PIETRO di Giovanni di Ambrogio
PIETRO di Giovanni di Ambrogio. – Figlio di Giovanni, cuoiaio (Bacci, 1944, p. 100; Raffaelli, 2004-05, pp. 329 s., 335 s.), fu battezzato il 7 ottobre 1410 a Siena (Bacci, 1944, p. 98). La prima attestazione che possediamo di Pietro di Giovanni (conosciuto anche come Pietro di Giovanni Pucci, Pietro di Nanni di Puccio, o Pietro di Giovanni Ambrosi) come pittore risale al 1428, quando figura iscritto all’arte dei pittori senesi; sembra, tuttavia, che il suo nome sia stato aggiunto in un secondo tempo (ibid., pp. 98 s.; Raffaelli, 2004-05, pp. 49 s., 323 s.).
Il catalogo relativamente ridotto delle opere dell’artista comprende soprattutto dipinti su tavola, benché Pietro operasse anche in qualità di miniatore e di frescante. Con tutta probabilità egli si formò presso il Sassetta, la cui arte esercitò un’influenza determinante sul suo stile, nel quale la ricerca di naturalismo propria del maestro più anziano appare adattata alla sua più personale interpretazione della realtà.
A giudicare dallo stile delle opere giunte fino a noi, Pietro deve aver svolto la sua attività in qualità di maestro indipendente a partire dagli anni Trenta del XV secolo; tuttavia, le opere documentate che sono giunte sino a noi risalgono solo agli ultimi cinque anni della sua vita. Tra le opere ritenute per motivi stilistici del primo periodo di Pietro si annoverano un trittico portatile ora diviso tra la Gemäldegalerie di Berlino (Madonna col Bambino e i ss. Giovanni Battista e Dorotea) e la Collezione Lehman presso il Metropolitan Museum of art di New York (S. Michele Arcangelo, S. Nicola di Mira), e una Madonna dell’Umiltà, quest’ultima dipendente dalle composizioni armoniose e serene del Sassetta, ma interpretata con maggiore vivacità ed emozione (Mamiano di Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca, inv. 1; Fattorini, 2010, pp. 240 s., scheda C.22). Nella seconda metà degli anni Trenta Pietro di Giovanni eseguì una pala d’altare che, sulla base dei frammenti erratici sopravvissuti, è stata ricostruita nella forma di un pentittico (ibid., pp. 246 s., scheda C.25): essa comprende il S. Agostino di Altenburg (Lindenau-Museum, inv. 84), la Madonna col Bambino di New York (Brooklyn Museum, inv. 78.151.9), e le scene della predella con S. Monica che si imbarca su una nave (Berlino, Gemäldegalerie, inv. 1097), l’Entrata di Cristo a Gerusalemme (Parma, Pinacoteca Stuard, inv. 1999 2/1) e la Nascita di S. Nicola (Basilea, Kunstmuseum, inv. 1348). Di un altro polittico, forse eseguito poco tempo prima, sono rimaste solo quattro scene di predella raffiguranti alcuni avvenimenti della vita di S. Bartolomeo (Roma, Pinacoteca Vaticana, inv. nn. 60235-60236; Parigi, Louvre, inv. nn. RF 1984-156, 1984-157; Fattorini, 2010, pp. 244 s., scheda C.24). Alla fine degli anni Trenta risale l’Assunzione della Vergine del Museo cristiano di Esztergom (inv. 55.185), ispirata a una composizione trecentesca eseguita probabilmente da Simone Martini nell’Antiporto di Porta Camollia a Siena e molto venerata da un celebre contemporaneo di Pietro, S. Bernardino da Siena (1380-1444, canonizzato nel 1450) (Sallay, in corso di stampa, scheda 2).
A parte la registrazione del battesimo e l’iscrizione alla corporazione dei pittori, la presenza di Pietro a Siena non è documentata prima del 1437. È possibile che egli abbia trascorso una parte di questo periodo intermedio altrove, forse a Firenze, come rivelano alcune componenti stilistiche delle sue opere, derivate da Masaccio, Paolo Uccello e Domenico Veneziano. Nel 1437 i documenti attestano la nomina del pittore a gonfaloniere della Compagnia di S. Antonio nel Terzo di Camollia a Siena (Raffaelli, 2004-05, p. 332; cfr. Archivio di Stato di Siena [ASS], Concistoro, 2372, c. 53v; ASS, Consiglio Generale, 219, c. 174v; il primo di questi documenti è stato datato al 1428 da Bacci, 1944, p. 99). Nel marzo del 1438 Pietro fu inviato da Siena a Massa Marittima perché svolgesse le funzioni di castellano (ibid., p. 99). L’anno successivo sposò Antonia di Silvestro Niccolai da Cortona (ibid., p. 100) e, probabilmente, si trasferì nel Terzo di Città, dove divenne successivamente gonfaloniere della Compagnia di S. Pellegrino nel 1440, 1443, 1444, 1446 e 1448 (Bacci, 1944, p. 101; Raffaelli, 2004-05, pp. 333-336; ASS, Concistoro, 2372, c. 6v; ibid., 2373, c. 10r, Consiglio Generale, 220, c. 170r, ibid., 222, cc. 39v, 251v; ibid., 223, c. 149r; Bacci faceva risalire il primo di questi documenti al 1441). La coppia ebbe due figli, Domenica Gabriella e Nicola, battezzati rispettivamente il 5 aprile 1440 e il 19 aprile 1444 (Bacci, 1944, pp. 100, 104; Raffaelli, 2004-05, pp. 337, 339; ASS, Battezzati, 1132, c. 59, ibid., 1133, c. 41).
Il primo documento che attesta con sicurezza l’attività artistica di Pietro risale al 1440 e consiste in un reclamo fatto dal pittore e relativo al pagamento di dipinti, ora perduti, che egli aveva eseguito per la chiesa di S. Angelo a Città di Castello (Bacci, 1944, p. 100). Nello stesso anno dipinse anche due ‘storie’ «ne la Fermarìa [infermeria] da piei ne la faccia de la finestra a chapo la Chapella del Pelegrinaio» (Bacci 1944, p. 101) dell’Ospedale della Scala di Siena, anch’esse oggi perdute (Fattorini, 2014, pp. 154 s.). Nel 1441 rivestì con Giovanni di Paolo il ruolo di rettore dell’arte senese dei pittori (Bacci, 1944, pp. 102 s.). Diversi studiosi hanno suggerito che intorno agli anni 1441-42 Pietro di Giovanni abbia partecipato alla decorazione a fresco del chiostro del convento agostiniano di Lecceto, nei pressi di Siena, ove risultano di sua mano alcune scene della vita di S. Guglielmo di Malavalle e di S. Girolamo (Brandi, 1943, pp. 133 s.; Alessi, 1990, p. 230, fig. 32; Catoni, 2002, pp. 68, 92-94, figg. 14-15). Secondo alcune fonti, nel 1443 il pittore firmò e datò due dipinti andati perduti, ossia un’immagine del Beato Giovacchino Piccolomini e, con buona probabilità, una della Beata Giuliana Falconieri (Romagnoli, IV, ante 1835, 1976, pp. 482-484; Bacci, 1939, p. 313; Raffaelli, 2004-05, pp. 299-301, 354).
Risalgono al 1444 le prime opere datate dell’artista che si sono conservate. Tra queste, figura un Beato Bernardino da Siena dipinto a grandezza naturale, firmato (Siena, chiesa dell’Osservanza), commissionato dai confratelli di Bernardino per commemorare la morte del loro padre spirituale (Israëls, 2007, pp. 81 s., 106, fig. 2). Nel mese di ottobre dello stesso anno Pietro dipinse anche un’immagine ora perduta del Beato Bernardino su una tenda del Pellegrinaio dell’Ospedale di Siena (Bacci, 1944, p. 104). Agli anni 1444-45 risale il magnifico stendardo processionale a doppia faccia eseguito per la confraternita di S. Caterina in Borgo Sansepolcro, che raffigura sul recto una maestosa S. Caterina d’Alessandria in gloria circondata da angeli sospesi a mezz’aria e la Crocifissione sul retro (firmato e datato 1444, Parigi, Musée Jacquemart-André).
Questa commissione giunse a Pietro probabilmente grazie alla mediazione del suo antico maestro, il Sassetta, che consegnò la sua famosa pala d’altare francescana di Borgo Sansepolcro nel giugno 1444 (Dabell, 1984; Babelon et al., 2000; Fattorini, 2008b, p. 82).
Sempre al 1444 circa risale una raffigurazione della Vergine Maria a mezzobusto (Esztergom, Museo cristiano, inv. 55.186), una tipologia iconografica rara, da interpretarsi probabilmente come la ‘vera icona’ della Vergine (Sallay, in corso di stampa, scheda 3).
Nel 1445 Pietro fu di nuovo a Firenze, se è corretto identificarlo con quel «Pietro di Giovanni dipentore» che consegnò al governo senese una lettera scritta a Firenze da due ambasciatori prima del 17 aprile 1445 (Bacci, 1944, p. 105). Nello stesso anno partecipò, sotto la direzione di Vecchietta, alla decorazione dell’‘arliquiera’, ossia l’armadio delle reliquie, per l’Ospedale di Siena (Siena, Pinacoteca Nazionale, inv. 204; Torriti, 1990, pp. 249-253). Le parti dell’opera a lui affidate non risultano tuttavia identificabili.
Nel 1446 l’artista ricevette un compenso per alcune figure e altre pitture non specificate dai documenti nel palazzo del Capitano del popolo a Siena (Bacci, 1944, p. 107). Come suggerito da Giulia Raffaelli (2004-05, pp. 249-251, 340 s.), quest’opera può essere identificata con il tabernacolo affrescato con le immagini della Crocifissione e altre figure (datato 1446, Siena, Palazzo Pubblico). La rara attività di Piero in veste di miniatore è attestata negli anni 1446-47, allorché egli eseguì tre miniature istoriate di delicata raffinatezza (Madonna dell’Umiltà, S. Agostino nello studio, Due angeli reggistemma) nel frontespizio del Tractatus de principatu, scritto a Siena dal giurista Martino di Andreolo de’ Garati per Filippo Maria Visconti, duca di Milano (Milano, Biblioteca Trivulziana, ms. Triv. 138; Carrara, 2010).
Nel 1448 Pietro dipinse un’altra immagine a grandezza naturale del Beato Bernardino per la chiesa di S. Francesco a Lucignano in Val di Chiana (firmata e datata, ora presso il Museo civico locale; Israëls, 2007, p. 96 nota 72), e quindi un’altra immagine consimile, forse per l’abbazia di S. Donato (firmata, Siena, Pinacoteca Nazionale, inv. 203; Torriti, 1990, pp. 211-215; Israëls, 2007, p. 96, fig. 14). Un trittico portatile della collezione Salini (Castello di Gallico, prov. di Siena), in cui compare Bernardino, deve essere stato dipinto tra il 1444 e il 1449, le rispettive date di morte del santo e del pittore (Raffaelli, 2009; Fattorini, 2010, pp. 248 s., scheda C.26). La più importante opera tarda di Pietro è la monumentale pala raffigurante l’Adorazione dei pastori fra i ss. Agostino e Galgano della chiesa di S. Agostino ad Asciano (Asciano, Museo civico archeologico e d’arte sacra Palazzo Corboli; Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, ms. P.VI.63: E. Romagnoli, Descrizione di vari monumenti di belle arti [27 settembre 1800], pp. 107 s.; Alessi, 2002; Raffaelli, 2004-05, pp. 270-279; Israëls, 2005, pp. 20, 26 nota 34). Agli anni tra il 1445 e il 1449 risale anche una croce dipinta che ha subito diversi danni, conservata nella pieve di S. Pietro ‘ad Mensulas’ a Sinalunga (Martini, 2004).
In queste opere le forme di Pietro acquistano un più solido volume e modellato ed è evidente come il pittore aderisca più strettamente allo stile monumentale e intensamente espressivo del Sassetta.
La carriera di Pietro fu bruscamente interrotta dalla morte poco prima del compimento del trentanovesimo anno. Fu sepolto il 4 settembre 1449 nel chiostro di S. Domenico a Siena (Bacci, 1944, p. 110).
Fino alla sua riscoperta a cavallo tra XIX e XX secolo, l’artista venne celebrato soprattutto come l’‘iconografo di S. Bernardino’, in virtù delle varie immagini del santo da lui firmate. Soltanto nel corso del XX secolo la sua figura è emersa dall’ombra del Sassetta e si è affermata come una delle principali personalità artistiche della prima metà del Quattrocento senese.
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