CHIARI, Pietro
Drammaturgo e romanziere del sec. XVIII. Nato a Brescia nel 1711, il C. fu prima gesuita e professore d'eloquenza a Modena (1736-37); lasciò poi l'insegnamento per vivere della sua opera di scrittore; e, dopo aver viaggiato per l'Italia, si fissò a Venezia, dove pubblicò le Lettere scelte di varie materie piacevoli critiche ed erudite scritte ad una dama di qualità (1749-52), imitazione e confutazione insieme delle Lettere critiche di G. A. Costantini; e compose versi frugoniani d'occasione. Era già noto per alcuni romanzi, quando volle divenire il secondo riformatore del teatro italiano: un riformatore che prendeva quasi sempre la mossa dalle commedie del Goldoni, o contraffacendole, o trattando soggetti affini. La sua prima maniera fu quella delle commedie in prosa con le maschere, tratte dai romanzi stranieri più in voga, saccheggiati senza scrupoli da questo improvvisatore, privo di gusto, ricco soltanto d'audacia e di presunzione. Tali le commedie da lui scritte dal '49 al '53 per la compagnia Imer Casali. Poi, cambiò maniera, scrivendo per la compagnia Medebac (1753-62) commedie in versi, senza maschere, lasciando al Goldoni, al solito, il rischio e l'onore dei primi tentativi. Nell'autunno del '53, s'iniziò l'ardente lotta del C., succeduto nel teatro S. Angelo al suo rivale, con il Goldoni, passato a quello di S. Luca. Il Goldoni, per strappare al pubblico, avido di novità grossolane e stravaganti, gli applausi, scrisse La sposa persiana: ed ecco il C. presentarsi con La schiava cinese. La recita del Filosofo inglese del Goldoni e, poco dopo, del Filosofo veneziano (carnevale del '54) del C. segnò il culmine della lotta tra "chiaristi" e "goldonisti". Quell'anno il C. fu il trionfatore. Nell'estate del'54, tornò a Modena con la fama di riformatore del teatro italiano: e l'anno dopo ottenne da Francesco III d'Este la patente di poeta di corte.
Nel '57 cominciò apertamente la guerra di Carlo Gozzi contro il Goldoni e il C. insieme; i quali si riconciliarono nel '61, per difendersi dal comune nemico, gareggiando in mutue adulazioni. La Gazzetta Veneta, che il C. diresse per circa un anno dal febbraio del '61 e compilò non senza arguzia, esaltò la pace dei due poeti, proprio quando la loro fortuna sui teatri di Venezia stava per tramontare. È di quell'anno L'amore delle tre melarance, la prima fiaba del Gozzi.
Giustamente è stato riconosciuto al C., che fu il più fecondo e popolare romanziere del suo tempo, il merito di aver fatto rinascere tra noi il romanzo, da mezzo secolo caduto in oblio. I suoi romanzi sono per lo più erotici e d'avventura, ma contengono talora qualche vivace pittura di costumi contemporanei e qualche ritratto dal vero. Inoltre il C., plebeo di nascita e imbevuto delle idee degl'illuministi e degli enciclopedisti, le introdusse ne' suoi racconti, dando qualche abbozzo di romanzo sociale e filosofico. I più notevoli dei suoi quaranta romanzi sono: La Filosofessa italiana, pubblicata nel 1753 con la presunzione di togliere alla Francia e all'Inghilterra il vanto del romanzo; una trilogia sulla vita teatrale: La Ballerina onorata (1754), La Cantatrice per disgrazia (1754) e La Commediante in fortuna (1755), compiuta e vivace rappresentazione del mondo delle "virtuose"; La giuocatrice di lotto (1757), fortunato romanzo, dove protagonista è il giuoco del lotto, che trionfa; La bella Pellegrina (1759), goffa derivazione della Écossaise del Voltaire; La Francese in Italia (1759), storia di un'avventuriera francese che diventa la regina e l'arbitra della moda a Milano; L'uomo d'un altro mondo (1760), ricalcato sui romanzi di Swift e di Montesquieu, che narra d'un uomo di costumi semplici e primitivi a contatto col mondo incivilito; La donna che non si trova (1762), imitazione della Nouvelle Héloïse.
Negli ultimi anni il C. si ritirò a Brescia, seguitando ad abborracciare altre opere: per esempio, i Trattenimenti dello spirito umano sopra le cose del mondo passate, presenti e possibili ad avvenire, in dodici volumetti (Brescia 1780-81). Morì nel 1785.
Bibl.: N. Tommaseo, P. C., la letteratura e la moralità del suo tempo, in Storia civile nella letteraria, Torino 1872; G. Ortolani, Settecento (per una lettura dell'ab. Chiari), Venezia 1905; id., Della vita e dell'arte di C. Goldoni, Venezia 1907, passim; P. Toldo, L'oeuvre de Molière et sa fortune en Italie, Torino 1910, pp. 400-15; G.F. Sommi-Picenardi, Un rivale del Goldoni, Milano 1902; G. Marchesi, i romanzi dell'ab. C., Bergamo 1900, monografia rifusa in Romanzieri e romanzi ital. del Settecento, Bergamo 1903.