NATALI, Pietro de’
NATALI, Pietro de’ (Pietro Nadal). – Nacque a Venezia intorno al 1330, probabilmente primogenito di Ungaro (Ungarello), speziale, e di Marina (Marinuccia).
Sebbene il casato, originario di Torcello, sembra fosse «di antica e riconosciuta nobiltà» e potesse vantare «tribuni antichi, savi et molto sotili de intelecto et amadori de la patria et molto piasevoli» (Lazzarini, 1983, p. 387), la famiglia non godeva di ottime condizioni economiche. Nel 1323, Ungarello, «filius quondam Iohannis Nadal de confinio Sancti Felicis de Venetiis», conduceva alcuni molini nel distretto di Cavarzere in società con due medici di Chioggia, Bonacato degli Albarisani e Jacopo Dondi (ibid., pp. 388 s.). Nel 1327, coinvolto in un fallimento, venne incarcerato; la società si sciolse ed ebbe origine una vertenza che si concluse il 20 giugno 1342 con sentenza sfavorevole a «Marinuza uxor nobilis viri Ungarelli Natalis» (ibid.).
La composizione della famiglia di Pietro risulta dal testamento del padre, che nominò commissari «Marinam delectam uxorem meam et Petrum et Marcum et Franciscum fillios meos atque Janninum filium meum cum pervenerit ad etatem» (ibid., p. 387) e da quello della sorella Giovanna («Zanina Natalis filia quondam Ungari Natalis»), che il 22 settembre 1382 nominò esecutori testamentari due fratelli, il «reverendum patrem dominum Petrum Natalem episcopum Equillinum» e Francesco, identificato grazie all’«officium suum de Pelestrina», ricordando anche la madre Marina e il fratello Zanino, già defunti (ibid., pp. 390 s.).
Molto probabilmente, Marco morì nel 1349. Francesco, invece, soprastante al Lido di Pallestrina dal 1366, continuò a occuparsi di molini almeno fino all’estate del 1378 insieme a Giovanni. Meglio conosciuto come Giovanni Girolamo, quest’ultimo svolse anche incarichi pubblici (sicuramente fu «officiale alle Rason»: ibid., pp. 392-394), che gli consentirono di entrare in contatto con i principali animatori della cancelleria veneziana sin dai tempi del doge Andrea Dandolo (1342-54), specialmente con Paolo De Bernardo, e fu autore della Leandreride, un poemetto in quattro libri per complessivi 65 canti che riscrive in terzine il mito di Ero e Leandro. Morì intorno al 1382.
La precaria situazione economica della famiglia obbligò Pietro, forse il maggiore dei cinque figli di Ungaro, a contribuire al mantenimento di se stesso e dei propri congiunti svolgendo, sin da ragazzo, diversi incarichi retribuiti (nel 1341 venne nominato «advocator Curie nobilium» per un anno; nel 1343 fu «pesator ad monetam»; il 15 aprile 1348, essendo «iuvenis bone condicionis, sufficiens et discretus», fu dichiato idoneo a sostituire il padre, vecchio e malato, nell’ufficio di esattore dei dazi sulle merci e sui contratti, che ricopriva sin dal dicembre 1344: ibid., p. 388), che tuttavia non rallentarono la sua formazione umanistica. La carriera ecclesiastica alquanto rapida gli permise poi di legare il proprio nome a importanti istituzioni religiose veneziane: nel 1348 era «clericus S. Samuelis»; nel 1350 «ecclesie Sancti Vitalis presbiter et notarius» e «archidiaconus ecclesie Castellane»; nel 1363 pievano della chiesa dei SS. Apostoli. Agli inizi del 1367 si presentò candidato per la nomina a vescovo di Torcello, ma non ottenne i voti necessari, come avvenne anche l’anno successivo, quando tentò di essere eletto arcivescovo di Candia (Zenatti, 1905, p. 108). Finalmente il 5 luglio 1370 divenne vescovo di Equilio (Jesolo; Eubel, 1913, p. 241).
Tali impegni istituzionali non hanno lasciato significative tracce documentarie, delle quali può segnalarsi quasi solo l’epigrafe che ricorda la partecipazione di «Misier Piero Nadal veschovo de Iesolo» alla consacrazione della cappella dei mercanti lucchesi nella chiesa veneziana di S. Maria dei Servi nel 1376 (Cicogna, 1824, p. 94). Assai meglio testimoniato è, invece, un episodio che offuscò alquanto la sua reputazione: il 2 maggio 1382 il Senato veneziano fu informato dal patriarca di Grado, dal quale dipendeva l’episcopato di Equilio, che qualche tempo prima Natali si era introdotto, nascosto in un baule, in un monastero femminile veneziano e, intendendo discolparsi di fronte alla Sede apostolica, si stava recando a Roma per mettere in dubbio l’attendibilità dello stesso patriarca di Grado (Cicogna, 1853, p. 882). L’11 giugno 1381, poiché «episcopatus Equilinus, per ea que sentiuntur, sit vacaturus» e affinché «dictus episcopatus non vadat ad manus alicuius extranei», il Senato provvide a suggerire alla Sede apostolica il nome dell’eventuale sostituto, nella persona di Leonardo Dolfin (Zenatti, 1905, pp. 111 s.). Tuttavia, la vertenza si concluse in maniera favorevole all’accusato, il quale nel 1400 era ancora titolare dell’episcopato, come testimonia una petizione di Cristoforo de’ Gibigini che, in qualità di procuratore di Pietro Natali, vescovo di Jesolo, chiese al podestà di Torcello l’esecuzione di una sentenza del patriarca di Grado.
Precoce fu la sua attività letteraria, favorita dalla temperie preumanistica della cancelleria del doge Andrea Dandolo, che ebbe presto occasione di frequentare insieme al fratello Giovanni Girolamo. Fondamentali furono i rapporti con De Bernardo, che in una lettera ricordò il vescovo di Equilio come un «pater optimus et dominus percolendus» (Lazzarini, 1930, p. 207). Proprio al periodo di governo di quel doge va datata la composizione, in lingua italiana e in terzine, del Poëma de pace inter Alexandrum III et Fridericum I imperatorem anno 1177 Venetiis habita, pervenuto acefalo.
Il componimento, che grazie alle reminiscenze della Commedia rivela Natali «studioso di Dante», presuppone diverse «fonti veneziane e forestiere» e manifesta l’intendimento di «allargarsi quasi a una cronaca universale» (Zenatti, 1905, p. 121). Il suo interesse consiste nella capacità di esemplificare gli orientamenti letterari dell’autore in rapporto al suo ambiente culturale, i cui rappresentanti, provenienti dal patriziato, mentre coltivavano il volgare, cimentandosi per tutta la seconda metà del Trecento in poemetti storico-patriottici, allegorico-mitologici e didascalico-religiosi, guardavano con crescente interesse alla latinità classica che nella Venezia di Andrea Dandolo cominciava a rinverdire, grazie allo stimolo fondamentale di Francesco Petrarca.
Con Petrarca Natali sembra aver intrattenuto, probabilmente attraverso la mediazione di De Bernardo, qualche rapporto. Sicuramente nelle Variae del poeta aretino è stata inclusa un’Epistola, pubblicata come XXIII agli inizi del Cinquecento e attribuita proprio al vescovo di Jesolo intorno alla metà del XIX secolo (Fracassetti, 1863, pp. 417 s.). Si tratta di un «notevole giuoco d’ingegno […] perché, letta a rovescio, cominciando dall’ultima parola per tornare alla prima, dà significato del tutto contrario a quello che presenta leggendo le parole nell’ordine loro naturale» (Zenatti,1905, p. 310).
Il nome di Pietro Natali è però soprattutto legato al Catalogus sanctorum et gestorum eorum, la cui redazione lo impegnò, come egli stesso dichiara, dall’11 giugno 1369 al 27 maggio 1372 (Poncelet, 1910, p. 35).
L’opera, tramandata da due principali manoscritti (Biblioteca apostolica Vaticana, Ottob. lat. 225, e Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashburnham 281), costituisce un’enciclopedia agiografica di complessive 1589 ‘voci’ di estensione disuguale ma sempre molto contenuta, una ventina delle quali concernono i tempi forti dell’anno liturgico e oltre la metà, di contenuto più propriamente biografico, svolgono gli stessi argomenti affrontati da Pietro Calò negli 857 capitoli del suo Legendarium, principale ipotesto del Catalogus. Tutto il materiale è distribuito in 12 libri, numero che consente all’autore di esplicitare anche il rapporto tra il proprio ruolo ecclesiastico e la redazione dell’opera («ad instar duodecim apostolorum, quorum prefectus ecclesie librum presentem inchoavi, dividendum fore disposui»: Catalogus sanctorum, 1493, p. 8A). I primi dieci libri raccolgono la maggior parte dei capitoli, disposti percirculum anni in base ai natalicia dei santi ai quali si riferiscono; l’XI ospita quelli che non hanno permesso un identico ordinamento; il XII consiste nella tabula alfabetica dell’intera raccolta. Ciascun libro è introdotto da un prologo, dove si ribadisce, di volta in volta, la ratio teologico-spirituale sottesa alla struttura complessiva del Catalogus, preliminarmente esposta nella Divisio totius operis. Il carattere enciclopedico e la brevitas delle singole notizie assicurarono grande fortuna al Catalogus, consolidata da diverse ristampe, grazie alle quali si perpetuò anche la sua deliberata fisionomia di opera aperta a un progressivo ampliamento. Tuttavia, non tardarono a diffondersi riserve più o meno motivate sul suo valore storiografico, la prima delle quali si legge nella rassegna bibliografica premessa da Jan Was (1511-1561) al Chronici rerum memorabilium Hispaniaetomus prior. Ma fu soprattutto il bollandista Daniel Papebroch (1696, p. 295) a screditare il valore del Catalogus in prospettiva propriamente storica. Solo agli inizi del Novecento apparvero giudizi maturati secondo prospettive diverse, come quello espresso da Albert Poncelet, a dire del quale il Catalogus, valutato in rapporto alle abbreviationes del tardo medioevo, «n’est pas sans mérite» (1910, p. 36).
Un opuscolo da attribuirsi con certezza a Pietro Natali, anepigrafo e intitolato forse De reliquiis veneratis in ecclesiis Venetiae civitatis, è tramandato dallo stesso manoscritto Ottob. lat. 225 che trasmette il Catalogus sanctorum (cc. 321r-322v). È una sorta di complemento al Catalogus e va ritenuto composto subito dopo la redazione di quello. Costituisce «il più antico inventario sistematico di reliquie conservate a Venezia che sia giunto fino a noi» (Chiesa, 1998, p. 266).
Nonostante la scarsità dei documenti, la morte di Natali è da collocare in data non troppo precedente l’8 marzo 1406, giorno in cui venne eletto il suo successore nella persona di Angelo Scardoni (Eubel, 1913, p. 241).
Edizioni delle opere: Poëma de pace: Le vite dei dogi di Marin Sanudo, a cura di G. Monticolo e A. Segarizzi, in Rerum Italicarum Scriptores, XXII/4, Città di Castello 1911, pp. 520-572; O. Zenatti, Il poemetto di Pietro de’ Natali sulla pace di Venezia, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medioevo e Archivio Muratoriano, XXVI (1905), pp. 127-162. Epistola: Francisci Petrarcae Epistolae de rebus familiaribus et variae, a cura di G. Fracassetti, III, Firenze 1863, pp. 360-362. Catalogus sanctorum: prima ed.: Catalogus sanctorum et gestorum eorum ex diversis voluminus collectus, editus a reverendissimo in Christo patre Domino Petro de Natalibus de Venetiis Dei gratia episcopo Equilino, Vicenza, Enrico di Ca’ Zeno, 1493 (ristampa anastatica, Spoleto 2012); De reliquiis: ed. parziale in P. Chiesa, Recuperi agiografici veneziani dai codici Milano, Braidense, Gerli ms. 26 e Firenze, Nazionale, Conv. Soppr. G.5. 1212, in Hagiographica, V (1998), pp. 219-271 (pp. 267-271).
Fonti e Bibl.: Responsio Danielis Papebrochii ex Societate Jesu theologi ad exhibitionem errorum per adm. R. P. Sebastianum a S. Paulo … evulgatam anno 1693 Coloniae, Antverpiae 1696; A. Zeno, Dissertazioni Vossiane, II, Venezia 1753, pp. 31-40; F. Ughelli, Italia sacra, X, Venezia 1722, Appendice, pp. 87 s.; E.C. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, I, Venezia 1824, pp. 94 s.; VI/2, ibid. 1853, p. 882; V. Lazzarini, Rimatori veneziani del secolo XIV, Padova 1887, pp. 64-67; G. Fracassetti, In epistolas Francisci Petrarcae de rebus familiaribus et variis adnotationes, a cura di C. Antona - Traversi - F. Raffaelli, Fermo 1890, pp. 417-418; A. Poncelet, Le légendier de Pierre Calo, in Analecta Bollandiana, XXIX (1910), pp. 34-36; C. Eubel, Hierachia catholica Medii Aevi, Münster 1913, p. 241; A.F. Massera, A proposito della Leandreride, in Archivum Romanicum, IX (1925), pp. 190-197; L. Lazzarini, Paolo di Bernardo e i primordi dell’Umanesimo in Venezia, Genève 1930, pp. 195-200; S. Tramontin, Breve storia dell’agiografia veneziana, in S. Tramontin et al., Culto dei santi a Venezia, Venezia 1965, pp. 21 s.; L. Gargan, Il preumanesimo a Vicenza, Treviso e Venezia, in Storia della cultura veneta. Il Trecento, Vicenza 1976, pp. 159, 164; L. Lazzarini, La cultura delle signorie venete nel Trecento e i poeti di corte, ibid., p. 514; Id., Nuovi documenti su Giovanni Girolamo Nadal e laLeandreride, in Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca. II: Boccaccio e dintorni, Firenze 1983, pp. 377-404; P. Chiesa, Gli schedari agiografici di Filippo Ferrari recuperati da Federico Borromeo, in Nuove ricerche su codici in scrittura latina dell’Ambrosiana. Atti del Convegno... (6-7 ottobre 2005, a cura di M. Ferrari - M. Navoni, Milano 2007, pp. 409-432; F. Dolbeau, Trois témoins méconnus de l’«Index discipulorum» du pseudo-Dorothée (XIVe-XVIe s.), in Hagiographica, XV (2008), pp. 213-255; E. Paoli, IlCatalogus sanctorumdi Pietro Nadal. Alcune “istruzioni per l’uso”, in Catalogus sanctorum..., Spoleto 2012, cit., pp. IX-LIII.