FEA, Pietro
Nacque a Casale Monferrato (od. provincia di Alessandria) il 7 ag. 1771 da Vincenzo e Ludovica Mazzola. I genitori, modesti mercanti, morirono giovani e il F. fu affidato a una zia, che lo avviò allo studio delle lettere e della mercatura. Spinto dalla vocazione per l'arte, fuggì di casa; dopo varie vicissitudini venne a contatto con i Galliari, pittori di prospettiva impegnati alla corte torinese, che lo presero a benvolere, tanto che nel 1798 Giovanni Galliari lo volle accanto a sé per la decorazione del teatro Regio di Torino. Nella città il F., che fu anche allievo di L. Pécheux, venne a contatto con una cultura in fermento, tra sussulti ancora rococò e compostezza neoclassica.
Nel 1805, in occasione della visita di Napoleone a Torino, fu incaricato, insieme con gli scenografi Giacomo e Gaetano Vigna, di ornare l'arco trionfale posto nei pressi di porta Nuova: l'apparato effimero era stato progettato dall'architetto F. Bonsignore e le decorazioni pittoriche mostravano figure allegoriche in esaltazione dell'imperatore. Nel 1803 era stato nominato professore di disegno presso la scuola comunale di Chieri (Torino) e nel 1810 divenne membro dell'Accademia degli Irrequieti della stessa cittadina. Quando la scuola si chiuse, nel 1814 o 1815, il F. si trasferì definitivamente a Torino, dove iniziò una brillante carriera al servizio della famiglia reale. Già nel 1810 aveva affrescato su ordine di Prospero Balbo la galleria del Museo di storia naturale, presso l'Accademia delle scienze di Torino, con un busto di Linneo in chiaroscuro, tanto realistico da sembrare un busto di marmo, e raffigurazioni, sempre in chiaroscuro, di animali, uccelli, pesci, conchiglie, rettili: l'insieme, oggi scomparso, fu assai apprezzato per l'aderenza alla realtà e la correttezza forniale (cfr. la dettagliata descrizione in Le Courrier de Turin, agosto 1810, riportata in Schede Vesme, p. 463).
Nel 1819 era impegnato nei lavori voluti da Carlo Felice a Govone: al 12 maggio risale un pagamento di L. 1.500 per il F. e C. Pagani, pittori "in abbuonconto della loro opera costà". Ben presto il F. abbandonò questi lavori per un'impresa di maggior prestigio in palazzo reale. Vittorio Emanuele I aveva fatto ricostruire da C. Randoni una parte del palazzo, precedentemente demolita, per adibirla a sala da ballo, in vista del matrimonio della principessa Maria Teresa con il duca di Lucca Carlo Ludovico: il F., nell'affresco sul soffitto, rappresentò Giunone, Venere, Apollo, Amore, Imene con le muse e, nel fregio, putti che sostenevano gli stemmi della casa reale (Rovere, 1858). Di questa decorazione oggi non resta più nulla perché la sala è stata poi inglobata nell'Armeria reale.
L'anno successivo, 1820, in occasione del compleanno del re si volle celebrare anche il centenario della fondazione dell'università torinese: fu allestita una pubblica esposizione con opere d'arte antiche e contemporanee e prodotti dell'industria. Il F. non solo espose due opere (Orazio al ponte, acquarello su carta, e Rovine della chiesa di S. Andrea di Chieri, guazzo su tela di proprietà dell'autore, rispettivamente nn. 67 e 68 del catal., 1820), ma decorò "la cappella ridotta in grande e spendidid'aula, colorita tutta, e con fregi, ed emblemi adatti alla circostanza" (G. Gazzera, Intorno alle opere... esposte nel palazzo della R. Università l'estate del MDCCCXX. Lettera... al conte Giuseppe Franchi di Pont, Torino 1821, p. 7).
Nel novembre del 1822 fu richiesto al F. un preventivo per la decorazione della volta dello scalone del palazzo comunale torinese. Il progetto fu approvato nella primavera dell'anno successivo e il F., pagato con L. 4.900, realizzò l'affresco nell'autunno. Dalle fonti dell'Archivio comunale risulta che nel dicembre 1823 fu deliberato di donargli una medaglia d'argento come segno di apprezzamento del lavoro eseguito (Sciolla, 1987, II, p. 178).
Nel 1824il F. fece stampare un opuscolo con quattro litografie a spiegazione del suo operato e come ringraziamento del premio (Cravero, 1964, ne cita qualche brano): "le pareti erano decorate a bugne, al di sopra riquadri con armi e figure allegoriche a imitazione dei bassorilievi antichi; sulla volta tre pitture a monocromo; Omaggio alla città, La Fama e I doni delle quattro stagioni". Il pittore dichiarava di aver guardato, per i finti bassorilievi, modelli antichi, come l'arco di Tito o la porta di Reims, e moderni, tra cui Juvara, Quarenghi, nonché Palladio.
Nel 1825 era a Genova per decorare gli appartamenti della regina Maria Teresa in palazzo Doria Tursi, oggi perduti, di soggetto mitologico-allegorico (Fea, 1935, p. 14). Al 1829 risalgono due avvenimenti importanti: l'incarico di affrescare nella chiesa di S. Lorenzo a Torino la volta, la prima cappella a destra e la terza cappella a sinistra (gli affreschi furono rimossi dalla soprintendenza durante i restauri del 1956-1957: cfr. Tamburini, 1968, p. 216 n. 44) e la nomina, sul finire dell'anno, a professore di prospettiva alla Reale Accademia Albertina. All'interno dell'Accademia, nel 1835 il F. faceva parte della commissione per i concorsi relativi ai monumenti pubblici insieme con P. Palmieri, P. Palagi, G. M. Tallucchi e E. Melano. A quello stesso anno dovevano appartenere gli affreschi da lui eseguiti con altri artisti nel duomo di Torino e successivamente rimossi intorno al 1927-28. Sono invece ancora visibili le scene in chiaroscuro dipinte dal F. nel 1838-39 nella cattedrale di Biella.
Negli stessi anni inoltre era stato successivamente impegnato a creare gli apparati funebri per i sovrani Carlo Emanuele IV, Vittorio Emanuele I, Carlo Felice, Maria Teresa.
Negli ultimi anni (dal 1838, secondo la memoria manoscritta della Miscellanea Vico, riportata in Schede Vesme, p. 462) fu afflitto da una malattia che lo costrinse a ritirarsi in campagna, a Casalborgone (Torino), dove fu assistito da un figlio. Morì il 15 apr. 1842, lasciando incompiuto un trattato di prospettiva a cui lavorava da anni. Gli sono attribuiti affreschi, ancora visibili, nella volta della parrocchiale di Balangero (cfr. Cavallari Murat, 1973).
Dalla moglie Maddalena Cerallo, sposata nel 1808, ebbe cinque figli e quattro figlie. Dei figli, Paolo continuò l'attività paterna e Leonardo fu incisore a bulino e letterato (cfr. voce in questo Dizionario).
La memoria manoscritta contenuta nella Miscellanea Vico e riportata in Schede Vesme (p. 462) lo ricorda "retto uomo ed eccellente cittadino, onde nei tempi burrascosi della Repubblica fu fatto capo-battaglione della guardia nazionale. Era di belle maniere, di facile parola, ed amatissimo dagli allievi. Fu sempre buon marito e buon padre e uomo incorruttibile".
Fonti e Bibl.: Notizia delle opere di pittura e scultura esposte nel palazzo della Regia Università (catal.), Torino 1820, p. 98; P. Fea, Ragione ed intagli a contorno del dipinto eseguito ad ornamento dello scalone del palazzo della città di Torino dal pittore P. F., Torino 1824; M. Paroletti, Turin à la portée de l'étranger, Turin 1826, pp. 22, 57, 145, 347; C. Rovere, Descriz. del reale palazzo di Torino, Torino 1858, p. 22 n. 57; F. Rondolino, Il duomo di Torino illustrato, Torino 1898, pp. 113 s.; P. Fea, Biografia di Leonardo Fea…, Tivoli 1935, pp. 12-17; M. Trompetto, S. Maria in piano, Biella 1963, pp. 100, 103, 106 (tav.); D. G. Cravero, Trecento anni di vita del palazzo civico di Torino, Torino 1964, pp. 40 s.; A. Peyrot, Torino nei secoli, Torino 1965, pp. 899 s., scheda n. 311; Schede Vesme, II, Torino 1966, pp. 462 ss.; L. Tamburini, Le chiese di Torino dal Rinascimento al Barocco, Torino 1968, pp. 212, 215, 216 n. 44; A. Cavallari Murat, Lungo la Stura di Lanzo, Torino 1973, p. 276; Cultura figurativa e architett. Negli Stati del re di Sardegna 1773-1861 (catal.), Torino 1980, I, pp. 441 s.; F. Dalmasso, Govone, residenza estiva di Carlo Felice e Maria Cristina, in Studi piemontesi, IX (1980), 2, p. 313; Id., L'Accad. Albertina: storia e artisti, in L'Accademia Albertina di Torino, Torino 1982, p. 31; F. Poli, La Biblioteca…, ibid., p. 213; Storia del teatro Regio di Torino, III, L. Tamburini, L'architettura..., Torino 1983, pp. 23 s.; S. Pinto, Dalla Rivoluzione alla Restaurazione, in Arte di corte a Torino da Carlo Emanuele II a Carlo Felice, Torino 1987, p. 122; G. C. Sciolla, Decorazione e arredi del palazzo del Comune nel sec. XIX, in Il palazzo di città a Torino, Torino 1987, I, pp. 312-318; II, pp. 178, 203 s.; F. Sborgi, La pittura dell'Ottocento in Liguria, in La pitt. in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, pp. 25, 42 n. 36; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori... ital., IV, p. 341.