CASOLA (de Casolis), Pietro
Nacque presumibilmente nel 1427 da un'antica famiglia milanese. Abbracciata la carriera ecclesiastica a poco più di vent'anni, nel 1452 fu eletto dai "vicini et parochiani" rettore della chiesa di S. Vittore al Pozzo a porta Ticinese, e nominato, per volontà dei "patroni" e ratifica dell'abate di S. Simpliciano, cappellano della cappellania di S. Spirito e Cinque piaghe di Cristo nella chiesa di S. Tommaso, in Terramara (Arch. d. Curia arcivescovile, Atti di visita, Miscellanea città e pievi, XI, c. 548). Dopo il 1460 è a Roma, forse come segretario della legazione milanese alla corte papale. Qui gli viene concesso il beneficio della prepositura di S. Vittore in Corbetta, nella diocesi di Milano, confermato il 13 ag. 1467 dalla duchessa Bianca Maria Visconti.
Di questo beneficio, come pure di quelli legati a due canonicati successivamente concessigli, uno nella basilica collegiata di S. Stefano in Brolo a Milano e l'altro a S. Vittore in Corbetta (annesso alla prepositura), sembrai che il C. abbia potuto godere con molta dffficoltà e dopo aver rivolto ai signori di Milano una supplica, pervenutaci priva di data ma certo posteriore al dicembre 1476. Tali difficoltà erano in parte legate al suo lungo soggiorno a Roma: nella supplica ricorda che sono ben "xvj anni chel sta in corte de Roma alli servitij de questo stato", e ancora nel 1477 la sua presenza colà è attestata da un dispaccio dell'ambasciatore milanese presso il papa.
Del 1476 è la prima testimonianza rinvenuta dell'entrata del C. nel novero dei "canonici seu ordinarii" della Chiesa milanese, facenti parte del cosiddetto clero maggiore cui accedevano di regola i soli appartenenti a famiglie nobili. Si tratta di una lettera patente di Galeazzo Maria Sforza, conservata nel ms. 141 della Bibl. Trivulziana, in data 13 novembre: in essa si concede al C., subentrato come ordinario a Masetto Crivelli, il rinnovo del contratto daffitto, relativo ad un terreno della pieve di Arcisate pertinente all'ordinaria. Il Catalogus Ordinariorum della basilica metropolitana lo segnala invece per la prima volta solo nel 1478.
Una controversia sul possesso della cappella di S. Maria de Cepis, adiacente a S. Vittore al Pozzo, vede coinvolti insieme al C., negli anni 1478-1479, Ambrogio de Cepis e Girolamo Cazzaniga; dai signori di Milano fu incaricato di risolverla il canonico Andrea da Fagnano, anch'egli ordinario. Nel 1494, anno in cui si recò in pellegrinaggio in Terrasanta, risiedeva ancora come parroco a S. Vittore: la notizia ci è fornita dallo stesso C. nel racconto da lui redatto sulla base di appunti presi durante il viaggio.
Dopo aver raggiunto Venezia ed avervi atteso la partenza della galea destinata al trasporto dei pellegrini visitando la città con infaticabile interesse, il C. si imbarca sulla "Contarina" il 4 giugno. Durante il viaggio di andata la galea fa scalo nelle principali città della Dalmazia e nelle isole di Corfù e Candia, dove i pellegrini vivono una spaventosa avventura a causa di un terremoto che devasta la capitale. A Rodi la sosta è più lunga del previsto perché si teme di due pirati, Arigi e Camalio, che agivano in quella zona di mare: fra paure ed incertezze la galea procede per Cipro e poi per Giaffa. Qui per nove giorni i Turchi impediscono ai pellegrini di sbarcare; dopo penose traversie essi giungono infine a Gerusalemme il 5 agosto. Le visite ai luoghi santi avvengono in gran fretta e fra molte difficoltà: a causa della tensione tra Arabi e Turchi non è possibile compiere la consueta visita al convento di S. Caterina al monte Sinai. Il viaggio di ritorno, iniziatosi già il 18 agosto, è funestato dalla morte di alcuni pellegrini: fra questi è fra' Francesco Trivulzio, noto predicatore francescano. Due furiose tempeste nel tratto fra Modone ed Antivari mettono a dura prova la galea ed il rientro a Venezia avviene solo alla fine di ottobre. Il C. si sofferma ancora per alcuni giorni nella città lagunare, incontrando alcuni dei personaggi politici più attivi nella crisi provocata dall'intervento di Carlo VIII, l'ambasciatore veneziano presso il papa, Girolamo Zorzi, e quello francese a Venezia, Philippe de Commynes. A piccole tappe ed in compagnia di amici venutigli incòntro da Milano l'anziano canonico conclude devotamente il pellegrinaggio, rientrando in città a piedi dalla Cascina di Rottole.
Il nome del C. continua.a essere registrato fra quelli degli ordinari fino al 1504, e nel 1502 egli appare essere il decano di quel collegio. Ricoprì certo anche la carica di canonico della basilica di S. Ambrogio; come tale sottoscrive un codice liturgico donato al prevosto di S. Ambrogio nel 1486, seguendo quella che appare una tradizione familiare.
Al 1506 risale una donazione da lui fatta all'"Officio della Pietà dei poveri di Cristo", divenuto poi il Pio albergo Trivulzio. Il 13 ottobre dello stesso anno il C. dotò di 80 libbre annue una cappella della basilica metropolitana, con l'impegno, per gli ordinari, di cantarvi la messa conventuale (Arch. della Curia arciv., Atti di visita, Metropolitana, vol. XXVI, n. 205). Morì nella sua parrocchia il 6 nov. 1507, all'età di 80 anni. "ex gattarro prefocante", assistito da Ambrogio Varese di Rosate. medico personale di Ludovico il Moro. Fu sepolto in duomo, come documenta una lettera di Giovanni Pietro Visconti indirizzata al successore del C. nella carica di ordinario, l'allora protonotario apostolico Giovanni Andrea Vimercati.
Non è stato possibile documentare, nell'arco di una vita così lunga, ed ancora troppo poco nota, quando egli abbia compiuto i viaggi ed i soggiorni presso varie corti, in Italia e all'estero, ricordati nel racconto del suo pellegrinaggio. Ben ricostruibile è invece la sua interessante attività di liturgista, già nota ai dotti del Seicento, dal Verdier al Possevino al Puricelli. Gli studi e le ricerche rivolti per, lunghi anni, alle cerimonie del rito ambrosiano sfociano nel 1490 nell'edizione del Breviario Ambrosiano (Indice generale d. incunaboli..., n. 2067), per la cui redazione il C. si avvalse, come ricorda nella epistola introduttiva, dei consigli di sacerdoti esperti e della consultazione di antichi codici.
A questa edizione, dedicata all'arcivescovo Guidantonio Arcimboldi e particolarmente curata nella veste tipografica, "quae nec infirmiores oculos posset offendere", fece seguito nel 1492 una seconda (ibid., n. 2068) predisposta per l'uso quotidiano del clero, in formato ridotto ed "exiliori charactere". In appendice al Breviario venne stampato uno Speculwn matutinalis officii ambrosiani, la cui composizione è dal Sassi rivendicata al C., contro l'opinione del Puricelli. Il testo dello Speculum poteva destare interesse ancora due secoli dopo, se il canonico Carlo Francesco Carcano lo ricopiava intorno al 1640, riportandone fedelmente il colophon, insieme alla epistola dedicatoria (Biblioteca Ambrosiana, cod. Trotti 233: P. Casola, Speculum matutinalis [sic]).
L'importanza del Breviario nella storia liturgica milanese è sottolineata anche da recenti studi del Cattaneo: il C., se da un lato rappresenta la tradizione della basilica metropolitana, dall'altro è colui che codifica per primo questa tradizione in un corpus di rubriche non lontane dall'uso moderno, e compie un coerente lavoro di unificazione e di repressione di consuetudini aberranti.
Nella raccolta delle Litaniae secundum ordinem Ambrosianum (ibid., n. 5768), curata ed edita nel 1494 e relativa alle preghiere recitate nel corso delle rogazioni triduane, appaiono per la prima volta le rubriche in volgare contrapposte al testo latino. L'opera liturgica più nota e forse più rappresentativa del C. è però il Rationale Coerimoniarum Missae Ambrosianae del 1499 (ibid., n. 2543), ove ogni parte della messa è accuratamente spiegata e commentata in rapporto anche ai culti orientali da cui il rito ambrosiano appare influenzato.
Dal Puricelli è stato attribuito al C. un testo conservato iiel ms. D.2.24 della Bibl. capitolare di Milano, dal titolo Rubrica Breviarii reverendi Casolae, che è invece una compilazione del sec. XVI, probabilmente tratta dalle sue opere a stampa.
Inoltre il C. ha lasciato un cospicuo numero di manoscritti liturgici, sovente riccamente miniati ed ornati del suo stemma, da lui fatti scrivere e donati al capitolo del duomo ed a quello dei canonici di S. Ambrogio. I più antichi fra quelli datati sono un Liber hiemalis cantus ambrosiani del 1486 (Arch. capit. di S. Ambrogio, M 38) ed i Cantus de sanctis dei 1492 (Ibid., M 52); seguono uno Psalterium del 1504 (Bibl. cap. del duomo, U. 1.1), un Ordo sepeliendi corpora defunctorwn additis lucernariis del 1505 (Ibid., E. 2.4). un secondo Ordo sepeliendi dedicato al canonici di S. Ambrogio (Ibid., E. 2.3) ed un Missale Ambrosianum pro defunctis (Ibid., D. 2.29), ambedue del 1506. Del 1507, anno della morte del C., sono i Responsorii et antiphonarii in tribus diebus rogationum, con un ritratto miniato del C... nella cui sottoscrizione appare l'espressione "senio confectuin" (Ibid., E. 1.25), ed una Bibbia in tre tomi (Arch. capit. di S. Ambrogio, M 42-43-44) donata il 29 aprile.
Privi di data, e attribuiti dai cataloghi al sec. XV, sono un Liber coralis et Psalterium (Ibid., M 53) e un Officiwn mortuorum cum cantu (Ibid., M 28), un Evangeliariwn Archidiaconi, con postille di Francesco Castelli (Bibl. cap. del duomo, D.2.37). un Prontuario per i "lectores"(Ibid., U.1.9), un Processionale (Ibid., C.3.4) e tre volumi di orazioni da recitarsi nei giorni delle rogazioni triduane (Ibid., D.1.8-9-10).
Un posto a parte occupa il racconto del pellegrinaggio a Gerusalemme, redatto in volgare, di cui si conosce un solo manoscritto, il cod. 141 della Bibl. Trivulziana, edito da G. Porro (Viaggio a Gerusalemme, Milano 1855) che lo ritenne autografo.
Il manoscritto reca nei primi fogli numerose correzioni coeve, indizio forse di una revisione mai completata; nei margini è stato apposto un indice a tutti i passi relativi al beato fra' Francesco Trivulzio, raccolti poi in foglietti sciolti (conservati insieme al codice) nel sec. XVIII dall'abate Carlo Trivulzio, autore anche delle molte didascalie presenti nel margim esterni.
Si tratta di un testo estremamente interessante, curiosamente rimasto inedito a differenza di altri del medesimo tipo, quale quello del milanese Santo Brasca. Costruito secondo un convenzionale schema diaristico, il racconto del C. appare consapevole dei più diffusi testi della tradizione letteraria dei pellegrinaggi, ricca e variamente orientata, sensibile al fascino dei "mirabilia" orientali, limitata talora ed impastoiata in moduli devozionali; ma in lui un sincero spirito religioso nulla toglie all'acutezza dello sguardo, ed attraverso le sue parole rivive la quotidianità dello scorcio del secolo, concretata in precise valutazioni economiche e culturali: meritatamente più nota agli studi è l'ampia descrizione di Venezia e dei costumi, anche politici, del patriziato.
Fonti e Bibl.: A. Verdier, Supplementum Epitomes Bibliothecae Gesnerianae, Lugduni 1585, p. 43; A. Possevino, Apparatus sacer, Venetiis 1606, III, p. 45; I. P. Puricelli, Laurentii Littae... vita, Mediolani 1653, p. 342; Id., De SS. martyribus Nazario et Celso... historica dissertatio, Mediolani 1656, pp. 255 s.; F. Picinelli, Ateneo dei letter. milanesi, Milano 1670, p. 460; G. A. Sassi, Historia literario-typographica Mediolanensis, in F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Mediolani 1745, I, coll. 315-319 e pp. DXCV, DCV; G. Giulini, Mem. spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e della campagna di Milano nei secoli bassi, Milano 1760, VII, pp. 145, 312 s.; XII, p. 151; Annali della Fabbrica del duomo, III, Milano 1880, pp. 1, 73, 85, 119, 124, 127; V. Forcella, Iscriz. delle chiese e degli altri edifici di Milano..., VIII, Milano 1891, p. 47; Milano, Arch. cap. di S. Ambrogio, Pergamene: Regesto dal XIV sec. (vol. III), dattil. a cura di L. S. 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