VISCONTI, Pietro Ercole
VISCONTI, Pietro Ercole. – Nacque a Roma nel 1802 da Angela Spaziani e da Alessandro, terzo figlio di Giovanni Antonio Battista (v. la voce in questo Dizionario), di professione medico, ma anche studioso di antichità, specie numismatiche, per Pio VII.
«Di intelletto lucidissimo e disposto all’ordinato ragionamento», dotato di memoria «forte e vivace» (L’Osservatore romano, 24 ottobre 1880), sotto la guida degli zii paterni Ennio Quirino e Filippo Aurelio, archeologi illustri, Pietro Ercole si dedicò allo studio delle scienze antiquarie, nelle quali, pur senza raggiungere i risultati dei suoi più famosi familiari, rappresentò, alla metà dell’Ottocento, «un punto di raccordo, di coagulo, di confluenza intorno al quale ruotarono innumerevoli figure e vicende della ricerca storica e archeologica di quegli anni a Roma» (Vian, 1996, pp. 30-31).
Dopo avere viaggiato giovanissimo in Europa con lo zio monsignor Renazzi e con il principe Federico di Sassonia-Gotha, come raccontò nelle lettere al padre, tornato in Italia iniziò le prime esperienze archeologiche e letterarie. Nel 1825 intraprese uno scavo a Roma, nel Circo di Massenzio sull’Appia antica; nel 1830 fu la volta di Priverno e, poco dopo, del ducato di Ceri per conto del principe Alessandro Torlonia.
In questo periodo apparvero i suoi primi lavori scientifici presso la Pontificia Accademia romana di archeologia, della quale fu socio ordinario dal 1822 e accademico d’onore dall’anno successivo. Nel 1830 ne fu nominato segretario perpetuo, incarico che mantenne fino al 1880.
Coadiutore di Carlo Fea dal 1831, alla morte di questi nel 1836 venne eletto commissario delle Antichità, ruolo che ricoprì fino alla soppressione di tale ufficio nel 1870, chiamando come adiutore, nel 1859, il nipote Carlo Lodovico (1828-1894). La nomina avvenne non senza polemiche, se un’indagine del servizio di polizia pontificia lo aveva indicato come persona deplorevole sia sul piano morale, accusato di seduzione e adulterio, sia dal punto di vista professionale, in quanto sospettato di negoziare antichità con i potenti stranieri di cui era amico e di falsificare documenti (Archivio di Stato di Roma, Ministero del Commercio e Lavori Pubblici, b. 25, f. 37).
In qualità di commissario delle Antichità, tra 1855 e 1870 Pietro Ercole condusse scavi archeologici continuativi a Ostia antica, dove ogni anno, tra dicembre e maggio, venne trasferita al castello di Giulio II una colonia di circa trenta galeotti delle carceri pontificie alle Terme di Diocleziano.
Visconti con visite settimanali si recò sugli scavi per controllare l’avanzamento dei lavori e indicare i punti da saggiare. Mediante relazioni periodiche egli poi informò il ministro del Commercio e Lavori pubblici, dal quale dipendeva il commissariato delle Antichità, e inviò a Roma i reperti recuperati, collocati nel Museo Lateranense e, dal 1963, nei Musei Vaticani, nell’Antiquarium Ostiense del Gregoriano Profano (Archivio di Stato di Roma, Ministero del Commercio e Lavori Pubblici, bb. 405/1, 413/2).
Negli stessi anni Pietro Ercole fu chiamato a condurre pure scavi a Roma: all’Excubitorium di Trastevere dal 1867, al porto di Ripa Grande nel periodo 1868-70, nelle proprietà pontificie sul Palatino tra 1869 e 1870. Era stato lo stesso Visconti a spingere Pio IX ad acquistare alcuni orti sul Palatino confinanti con quelli Farnesiani, dove, nel 1835, aveva indagato per conto del re delle Due Sicilie Ferdinando II.
Come commissario delle Antichità Visconti fece più volte da guida al Vaticano, a Ostia o ai monumenti di Roma: per il principe ereditario di Russia nel 1838, per quello di Baviera nel 1839, per la granduchessa di Toscana nel 1842, per l’imperatore di Russia nel 1845 e infine per la regina dei Paesi Bassi l’anno successivo.
Molti furono inoltre i viaggiatori impegnati nel grand tour in Italia che visitarono Ostia, come attestano i riferimenti contenuti in diversi resoconti di viaggio dell’epoca (E. De Bleser, Rome et ses monuments, Louvain 1878; C.E. Beulé, Fouilles et decouvertes. Tome premiere Grece et Italie, Paris 1873; L. Colet, L’Italie des Italiens, IV, Paris 1864) e come confermano molte lettere dello stesso Visconti.
Fu pure segretario perpetuo della Pontificia Accademia romana di archeologia, presidente onorario dei Musei Capitolini e presidente del Collegio filologico. Fu socio di importanti accademie culturali romane (di S. Luca, del Pantheon, dell’Arcadia), membro della direzione dell’Imperiale Istituto archeologico germanico, segretario perpetuo dell’Académie des beaux-arts e membro corrispondente dell’Istituto di Francia.
Le sue imprese gli garantirono molti riconoscimenti internazionali e titoli onorifici: l’Ordine Etrusco per avere contribuito alla formazione del Museo Gregoriano etrusco in Vaticano, quello di S. Gregorio Magno, prima come cavaliere, poi commendatore e infine gran croce. Nel 1868 Pio IX assegnò a Pietro Ercole, in virtù dei suoi meriti per la riscoperta di Ostia, il titolo nobiliare di barone e gli donò una medaglia in oro come riconoscimento per gli scavi dell’Emporio a Testaccio.
La sua fama fu tale che gli vennero assegnati oltre trenta ordini cavallereschi da vari sovrani europei, come il francese Ordine della Legion d’onore nel 1841, quello di S. Stanislao nel 1846 dallo zar di Russia, l’Aquila rossa prussiana nel 1860, l’Ordine della corona di quercia dal re dei Paesi Bassi nel 1871.
Oltre all’attività archeologica sul campo, Pietro Ercole si dedicò all’insegnamento. Tra 1856 e 1870 fu professore di archeologia, quindi di archeologia e storia antica nel 1870-71 presso l’Università romana. Dal 1841 al 1873 tenne i corsi di topografia romana presso l’Académie de France à Rome.
La carriera di Visconti subì una brusca battuta d’arresto dopo Porta Pia, allorquando si rifiutò di prestare giuramento al neonato Stato italiano, perdendo sia il posto di commissario delle Antichità sia quello di professore all’Università, ma rinnovando al pontefice quella lealtà di cui aveva dato più volte prova negli anni precedenti. Il rapporto di amicizia con papa Mastai continuò infatti anche dopo il 20 settembre 1870, tanto che l’archeologo era solito andare a trovarlo in giorni fissi della settimana, atteso con impazienza da Pio IX, che ne traeva conforto.
Visconti continuò tuttavia, anche dopo l’Unità d’Italia, a prendere parte alla vita culturale della città, come membro della commissione per gli archivi di Roma e di quella archeologica comunale. Fu inoltre tra i fondatori della Società romana di storia patria, il cui atto costitutivo fu sottoscritto nella casa di Visconti in via Belsiana 71.
Amico di sovrani e nobili europei, nonché di illustri intellettuali, come Giacomo Leopardi, François-Auguste-René de Chateaubriand, Ferdinand Gregorovius, Pietro Ercole ebbe una pluralità di interessi che gli permise di spaziare in vari campi dello scibile.
Fu poeta dell’Arcadia con il nome di Ostilio Cissejo. Le sue satire e i suoi epigrammi dopo il 1870 assunsero toni decisamente antitaliani.
Fu scrittore prolifico di storia pontificia e tradizioni popolari, ma anche librettista, componendo libretti per le elezioni di Pio VIII nel 1829 e di Pio IX nel 1846. Come giornalista collaborò fin da giovanissimo con diversi periodici: L’Album, le Effemeridi letterarie romane (1820-23), le Memorie romane di antichità e belle arti (1824-27). Dal 1856 fu direttore del Giornale Arcadico, mentre per il Giornale di Roma e L’Osservatore romano compose articoli divulgativi sugli scavi a Ostia, all’Emporio e all’Aventino. La sua prosa appare piana e piacevole.
Nel conversare fu piacevole e brillante, tanto da essere un punto di riferimento nei salotti culturali del tempo, descritto come un «commensale amabile, piacevole discorritore, uomo di spirito dell’antica scuola, archeologo per passione e per dovere di dinastia familiare» (M. Caetani Knight, Alcuni ricordi di Michelangelo Caetani duca di Sermoneta, Milano 1904, p. 64) e ancora come un «brillante cortigiano, un sofista ed un improvvisatore, ma [che] sa molto e possiede una invidiabile presenza di spirito» (F. Gregorovius, Diari romani 1852-1874, Roma 1969, p. 324).
Visconti fu pure un padrone di casa affabile e cordiale; presso la sua dimora si poteva incontrare gran parte della società artistica e letteraria romana, sentire splendidi concerti e ammirare superbe collezioni d’arte (A. Lefranc, Ernest Renan en Italie, Parigi 1938, p. 47).
Morì a Roma, dopo breve e inesorabile malattia, il 14 ottobre 1880. La cerimonia funebre si svolse due giorni dopo nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina, alla presenza dei più illustri scienziati e letterati, come ricordò L’Osservatore romano, che il 24 ottobre gli dedicò un esteso omaggio.
Con Pietro Ercole finì un mondo, quello dell’antiquaria pontificia, e si aprì la via all’archeologia del Novecento. Considerato che il nipote Carlo Lodovico fu maestro di Rodolfo Lanciani, uno dei più importanti archeologi del XX secolo, si può sostenere che la famiglia Visconti divenne un tramite tra l’antiquaria sette-ottocentesca, di cui era stata immagine e specchio, e l’archeologia moderna.
Fonti e Bibl.: G.Q. Giglioli, Visconti, in Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, XXXV, Roma 1949, p. 443; D. Gallo, Les Visconti de Rome, in Louis Visconti 1791-1853, (catal.) Parigi 1991, p. 54. Ead., I Visconti. Una famiglia romana al servizio di papi, della Repubblica e di Napoleone, in Roma moderna e contemporanea, II, gennaio-aprile 1994, 1, p. 89; P. Vian, La Raccolta e la Miscellanea Visconti degli Autografi Ferrajoli, Città del Vaticano 1996, pp. 30-41; D. Pacchiani, Una pagina di storia ostiense: le «escavazioni» di P.E. V. (1855-1870). I materiali ostiensi dei Musei Vaticani, tesi di laurea, Sapienza Università di Roma, a.a. 1996-97; Ead., Un archeologo al servizio di Pio IX: P.E. V., in Bollettino dei monumenti, musei e gallerie pontificie, XIX (1999), pp. 113-127.