitati di mobilitazione industriale. Nel 1918 il F. venne assunto come meccanico alla FIAT, ma restò in produzione per poco tempo: nel 1919 fu infatti eletto segretario della sezione torinese della FIOM dall'assemblea dei commissari di reparto, a sua volta espressione di elezioni dirette da parte della totalità della maestranze.
La nomina del F. era quindi un segno tangibile della crescente influenza delle correnti rivoluzionarie in seno all'organizzazione dei metallurgici torinesi, in stridente contrasto con l'orientamento riformista che caratterizzava la FIOM nazionale, guidata da B. Buozzi.
Il F., che dal 1919 cominciò a collaborare con l'Ordine nuovo. divenne uno dei più fieri antagonisti di Buozzi e tutti i congressi della FIOM, che si svolsero tra il 1920 e il 1922, lo videro primo firmatario degli ordini del giorno di opposizione all'indirizzo federale. Il F. ebbe parte di rilievo nella costituzione delle commissioni interne, nella nascita e nello sviluppo dei consigli di fabbrica e nella grande mobilitazione del 3 dic. igig, che rivelò tutta la forza assunta dal movimento operaio torinese. Il 27 marzo 1920 il F. redasse insieme con Garino il manifesto Per il congresso dei consigli,vera e propria piattaforma alternativa alla politica sindacale della FIOM.
Il mese successivo ci fu il cosiddetto "sciopero delle lancette", che da un lato evidenziò la combattività del movimento consiliare e dall'altro il suo isolamento dalle centrali sindacali. Ed infatti i principî ispiratori e la conduzione di quello sciopero vennero vivacemente contestati al F. e alla sezione torinese in occasione del convegno nazionale della FIOM, svoltosi a Genova dal 20 al 24 maggio 1920.
Accusati di voler subordinare il sindacato ai consigli, considerati dalla maggioranza "organi incompetenti e prigionieri degli egoismi d'officina", i torinesi respinsero per bocca del F. il sospetto di voler esautorare la FIOM (La Fiom dalle origini...,p. 588). La polemica tra il centro federale e la riottosa sezione di Torino proseguì e il F. accusò i dirigenti nazionali di non impegnarsi abbastanza per imporre la cessazione di tutta la lavorazione bellica.
Nel settembre del 1920 il F. fu tra gli animatori del movimento di occupazione delle fabbriche, recandosi continuamente nei vari stabilimenti per mantenere i contatti con gli operai armati. Fautore di una linea intransigente, il F. rifiutava ogni soluzione di compromesso e si oppose quindi alla decisione di sgomberare le fabbriche in seguito all'accordo tra il segretario della Confederazione generale del lavoro, L. D'Aragona, e il capo del governo, G. Giolitti. Al congresso nazionale della FIOM, convocato a Milano dal 16 al 21 settembre per ratificare quell'accordo, il F. si battè strenuamente ma invano contro la cessazione del movimento.
Al congresso nazionale straordinario della FIOM, tenutosi a Roma dal 2 al 4 ott. 1921, il F. sollecitò una nuova ondata di agitazioni per ottenere la liberazione di quanti si trovavano ancora in carcere per reati commessi durante l'occupazione del 1920. Al successivo congresso (Genova, 16-18 giugno 1922), grazie all'accresciuto peso dei comunisti, le posizioni dei torinesi guadagnarono ben più ampi consensi, ma non riuscirono comunque ad ottenere la maggioranza.
Intanto il fascismo conquistava il potere e a Torino la situazione diveniva più che mai incandescente: ai primi di dicembre, dopo il ferimento di due fascisti, scattò la rappresaglia delle squadre di P. Brandimarte che provocò numerose vittime e la devastazione delle sedi operaie. La sera del 18 dic. 1922, mentre si trovava davanti alla Camera del lavoro, appena assalita dai fascisti, il F. venne da questi riconosciuto e catturato.
Il F. subì atroci sevizie, venne appeso per i piedi a un camion e trascinato, presumibilmente ancora vivo, lungo il selciato di corso Vittorio Emanuele. Il suo cadavere irriconoscibile (venne identificato da un documento che aveva indosso) fu trovato ai piedi della statua di Vittorio Emanuele II.
Fonti e Bibl.: M. Montagnana, Ricordi di un operaio torinese, I, Sotto la guida di Gramsci, Roma 1949,pp. 178, 231, 233 s.;P. C.Masini, Anarchici e comunisti nel movimento dei Consigli a Torino, Torino 1951,pp. 12, 17;P.Spriano, Torino operaia nella grande guerra (1914-1918), Torino 1960, ad Indicem; Dall'antifascismo alla Resistenza. Trent'anni di storia italiana (1915-1945), Lezioni con testimonianze presentate da F. Antonicelli,Torino 1961, pp. 55 s., 60;R. De Felice, I fatti di Torino del dicembre 1922, in Studi storici, IV (1963),1, pp. 69, 97; P. Spriano, L'occupazione delle fabbriche, Torino 1964, ad Indicem; M. Abrate, La lotta sindacale nella industrializzazione in Italia 1906-1926,Torino 1967, ad Indicem; P.Spriano, Storia del Partito comunista italiano, I, Da Bordiga a Gramsci, Torino 1967, ad Indicem; Id., Storia di Torino operaia e socialista. Da De Amicis a Gramsci,Torino 1972, ad Indicem; F. Repaci, La strage di Torino, 1922-1924, Torino 1972, pp. 27-30;G. Carcano, Strage a Torino,Milano 1973, ad Indicem; La Fiom dalle origini al fascismo 1901-1924, a cura di M. Antonioli - B. Bezza, Bari 1978, ad Indicem; Storia del movimento operaio, del socialismo e delle lotte sociali in Piemonte, diretta da A. Agosti - G. M. Bravo, Bari 1981, ad Indices; Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza, II, ad vocem; Il movimento operaio italiano. Diz. biogr.,a cura di F. Andreucci - T. Detti, II, ad vocem.