LIANORI, Pietro di Giovanni
Non sono noti la data e il luogo della nascita, ma fu attivo a Bologna nella prima metà del Quattrocento.
Indicativa della sua prima produzione è la tela con la Madonna in trono tra i ss. Caterina d'Alessandria e Giovanni Evangelista (Fiesso di Castenaso, chiesa di S. Pietro), firmata e datata 1412 (D'Amico, 1987, p. 109). Il dipinto, pur con timide cadenze tardogotiche, si collega al neogiottismo bolognese facente capo a Lippo di Dalmasio e a Iacopo di Paolo, entro cui si colloca la formazione artistica del Lianori.
La proposta di riconoscere alla sua fase giovanile, intorno al primo decennio del Quattrocento, l'affresco con la Madonna in gloria e quattro santi nel campanile di S. Francesco (Volpe, 1958, fig. 168; D'Amico, 1984), la Madonna adorata dagli angeli nella certosa di Bologna (Varese, fig. 5) e la Madonna col Bambino della cappella Foscarari in S. Petronio (Volpe, 1983, fig. 203), appare molto problematica per il carattere troppo innovativo di tali opere rispetto al dipinto del 1412, al punto che è anche difficile riconoscervi l'autografia del L. (Benati, 1987 e 2003). Più consone alla sua fase giovanile appaiono le opere di stretta osservanza lippesca come la Madonna col Bambino nella chiesa bolognese di S. Isaia (Varese, fig. 10); la Madonna col Bambino in S. Giacomo Maggiore (Arcangeli, fig. 80 e tav. XXII); la Madonna col Bambino in trono tra i ss. Cosma e Damiano in S. Maria dei Servi. Quest'ultima opera si collega strettamente alla tela del 1412 con la quale condivide anche il motivo della Vergine che con la mano destra regge il Bambino in piedi sul grembo, mentre nella sinistra tiene un fiore, dettaglio ricorrente nella pittura del Lianori.
Nel decennio successivo si colloca la tela con la Madonna in trono col Bambino e santi (Bologna, Pinacoteca nazionale, già nella residenza del Sale, detta "la Salara" e quindi in collezione Gozzadini), firmata "Petrus De Lianoris", ancora legata alla severità neogiottesca, ma già aperta a una vivace espressività e a un partito ritmico di gusto tardogotico nei panneggi. Per tali ragioni, negli anni tra il 1417 e il 1431, attestato dallo stemma di papa Martino V, sembra convincente una datazione del dipinto a ridosso del primo estremo. La transizione più convinta allo stile gotico fiorito è attestata dalla Madonna col Bambino affrescata dal L. nella cappella dei notai in S. Petronio nel 1420 circa (Volpe, 1983, fig. 264), che nella complessa edicola architettonica sovrastante il trono con rosone, fogliami e finte statue di angeli rimanda a Giovanni da Modena. Nel 1428 il L. fu pagato insieme con Giovanni da Modena per la pittura di alcuni stendardi (Filippini - Zucchini).
Il catalogo del L. continua con opere firmate e datate che consentono una ricostruzione sicura del suo percorso stilistico. Del 1436 è la Madonna della rosa (Bologna, Museo di S. Giuseppe ai Cappuccini), recentemente liberata dalla ridipintura del 1611. Il polittico del 1440 nel Museo Puškin di Mosca (Markova, 1972 e 2002) segna la sua maturità artistica.
L'0pera a due ordini mostra una coerente adesione al tardogotico nella raffinata Madonna che regge in una mano un esile stelo fiorito di garofano, nella caratterizzazione robusta dei santi, nell'intensa forza espressiva del Crocifisso tra i due dolenti nella cuspide centrale, di un rilievo aspro e drammatico come nei modelli di Giovanni da Modena. Lo stesso punto di stile connota il frammento di affresco con la Vergine Addolorata (Modena, Banca popolare dell'Emilia), riconosciutogli da Benati (1987). Alla maturità del L. appartengono inoltre l'affresco mutilo con la Madonna col Bambino tra i ss. Antonio Abate, Domenico, Pietro Martire e Cristoforo (Bologna, S. Domenico); la tavola con la Beata Lucia di Settefonti (Ibid., S. Cristina; entrambe le opere sono riprodotte in D'Amico, 1987, pp. 65, 104, 105). Il Crocifisso con i dolenti (collezione privata), già riconosciuto al L. da Longhi (1950, n. 116) e riconfermatogli da Benati (2003), segna il momento di massima tangenza con Giovanni da Modena, da cui discendono alcune forzature espressionistiche di ascendenza borgognona, la modellazione luministica e l'intensità cromatica. L'opera, databile alla fine degli anni Trenta, si lega strettamente ai Ss. Omobono e Cristoforo di Avignone (Petit-Palais: Laclotte - Mognetti, n. 109), come sottolineato da Benati (2003). È possibile che i tre pannelli siano frammenti di uno stesso polittico, come suggeriscono l'identità della punzonatura delle aureole, il simile taglio degli archetti nella carpenteria e la stessa misura dell'altezza.
Nel 1442 il L. affrescò una figura di S. Andrea nella chiesa di S. Andrea degli Ansaldi (Malvasia), la cui testa, distaccata, si trova nella sacrestia di S. Procolo. L'anno seguente firmò e datò il polittico a due ordini con la Madonna in trono tra santi (Bologna, Pinacoteca nazionale, già nell'oratorio di S. Girolamo in Miramonte e poi in S. Francesco), connotato da un certo irrigidimento formale. Nel S. Cristoforo (Mentone, Musée Palais-Carnoles, già nella chiesa del Collegio di Montalto a Bologna), firmato e datato 1446, lo stile del L. torna a un godibile naturalismo nella puntuale descrizione dei pesci guizzanti nell'acqua e dei datteri sul ramo di palma tenuto in pugno dal santo (Cottino, fig. 21). L'affresco con la Madonna col Bambino in trono tra i ss. Giacomo e Filippo (Bologna, casa Serafini, già nella chiesa di S. Giacomo di Savena) reca una data, letta 1453 da Zucchini (1934) e 1449 da Fanti (fig. VIII), forse meglio interpretabile come 1439, se non addirittura 1419 per la prossimità stilistica con la pala di Fiesso.
Del prestigio raggiunto dal L., come uno dei più originali interpreti del tardogotico bolognese, è indicativa la sua nomina a massaro delle quattro arti, ricoperta con cadenza biennale dal 1448 al 1457, anno in cui diventò anche gonfaloniere del Popolo. Nel 1460 fece testamento, nominando erede la moglie Giovanna (Filippini - Zucchini, p. 146).
La data di morte del L. non è nota.
Tra le opere riferite al L., la Madonna dell'Umiltà tra sei santi (Bologna, Pinacoteca nazionale), a lui ricondotta da Longhi (1935-36) a una data tra il 1420 e il 1430, connotata però da elementi inusuali per il pittore, come l'impostazione spaziale appiattita e il movimento gotico del braccio sinistro della Vergine non più aderente al corpo. Decisamente da passare alla bottega o a seguaci del L. sono il trittico con l'Ultima Cena e santi, già in collezione Gozzadini a Bologna (Volpe, 1958, fig. 171) e il Crocifisso (Bologna, Pinacoteca nazionale, già in S. Francesco), firmato "Petrus pinxit", mentre usualmente segue il cognome "de Lianoris" che lo distingue dall'omonimo e coevo pittore Pietro di Giovanni dalle Tovaglie. I resti d'affresco, staccati dal portico di S. Maria dei Servi (Bologna, legione dei carabinieri nel convento dei servi), già assegnati al L. verso il 1390, sembrano troppo precoci per i suoi tempi e meglio orientabili verso Giovanni di Ottonello.
Fonti e Bibl.: C.C. Malvasia, Felsina pittrice (1678), I, Bologna 1841, p. 37; Catalogo della vendita della collezione Gozzadini, Bologna 1906, pp. 14, 24; G. Zucchini, Opere d'arte inedite, IV, in Il Comune di Bologna, novembre 1934, pp. 33-39; R. Longhi, Il tramonto della pittura medievale nell'Italia del Nord (1935-36), in Opere complete, VI, Firenze 1973, pp. 105 s.; Mostra della pittura bolognese del Trecento (catal.), prefaz. di R. Longhi, Bologna 1950, n. 116; C. Volpe, La pittura nella prima metà del '400 (1958), in La pittura nell'Emilia e nella Romagna. Raccolta di scritti sul Trecento e Quattrocento, a cura di D. Benati - L. Peruzzi, Modena 1993, pp. 87-90; F. Arcangeli, Pittura bolognese del '300 in S. Giacomo Maggiore, in Il tempio di S. Giacomo Maggiore in Bologna, Bologna 1967, pp. 109 s.; M. Fanti, Gli agostiniani a Bologna e la chiesa di S. Giacomo, ibid., pp. 27-29; F. Filippini - G. Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna. Documenti del secolo XV, Roma 1968, pp. 145 s.; R. Varese, Una guida inedita del Seicento bolognese, in Criticad'arte, 1969, n. 103, p. 35; V. Markova, Il polittico di L., in Iskysstvo (L'Arte), 1972, n. 10, pp. 54-58; M. Laclotte - E. Mognetti, Avignon. Musée du Petit-Palais. Peinture italienne, Paris 1977, n. 109; C. Volpe, La pittura gotica. Da Lippo di Dalmasio a Giovanni da Modena, in La basilica di S. Petronio, I, Milano 1983, pp. 226, 289 n. 17; R. D'Amico, L'affresco del campanile di S. Francesco e l'attività di P. di G. L., in Strenna storica bolognese, XXIV (1984), pp. 125-133; D. Benati, in I dipinti antichi della Banca popolare dell'Emilia, a cura di D. Benati - L. Peruzzi, Modena 1987, pp. 19-21; R. D'Amico, Modi e fortune della pittura tardogotica a Bologna, in Il tramonto del Medioevo a Bologna. Il cantiere di S. Petronio (catal.), a cura di R. D'Amico - R. Grandi, Bologna 1987, pp. 66 s., 103-110; R. Grandi, La pittura tardogotica in Emilia, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1987, I, pp. 223 s.; M. Medica, ibid., II, pp. 663 s.; A. Cottino, An unpublished painting by P. di G. L., in The Burlington Magazine, CXXXV (1993), 1086, pp. 623-625; E. Riccomini, Capolavori al museo, in S. Giuseppe ai Cappuccini, a cura di R. Sernicola, Ferrara 2001, p. 67; V. Markova, State Pushkin Museum of fine arts. Italy VIII-XVI Centuries collection of paintings, Mosca 2002, pp. 151-153; D. Benati, Da Ambrogio Lorenzetti a Sandro Botticelli (catal.), a cura di F. Moretti, Firenze 2003, pp. 138-143; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 182.