CORSETTO, Pietro
Nacque nel 1570 a Palermo da Ottavio e da Giovanna Agostino, figlia del maestro razionale Pietro. La famiglia era originaria di Noto, dove alcuni membri di essa si erano distinti negli studi di diritto. Anche il padre era stato famoso giureconsulto e autore di diversi trattati giuridici. Il C., cresciuto in tale ambiente, fu naturalmente avviato molto presto a questo tipo di studi, mostrando per essi spiccata attitudine, tanto che, ancora giovanissimo, fu chiamato a patrocinare cause. Da qui passò ben presto alla magistratura: la prima carica importante, che ricopri nel 1602, fu quella di giudice della Corte pretoriana di Palermo, tribunale civile di prima istanza. Distintosi per competenza e preparazione, nel 1604 venne nominato, per il successivo biennio, giudice del Tribunale del Concistoro della S. R. Coscienza e delle cause delegate, insieme con Giuseppe Napoli e Gabriele Terrago; carica molto delicata, dato che a questi giudici veniva delegata dal viceré la decisione di controversie di particolare importanza. Nel biennio 1607-1609 fu giudice del supremo tribunale del Regno, la Regia Gran Corte, a fianco dei maggiori giuristi dell'epoca, Francesco Monforte, Cataldo Fimia, Francesco Marino, Garsia Mastrillo e Giuseppe Trabucco. Evidentemente, a differenza di molti suoi colleghi, svolse il suo lavoro con assoluta onestà e imparzialità, tanto che venne scelto da Ochoa de Luyando, visitatore generale di Sicilia negli anni 1607-1609, per esercitare le funzioni di avvocato fiscale della visita.
In questa occasione, secondo testimonianze contemporanee, scrisse un Tractatus visitationis, che forse potrebbe identificarsi con un trattatello che si conserva manoscritto presso la Biblioteca comunale di Palermo, Q.9.E 23 n. 3, dal titolo De modo procedendi et ordine processus in causa visitationis, e che nei cataloghi della biblioteca va sotto il nome di Pietro Valero, visitatore di Sicilia nel 1680; il Valero stesso però ne considera autore Ochoa de Luyando.
Nel 1610 il C. fu nominato avvocato fiscale del tribunale del Patrimonio e, forse subito dopo, maestro razionale. Negli anni 1612-13 cominciò a pubblicare studi di carattere giuridico e filosofico (Octavius sive de magnanimitate; Propugnatio vectigalis asportantibus sericum, ecc.). Nel 1615 successe a Mario Cannizzaro nella carica di presidente del Concistoro, ufficio in cui il viceré lo immise, avuta notizia della nomina, ancor prima che fosse pervenuto il dispaccio ufficiale dalla Spagna.
Pubblicò nel frattempo, commentandole, opere inedite del padre: le Quaestiones forenses e i Consilia feudalia. Ormai era uno dei funzionari più in vista degli alti gradi della magistratura, per cui non sorprende che nel 1620 venisse chiamato in Spagna a esercitare le funzioni di reggente nel Supremo Consiglio d'Italia. Ma non appena Vito Sicomo, suo successore alla presidenza del Concistoro, venne collocato a riposo per ragioni di salute e di età, ottenne dal sovrano di poter tornare in patria, dove assunse di nuovo la presidenza di quel tribunale. Anche come reggente aveva saputo acquistarsi stima e considerazione presso il sovrano, ma per sé non chiese niente; ottenne invece che un titolo nobiliare venisse attribuito al figlio Ottavio, al quale nel 1628 Filippo III concesse, facendo espressa menzione dei servigi resi dal padre, il titolo di conte di Villalta.
Il C. invece si dedicò soltanto al pubblico servizio e ai prediletti studi, non solo di diritto, ma anche di filosofia e letteratura. A dire dei contemporanei e dei biografi, possedeva qualità poetiche non disprezzabili, testimoniate da varie opere, anche manoscritte, di cui tramandano il ricordo.
Tra le attività cui resta legato il suo nome quella di maggior risonanza nell'ambiente culturale fu l'aver patrocinato la riapertura dell'antica Accademia degli Accesi (fiorita già nel Cinquecento per impulso del giurista Paolo Caggio), che, a partire dal 1622, riprese le sue riunioni con il nome di Accademia dei Riaccesi. Sua sede fu, all'inizio, il palazzo reale, dato l'interessamento a essa dimostrato dai vicerè conte di Castro e principe Emanuele Filiberto di Savoia. Il C. vi tenne diverse orazioni e discorsi, specie per celebrare ricorrenze della casa regnante. È testimonianza dei rapporti amichevoli che il viceré Emanuele Filiberto intratteneva con lui un'opera manoscritta che Isidoro Carini riferisce di aver visto in Spagna, presso la biblioteca dei duchi dell'Infantado: sitratta di una Instrución del regente don Pedro Corseto para el Principe Filiberto quando fue al virreynato de Sicilia, che contiene notizie sulle istituzioni, uffici e magistrature del Regno di Sicilia.
Nel frattempo continuò, pressoché senza interruzione, a ricoprire cariche pubbliche, sostituendo Giuseppe Napoli, trasferitosi come reggente in Spagna, nella carica di presidente del Patrimonio (la nomina, del 7 marzo 1627, venne esecutoriata solo nel 1634); anzi, per un certo periodo, per disposizione del viceré, tenne contemporaneamente anche la presidenza del Concistoro, in attesa che il sovrano nominasse un successore. Del 1628 è un altro suo lavoro a carattere giuridico, dal titolo le Allegationes pro regio fisco.
Ma è evidente il suo progressivo distacco dagli interessi materiali e mondani, perdedicarsi a meditazioni di carattere filosofico e religioso; qualche anno dopo pubblicò le Sententias breviores dalle Vite parallele di Plutarco, l'Idea Episcopi graphice adumbrata, e questo indirizzo è testimoniato da molti altri suoi lavori lasciati manoscritti (che erano conservati, secondo l'Ortolani, presso la "libreria pubblica", ma non si sa se esistano ancora). Pensava all'antica, osserva il Di Giovanni, come un severo romano o un rigido greco; manifestava tuttavia una sicura fede nella insita bontà dell'uomo, sì da affermare "la virtù essere secondo natura". La tendenza al misticismo si accentuò con la morte della moglie, Lauretta del Tignoso, avvenuta nel 1636; anzi a questo punto il C. decise di vestire l'abito ecclesiastico.
Secondo quanto riferisce il Mongitore, ciononostante il re lo nominò presidente della Gran Corte (o, più probabilmente, la nomina era precedente) e ordinò al suo ambasciatore a Roma di chiedere al pontefice la dispensa perché il C. potesse esercitare questa carica. Mentre si svolgevano tali trattative, però, il sovrano stesso cambiò idea destinando il C. al vescovato di Cefalù.
Nel giugno del 1638, in Roma, fu consacrato vescovo; il 22 luglio prese possesso della sede per mezzo di un procuratore e infine, il 20 agosto, entrò in Cefalù. Negli anni del vescovado portò a termine la costruzione del seminario dei chierici di quella diocesi e fece fare aggiunte e abbellimenti alla chiesa.
Nell'agosto del 1640 fu chiamato dal viceré Francesco di Mello, che lasciava la Sicilia per andare alla guerra in Lombardia, a reggere in sua assenza la Sicilia insieme con Raimondo Cardona, capitano generale dell'artiglieria, dovendosi occupare l'uno della amministrazione civile, l'altro della materia militare. Di questo periodo si ricordano le azioni volte a contrastare con le galere siciliane le navi francesi che compivano scorrerie nei mari dell'isola. I due luogotenenti restarono in carica fino al giugno 1641, quando arrivò il nuovo viceré conte di Modica. Il C. tornò quindi al suo vescovado e da questo momento le sue cure furono tutte di carattere spirituale.
Nel 1641 pubblicò le Constitutiones synodales mentre un altro scritto a carattere teologico, la Synopsis errorum, sarà pubblicato postumo, nel 1646. Nel 1643, per ragioni di salute, il C. era stato costretto a rinunciare alla carica di vescovo di Cefalù ed era tornato a Palermo, dove morì, il 23 ottobre dello stesso anno, per apoplessia.
Gli venne data sepoltura accanto alla tomba della moglie nella cappella di famiglia, nella chiesa di S. Zita in Palermo. I biografi ricordano, tra i discorsi commemorativi che gli furono dedicati, quelli di Vincenzo Tortoreto e dell'abate Bernardo de Collo; è fuor di dubbio, comunque, che la sua morte abbia suscitato un autentico rimpianto tra i contemporanei, dai quali era molto stimato per le qualità morali e intellettuali.
Opere a stampa: Octavius, sive de magnanimitate, Panormi 1612, dialogo latino, che venne ristampato l'anno seguente insieme con un altro dialogo sotto il titolo De magnanimitate deque heroica virtute, ibid. 1613; Propugnatio vectigalis asportantibus sericum a Messanae portu indicti, ibid. 1613 (conservata anche manoscritta presso la Bibl. comunale di Palermo segnata Qq E 48 n. 1); Annotationes ad Quaestiones forenses super ritu Magnae Regiae Curiae Octavii Corsetti, ibid. 1614 (rist. nel 1646); Annotationes ad Consilia feudalia Octavii Corsetti, ibid. 1616 (ristampata nel 1646); Allegationes pro regio fisco, ibid. 1628; Discorso de' spogli delle chiese vacanti in Sicilia, ibid. 1634, che, tradotta in spagnolo si conserva manoscritta presso la Biblioteca comunale di Palermo segnata Qq H 102 n. 24 (il testo spagnolo è stato a sua volta stampato col titolo Tratado de espolios de prelados y frutos de iglesias sedevacante del reyno de Sicilia, ibid. 1673); Sententias breviores ex Vitis paralielis Plutarchi, ibid. 1636; Idea episcopi graphice adumbrata, ibid. 1657; Constitutiones synodales editas in pervigilio praesentationis Beatae semper Virginis Mariae anno Domini 1641, ibid. 1642; Synopsis errorum praecavendorum ab episcopo in functionibus tum ordinis, tum iurisdictionis, ibid. 1646; Ragguaglio dei Costantino, attion tragica che faranno rappresentare i padri della Compagnia di Gesù nel Collegio di Palermo..., ibid. 1653; Consilia quatuor, in F. Baronio, Consilia diversorum Siculorum super privilegium foelicis urbis Panormi, quod Fiscus non possit principaliter agere contra cives, ibid. 1656.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Palermo, R. Cancelleria, reg. 297, cc. 355, 357; reg. 637, c. 20; reg. 669-670, c. 131v; Ibid., Protonotaro del regno, reg. 464, c. 298v; reg. 471, c. 416; reg. 478, c. 124; reg. 487, c. 203; reg. 500, c. 280v; reg. 501, c. 183; reg. 513, cc. 62, 97; reg. 534. c. 252v; reg. 536 c. 249v; reg. 538, c. 399v; reg. 555, c. 346; reg. 563, c. 113v; Ibid., Conservatoria, vol. 315, c. 181v; Notaio A. Garlano, vol. 7756, c. 94; vol. 7792, C. 417; Archivo general de Simancas, Estado, leg. 1166, 1895; Ibid., Secretarias Provinciales, leg. 1289; Ibid., Visitas, leg. 369; Palermo, Bibl. comunale, ms. Qq. E. 16 n. 57: C. Ventimiglia, Memoria intorno a d. P. C.;Ibid., ms. Qq. D. 19: V. Auria, Teatro degli uomini illustri di Palermo;Ibid., ms. Qq. E. 32: A. Mongitore, Le accademie in Sicilia; F. Baronio, De maiestate Panormitana, Panormi 1630, I, pp. 60, 11.5; III, p. 120; V. Auria, Historia cronol. delli signori viceré di Sicilia, Panormi 1697. pp. 104 ss.; Id., Diario, in G. Di Marzo, Bibl. storica e letter. di Sicilia, III, Palermo 1869, pp. 11, 21; V. Di Giovanni, Palermo restaurato, ibid., I. p. 389; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, II, Palermo 1714, pp. 135 ss.; R. Pirro, Sicilia sacra, Palermo 1733, II, pp. 819 ss.; F. M. Emanuele e Gaetani di Villabianca, Sicilia nobile, I, Palermo 1754, pp. 248, 251; G. E. Ortolani, Biogr. degli uomini ill. della Sicilia, III, Napoli 1819, sub voce;A. Narbone, Bibl. sicola sistem., II, Palermo 1851, pp. 179, 181, 200; D. Orlando, Biblioteca di antica giurisprudenza siciliana, Palermo 1851, p. 101; G. E. Di Blasi, Storia cronologica de' viceré di Sicilia, Palermo 1867, pp. 1005 ss., 1014, 1022; G. P. Mira, Bibl. siciliana, Palermo 1873, I, p. 263; I. Carini, Gli archivi e le bibl. di Spagna, I, Palermo 1884, p. 252; V. Di Giovanni, Storia della fil. in Sicilia, Palermo 1873, p. 158; Id., Paolo Caggio e P. C. o l'Accademia degli Accesi e de' Riaccesi, in Atti della R. Acc. di scienze lettere e arti, s. 3, IV (1896), pp. 2-23; E. Parri, Antonio Ronquillo luogotenente e capitano generale nel Regno di Sicilia, in Arch. stor. ital., s. s, XVI (1895), p. 113; L. Boglino, I manoscritti della Bibl. comunale di Palermo, I, Palermo 1884. p. 485; IV, Palermo 1900, p. 425; A. Marinuzzi, Diritto antico di Sicilia, Notizia di una raccolta di libri di antico diritto siciliano donata alla biblioteca del Senato del Regno, Palermo 1911, p. 13; A. Mango, Nobiliario di Sicilia, Palermo 1912, 1, p. 235; S. Re Foti, Le accademie a Palermo nel Seicento e nel Settecento, Palermo 1921, pp. 14 ss.; F. San Martino De Spucches, Storia dei feudi e dei titoli nobil. di Sicilia, VIII, Palermo 1933. p. 288; S. Policastro, Grandi ed illustri siciliani del passato, Catania 1968, p. 117; P. Burgarella-G. Fallico, L'archivio dei Visitatori Generali di Sicilia, Roma 1977, p. 19; V. Sciuti Russi, Astrea in Sicilia. Il ministero togato nella società siciliana dei secoli XVI e XVII, Napoli 1983, pp. 213, 250; P. B. Gams, Series episcoporum ecclesiae catholicae, p. 946; P. Gauchat, Hierarchia catholica ..., IV, Monasterii 1935, p. 146.