ERIZZO, Pietro
Nacque a Venezia, nella contrada di S. Marcuola, il 26 maggio 1509, da Gerolamo di Matteo e Cecilia Orio di Marco di Pietro. La famiglia era di modeste condizioni; per di più il padre dell'E. morì abbastanza presto, nel 1532, lasciando ai numerosi figli ben poche alternative ad un'esistenza precariamente condotta mediante l'esercizio di una carriera politica di basso profilo, nell'ambito dei piccoli rettorati o delle magistrature minori. Consapevole di ciò, l'E. pensò bene di procurarsi la dote di Veniera Venier di Giovanni di Marco, vedova di Giovanni Francesco Tron di Silvestro, che sposò il 25 genn. 1532 e dalla quale ebbe tre figli maschi: Gerolamo, Giovanni e Marco, quest'ultimo però morto in giovane età; quindi iniziò la carriera politica come podestà a Parenzo, dove rimase fra la primavera del 1533 e l'estate dell'anno seguente, assorbito prevalentemente da questioni di breve respiro, come l'approvvigionamento alimentare o il controllo delle esigue rendite finanziarie.
Nel settembre 1533 l'E. annunciava a Venezia l'arrivo di navi cariche di frumento, nel maggio del 1534 invocava dal Consiglio dei dieci misure repressive contro le manovre di un aggiotatore, Pietro da Bergamo, che ad onta del bando comminatogli compiva incetta di bestiame e per di più danneggiava il fisco, "essendo sta informato qualiter per sedution et opera del ditto Pietro, alcuni che solevan levar el datio della becharia di questa città li altri anni, questo anno non lo haver voluto levar: il che chade in gravissimo danno et jactura di questa Camara, reduta ad ultima ruina".
Rimpatriato, l'E. fu nominato avvocato per le corti (12 ott. 1534-11 ott. 1536), poi ufficiale alla Dogana da mar (entrato in carica il 20 febbr. 1537, si dimise con cinque mesi di anticipo, il 19 giugno 1538, per far parte della Quarantia), quindi giudice della curia dell'esaminador, dove rimase dal 9 ott. 1539 all'8 febbr. 1541.
Il decennio che seguì fu caratterizzato dalla permanenza nelle Quarantie e da tre reggimenti, tutti portati a termine in centri di secondaria importanza, senza che alcuno di essi costituisse un momento qualificante nella carriera dell'E., che continuò dunque a snodarsi piattamente priva di evoluzione: podestà a Lendinara dal 27 ag. 1542 al 26 dic. 1543, podestà e provveditore a Romano dal 15 giugno 1546 al 14 febbr. 1549, provveditore e capitano a Pordenone tra il 7 febbr. 1552 ed il 6 giugno 1553; divenne quindi ufficiale di notte al Criminal (22 maggio 1555-21 maggio 1556), auditore alle Sentenze Nove (14 marzo 1558-13 luglio 1559), sopraconsole dei Mercanti (7 ag. 1560-6 dic. 1561), provveditore sopra il Cottimo di Alessandria (27 apr. 1563-marzo 1564) e provveditore sopra le Camere (17 marzo 1564-16 luglio 1565).
L'E. non doveva esser privo di capacità, poiché queste ultime tre cariche suggeriscono un tentativo di uscire dal grigiore della routine, la volontà di riuscire ad inserirsi in quel patriziato medio staccato dalle ristrettezze e dalle frustrazioni dei "barnabotti": nell'aprile del 1566 cercò di ottenere la nomina ad avogador di Comun, una carica che non conservava più l'autorità di un tempo, ma rimaneva comunque prestigiosa e rispettata; riuscì nell'intento, infatti, ma cadde clamorosamente alle "pieggerie": non gli furono cioè riconosciute le necessarie garanzie economico-giuridiche.
Fu probabilmente questo insuccesso che indusse l'E. a risposarsi, benché avesse quasi sessant'anni: era rimasto vedovo da tempo e così nel 1568 contrasse matrimonio con Caterina Trevisan, figlia naturale di Benedetto di Paolo, che gli assicurò una dote non esigua fondata su alcuni stabili a S. Moisè ed altri ancora nel Padovano, con 65 campi. Le mutate condizioni economiche (la redecima del 1582 gli assegnerà una rendita netta di 106 ducati) consentirono finalmente all'E. di compiere quel salto di qualità, nell'ambito della carriera politica, che sino allora le sue sole capacità gli avevano negato e il 12giugno 1570 poteva assumere l'incarico di savio alle Decime. Fu quindi ufficiale alle Rason Nove (28 nov. 1575-27 marzo 1577), senatore ordinario (1578), provveditore sopra il banco Dolfin (16 maggio 1579-15 maggio 1580); dopo di che venne eletto podestà a Rovigo, l'11 marzo 1582.
Assumeva in tal modo il reggimento di una delle principali città della Terraferma e lo faceva ormai vecchio, quasi a sanzionare pubblicamente gli sforzi di una vita; forse per questo, nella relazione presentata al Senato il 18 ag. 1583, sottolineava più volte i "molti travagli" e le "molte fatiche" sostenute senza risparmio, per sopire le rivalità che dividevano le famiglie nobili e minacciavano di ridurre "a totale ruina" un "luogo peraltro bonissimo da governare..., perché è assai grande et bello", popolato da "huomeni ordinariamente obedienti alli rappresentanti di Vostra Serenità"; per questo rammentava i lavori di arginatura intrapresi in un paese perennemente minacciato dalle acque e portati felicemente a termine con l'esercizio assiduo di una vigilanza, di un'energia, che la vecchiaia non avevano indebolito "et io ho voluto assicurarmi con l'occhio proprio, et ho voluto cavalcare sopra detti luoghi, sebene mi trovo in ettà de anni LXXV").
Proseguì l'attività politica fino al 1585, come senatore e procuratore sopra gli Atti dei sovragastaldi.
Morì a Venezia il 27 febbr. 1589.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd. I, St. veneta 19: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii veneti..., III, p. 415; Ibid., Segretario alle Voci. Elezioni del Maggior Consiglio, reg. 1, cc. 41, 48, 55, 133; reg. 2, cc. 112, 147, 197; reg. 3, cc. 34, 70, 86; reg. 4, cc. 16, 23, 27, 223: reg. 5, cc. 23, 27; Ibid., Elezione dei Pregadi, reg. 5, c. 85; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, cod. 829 (= 8908): Consegi, cc. 22r, 65r, 182r, 185r, 305r; Arch. di Stato di Venezia, Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di rettori, b. 266, nn. 12-13 (sulla podestaria di Parenzo, 1534); Ibid., Dieci savi alle decime. Redecima del 1537, b. 98/735; Redecima del 1582, b. 164/1105; per il testamento della prima moglie, Veniera Venier, dell'11 sett. 1559, che lasciava usufruttuario il marito ed eredi i figli, Ibid., Sezione notarile. Testamenti, b. 81/970; sulla vendita di alcune proprietà effettuata dalla seconda moglie, Caterina Trevisan, qualche mese dopo la scomparsa del marito, nel dicembre 1589, Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. P.D. 511 C/I: Scritture famiglia Erizzo, cc. 211r-228v; la relazione del reggimento di Rovigo è stampata in Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, VI, Podestaria e capitanato di Rovigo (e Provveditorato generale del Polesine), Milano 1976, pp. 111-115.