PIETRO da Collemezzo
PIETRO da Collemezzo. – È impossibile stabilire con certezza la data di nascita – da collocarsi genericamente nell’ultimo quarto del XII secolo – di questo cardinale, a lungo trascurato dalla storiografia, ma che può essere considerato uno dei più importanti esponenti del collegio cardinalizio della prima metà del Duecento, per l’intensa e dinamica attività politica e religiosa che svolse nel corso di più di trent’anni al servizio della Curia e del papato.
E se è stato ormai chiarito che era originario della Campagna romana (benché i suoi lunghi soggiorni in Francia e la nomina ad arcivescovo di Rouen, abbiano in passato indotto molti storici a considerarlo di origine francese), è ugualmente complesso determinare quando intraprese la carriera curiale. Nulla o quasi si sa infatti della sua formazione e del periodo precedente al 1217, anno in cui compare per la prima volta nelle fonti. Nello stesso anno troviamo il suo nome accompagnato dal titolo di magister, ottenuto probabilmente all’Università di Parigi, dove sembra che abbia insegnato nei primi decenni del XIII secolo.
Fu comunque in giovane età, non è possibile determinare con certezza se durante il pontificato di Innocenzo III o quello di Onorio III, che Pietro entrò a far parte della Curia romana, in seno alla quale ricoprì le cariche di suddiacono, auditor e cappellano papale, titoli con i quali è attestato in numerosi documenti compresi tra il 1217 e il 1236. Intensa fu da allora la sua carriera diplomatica; fu uno dei primi cappellani pontifici non residenti a Roma. Un documento del 1218 testimonia la sua partecipazione, non sappiamo esattamente con quali funzioni, a un’ambasceria in Inghilterra al seguito di Pandolfo futuro vescovo di Norwich e di lui si parla anche in una lettera di Enrico III d’Inghilterra del 17 gennaio 1220.
Poco dopo il suo ritorno in Curia, fu inviato da Onorio III a Parigi in qualità di cappellano papale per svolgere alcune missioni di fiducia e lì risiedette come rappresentante del pontefice almeno dal 10 dicembre 1220 al 25 maggio 1226. A partire dal 1229 fu poi al servizio del cardinale legato Romano Bonaventura – con il quale intratteneva già rapporti almeno da un paio d’anni – che ne fece il suo rappresentante nella legazione contro gli albigesi. Nel 1230 gli succedette in qualità di nunzio nella Francia meridionale, dove dedicò grandi energie alla soluzione dei problemi politico-religiosi di quelle regioni; in particolare ebbe un ruolo attivo nel consolidamento della pace conclusa il 12 aprile 1229 tra Luigi IX e Raimondo VII conte di Tolosa.
Durante la sua lunga permanenza in Francia, come rappresentante di Onorio III prima e al seguito di Romano Bonaventura poi, fu titolare di numerose prebende. Nel 1229 fu canonico delle cattedrali di Amiens e di Thérouanne – a Thérouanne rifiutò il vescovato che pure gli venne offerto – e presiedette alla prepositura di Saint-Omer almeno dal 21 febbraio 1230 al dicembre 1236.
Non solo a Thérouanne, ma anche altrove fu ripetutamente richiesto come vescovo da diversi capitoli di canonici elettori (Châlons-sur-Marne nel 1226 e Tours nel 1229), in virtù dell’ottima reputazione che doveva essersi creato in Francia: come si evince anche dai numerosi necrologi che ne perpetuarono la memoria, e della stima che si era conquistato presso il clero francese grazie allo zelo con il quale si era dedicato ai problemi pastorali di quelle regioni. Non stupisce, dunque, che diverse alte personalità politiche e religiose, compreso lo stesso Luigi IX, abbiano sollecitato l’elezione di Pietro alla cattedra arcivescovile di Rouen, confermata da Gregorio IX il 12 agosto 1236. Sempre a Rouen, non a Roma com’era consuetudine, avvenne la consacrazione il 9 agosto dello stesso anno.
Invitato a Roma per prendere parte al Concilio che vi si doveva svolgere, Pietro fu tra i prelati che il 1° maggio del 1241 furono fatti prigionieri da Federico II; fu liberato probabilmente solo nel 1243, anno in cui lo ritroviamo, tra agosto e settembre, come inviato del pontefice proprio presso l’imperatore per tentare di ottenere una tregua delle ostilità. Il 28 maggio 1244 Innocenzo IV, portandone a coronamento la più che trentennale carriera ecclesiastico-curiale, lo nominò cardinale vescovo di Albano: la prigionia subita tra il 1241 e il 1243 e la sua opera di mediazione presso Federico II, ma probabilmente anche la sua profonda conoscenza degli ambienti politici ed ecclesiastici francesi e la sua amicizia con Luigi IX pesarono nella scelta del pontefice, che si accingeva in quel periodo a lasciare Roma per Lione.
Anche se Pietro non figura tra i cardinali che accompagnarono personalmente Innocenzo IV in Francia, la sua permanenza a Lione è attestata in numerose sottoscrizioni di privilegi innocenziani, la prima delle quali datata 23 gennaio 1245. La permanenza fu interrotta nel 1250 da una missione legatizia per la Germania e il Belgio, che non si protrasse però oltre il 28 gennaio 1251, data di una lettera del pontefice Innocenzo IV che testimonia in maniera indubbia che tale sua missione si era ormai conclusa. Il 17 febbraio dello stesso anno era già rientrato a Lione, come testimonia la sottoscrizione di un ulteriore privilegio. In quel periodo la sua attività si concentrò principalmente sul piano religioso e su quello della politica interna della Chiesa. Dopo aver accompagnato Innocenzo IV nel suo viaggio di ritorno in Italia, Pietro fu inviato come legato in Puglia nell’aprile del 1252 e in Toscana nell’agosto dello stesso anno.
Pietro fu uno dei maggiori sostenitori dei maestri secolari parigini e appoggiò dall’interno della Curia la causa di Guglielmo di Saint-Amour, guida della lotta condotta dal clero secolare contro gli ordini mendicanti all’Università di Parigi.
La sua morte sopraggiunse durante una delle fasi più critiche del conflitto: nell’aprile del 1253 i maestri secolari dello Studium parigino avevano di fatto chiuso l’accesso ai maestri degli Ordini mendicanti, stabilendo di non accogliere più magistri che non avessero prestato giuramento alla loro corporazione. Un mese dopo la morte del cardinale, Innocenzo IV diede invece ragione ai mendicanti, ordinando ai secolari di consentire loro di accedere alle cattedre parigine.
Ovviamente i mendicanti condannarono Pietro alla damnatio memorie, tramandando la descrizione della sua morte improvvisa e per certi versi umiliante. Thomas de Cantimpré, autore domenicano, e tre exempla francescani raccontano, infatti, che il cardinale sarebbe morto in seguito a un banale incidente e che i membri della sua familia cardinalizia, per nulla preoccupati delle sorti del malcapitato, vedendolo a terra e credendolo già morto si affrettarono a sottrargli tutti i suoi beni, senza prestargli alcun soccorso.
Vi è incertezza sulla data esatta della sua morte, avvenuta comunque ad Assisi intorno alla metà del 1253 e certamente prima del 30 ottobre, quando l’amministrazione della diocesi di Albano fu affidata da Innocenzo IV al vescovo di Bari Enrico Filangieri.
Numerose, a prova della sua notorietà, e discordanti sono infatti le notizie cronologiche al riguardo. Il Liber anniversariorum Basilicae Vaticanae e due necrologi francesi la fanno risalire al 25 maggio; stando al necrologio dell’abbazia di Cîteaux sarebbe morto invece il 6 gennaio, e il 26 dello stesso mese secondo quello della diocesi di Rouen; l’obituario della cattedrale di Amiens ne data la morte al 28 marzo, quello della cattedrale di Thérouanne al 24 aprile, quello dell’abbazia di S. Geneviève di Parigi al 2 maggio. Infine, sarebbe morto il 6 giugno per gli obituari francesi di fonte cistercense e il 27 giugno secondo il necrologio dell’abbazia di Preuilly. Tra gli autori moderni, Agostino Paravicini Bagliani ipotizza che la morte sia avvenuta durante la permanenza della Curia romana ad Assisi, tra il 30 aprile e il 4 ottobre del 1253.
Fonti e Bibl.: Thomae Cantimpratensis, Bonum universale de apibus..., a cura di É. Berger, Paris 1895, pp. 6, 64; W.W. Shirley, Royal and other historical letters of the reing of Henry III, I, London 1860, pp. 75 s., n. 64; A. Theiner, Vetera monumenta Hibernorum et Scotorum historiam illustrantia quae ex Vaticani, Neapolis ac Florentiae tabulariis deprompsit et ordine chronologico disposuit, Roma 1864, p. 11, n. 26; A. Potthast, Regesta pontificum romanorum, I-II, Berlin 1874-1875 (rist. Graz 1957), II, 1172, n. 14197; Les registres d’Innocent IV (1242-1254), a cura di É. Berger, I-IV, Paris 1884-1921, II, p. 174, n. 5004; P. Pressutti, Regesta Honorii Papae III, I-II, Roma 1888-1895, I, pp. 80, n. 449, 113, n. 656; P. Egidi, Necrologi e libri affini della provincia Romana. Necrologi della città di Roma, I-II, Roma 1908 e 1914, I, 214 e 287; L. Oliger, Liber exemplorum fratrum minorum saeculi XIII, in Antonianum, II (1927), p. 247, n. 88 e n. 2; Recueil des historiens des Gaules et de la France…, XXIII, Paris 1894, pp. 359 e 367 (Rotomagensis Ecclesie necrologium), p. 419 (Obituarium Gemmeticense), p. 450 (Obituarium Ecclesie Augensis); R. Elze, Die päpstliche Kapelle im 12. Und 13. Jahrhundert, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte. Kanonistische Abteilung, XXXVI (1950), pp. 183 s.; A. Paravicini Bagliani, Cardinali di curia e ‘familiae’ cardinalizie dal 1227 al 1254, I-II, Padova 1972, I, pp. 168-185; Id., Die Polemik der Bettelorden um den Tod des Kardinal Peter Von Collemezzo (25 mai 1253), in Aus Kirche und Reich, Studien zu Theologie, Politik und Recht im Mittelalter. Festschrift für Friedrich Kempf zu seinem 75. Geburtstag und fünfzigjährigen Doktorjubiläum, a cura di H. Mordek, Sigmaringen 1983, pp. 355-362.