ARMANDI, Pietro Damiano
Nato a Faenza il 22 febbr. 1778 da Cesare, governatore pontificio, dopo un periodo di studi all'università di Bologna, durante il quale partecipò al movimento democratico (si veda dell'A. il Discorso recitato nel Gran Circolo Costituzionale di Bologna... 4 ventoso VI,Bologna, Stamperia del Genio Democratico, s. d., ma 1798), entrò nella Scuola militare di Modena. Tenente di artiglieria dell'esercito italico, seguì il generale Massena alla difesa di Genova - dove conobbe il Foscolo - e all'attacco di Savona. Capitano (nel 1804), fu destinato di guarnigione a Brescia, dove rimase dal 1806 al 1808 e incontrò ancora il Foscolo, con il quale fu assiduo frequentatore dei salotti cittadini. Alla fine del 1806 l'A. aveva sollecitato, tramite V. Monti, un trasferimento in Germania; ottenne nel 1809 di essere impiegato sul fronte austriaco durante la campagna contro la quinta coalizione (assedio di Graz; Wagram), meritando la legion d'onore, e dopo la pace di Vienna represse nel Tirolo la sollevazione antifrancese. Maggiore (1811), l'A. fu presente alle battaglie che seguirono l'infausta spedizione di Russia e a Bautzen (20-21 maggio 1813), per l'abilità dimostrata al comando di una batteria di cannoni, si meritò la promozione a colonnello. Dopo aver combattuto a Dennewitz (dove rimase ferito, 6 sett. 1813), a Lipsia e a Hanau (29 ottobre), l'A. fu trasferito alla Direzione d'artiglieria di Milano, e in questa città assistette al crollo del Regno Italico. Restato dapprima al fianco del viceré Eugenio, tentò, ma inutilmente, di fermare a Forlì (26 dic. 1813) un reparto austro-inglese sbarcato alla foce del Po; poi, insieme con altri ufficiali, abbandonò a Latisana il battaglione nel quale gli Austriaci lo avevano inquadrato e si riunì alle truppe napoletane (13 apr. 1814), infine, fallita la spedizione di Murat, si mise in salvo a Marsiglia e rimase vicino a Napoleone, come colonnello comandante dell'ottavo reggimento di fanteria straniera, fino alla fine dei Cento giorni.
Dopo un breve periodo di emigrazione in Svizzera, l'A. tornò in Italia; nell'estate del 1816 era a Fusignano, dove rimase sino al 1821, quando accettò presso Luigi Bonaparte, ex re d'Olanda, l'incarico di istitutore dei suoi figli Luigi Napoleone e Carlo Luigi Napoleone, il futuro Napoleone III. Tre anni dopo passò alle dipendenze di Gerolamo Bonaparte, ex re di Vestfalia; infine Ortensia di Beauharnais, moglie di Luigi, gli affidò l'amministrazione delle sue proprietà presso Ancona.
Durante questi anni, benché preso dal lavoro e dagli studi, l'A. ebbe anche rapporti con esponenti del mondo liberale italiano e francese. Era piuttosto scettico sugli uomini che avrebbero dovuto guidare i progettati moti nell'Italia centrale e dubbioso sull'opportunità del momento; tuttavia, trovandosi di passaggio ad Ancona l'8 febbr. 1831 e assistendo al fallito tentativo di rivolta contro il delegato pontificio, acconsentì a organizzare, con A. Olivieri e G. Sercognani (superstiti entrambi degli eserciti napoleonici), il blocco e la presa della città, perché ritenne che un rifiuto sarebbe stato giudicato atto di tradimento. Nominato il 15 febbraio generale comandante la divisione territoriale delle Marche, il 4 marzo fu eletto ministro della Guerra e della Marina con l'unanimità dei voti dell'Assemblea; ma, incapace di concepire e guidare una guerra rivoluzionaria, tenne condotta irresoluta.
Ad Ancona organizzò le guardie nazionali e requisì le riserve di munizioni, ma non accrebbe le difese della fortezza né predispose un piano di difesa. A Bologna si inserì completamente nell'indirizzo moderato e dottrinario del governo, che diplomatizzò l'insurrezione e, isolandosi dalle altre province, impedì l'espansione e il rafforzamento del moto. D'accordo con gli altri colleghi di governo, s'oppose così al tentativo della "Vanguardia" del Sercognani, in marcia verso Roma, e fu uno dei principali promotori, prima, del troppo precipitoso trasferimento del governo da Bologna ad Ancona, di fronte all'intervento delle truppe austriache, e poi della sua capitolazione (decisa il 25 marzo in seguito al pessimistico riassunto dell'A. sulla situazione) nelle mani del cardinale G. A. Benvenuti.
Nell'A. prevalevano le qualità tecniche dell'ufficiale d'Accademia: era colto, preparato, esperto nel giudicare i termini di una situazione militare, ma incapace di comprendere in questo giudizio fattori decisivi invece per una guerra rivoluzionaria. Dagli avversari, che non esitarono ad accusarlo di tradimento, l'A. fu aspramente attaccato già a Corfù, dove si era rifugiato da Ancona, e poi a Parigi. Le polemiche, maturate nel clima mazziniano di critica totale ai metodi fino allora seguiti dai patrioti italiani, servirono ad accelerare il processo di revisione. Oltre al Sercognani, che insieme con T. Borgia aveva pubblicato le Memorie delle ultime commozioni politiche del l'Italia Centrale (Maçôn 1831), lo aveva attaccato anche il conte M. Palmieri di Miccichè, con un opuscolo, che ebbe le lodi di Mazzini, intitolato Il duca d'Orléans e gli emigrati francesi in Sicilia o gl'Italiani giustificati (Parigi 1831). L'A. rispose con una lunga memoria, Ma part aux événements importants de l'Italie Centrale en 1831 (Paris 1831, cui fece seguire un Précis politique sur les derniers événements des Etats romains,Paris 1832), nella quale, dopo aver esposto le ragioni che gli avrebbero fatto preferire, a un'impresa diretta verso Roma, l'occupazione della riva sinistra del Tevere e il consolidamento delle posizioni a Narni in attesa di una sollevazione nella capitale, cercava di giustificare l'allontanamento dei due figli dell'ex re d'Olanda dall'esercito rivoluzionario con l'intenzione di non dare al movimento un carattere bonapartista, spiegava le cause dell'inefficiente preparazione militare e motivava la resa precipitosa della piazza d'Ancona col desiderio di risparmiare vite umane. Il Sercognani replicò con Osservazioni, in francese, pubblicate in una scorretta traduzione in un fascicolo della Giovine Italia (una diversa traduzione, trovata fra le carte Laderchi della Biblioteca comunale di Faenza, è pubblicata in P. Zama, La marcia su Roma del 1831).
L'A. intanto si era stabilito in Francia dove, ripreso l'ufficio di precettore (presso i figli del conte Ruty), si dedicò alla composizione della Histoire militaire des éléphants depuis les temps les plus reculés jusqu'à l'introduction des armes à feu avec des observations critiques sur quelques uns des plus célèbres faits d'armes de l'antiquité,terminata nel 1840 ma pubblicata a Parigi nel 1843: lavoro erudito, che testimonia padronanza da parte dell'A. degli storici dell'antichità e che gli ottenne l'incarico dal governo francese di uno studio sulla condotta politica e militare dei Romani in Africa, studio non condotto a termine.
All'avvento di Pio IX l'A. fece domanda di amnistia. Scrisse allora la Lettera ai suoi concittadini (Bellinzona 1846, 4 edizioni), nella quale, ad una certa acquiescenza a idee gradite alla Curia romana, si univa una dichiarata sfiducia per i principi e la pratica della politica liberale. Nel 1848, dopo aver dibattuto il problema dell'ordinamento dell'esercito pontificio e aver offerto, inutilmente, a Roma i suoi servigi militari, l'A. passò a Venezia, dove fu nominato presidente del Comitato di guerra, che sostituì il Consiglio di difesa incolpato di debole condotta. Dopo la caduta di Vicenza, sollecitò il generale G. Pepe ad entrare a Venezia con i resti dell'esercito napoletano ed avanzò la proposta - criticata - di applicare nella guerra contro l'Austria il metodo spagnolo delle "guerillas". Ma nuovi sospetti (e soprattutto l'opposizione del Tommaseo, che non gli perdonò mai la Lettera del 1846) lo fecero rimuovere dall'ufficio e nominare ispettore dell'artiglieria e del genio. Ormai stanco e invecchiato, nel febbraio 1849, dopo avere tentato di interessare alla causa italiana il suo ex allievo Luigi Napoleone, diventato presidente della Repubblica in Francia, chiese di potersi recare a Parigi, dove sarebbe riuscito più utile alle sorti della città. Rimase invece a Venezia partecipando sfiduciato ai vari consigli di guerra che si tennero in quei mesi tormentati; finché il 4 giugno, per le critiche mosse all'evacuazione di Marghera, fu dal Pepe radiato dal grado di generale.
Caduta Venezia, l'A. dimorò per qualche tempo a Fusignano, poi a Roma, finché, dietro invito di Luigi Napoleone, passò definitivamente in Francia. Insignito della commenda della Legion d'onore e nominato bibliotecario di Saint-Cloud, visse tranquillo e appartato fino alla morte che lo colse ai bagni di Aix (Savoia) il 2 ag. 1855.
Bibl.: Per un elenco degli scritti dell'A. cfr. L. Vicchi, Il generale A.,Imola 1893, pp. 31-33, e A. Sorbelli, Opuscoli, stampe alla macchia…,Firenze 1927, pp. XXIX-XXXI. Oltre le notizie e la bibl. in Encicl. Ital., IV, p.407, Diz. del Risorgimento naz., II, p.110, e Dict. de Biogr. Franç., III, coll. 721 s., si vedano: G. Sarzana, Documenti di Don Filippo Lante di Montefeltro a Treviso e a Venezia, memoria storica, Roma 1848, pp. 6-9, 15, 36 s., 39, 43 s.;L. G.Farini, Lo Stato Romano dall'anno 1815 all'anno 1850,I, Torino 1850, pp. 56 s.; G. Ulloa, La guerre de l'indépendence italienne en 1848 et en 1849, II, Paris 1859, pp. 68, 77-78, 92 s., 146; Memorie del generale C. Zucchi pubblicate a cura di N. Bianchi, Milano-Torino 1861, pp. 106, 108, 110; E. Jäger, Storia documentata dei corpi militari veneti e di alcuni alleati (milizie di terra) negli anni 1848-1849, Venezia 1880, pp. 169-172 e passim; Scritti editi ed inediti di G. Mazzini, II,Imola 1907, pp. 225 s., 293; N. Tommaseo e G. Capponi, Carteggio inedito dal 1833 al 1874, a cura di I. Del Lungo e P. Prunas, I, Bologna 1911, pp. 151, 189-192, 229; V. Marchesi, Storia documentata della rivoluzione e della difesa di Venezia negli anni 1848-'49 tratta da fonti italiane ed austriache,Venezia s. d., pp. 166, 172, 198, 203, 214, 234; P. Zama, La marcia su Roma del 1831. Il generale Sercognani,Milano 1931, passim;N. Tommaseo, Venezia negli anni 1848 e 1849. Memorie storiche inedite con aggiunta di documenti inediti, I, Firenze 1931, pp. 410-413 e passim;II, ibid. 1950, pp. 57, 254 s.; G. Canevazzi, Carlo Rossi e i suoi "diari" inediti sul 1831, Modena 1932, passim;E.Liburdi, La marcia su Roma nel 1831 ed il generale Sercognani, in Rass. stor. del Risorgimento, XIX(1932), p. 810; G. M. Monti, La difesa di Venezia nel 1848-49 e Guglielmo Pepe, Roma 1933, pp. 62-65, 159 s. e passim;C.Vidal, Studi sul Risorgimento in Francia,in Rass. stor. del Risorgimento, XXV(1938), p. 1190; P. Zama, La polemica fra i patrioti del 1831, ibid, XXVI(1939), pp. 355-358; E. Morelli, L'assemblea delle provincie unite italiane (1831), Firenze s. d. (ma 1946), passim;L. Pásztor-P. Pirri, L'arch. dei governi provvisori di Bologna e delle Provincie Unite del 1831, Città del Vaticano 1956, v. Indice.