COLONNA, Pietro
Nacque intorno al 1260da Giovanni di Oddone, del ramo colonnese di Palestrina, e da una Orsini; almeno quattro dei suoi fratelli raggiunsero la maturità, tra cui Stefano, Giacomo Sciarra e Agapito, tutti coinvolti nei tempestosi eventi della lotta tra i Colonna e i Caetani. Poco sappiamo dei suoi primi anni, se non che ebbe un canonicato a Padova, dove forse studiò.
L'aneddoto riferito da Giovanni Villani (p. 157), secondo cui il C. si sposò, ma mise la moglie in disparte e la chiuse in un convento quando fu elevato alla porpora cardinalizia, è piuttosto improbabile: se fosse vero sarebbe stato usato probabilmente contro il C. da Bonifacio VIII (il Villani, traendo le informazioni da pettegolezzi fiorentini, è una fonte poco credibile per la storia romana, e l'aneddoto può riferirsi a un altro Colonna, probabilmente Matteo, zio di Pietro).
Il 16 maggio 1288 fu nominato cardinale diacono di S. Eustachio e raggiunse nel Sacro Collegio lo zio Giacomo Colonna (cardinale dal 1278), rafforzandovi così la rappresentanza numerica della famiglia, dalla quale Niccolò IV dipendeva strettamente per la sua politica nei territori pontifici.
Sotto Niccolò IV (1288-92) il C. non sembra aver avuto un ruolo particolarmente importante nella Curia: lo si incontra solo come paciere nelle dispute che opponevano le autorità comunali al clero e agli studenti stranieri di Padova. Collaborò anche al lavoro di restauro architettonico intrapreso dallo zio a S. Maria Maggiore, e, come lui, fu ritratto nei nuovi mosaici della facciata. Solo dopo la morte di Niccolò IV il C. venne alla ribalta. La lunga vacanza della sede apostolica fu un periodo di ansietà per i Colonna, minacciati nella loro potenza territoriale dagli Orsini, Caetani e da altri baroni, e nella loro influenza politica dalla possibilità di un'intesa nel Regno fra gli Angiò, loro vecchi nemici, e gli Aragonesi. Dall'agosto all'ottobre del 1293 il C., comunque, fu occupato in negoziati per l'acquisto di Nepi, assicurandosi definitivamente la città, con tutti i suoi diritti e le terre comuni, per 25.000 fiorini. La città divenne vassalla, tenuta all'omaggio e alla fedeltà: un risultato trionfale, che fece fallire le ambizioni nella regione degli Anguillara e dei prefetti di Vico. L'anno seguente, il C. finalmente fu convertito alla candidatura del futuro Celestino V, sostenuto dagli Angioini, e si affrettò a dare all'eremita la notizia della sua elezione. Quando Celestino abdicò e gli successe come papa Benedetto Caetani (dicembre 1294), il C. accettò la nuova situazione.
Alla corte di Bonifacio VIII il C. ebbe i normali compiti di un cardinale: a questo periodo risale, per esempio, un suo consilium relativo alla canonizzazione di Luigi IX di Francia. Intanto il C. era intento a sostenere gli interessi territoriali dei Colonna nella Campagna, contrastando le ambizioni territoriali di Bonifacio e dei suoi parenti. Nel febbraio del 1296 il C. fu rettore e podestà di Ninfa, località ambita dai Caetani, e riuscì a procurarsi dal Comune e dal popolus di Ninfa pieni dominium, potestas e iurisdictio sul paese sul suo territorio e sui suoi abitanti con merum et mixtum imperium.
Questo trionfo probabilmente affrettò lo scontro diretto dell'anno seguente, causato dai fatti del 3 maggio 1297. In questo giorno un fratello del C., Stefano, attaccò il convoglio che portava da Anagni a Roma un tesoro papale, destinato ad acquisti territoriali, e se ne impossessò. Il giorno successivo il C. e suo zio, il cardinale Giacomo, furono convocati davanti al papa e ai cardinali, sotto pena di essere privati della qualità di membri del Collegio. In un primo momento essi si dichiararono impossibilitati ad obbedire dai tumulti che allora sconvolgevano Roma; poi, il 6 maggio, si incontrarono con Bonifacio, ma non vollero soddisfare a tutte le condizioni che egli dettò. Il 10 maggio si erano rifugiati nel loro castello di Lunghezza, da dove pubblicarono un manifesto in cui si negava la legittimità dell'elezione di Bonifacio, si affermava che Celestino non aveva il diritto di abdicare, e si rimetteva tutta la questione a un concilio generale della Chiesa. Lo stesso giorno il C. e suo zio furono privati del cardinalato; in seguito, giunsero ad accusare Bonifacio di aver assassinato Celestino. Il 23 maggio furono dichiarati scismatici. Seguì tutta una serie di bolle papali contro i Colonna e i loro sostenitori e una dichiarazione di crociata (14 dic. 1297). Alcune delle terre del C., nella diocesi di Viterbo, furono poi assegnate (gennaio 1298) a un nipote dei camerlengo papale, Teodorico, che divenne vescovo di "Città papale", la nuova diocesi che sostituì Palestrina: così si creavano nuovi interessi, quelli dei beneficiari della disgrazia dei Colonna. Nella successiva campagna militare i Colonnesi subirono una serie di sconfitte che portarono alla loro sottomissione di Rieti (ottobre 1298), che fu umiliante ma non definitiva. I movimenti del C. durante questi anni sono quasi ignoti, ma sembra probabile che egli poté mettersi al sicuro a Padova, dove aveva amici fin dal periodo precedente la sua elevazione al cardinalato. Sembra che il C. non abbia partecipato all'aggressione a Bonifacio avvenuta ad Anagni (settembre 1303).
Il processo di ristabilimento dei Colonna dopo la morte di Bonifacio (ottobre 1303) fu lento. Il 23 dic. 1303Benedetto XI sciolse il C. dalla scomunica, ma non gli restituì proprietà e diritti, né tanto meno benefici e cardinalato. Solo il 14 dic. 1305, in un concistoro segreto, e il giorno seguente, in uno pubblico, furono restituiti i due cardinalati ai Colonna; e solo il 2 febbr. 1306 furono abrogate le sentenze di Bonifacio contro tutti i Colonna e i due cardinali furono dichiarati eleggibili al pontificato.
Pochi giorni più tardi Clemente V creò il C. arciprete di S. Giovanni in Laterano e il mese seguente rettore della Romagna (quest'ultima carica fu probabilmente una pura e semplice fonte di guadagno: il C. non sembra essersi recato nella provincia per eseguirvi personalmente le sue funzioni). Seguirono molte altre concessioni di rendite e benefici, includenti quella in commendam della basilica di S. Lorenzo ad Sancta Sanctorum, il protettorato di un certo numero di Ordini religiosi, i redditi dei benefici ecclesiastici e delle prebende vacanti nel patriarcato di Aquileia e nelle Marche, e infine un dono di tremila fiorini. Un registro delle entrate provenienti da Aquileia e dalle Marche nel 1313-17, nell'Archivio Segreto Vaticano (Collectoriae, n. 24), rivela che il C. sfruttava tali entrate (alle quali fu posto un limite massimo di mille fiorini) con un sistema di affitti annuali.
Senza dubbio tra il 1303 e il 1307 il C. fu il più attivo dei cardinali Colonna e il leader negli affari di famiglia.I suoi notevoli successi all'interno della Curia furono certamente connessi con la sua energia nell'assicurarsi il sostegno della Corona francese (così decisivo durante il pontificato di Clemente V).
Già al tempo di Benedetto XI (1303-04).i cardinali Colonna si erano rivolti a Filippo IV di Francia, vecchio avversario di Bonifacio VIII. Negli anni seguenti questa alleanza si sostanziò anche finanziariamente; nel 1312 al C. fu assegnata la rendita annuale delle saline di Carcassona (duemila fiorini all'anno) e Luigi X aggiunse una ulteriore somma di mille fiorini annuali, dalle entrate di due castelli nel Minervese. Filippo V nel 1318 confermò la rendita annuale dovuta al cardinale dalla Corona di Francia, corrispondente a tremila fiorini. È improbabile che queste entrate rappresentassero un profitto netto per il C., poiché suoi prestiti alla Corona francese (ammontanti a tremila fiorini) sono registrati negli anni 1318, 1319 e 1325. Il C. sembra anche aver avuto un ruolo minore, a fianco della monarchia francese, nella lucrosa vicenda dei templari.
Contemporaneamente, la riconquista dei possedimenti familiari preoccupava il C. non meno del recupero dell'influenza colonnese nella Curia. Nei primi mesi del 1305 egli era stato al centro dei negoziati di Perugia, che coinvolsero non solo Colonna, Caetani ed Orsini, ma anche rappresentanti francesi e angioini. Fu raggiunto un accordo (22 marzo 1305 per il quale i Colonna avrebbero riacquistato le terre contese in Campagna, ma i Caetani avrebbero conservato la Marittima; fu anche pattuito un compenso in denaro o in proprietà. I patti rimasero inefficaci, come pure quelli dell'accordo fra i Colonna e i Caetani proposti dal Senato romano intorno allo stesso periodo.
Sembra che il C. non sia stato coinvolto direttamente nella campagna militare che ne seguì intorno a Roma, essendo il suo ruolo piuttosto quello di presentare reclami giuridici (come alle sessioni di Vienne nel 1312) e di assicurare il sostegno diplomatico e finanziario dei sovrani di Francia e d'Inghilterra. Egli si occupò anche del processo per la canonizzazione di Celestino V e fu un testimone importante alle udienze di Vienne (1311) riguardanti Bonifacio VIII; la sua testimonianza che Bonifacio aveva professato credenze ereticali era in ogni modo basata su notizie indirette. Il C. ebbe un ruolo così notevole in Curia al tempo di Clemente V che uno storico, A. Eitel, lo ha descritto come uno dei più influenti consiglieri del papa. Egli fu investito di pieni poteri in molte questioni diplomatiche. Moltissime liti giuridiche riguardanti benefici e altre questioni, alcune in Italia, altre in Francia, furono affidate a lui. Fu inoltre membro della commissione per la riforma (particolarmente per la questione riguardante il matrimonio degli ecclesiastici) costituita su richiesta dell'episcopato dal concilio di Vienne (1311-12). Intanto i suoi parenti, familiari e protetti continuarono a ricevere moltissimi favori papali. Sotto Giovanni XXII (che fu eletto papa nel 1316) il fiume di benefici non si arrestò, e il C. stesso ricevette numerose chiese in commendam, tra cui S. Lorenzo in Lucina, i SS. Apostoli e S. Maria Maggiore. Inoltre fu richiamato a una chiesa titolare quando, il 18 maggio 1318, divenne cardinale diacono di S. Angelo. Anche gli imperatori, oltre ai papi, ritennero utile averlo come alleato, come è testimoniato dalle concessioni di privilegi, con un feudo e una bastita, di Ludovico di Baviera. Ancora nel 1325 il C. fu coinvolto, ormai forse un po' stancamente, nella lotta per la riconquista delle terre in Campagna. In quest'anno trasferì a cinque procuratori le sue pretese finanziarie relative a certi luoghi precedentemente posseduti dai Caetani: nell'improbabile evento di piena riuscita delle transazioni, i cinque procuratori avrebbero dovuto pagare al C. 10.000 fiorini.
Il C. morì ad Avignone il 7 genn. 1326 e vi fu sepolto il giorno seguente.
Il testo completo del suo testamento è andato perduto, ma si sa che il C. lasciò in eredità trecento fiorini al capitolo di S. Pietro in Vaticano. Nel 1339 i suoi esecutori testamentari fondarono "pro anima sua" l'ospedale di S. Giacomo degli incurabili a Roma. Nel testamento, il C. aveva espresso il desiderio di essere sepolto in S. Maria Maggiore, dove i suoi resti furono in seguito trasferiti da Avignone. I tre cardinali che furono suoi esecutori testamentari ebbero un compito molto difficile da eseguire: dispute concernenti pretese sull'eredità continuarono per almeno cinque anni; tra queste il pagamento di più di 15.000 fiorini alla Camera apostolica per decime non pagate dal cardinale, per il possesso illecito di certi benefici e così via. Il C. aveva una considerevole biblioteca di centosessanta codici, nei quali scritti legali (con ventisette titoli), sermoni (ventisette), Bibbie (diciassette), e i Padri (diciassette), erano particolarmente rappresentati. Il contenuto di tale biblioteca non indica tuttavia con sicurezza preferenze personali del C. nella lettura, perché circa la metà (settanta titoli) fu acquistata da lui in blocco alla morte del cardinale Pietro Peregrosso (1295).
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vaticano, Collect., n. 24; Londra, British Library, Add. ms. 8407: Raccolta di notizie della fam. Colonna, ff. 64v-66; Les registres de Nicolas IV, a c. di E. Langlois, Paris 1886-93, nn. 112, 3112; Les registres de Boniface VIII, a c. di A. Thomas-M. Faucon-G. Digard-R. Fawtier, Paris 1884-1935, nn. 184, 527, 906, 1163, 1984, 2376, 2856, 3410, 5510; Regestum Clementis papae V, Romae 1884-1947, adIndicem; Jean XXII, Lettres communes, a c. di G. Mollat, Paris 1904-47, nn. 447, 1325, 2090, 2378, 3074, 5337, 5339, 5761, 8031, 8042, 10.078 s., 15.097, 15.099 s., 23.401, 23.494 s., 24.138; G. Villani, Croniche, a c. di G. Antonelli, I, Trieste 1857, ad Indicem; V. Forcella, Iscrizioni delle chiesedi Roma, IX, Roma 1877, p. 127; P. Egidi, Necrologi e libri affini della provincia romana, I, Roma 1887, p. 174 (e per il testamento del C. cfr. A. Paravicini Bagliani, I testamenti dei cardinali del Duecento, Roma 1980, pp. 95-98); Regesta chartarum, a c. di G. Caetani, I, Perugia 1925, pp. 70-76; G. Caetani, Domus Caietana, I, 1, San Casciano Val di Pesa 1927, pp. 212 s.; Acta Aragonensia, a c. di H. Finke, I, Berlin-Leipzig 1908, pp. 15 ss.; III, ibid. 1922, p. 504;P. Dupuy, Histoire dudifferand d'entre le Pape Boniface VIII et Philippele Bel…, Paris 1655, pp. 33-8, 611 ss.; H. Denifle, Die Denkschriften der Colonna gegen Bonifaz VIII. und der Kardinäle gegen die Colonna, in Archiv fürLiteratur- und Kirchengesch. des Mittelalters, V (1889), pp. 493-529; A. Eitel, Der Kirchenstaatunter Klemens V…, Berlin 1907, pp. 209-12, E. Goller, Die Einnahmen der Apostolischen Kammer unter Johann XXII., Paderborn 1910, pp. 413, 530 s.; L. Mohler, Die Kardinäle Jakobund Peter Colonna, Paderborn 1914, passim; R. Neumann, Die Colonna und ihre Politik…, Langensalza 1916, ad Indicem; E. Martin Chabot, Contrib. è l'histoire de la famille Colonna de Romedans ses rappots avec la France, in Annuire-Bulletin de la Société de l'histoire de France, LVII (1920), pp. 154-58, 185 ss.; T. S. R. Boase, Boniface VIII, London 1933, ad Indicem; A. Schuchert, S. Maria Maggiore zu Rom, I, Città del Vaticano 1939, p. 121(per la tomba del C.); G. Kühn Steinhausen, Il cardinale P. C. ela sua biblioteca, in Riv. di storia della Chiesa inItalia, V (1951), pp. 350-57;E. Dupré Theseider, Roma dal Comune di popolo alla signoria pontificia, Bologna 1952, ad Indicem;L. Carolus Barré, Consultation du cardinal P. C. sur le deuxièmemiracle de St. Louis, in Bibliothèque de l'Ecole deschartes, CXVII (1959), pp. 57-72;A. Vasina, I Romagnali fra autonomie cittadine e accentramentopapale nell'età di Dante, Firenze 1965, pp. 303, 396;A. Paravicini Bagliani, Le biblioteche dei cardinali Pietro Peregrosso (†1295) e P. C. (†1326), in Zeitschr. für schweizerische Kirchengesch., LXIV (1970), pp. 104-39;J. Gardner, Pope NicholasIV and the decoration of S. Maria Maggiore, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXXVI (1973), pp. 22-38; Dict. D'Hist. et de Géogr. Eccl., XIII, col. 338.