FAITINI, Pietro
Nacque a Rezzato (Brescia) il 28 apr. 1833, da Giovanni, tagliapietre, e da Teresa Aliardi.
La bottega dei tagliapietre Faitini era attiva nel paese già dal sec. XVIII e si tramandava da padre a figlio. Il F. apprese i primi rudimenti del mestiere dal padre e rivelò presto attitudini eccezionali per il disegno e l'ornato, che ebbe modo di coltivare frequentando l'istituto d'arte fondato dall'architetto R. Vantini a Rezzato in quegli anni: era una scuola rigorosa dove gli allievi, oltre che ad essere seguiti nelle materie professionali, venivano educati alla venerazione per gli antichi scultori. Giovanissimo, il F. era già in grado di esprimersi in tutti gli stili con una assoluta padronanza dei mezzi espressivi derivata dalla meditazione sui modelli e dall'applicazione severa e instancabile anche nella bottega paterna, tanto da riuscire senza alcuna difficoltà a "creare all'antica". Si specializzò negli arredi artistici in pietra, arricchendo i suoi manufatti con motivi provenienti da fonti eterogenee specialmente venete e lombarde, quali ad esempio il duomo di Como, la cappella Colleoni, la certosa di Pavia. Si ispirò sopratutto alle più importanti opere bresciane, come l'apparato decorativo della facciata di S. Maria dei Miracoli e della loggia o il mausoleo Martinengo. Decontestualizzando questi suggerimenti con grande disinvoltura, rese estremamente arduo anche agli esperti risalire alle sue fonti.
Dal 1868 al 1877 soggiornò quasi ininterrottamente a Londra, collaborando all'esecuzione del monumento al Principe Alberto, fatto erigere dalla regina Vittoria, e facendosi nel contempo apprezzare da famosi antiquari e nobiluomini, che gli commissionarono statue copiate dall'antico e arredi per parchi (fontane toscaneggianti, puteali gotici o rinascimentali, giganteschi crateri) ed anche, per i palazzi, portali, camini, consolles, fontane a nicchia. Alcuni di questi lavori arrivavano anche nelle fastose residenze delle colonie. Al Victoria and Albert Museum si conserva un portale proveniente dal cinquecentesco palazzo Orsini (poi villa Mondella) di Ghedi (Brescia), che il F. rimaneggiò completamente (tra il 1872 e il 1879 ca.) con una decorazione che è un centone dei motivi ornamentali di S. Maria dei Miracoli di Brescia. Per l'acquisto di questo portale trattarono il più grande antiquario milanese del tempo, G. Baslini, e poi Molinari di Cremona, che lo vendette a Londra, come opera rinascimentale. Degli anni 1874-75 sono anche le tombe Cottinelli e Maffei, da lui eseguite per il cimitero neoclassico di Brescia.
Gli antiquari inglesi e italiani furono suoi affezionati clienti anche dopo il definitivo rientro a Brescia nel 1877, dove inaugurò un grande e luminoso atelier in corso Magenta. Qui furono esposte le opere prodotte nel vecchio atelier di Rezzato, che diventò centro di apprendimento, di perfezionamento, di ritrovo per giovani scultori della regione (L. Contratti, A. Colosio. G. Sigalini, A. Zanelli) e per architetti, quali L. Arcioni e A. Tagliaferri, le cui opere di restauro e progettazione richiedevano la collaborazione di esperti scultori (cfr. anche B. Spataro, La scultura nei secoli XIX e XX, in Storia di Brescia, Milano 1964, pp. 920 ss.).
Nel nuovo Stato italiano fervevano le opere pubbliche, si erigevano monumenti; quando il bresciano G. Zanardelli diventò ministro dei Lavori pubblici, contribuì allo sviluppo economico della sua provincia, favorendo anche l'attività delle cave di marmo e dei laboratori e industrie rezzatesi; anche l'atelier del F. risentì di questi benefici.
La sua bottega produsse un'infinità di opere "antiche", tra cui monumentali camini alla svizzera con cappe parallelepipede decorate a bassorilievo con scene di vario tipo (battaglie equestri attinte alla colonna Traiana, giochi di amorini e tendaggi ispirati al sacrario del presbiterio della certosa di Pavia), panche da giardino con schienali riproducenti i timpani delle finestre della medesima certosa e così via; e il F. non esitava in qualche caso ad incidere in questi lavori cartigli con date quattro-cinquecentesche. Inoltre li antichizzò con una patina di sua invenzione, di cui lasciò la formula in eredità all'unico figlio Raffaele. Era talmente orgoglioso della sua attività che in una lettera allo Zanardelli si firmava serenamente: "Pietro Faitini scultore in imitazione dell'antico".
Della sua incessante operosità restano preziosi documenti fotografici nell'Archivio dei Musei civici di Brescia. Morì a Brescia il 13 genn. 1902.
Fonti e Bibl.: Brescia, Ateneo di Brescia, Schede Pietro daPonte, "Relazione sul portale di Ghedi" dell'arch. Mongeri della Commiss. archeologica milanese, 1897; Il portale di Ghedi, in Sentinella bresciana, Brescia, 14 febbr. 1897; Emporio pittoresco, in Illustrazione universale, XVI (1897), 776, pp. 16-20; A. Peroni, Su alcuni falsi d. scultura bresciana nel Rinasc., in Arte lombarda, X (1965), pp. 111-118; J. Pope-Hennessy, The forging of Italian Renaissance, in Apollo, XCIX (1974), 146, p. 262; F. Lechi, Le dimore bresciane, Brescia 1979, VII, p. 277; A. Fappani, in Enciclopedia bresciana, IV, Brescia 1981, p. 22; F. Robecchi, Il Liberty a Brescia, Brescia 1981, pp. 56, 71; M. Ferretti, Falsi e tradizione artistica, in Storia dell'arte italiana (Einaudi), X, Torino 1981, pp. 173 s.; B. Passaniani, Brescia fra tradizione e moderno, in Brescia postromantica e liberty 1880-1915 (catal.), Brescia 1985, p. 17; R. Lonati, in Dizionario degli scultori bresciani, Brescia 1986, p. 109; S. Bizzotto, Lo stile antico dei Faitini, in AB Atlante bresciano, 1991, n. 29, pp. 99 ss.