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CHECCHIA, Pietro

di Elena Bassi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980)
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CHECCHIA (Chezia), Pietro

Elena Bassi

Figlio di Francesco, nacque, presumibilmente a Venezia, attorno al 1736.

Suo padre, Francesco, è ricordato dal Moschini quale autore del convento di S. Lazzaro degli Armeni, costruito per volontà dell'abate Mechitar (morto nel 1749). Nonostante i rimaneggiamenti, il refettorio, la scala, la biblioteca, decorati da stucchi raffinati e da dipinti di Francesco Zugno (1709-1787), fanno intuire il gusto dell'architetto del quale certamente esistono altri edifici non ancora identificati.

Sul C. poche notizie possiamo avere dall'archivio dell'Accademia veneziana. Nel 1798 era iscritto al Collegio dei pittori; nel 1800 (7 settembre) è nominato professore accademico nella classe degli architetti; è confermato nel titolo dagli Austriaci nel 1804 (3 settembre); nello stesso anno 1804 muore a Venezia e ben presto è dimenticato come accade agli architetti specializzati solo nella costruzione dei teatri, edifici per varie ragioni effimeri e, salvo casi molto rari, di breve vita: eppure il suo teatro di S. Benedetto era famoso in tutta Europa.

Il C. ricostruì il teatro dei Vendramin, detto anche di S. Luca o di S. Salvador e poi Goldoni, dopo che una commissione nominata dai Provveditori del Comune ne aveva deciso la demolizione per la precaria statica. Il C. lo ricostruì in sei mesi nel 1776, rimodernato, ma simile al precedente: aveva quarantuno palchi per ordine. Nel 1818 il teatro fu rimodernato dall'architetto ornatista G. Borsato e ridipinto dal pittore G. B. Bison; fu completamente rifatto dallo stesso Borsato nel 1833; allora si perse ogni ricordo della costruzione del Checchia.

Rimane qualche immagine del teatro di S. Benedetto, ricostruito dopo l'incendio del 5 febbraio del 1774, in una stampa di A. Baratti (Milano, Museo teatrale alla Scala, riprod. in G. Ricci, Teatri d'Italia, Milano 1971, p. 231) rappresentante le feste nel teatro in onore dei conti del Nord (il futuro zar Paolo I e consorte: gennaio 1782), dalla quale stampa Francesco Guardi trasse un noto dipinto, già conservato nella raccolta Parravicini di Parigi, ed in un quadro di Gabriel Bella (Venezia, Pinacoteca Querini Stampalia). Possiamo apprezzare la linea del teatro che, per le proporzioni, era considerato tra i più belli d'Italia. Il C. nei documenti risulta "assistente e direttore" fino alla fine della fabbrica oltre che "architetto" (I teatri..., 1971, pp. 149, 152 s.). La pianta era a racchetta; i palchi erano divisi in cinque ordini di trentuno; il palcoscenico era il più spazioso ed il meglio attrezzato della città. Il S. Benedetto fu il teatro più alla moda fino a che non sorse la Fenice (1792). Al concorso per la costruzione della Fenice il C. presentò un progetto che non ebbe successo (1790).

Il gusto del C. lo possiamo ancora vedere nel sontuoso pulpito e nella mostra dell'organo eseguiti nella veneziana chiesa di S. Pantaleone (S. Pantalon): si può supporre che i lavori siano del 1780, quando vari pittori eseguirono dipinti firmati e datati per quell'edificio (Giacomo e Vincenzo Guarana, Alessandro Longhi, Giovanni Faccioli, Lorenzo Gramiccia). Le due opere lignee, dipinte in bianco e oro, con tendaggi ricchi e finti in modo da creare una illusione perfetta, ci fanno conoscere un artista ancora ben inserito nella tradizione barocca, e di gusto più vecchio dei colleghi pittori che lavorano assieme a lui. Per il C. certamente le teorie lodoliane non avevano avuto importanza; e la finzione del teatro era stata la sua realtà.

Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. P. D. C. 1419/1: Progetto e scrittura per la rifabbrica del teatro di S. Salvatore, Venezia 1775 (è a stampa, il C. è tra i firmatari); Ibid., Mss. P. D. C. 2251, 2: Bilanzo rifabbrica del Teatro di S. Benedetto(1774-1775); Ibid., Mss. Cicogna 3543/XV: presentazione del progetto per La Fenice; G. A. Moschini, Itinérairede la ville de Venise, Venezia 1819, pp. 172 s., 295 (per Francesco: p. 360); G. Tassini, Curiosità venez., Venezia 1915, pp. 70, 648; E. Bassi, I teatrivenez. dal Cinquecento al Settec., in Ateneo veneto, CXLV (1961), pp. 7 s.; I teatri pubblici di Venezia(secoli XVII-XVIII) (catal.), Venezia 1971, pp. 90, 149, 152 s.; N. Mangini, I teatri di Venezia, Milano 1974, pp. 109, 114, 120, 132, 158 s.; E. Bassi, Teatri veneti del Settecento, in Boll. del Centro int. di archit. A. Palladio, XVII (1975), pp. 194 s., 198, 202; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 480.

Vedi anche
organo Strumento musicale ad aria, costituito da una serie di canne in cui viene immessa, per mezzo di un mantice o altro meccanismo, aria che le fa vibrare, con un’emissione di suoni regolata da tastiere e pedaliera; attraverso il somiere (una cassa di legno) l’aria trova un regolato adito alle canne (v. fig.). ... Venezia Comune del Veneto (415,9 km2 con 268.993 ab. nel 2008, detti Veneziani), capoluogo di regione e di provincia. L’insediamento storico della città, posta al centro dell’omonima laguna, è tradizionalmente suddiviso in sei ‘sestieri’ (Cannaregio, Castello, Dorsoduro, San Marco, San Polo e Santa Croce) e ... Veneto Regione dell’Italia nord-orientale (18.399 km2 con 4.832.340 ab. nel 2008, ripartiti in 581 comuni; densità 263 ab./km2) compresa fra le Alpi Carniche a N, il Trentino-Alto Adige e il Lago di Garda a O, il Mincio e il Po a S, il Mar Adriatico e il Friuli-Venezia Giulia a E. Il capoluogo di regione è ... Teatro La Fenice Teatro lirico di Venezia, inaugurato nel 1792, in sostituzione del Teatro di San Benedetto, raso al suolo da un incendio. La costruzione fu realizzata da G.A. Selva. Le decorazioni interne di F. Fontanesio furono sostituite da quelle stile impero di G. Borsato durante la dominazione napoleonica, quando ...
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Vocabolario
chécca
checca chécca s. f. [prob. dal nome proprio femm. Checca, ipocoristico fam. di Francesca, scelto per suggestione fonosimbolica; va notato che la stessa parola indica, in diversi dial. settentr., la gazza (così come cécca in area tosc.),...
checché
checche checché (o che che) pron. rel.-indef. [lat. quidquid]. – Qualunque cosa, qualunque cosa che; ha valore neutro e si adopera solo come soggetto o compl. oggetto, ma sempre in frasi di tono un po’ sostenuto: ch. avvenga, io voglio...
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