CAPRANO, Pietro
Nato a Roma il 28 febbr. 1759 da Matteo, agiato commerciante in generi alimentari, fu avviato agli studi presso i gesuiti del Collegio Romano. Qui rimase anche dopo il 1773, quando venne abolita la Compagnia di Gesù, avendo come maestri, fra gli altri, il Cunich per la retorica e la lingua greca e monsignor G. A. Reggi, poi prefetto della Biblioteca vaticana, per la Sacra Scrittura. Mentre si rivelava per le notevoli doti di intelligenza, sentiva anche una profonda vocazione per la vita sacerdotale, invano ostacolata dalla famiglia che riponeva in lui, unico maschio, ogni speranza di continuità. Conseguita la laurea in teologia il 9 sett. 1780 e ricevuti gli ordini sacri il 23 febbr. 1782, rimase nel Collegio Romano come proprefetto e vi diresse la Congregazione mariana e la prima primaria.
Nel 1786 gli fu affidata la cattedra di liturgia, dal 1789 passò a quella di teologia morale e nel 1794 fu nominato professore di storia ecclesiastica. Tenne questo posto fino al 1809 con una sola interruzione avvenuta negli anni 1798-99, quando, cacciato da Roma Pio VI, fu proclamata la Repubblica romana; in tale occasione il C. rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà alla costituzione imposto a tutti i professori, divenuti pubblici funzionari, e fu perciò esonerato dall'insegnamento. Dai primi anni del sec. XIX il C. divenne teologo del cardinale Michele Di Pietro, di cui era già stato segretario prima della sua elevazione alla porpora, segnalandosi fin d'allora negli ambienti di Curia per l'equilibrio dei suoi suggerimenti relativi ad alcuni spinosi affari ecclesiastiti. Per questa sua attività e per un ribadito rifiuto a collaborare con il nuovo governo, dal 1809 al 1814 fu deportato, come altri ecclesiastici e prelati giudicati sospetti, in vari luoghi dell'Italia settentrionale.
Con la Restaurazione, dopo aver riavuto la cattedra di storia ecclesiastica al Collegio Romano, il C. ottenne la giubilazione dall'insegnamento e fu fatto cameriere segreto di Sua Santità. Quasi contemporaneamente gli venivano affidati in seno alla Curia gli importanti incarichi di segretario della Congregazione sopra la correzione dei libri della Chiesa orientale (fino al 1828), di sigillatore della Sacra Penitenzieria apostolica, di consultore delle Congregazioni dell'Inquisizione, dell'Indice, dell'Esame: dei vescovi in sacri canoni e degli Affari ecclesiastici straordinari. L'8 marzo 1816 venne nominato arcivescovo d'Iconio in partibus infidelium e consacrato il 17 dello stesso mese dal cardinale Di Pietro.
Segretario della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari dal 9 nov. 1822 al 10 marzo 1823 (cioè fino alla defenestrazione del Consalvi dalla segreteria di Stato), il C. fu uno dei più fini interpreti ed esecutori della politica consalviana. Certamente non a caso proprio a lui fu affidato dalla segreteria di Stato all'inizio del 1820 l'impegnativo incarico di esaminare: l'opera di Joseph de Maistre Du Pape (Lyon 1819) e di dame un giudizio critico che potesse essere trasmesso all'autore prima che questi preparasse una seconda edizione.
Era stato lo stesso scrittore savoiardo a sollecitare l'intervento della Curia romana, tramite il rappresentante diplomatico pontificio a Torino, mons. Romualdo Valenti. Egli sperava, infatti, che Roma approvasse ufficialmente il programma delineato nel suo libro, che fondava sul riconoscimento più totale dell'infallibilità personale del papa la possibilità di costituire quest'ultimo come giudice autorevole di ogni contrasto interno o internazionale tra gli Stati cattolici. Ma a Roma non si ritenne opportuno per motivi politici approvare formalmente le tesi maistriane, benché fossero state accolte con profondo favore. Tuttavia non si rinunciò al tentativo di migliorare, soprattutto nella parte teologica, le argomentazioni contenute nel Du Pape, fidando sull'esperienza e sulla dottrina del C., le cui osservazioni, con un'accortezza tipicamente curiale, furono inviate al conte de Maistre nel giugno 1820con l'avvertenza che si trattava di "opinioni di una persona privata" (Arch. Segr. Vat., Segr. St., Est., a. 1820, rubr. 257, f. 37v: Consalvi a Valenti), che non potevano coinvolgere la posizione del governo pontificio. Piccato dalla mancata consacrazione da parte di Roma, lo scrittore savoiardo non tenne conto che in minima parte nell'introduzione all'edizione del 1821dei rilievi mossigli dal C. e gli fece pervenire tramite i canali diplomatici (poiché ne ignorava l'identità) una puntuale replica, l'Amica collatio (pubblicata in Etudes, 5 ott. 1897 pp. 7-32), in cui giustificava i passi criticati con una innegabile abilità e con una ragionevole condiscendenza. Poco dopo il Maistre, con l'immutato obiettivo d'impegnare a favore delle proprie tesi l'autorità della Curia romana, trasmetteva alla segreteria di Stato, per mezzo sempre dei Valenti, la richiesta di poter premettere alla seconda edizione del Du Pape una lettera dedicatoria a Pio VII, il cui testo veniva sottoposto al giudizio di Roma (25 dic. 1820). Ma anche in questo caso il C., cui il Consalvi aveva ancora una volta rimessa la responsabilità di decidere sull'opportunità di accetare la nuova proposta dello scrittore savoiardo, dette un parere del tutto negativo. Ribadì che anche l'accoglimento di una semplice dedica avrebbe compromesso politicamente la S. Sede, ma nello stesso tempo suggerì al Consalvi di trattare con ogni riguardo il Maistre, "un uomo le di cui intenzioni sono rettissime, che sebben secolare ha già recato grande vantaggio alla Chiesa, e può recarne sempre maggiore" (Arch. Segr. Vat., a. 1820, rubr. 257, fasc. 4, f. 138).
Con l'elezione al pontificato di Leone XII, il C. seguì le sorti del Consalvi. Mentre, infatti, questi lasciava la segreteria di Stato per la prefettura di Propaganda Fide, egli ne assumeva la segreteria dopo essere stato costretto a cedere quella degli Affari ecclesiastici straordinari a Giuseppe Antonio Sala. Tenne questa carica fino al 1828, cioè anche dopo la morte del Consalvi, avendo non poche divergenze con il successivo prefetto della Congregazione, cardinale Cappellari, il quale tuttavia apprezzò l'esperienza che il C. possedeva soprattutto per i problemi della Chiesa orientale. Le sue capacità critiche brillarono ancora nel luglio 1824 quando, contro il parere del cardinale De Gregorio e dello stesso Leone XII, espresse seri dubbi sull'autenticità dei documenti che a nome del viceré d'Egitto, Mehemet 'Alī, chiedevano la designazione di Abramo Chasciour, alunno del collegio di Propaganda Fide, ad arcivescovo di Menfi. Quando, dopo la consacrazione del Chasciour (agosto 1824), Si scoprì la realtà della mistificazione che aveva posto in ridicolo la Curia in tutti gli ambienti diplomatici, il C. non esitò ad addossarsi ogni responsabilità e ad assorbire in silenzio le accuse di imprudenza che gli venivano mosse.
Nel giugno 1826 fu il C., per ordine del papa che lo stimava molto, a stilare il memoriale che doveva servire a mons. Bernetti per farsi una sufficiente idea della situazione della Chiesa cattolica in Russia prima di partire per Pietroburgo, dove doveva presenziare a l'incoronazione di Nicola I. La sua analisi non nascondeva alcuno degli impedimenti che venivano posti alla libertà del clero in Polonia e in Russia; né in questo quadro si faceva intravvedere uno spiraglio per un miglioramento, poiché "una lunga esperienza di molti anni ha insegnato che alla religione cattolica in quegli Stati è riservata la più dura oppressione" (cit. in Colapietra, p. 453).
Nello stesso anno, il 2 ott. 1826, il C. fu preconizzato da Leone XII cardinale in pectore, ma venne pubblicato soltanto il 15 dic. 1828. Nel febbraio-marzo 1829 partecipò al conclave che elesse Pio VIII. Il 21 maggio 1829 gli fu assegnato il titolo presbiteriale dei SS. Nereo e Achilleo; fu inoltre nominato prefetto della Congregazione dell'Indice e assegnato come membro alle altre Congregazioni dell'Immunità ecclesiastica, di Propaganda Fide, dell'Esame dei vescovi in sacri canoni, della Correzione dei libri della Chiesa orientale, degli Studi. Nel 1830 divenne membro anche delle Congregazioni del S. Uffizio e degli Affari ecclesiastici straordinari. Nel conclave del 1831 il C. fu del "partito" che faceva capo al cardinale Albani e votò sempre per il Macchi, rimanendo fino alla fine irremovibilmente contrario alla candidatura del Cappellari.
Morì a Roma il 24 febbr. 1834 e fu sepolto nella chiesa di S. Ignazio nella cappella di S. Luigi Gonzaga.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Archivio dellaCongregazione degli Affari eccles. straordinari,Spogli,Carte Caprano (cfr. Guida delle fonti perla storia dell'America Latina negli archivi dellaSanta Sede e negli archivi eccles. ital., a cura di L. Pásztor, Città del Vaticano 1970, p. 315); Notizie per l'anno 1786, Roma 1786, p. 35; Notizieper l'anno 1789, ibid. 1789, p. 35; Notizie perl'anno 1794, ibid. 1794, p. 189; Notizie per l'anno 1808, ibid. 1808, p. 109; Notizie per l'anno 1818, ibid. 1818, pp. 89, 98, 106 s., 114 s.; Notizie perl'anno 1823, ibid. 1823, pp. 67, 75; Notizie perl'anno 1829, ibid. 1829, p. 36; Acta S. C. dePropaganda Fide Ecclesiam catholicam Ucrainaeet Bielarusiae spectantia, V, 1769-1862, a cura di A. G. Welykyi, Romae 1955, p. 228; LitteraeS.C. de Propaganda Fide Ecclesiam catholicamUcrainae et Bielarusiae spectantes, VII, 1790-1862, a cura di A. G. Welykyi, Romae 1957, pp. 156, 162, 165 s., 168 s., 171-174, 203; F. Guadagni, Petri Caprano S.R.E. cardinalis laudatio funebris, Romae 1836; P. Dardano, Diario dei conclavi del 1829 e del 1830-31, a cura di D. Silvagni, Firenze 1879, pp. 14, 23, 51, 60, 70, 74, 80 s.; R. Colapietra, La Chiesa tra Lamennais e Metternich…, Brescia 1963, pp. 360, 368, 453, 525, 533; L. Pásztor, La Congregazione degli Affari eccles. straordinari..., in Arch. historiae pontificiae, VI (1968), pp. 196, 207, 209, 213, 216, 247; G. Pignatelli, La propaganda cattol. a Roma da Pio VI a Leone XII, Roma 1974, pp. 280-84; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-eccl., IX, pp. 216 s. e ad Indicem; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VII, Patavii 1968, pp. 20, 22, 245 43, 221 s.