OLIVI, Pietro di Giovanni (Pierre de Jean Olieu)
Francescano, occupa un posto preminente nella storia delle lotte fra gli spirituali (v.) e la comunità, che divisero nel Medioevo l'ordine francescano (v. frati minori), e durante le quali l'O. prese decisamente le parti dei primi tanto da poterne essere considerato come il capo, per quanto oggi, forse anche per difetto d'informazione, non tutto appaia chiaro nel suo atteggiamento. Nacque a Sérignan, nella diocesi di Béziers, fra il 1248 e il 1249; a 12 anni prese l'abito francescano nel convento di Béziers. Studiò teologia a Parigi, ma rimase semplice baccelliere. Una sua dissertazione su Maria Vergine provocò i primi attacchi alla dottrina teologica dell'O., che si sottomise. Nel 1279 era a Roma, e non è improbabile che abbia collaborato per conto del generale Buonagrazia di S. Giovanni in Persiceto alla preparazione della famosa costituzione Exiit qui seminat, emanata da Niccoló III (1279) sulla questione della povertà. Ma, nonostante il favore del quale egli certamente godette presso i superiori in questi anni, nel 1282, al capitolo di Strasburgo, egli fu oggetto di nuovi attacchi. Una commissione di teologi parigini fu incaricata di esaminare i suoi scritti, dai quali furono estratte 34 proposizioni giudicate erronee; inoltre l'O. fu invitato a sottoscrivere 22 proposizioni contrarie a quelle condannate. Dopo essersi sottomesso, sia pure con qualche riserva, l'O., che forse sentiva compromesso il suo prestigio fra gli spirituali, indirizzò (da Nîmes, 1285) una lunga memoria giustificativa e subito dopo (a quanto sembra) un'altra agli spirituali suoi discepoli.
Ma l'ostilità contro l'O. non cessò, e solo con l'elezione al generalato di Matteo d'Acquasparta (Montpellier, 1287) fu riconosciuta l'insindacabilità teologica degli scritti dell'O. Inoltre il nuovo generale, forse anche per togliere l'O. dall'ambiente della Provenza, così infuocato dalla polemica, lo nominò professore di teologia a Firenze (1288), dove l'O. entrò in relazione con gli spirituali italiani (specialmente Angelo Clareno e Ubertino da Casale) ed esercitò notevole influenza su questi. Ma l'ambiente italiano non era meno agitato, e il favore concesso agli spirituali della marca di Ancona dal generale Raimondo Gaufridi (eletto nel 1289) aveva ravvivato le polemiche a proposito della povertà, anziché sedarle. Appunto su questo terreno l'O., che nel 1289 era passato allo Studio di Montpellier, ebbe a subire un nuovo attacco. Citato a comparire al capitolo generale di Parigi (1292) come principale responsabile delle agitazioni, l'O. ebbe partita vinta. Ritiratosi al convento di Narbona, non approvò la rivolta degli spirituali d'Italia contro Bonifacio VIII. Morì a Narbona il 14 marzo 1298. Gli spirituali narbonesi lo venerarono come santo; in seguito ai provvedimenti di Giovanni XXII la sua tomba fu distrutta (1317-1318) e le sue ceneri disperse.
Gli scritti dell'O. (particolare importanza hanno le sue Quaestiones in secundum librum Sententiarum, a cura di B. Jansen, voll. 3, Quaracchi 1922 1926; gli scritti sulla perfetta osservanza della regola; le postille inedite ad alcuni scritti neotestamentarî: fra queste il commento all'Apocalisse è di chiara ispirazione gioachimita; la Quaestio de renuntiatione papae, ed. a cura di L. Oliger, in Arch. Franc. Hist., XI, 1918, pp. 340-366) furono oggetto di accanite persecuzioni. L'unica opera espressamente condannata (da Giovanni XXII) fu il commento all'Apocalisse. Di tutte le proposizioni teologiche erronee imputate all'O. solo tre furono ritenute tali nel decreto Fidei catholicae fundamentum, emanato da Clemente V, a seguito del concilio di Vienne (1311-12).
Bibl.: F. Ehrle, Petrus Johannis O., sein Leben und seine Schriften, in Archiv für Litteratur- und Kirchengeschichte, III (1887); René de Nantes, Histoire des Spirituels, Parigi 1909, pp. 267-342; F. Callaey, in Dict. de théol. cathol., XI, coll. 982-991 (con ampia bibliografia); E. Müller, Das Konzil von Vienne 1311-1312, Münster in V. 1934, pp. 236-386 (fondamentale).