CERASO, Pietro
Nacque a Cardito (Napoli); sono ignote le date di nascita e di morte; dalle notizie a noi pervenute si può argomentare che operò tra il 16400 ed i primi del 1700. Non si sa nulla del suo apprendistato, che dev'essersi svolto presso una delle botteghe della capitale del Viceregno, ove era viva la tradizione dei gruppi processionali, della "semana santa" d'impronta iberica, d'origine cinquecentesca. Ignota, fino ad oggi, è la sua attività di scultore in marmo tramandataci dalla storiografia settecentesca. È, invece, accertata, e documentata, l'attività di scultore in legno policromo, e quella di creatore di un nuovo tipo di presepe composto da figure mobili dalle varie dimensioni. Verso il 1647 realizzò, per la chiesa di S. Maria in Portico, di Napoli, quello che è oggi il più antico complesso presepiale costituito da figure a grandezza umana in manichini lignei articolabili con le teste in "tela-plastica", figure che dimostrano, oltre ad una sostanziale innovazione tecnica rispetto ai gruppi composti da sculture a tutto tondo, l'aderenza al fasto spagnolo attraverso i broccati, le preziose sete e le opulente oreficerie che ornavano i re Magi, ma anche l'adesione al senso teatrale della vita secentesca.
Il 1° febbr. del 1684 gli venne ordinato un grosso presepe dalle monache del convento di S. Chiara (ora in parte nei depositi) costituito da figure di varie dimensioni (da cm 90 a cm 60) e da animali che, in realtà, furono scolpiti dai suoi collaboratori. Altre opere del genere si ritrovano presso collezioni private e chiese per le quali il C. aveva realizzato interi presepi arricchiti di quei prototipi che serviranno da modelli agli scultori dei secoli successivi, come per esempio i destrieri del corteo dei Magi ove il C. spiega tutta la sua sapienza di artista che aveva attinto dalla realtà il rapporto anatomico degli animali permeandolo di monumentalità classica (chiesa della SS. Annunziata. e coll. priv. a Napoli).
Tutta questa attività era ignorata dalla storiografia settecentesca che indicava il C. solo come realizzatore di opere in legno e marmo e quale capo di una importantissima scuola di artefici che aveva perpetuato il suo messaggio oltre la metà del sec. XVIII. Ma la fama del C. presso i contemporanei era affidata anche alla creazione della vasta casistica delle piccole sculture policrome di carattere religioso, mitologico ed allegorico, custodite in bacheche, di cristallo ed ebano con bronzi dorati, che ornavano gli oratori privati, gli ambienti intimi (come il S. Sebastiano a Napoli, in coll. priv.) e le stanze di rappresentanza della nobiltà e della ricca borghesia: tali "scarabattole" (bacheche) venivano anche ordinate dai vicèré i quali le inviavano in Spagna ove ebbero un gran successo per l'evidente vena intimista che si opponeva all'imperante gusto barocco.
Tali accezioni si riscontrano anche nelle sculture lignee del C., il quale innestò sul ceppo della cultura tardomanierista la sua temperata vena naturalistica partenopea, resa attraverso un raro nitore plastico ed una cromia composta da pochi toni rosa cenerino con tocchi di sfumo cinabro: così come si riscontra nel Crocifisso del convento di S. Bartolomeo (Castellammare di Stabia), nel S. Antonio di Padova in S. Maria di Portosalvo (Napoli), nella S. Chiara della chiesa omonima di Lecce, ed in altre opere sparse nel Meridione realizzate tra gli ultimi anni del Seicento ed i primi del Settecento.
Bibl.: C. De Lellis, Continuaz. alla Napoli Sacra dell'Engenio, Napoli 1654, p. 307; B. De Dominici, Vita dei pittori, scultori ed architetti napol.,Napoli 1742, III, p. 389; O. Giannone, La storia dell'arte napol. [1780 circa], a cura di O. Morisani, Napoli 1943, p. 159; G. B. D'Addosio, Docc. ined. di artisti napoletani dei secc. XVI e XVII, Napoli 1920, pp. 269 s.; G. Borrelli, Il presepe napoletano, Roma-Napoli 1970, pp. 49-51, 149-151, 194 s.; Id., in Catal. per la Mostra delle figure presepiali napoletane, Napoli 1971, pp. n.n.