LAMBERTI, Pietro (Piero) di Niccolò
Figlio dello scultore Niccolò di Pietro e di Caterina di Guglielmo da Tolosa, nacque con ogni probabilità a Firenze intorno al 1393. È documentato la prima volta nel 1410, impegnato con un Vittorio di Giovanni a "nettare" alcune parti, non identificate, di un tabernacolo di Orsanmichele, su incarico del padre allora capomastro del portale della facciata. A. Markham Schulz (p. 22) dà notizia della presenza del L. a Prato nel 1411, al seguito del padre. Il 2 maggio 1415 il L. si immatricolò all'arte dei legnaioli e scalpellini, dicendosi residente nella parrocchia di S. Michele Visdomini. Il 29 ott. 1416, a Venezia, un "Magister Petrus de Florentia" lapicida fece da testimone al testamento di Cristoforo da Campione (Paoletti, 1893, doc. 111, p. 117): sia pure con cautela, è ipotizzabile che il L. abbia seguito il padre, con il quale collaborava, nella trasferta lagunare. Nel 1418 era di ritorno a Firenze, dove eseguì il Sepolcro di Onofrio Strozzi, padre di Palla, custodito nella sacrestia della chiesa di S. Trinita.
Si tratta di un sarcofago poggiante su quattro sfere, decorato da ambo i lati con due genietti in volo contrapposti che portano l'arma della famiglia del defunto. La cassa è inserita entro una lunetta decorata da putti con ghirlande, realizzati a bassorilievo; la lunetta è posteriore e attribuita da Goldner (1972, p. 103) ad ambito ghibertiano; mentre altri critici hanno accostato il disegno dell'intero monumento a Donatello, cosicché del L. sarebbe la mera esecuzione del sarcofago (Markham Schulz). Visibilmente ispirata all'antico, la tomba, nelle parti sicuramente autografe del L., appare rigida: i putti, a bassorilievo, sono risolti sul piano frontale e l'anatomia è poco convincente.
Nel 1423 il L. firmò insieme con Giovanni di Martino da Fiesole il Monumento funebre del doge Tommaso Mocenigo, morto quell'anno, custodito nella chiesa veneziana dei Ss. Giovanni e Paolo.
La tomba è costituita da un sarcofago sospeso a parete su mensole e decorato da nicchie con le personificazioni delle Virtù, sul quale è adagiato il corpo del doge. Ai lati del defunto due angeli reggicortina sostengono un baldacchino, sul cui coronamento si erge la statua della Giustizia, l'arca è sormontata da un doppio ordine di nicchie che simula un altare. Il registro superiore ospita statue di santi e un'Annunciazione; alla base del sarcofago una lapide riporta un epitaffio e i nomi degli autori. Il sepolcro è ispirato nella struttura ad alcune tombe veneziane preesistenti, tra cui quelle dei dogi Marco Corner e Antonio Venier, entrambe in Ss. Giovanni e Paolo. La storiografia artistica ha inoltre messo in luce gli stretti rapporti stilistici tra il monumento Mocenigo e la tomba di Baldassarre Cossa, antipapa con il nome di Giovanni XXIII, opera del medesimo periodo di Donatello e Michelozzo (Firenze, Battistero): le Virtù ad altorilievo sono desunte dal monumento donatelliano sia per la tecnica sia per gli spunti figurativi, puntualmente citati (Goldner, 1974; Wolters). Più di uno studioso ha inteso individuare le mani delle singole parti; ma è d'altro canto sicuro che una così complessa struttura, realizzata in un solo anno, abbia richiesto l'intervento di collaboratori.
Alcuni anni dopo il L. è documentato attivo a Padova, quando il 5 marzo 1429, abitante a Venezia, si impegnava con Giovanna Beccaria, vedova del giurista Raffaele Fulgosio, a realizzare la tomba per quest'ultimo, per un compenso di 425 ducati d'oro.
Il monumento funebre - che alterna marmo rosso di Verona a pietra d'Istria - si trova nella basilica del Santo, tra la cappella Obizzi e il peribolo, in una collocazione che, sebbene non sia quella originale, salvaguarda la godibilità dell'opera dai lati opposti. La struttura consta di un basamento, ornato da foglie d'acanto, il quale ospita tre nicchie per parte con le Virtù; al di sopra è il sarcofago, che presenta da un lato una Imago pietatis marmorea affiancata dalla Madonna e da s. Giovanni, dall'altro due putti che reggono una lapide incisa. Il corpo del giurista giace sul catafalco sorretto da protomi leonine, sotto un baldacchino cuspidato di notevole efficacia naturalistica, attorniato da quattro ploranti, segno forse dell'alto magistero che tenne in vita. Il Sepolcro Fulgosio fu completato quasi certamente entro l'ottobre 1430: a tale data, infatti, il L. (allora abitante a Verona, mentre in due atti del 1429 risultava abitare in casa della Beccaria) delegava il lapicida Giovanni di Bartolomeo, detto suo socio, a riscuotere dalla committente il restante della somma pattuita (Rigoni, pp. 105 s.). La qualità esecutiva della tomba, talora discontinua, rivela la mano di collaboratori, tra i quali certamente Giovanni di Bartolomeo, cui si deve probabilmente la Pietà e che in seguito fu attivo a Padova per molti anni, al servizio dell'Arca del Santo e della diocesi.
Un "magister Petrus lapicida" è citato nel Catasto veronese del 1433 (Markham Schulz, p. 23) come abitante nella parrocchia di S. Sebastiano; il 22 ag. 1434 i provvisori dell'Arca del Santo commissionarono al L. otto colonne di marmo "broccatello" di Verona, rifinite e complete di capitello e trecento lastre in marmo bianco e rosso, destinate rispettivamente al nuovo chiostro e al pavimento del coro. Mentre le colonne sarebbero state ultimate per il marzo seguente, la pavimentazione era attesa per lo stesso mese del 1436. Tra i testimoni del rogito compare Giuliano di Giovanni da Firenze, orefice e autore del Reliquiario della lingua di s. Antonio, segno del rapporto di solidarietà che gli artisti toscani attivi in Veneto coltivavano. In quello stesso anno Paoletti (1920, p. 36) lo segnala in relazione con la decorazione della Ca' d'oro di Venezia, di proprietà di Marino Contarini, per la quale il L. avrebbe dovuto realizzare due caminetti sontuosi, a giudicare dal valore di 60 ducati l'uno, da consegnare ugualmente tra il 1435 e il 1436.
In quel medesimo periodo il L. è documentato più volte in rapporto col nobiluomo veronese Cortesia Serego, proprietario della sua casa di abitazione. Nel settembre 1434 Serego fece da garante per il L. con i provvisori dell'Arca riguardo alle colonne pattuite; ancora, Serego aveva incaricato il L. di realizzare una scala, che quest'ultimo subappaltò a un tale Antonio di Pietro da Firenze, lapicida. In ragione di tali indizi e di una convincente prossimità di stile, Markham Schulz ha attribuito al L. il Cenotaffio Serego in S. Anastasia a Verona, databile al terzo decennio del XV secolo, in cui Antonio di Pietro da Firenze svolse, presumibilmente, un ruolo di collaborazione.
Lo stesso Antonio, che aveva nel 1431 prestato del denaro al L., fornisce notizia indiretta della morte dell'artista: non avendo ancora ricevuto il saldo del debito, il 7 dic. 1435 Antonio di Pietro chiese e ottenne dall'autorità il sequestro, a titolo di indennizzo, di 41 lastre di marmo rosso "ut de lapidibus et bonis quondam magistri Petri Nicolai de florentia" (Rigoni, p. 114).
Fonti e Bibl.: P. Paoletti, L'architettura e la scultura del Rinascimento in Venezia, Venezia 1893, p. 117; G. Poggi, La cappella e la tomba di Onofrio Strozzi nella chiesa di S. Trinita (1419-1423), Firenze 1903; M. Reymond, La tomba di Onofrio Strozzi nella S. Trinita…, in L'Arte, VI (1903), pp. 7-14; P. Paoletti, La Ca' d'oro, in Venezia. Studi di arte e storia, I (1920), p. 36; V. Lazzarini, Il mausoleo di Raffaello Fulgosio nella basilica del Santo, in Archivio veneto, s. 4, IV (1923), pp. 147-156; G. Fiocco, I Lamberti a Venezia, II, P. di N. L., in Dedalo, VIII (1927-28), pp. 343-376; R. Krautheimer, Lorenzo Ghiberti, Princeton 1956, p. 72; E. Rigoni, L'arte rinascimentale in Padova: studi e documenti, Padova 1970, pp. 105 s., 114; W. Wolters, La scultura veneziana gotica(1300-1460), Venezia 1976, ad indicem; G.R. Goldner, Niccolò and Piero Lamberti (tesi di dottorato, Princeton University, 1972), New York 1978; Id., The tomb of Tommaso Mocenico and the date of Donatello's "Zuccone" and the Coscia tomb, in Gazette des beaux-arts, LXXXIII (1974), 3, pp. 187-192; A. Sartori, Documenti per la storia dell'arte a Padova, Vicenza 1976, pp. 132 s., 176, 516; A. Markham Schulz, Revising the history of Venetian Renaissance sculpture: Niccolò and P. Lamberti, in Saggi e memorie di storia dell'arte, XV (1986), pp. 7-61 (ill. a pp. 137-222); D. Finiello Zervas, Orsanmichele. Documenti 1336-1452, Modena 1996, p. 126; J.T. Paoletti, in The Dictionary of art, XVIII, London-New York 1996, p. 674.