PIETRO da Perugia
PIETRO da Perugia. – Figlio di Rainalduccio, nacque a Perugia nei primi anni del Trecento.
I suoi studi di diritto canonico, conclusi con il conseguimento dei gradi accademici, furono probabilmente realizzati presso la giovane università perugina. Con il titolo di decretorum doctor, Pietro da Perugia è attestato «habitator» in Padova il 9 luglio 1336, quando presenziò a un atto del vicario vescovile Nicolò de Ogento, presso il quale forse prestava servizio. Nei mesi seguenti lasciò la città veneta passando a Modena, dove non sembra avere ricoperto incarichi nelle istituzioni comunali ed ecclesiastiche. Quasi certamente fu deputato alla lettura di diritto canonico nella locale università: tale insegnamento venne istituito nel 1336 dal Comune cittadino, che si fece carico degli oneri finanziari. Lo Studio di Modena tuttavia, non gradito alla recente dominazione estense, stava attraversando una fase di forte crisi, che interessò direttamente le maggiori cattedre della facoltà giuridica, spingendo alcuni docenti, tra cui Pietro di Rainalduccio, ad accettare le offerte che provenivano da altre università.
Il 22 ottobre 1338, nel Palazzo Vecchio del Comune di Modena, Pietro da Perugia stipulò infatti un contratto con il Comune di Vercelli – rappresentato dal suo procuratore, il priore del monastero cittadino di S. Andrea – con il quale, per un salario di 550 lire pavesi, si impegnò a insegnare per cinque anni diritto canonico presso l’università vercellese. Nel contratto venne precisato che il canonista avrebbe dovuto completare la lettura di una parte delle Decretali di Gregorio IX, forse commentando integralmente uno dei cinque libri ogni anno. Insieme al giurista perugino, il Comune di Vercelli assunse a Modena, con il medesimo stipendio, anche il professore di diritto civile Salvo Marano, legum doctor originario di Parma.
L’assunzione dei due docenti, avvenuta negli anni immediatamente seguenti la dedizione di Vercelli al signore di Milano Azzone Visconti (1335), si spiega con la volontà della città padana di rilanciare l’attività del proprio Studio generale, istituito con la convenzione, nota come charta Studii, stipulata a Padova nell’aprile 1228 tra i delegati del Comune vercellese e i rappresentanti della corporazione degli studenti dello Studio patavino per il trasferimento a Vercelli dell’intera universitas scholarium. La politica universitaria comunale iniziò a essere avversata dai signori di Milano solo con la fondazione dello Studium generale di Pavia, voluta da Galeazzo Visconti nel 1361, cui fece seguito la chiusura di ogni altro centro universitario attivo nelle città soggette.
Il trasferimento a Vercelli dei giuristi Salvo Marano e Pietro da Perugia ebbe certamente luogo. Nell’anno accademico 1340-41 venne assegnata a Marano la titolarità della lettura ordinaria di diritto civile dell’università cittadina; in Vercelli ricoprì anche la carica di vicario generale del vescovo almeno sino al 1343. La prima notizia del soggiorno di Pietro da Perugia nella città viscontea risale al luglio 1340, quando, insieme al giurisperito Ottone Lavezio, venne scelto come arbitro in una vertenza che interessava i frati Umiliati della domus vercellese di S. Cristoforo.
Le consulenze professionali di Pietro furono piuttosto ricercate dalle istituzioni ecclesiastiche cittadine, soprattutto dalla Curia episcopale, il cui tribunale era retto dal collega Salvo Marano. Al giurista perugino venne richiesta la formulazione di diversi consilia, come quello presentato al vicario vescovile, nel settembre 1340, riguardante una causa in cui era coinvolta la pieve di Robbio, e quello, non datato, voluto dal vicario Marano nel corso del complesso esame di un caso di eterodossia. Nella documentazione di quest’ultima procedura giudiziaria, Pietro da Perugia è esplicitamente qualificato come un giurista al servizio del tribunale episcopale («assessor curie episcopalis Vercellensis»).
L’insegnamento presso lo Studio di Vercelli venne però interrotto anticipatamente dallo stesso Pietro. Il 29 marzo 1343 il canonista si trovava già a Roma, impiegato in Curia con il prestigioso incarico di avvocato concistoriale: con il versamento di quaranta fiorini d’oro disposto dalla Curia, il Comune di Vercelli venne liberato da ogni debito residuo nei confronti del giurista. L’incorporazione di Pietro di Rainalduccio tra gli avvocati concistoriali segnò quasi certamente l’abbandono della sua attività di insegnamento e l’avvio di una carriera presso la Curia papale, le cui tappe sono difficilmente ricostruibili con sicurezza per la presenza di diversi omonimi nella documentazione. È probabile la sua identificazione con il Pietro da Perugia cursore pontificio di papa Clemente VI in Avignone, attestato nel 1344; questi, nel rispetto dello ius spolii esercitato dalla curia pontificia, il 20 giugno 1355 versò alla Camera papale cinquanta fiorini, corrispondenti al debito che aveva contratto con il decretorum doctor Nicola de Aquila, avvocato di camera deceduto presso la corte papale in Avignone nell’ottobre 1353. Non possiamo dire se si tratti dello stesso Pietro da Perugia canonico della chiesa di Foligno, morto «extra Romanam curiam» nel 1370: il canonicato e la prebenda del perugino vennero assegnati, con lettere di provvisione di papa Urbano V, al decretorum doctor Francesco da Urbino, il quale aveva terminato da pochi mesi un quinquennio di insegnamento di diritto canonico presso lo Studio di Perugia.
Nessuna opera è attribuibile con certezza a Pietro da Perugia: i numerosi testi canonistici circolati sotto il nome di «Petrus de Perusio» sono infatti da assegnare al più noto giurista perugino Pietro degli Ubaldi – fratello minore di Baldo, nato nel 1335 – o a un secondo Pietro degli Ubaldi, nipote del primo. Un elemento che permette di distinguere con sicurezza questi ultimi due giuristi da Pietro di Rainalduccio è il titolo accademico: i primi erano dottori in entrambi i diritti (iuris utriusque doctores), mentre il nostro canonista è sempre attestato come decretorum doctor. Un’ulteriore possibilità di confusione deriva da alcune similarità nella carriera professionale di questi personaggi, come l’incarico di avvocato concistoriale, ricoperto, oltre che da Pietro di Rainalduccio, anche da Pietro degli Ubaldi senior (J.F. von Schulte, Die Geschichte der Quellen und Literatur des canonischen Rechts, II, Stuttgart 1875, pp. 277 s.; R. Chabanne, Petrus de Ubaldis, in Dictionnaire de droit canonique, VI, Paris 1957, coll. 1455-1461).
L’assenza di notizie sulla produzione scientifica del giurista perugino non rende possibile verificare la qualità della sua formazione nel diritto canonico. Il notevole stipendio offertogli dal Comune di Vercelli e la durata della sua condotta di insegnamento nella città padana sono tuttavia chiari indicatori di un notevole apprezzamento per la sua cultura canonistica. La stima delle istituzioni ecclesiastiche per il giurista si rileva inoltre, oltre che nel suo lungo impiego presso la corte papale, anche negli incarichi ricoperti nelle diverse curie episcopali dell’Italia settentrionale, presso le quali la sua formazione nel diritto canonico, evidentemente di elevato livello, lo rese un ricercato collaboratore nell’esercizio dei complessi negozi attribuiti dalla normativa canonica all’officialis della diocesi, le cui competenze crebbero di importanza all’interno delle sempre più composite articolazioni amministrative delle diocesi tardomedievali.
Non vi sono indizi precisi circa la sua data di morte.
Fonti e Bibl.: Vercelli, Archivio Capitolare, cartella XXXIX (1344-1345); Vercelli, Biblioteca Capitolare, ms. 19 (Codice cartaceo. Sec. XIV-XV), cc. 30v-31r (numerazione moderna).
T. Vallauri, Storia delle Università degli studi del Piemonte, I, Torino 1845, pp. 227 s., doc. V; V. Mandelli, Il comune di Vercelli nel Medioevo. Studi storici, III, Vercelli 1858, pp. 38 s.; A. Gloria, Monumenti della Università di Padova (1222-1318), Venezia 1884, p. 96, n. 664; E. Baggiolini, Lo Studio generale di Vercelli nel Medio Evo, Vercelli 1888, pp. 110 s.; E.P. Vicini, Pietro di Rainalduccio da Perugia, professore nello Studio di Vercelli, in Bollettino storico bibliografico subalpino, X (1905), pp. 369-375; Clément VI (1342-1352). Lettres closes, patentes et curiales publiées ou analisées d’après les registres du Vatican, a cura di E. Déprez - J. Glénisson - G. Mollat, I, Paris 1925, coll. 340 s., n. 1359; C.G. Mor - P. Di Pietro, Storia dell’Università di Modena, II, Firenze 1975, pp. 24 s.; Urbain V (1362-1370). Lettres communes analysées d’après les registres dits d’Avignon et du Vatican, a cura di M.-H. Laurent et al., IX, Rome 1983, pp. 475 s., n. 27544; D. Williman, The right of spoil of the popes of Avignon. 1316-1415, Philadelphia 1988, p. 186, n. 812; P. Rosso, Studio e poteri. Università, istituzioni e cultura a Vercelli fra XIII e XIV secolo, Torino 2010, pp. 62-64, 197.