LUNA, Pietro de
Nacque in Sicilia, probabilmente intorno alla metà del XV secolo, da Antonio, sesto conte di Caltabellotta, e Beatrice Cardona. Fu il terzogenito della coppia, dalle cui nozze nacquero anche Carlo, Sigismondo ed Eleonora.
Non si hanno notizie sulla formazione culturale del L. e sull'avviamento alla carriera ecclesiastica che lo avrebbe portato alla guida dell'arcidiocesi di Messina. Dovette comunque raggiungere presto una posizione di rilievo nella realtà politica siciliana: nel gennaio 1473 rappresentò il fratello Carlo, conte di Caltabellotta, a una riunione del braccio militare del Parlamento riunito a Palermo presso il convento di S. Francesco; nel dicembre dello stesso anno, in compagnia di Giovanni Puiades, abate del monastero di S. Maria di Novara, nella diocesi di Messina, si recò in Catalogna per una missione presso il sovrano aragonese Giovanni II. Alla morte di Giacomo de Thodisco, arcivescovo di Messina (14 marzo 1474), sino all'insediamento del nuovo presule, fu amministratore della diocesi il cardinale Giuliano Della Rovere, nipote del pontefice Sisto IV e futuro papa Giulio II, che conservò anche in seguito una pensione annua sulle rendite diocesane. Già il 15 marzo 1474 il capitolo della cattedrale di Messina aveva proceduto all'elezione arcivescovile del nobile messinese Leonzio Crisafi, archimandrita del monastero basiliano di S. Salvatore in Lingua Fhari, che però non ottenne né il riconoscimento pontificio né l'assenso regio. Il 23 maggio Sisto IV insediò infatti a Messina Giacomo da Santa Lucia, professore di teologia e ministro provinciale dei frati minori in Sicilia; d'altra parte Giovanni II, in forza del diritto di patronato regio sulla Chiesa messinese, stabilì la promozione arcivescovile del Luna.
Si determinò così un contenzioso fra le due parti che sarebbe durato sino all'estate del 1480. Nel 1474 il Parlamento siciliano, tenuto probabilmente in Palermo, stabilì un donativo di 50.000 fiorini in favore della Corona da pagare in due anni e decise di inviare il L. come ambasciatore presso Giovanni II per ottenere l'approvazione dei capitoli votati dall'Assemblea. Il L., che portava con sé la parte più cospicua del primo pagamento, guadagnò la ratifica delle richieste parlamentari a Barcellona nel maggio 1474. Fu probabilmente in tale occasione che maturò la sua promozione alla sede messinese: con un documento emanato a Barcellona il 21 apr. 1474, Giovanni II ordinò infatti a Giovanni Puiades e ad Antonio Isaia, canonico messinese, di riscuotere e amministrare le rendite e i beni della sede arcivescovile di Messina in attesa che a Roma si decidesse in favore del L., appena nominato presule e, al tempo, in missione presso lo stesso sovrano. Di fronte al precipitare degli eventi e alla nomina pontificia del mese successivo, il 13 giugno 1474 fu pubblicato un bando contro l'ingresso nella città e nella diocesi di Messina di Giacomo da Santa Lucia e dei suoi sostenitori: egli aveva infatti provveduto nel frattempo a nominare il canonico messinese Angelo Staiti suo vicario generale. Si stabilì allora da parte regia di inviare a Roma il vescovo di Cefalù Giovanni Gatto per trattare e risolvere la questione in favore del Luna. Fu stabilito in seguito che, fino al raggiungimento di una decisione definitiva sul destino della diocesi contesa, questa fosse amministrata dal vescovo di Fermo Girolamo Capranica.
Con il privilegio emanato a Barcellona il 5 genn. 1478, nel quale il sovrano si rivolgeva al L. non solo come arcivescovo di Messina ma anche come "consiliarius et cancellarius noster" (Arch. di Stato di Palermo, Protonotario del Regno, 91, cc. 11r-12r), egli ottenne, in virtù dei servizi resi e della tradizionale fedeltà familiare, la concessione del "merum et mixtum imperium", ovvero il diritto a esercitare l'alta e bassa giustizia, civile e criminale, per la terra di Sambuca. Il 14 giugno, in un simile privilegio relativo alle terre di Racalbuto e Alcara, il sovrano gli prometteva inoltre il suo impegno per il riconoscimento pontificio della nomina arcivescovile. Da un altro documento, dato in Barcellona 9 nov. 1478, si ha notizia di un'importante missione diplomatica di cui fu investito il L. per diretta volontà della Corona aragonese: Giovanni II gli offriva la piena garanzia sui suoi beni, redditi e territori durante l'impegno come ambasciatore "ad nonnullos Italie potentatus pro rebus magnis ad servicium et statum ac utilitatem Rei Publice nostre" (cc. 12r-13r).
Nonostante i provvedimenti della Corona contro Giacomo da Santa Lucia e i suoi seguaci, varati tra l'inverno 1478 e la primavera dell'anno successivo, la vertenza relativa all'arcivescovado messinese rimaneva aperta. Il L., che, come detto, esercitava una piena autorità sulle terre di Sambuca, Racalbuto e Alcara, non percepiva comunque le entrate della diocesi messinese: nell'agosto del 1478 esse venivano riscosse per conto della Curia regia da Giovanni Andrea Staiti, succeduto in quell'anno al padre Alfonso come "secreto" della città. Da un documento del 13 luglio 1479 risulta, fra l'altro, che il L. aveva versato la somma di 750 fiorini al re aragonese con la richiesta del vescovado di Agrigento, e aveva prelevato la somma dalle rendite dello stesso episcopato, detenute pro tempore dal fratello Sigismondo conte di Sclafani.
Il 7 luglio 1480 la questione relativa all'arcivescovado messinese trovò infine una soluzione soddisfacente per entrambe le parti: Sisto IV riconosceva il L. arcivescovo di Messina e Giacomo da Santa Lucia ottenne contestualmente l'arcivescovado greco di Filippi e la sede vescovile di Patti, dipendente comunque da quella metropolitana di Messina. Il 30 settembre dello stesso anno il viceré siciliano Gaspare de Spes - che temeva, dopo lo sbarco e la presa di Otranto da parte dei Turchi nel luglio-agosto 1480, un attacco contro l'isola - affidò al L. il compito di visitare tutti i castelli e le fortificazioni della Sicilia occidentale e di provvedere alla loro dotazione con soldati, armi e viveri. Il L. ebbe inoltre la facoltà di imporre dazi alle terre demaniali e baronali per raccogliere il denaro necessario alla difesa delle coste e del territorio.
Nel 1489 Innocenzo VIII nominò il L. governatore di Perugia, dove egli giunse il 27 maggio nel pieno del conflitto tra la fazione dei Baglioni e quella degli Oddi; fu dunque costretto a operare in un contesto difficile, tenendo conto non solo dei precari equilibri che si erano determinati fra i rivali, ma anche delle esigenze politiche del pontefice e delle ingerenze fiorentine nelle vicende di Perugia. Concluso l'incarico agli inizi del 1491, il L. fece con tutta probabilità ritorno in Sicilia. Il 18 ott. 1491 presenziò, insieme con il viceré Ferdinando de Acuña, l'arcivescovo di Palermo Giovanni Paternò e il Senato della città, alla solenne apertura dei sepolcri imperiali della cattedrale palermitana. Morì il 28 ag. 1492 e fu sepolto nella cattedrale di Messina. Gli succedette Martino Ponz, giurista e canonico di Barcellona.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Palermo, Protonotario del Regno, 73, cc. 80r-81r, 90; 87, cc. 83v-84r; 89, c. 174r; 90, cc. 124r-126r; 91, cc. 1v-2v, 11r-13r, 19r-20r, 1048v-1049r, 1064; Real Cancelleria, 131, c. 167r; T. Fazello, De rebus Siculis decades duae, Panormi 1568, p. 594; Capitula Regni Siciliae, I, Panormi 1741, p. 498; A. Mongitore, Parlamenti generali del Regno di Sicilia dall'anno 1446 fino al 1748, I, Palermo 1749, pp. 97-101, 105 s.; Cronaca di Perugia dal 1309 al 1491 nota col nome di Diario del Graziani, a cura di A. Fabretti, in Arch. stor. italiano, s. 1, 1850, t. 16, parte 1a, pp. 712-714, 716 s., 719 s., 725-727, 739; G.L. Barberi, Beneficia ecclesiastica, a cura di I. Peri, Palermo 1962, pp. 36 s.; P. Pellini, Dell'historia di Perugia, II, Bologna 1968, pp. 866-872; III, Perugia 1970, pp. 2-14; C. Salvo, Regesti delle pergamene dell'Archivio capitolare di Messina (1275-1628), in Arch. stor. messinese, LXII (1992), pp. 143 s.; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, sive De scriptoribus Siculis, I, Panormi 1707, pp. 302 s.; R. Pirro, Metropolitanae Ecclesiae Messanensis notitia secunda, in Id., Sicilia sacra, I, Panormi 1733, pp. 423 s.; R. Gregorio, Considerazioni sopra la storia di Sicilia dai tempi normanni sino ai presenti, II, Palermo 1972, p. 338; G.E. Di Blasi, Storia cronologica de' viceré, luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia, I, Palermo 1974, pp. 284 s.; I. Scaturro, Storia della città di Sciacca e dei Comuni della contrada saccense fra il Belice e il Platani, I, Palermo 1983, pp. 646, 687, 730, 738; M.A. Russo, I Peralta e il Val di Mazara nel XIV e XV secolo. Sistema di potere, strategie familiari e controllo territoriale, Caltanissetta-Roma 2003, ad ind.; Hierarchia catholica, II, p. 190.