CAPEROLO (Capriolo, de Capriolis), Pietro
Nacque a Brescia o nelle sue vicinanze all'inizio del sec. XV ed entrò nel convento dei frati minori della Regolare osservanza di Milano, dove completò il suo noviziato, divenendo in seguito uno dei più efficaci e popolari predicatori della vicaria osservante di Milano.
La notorietà del C. è dovuta alla fondazione di un movimento separatista, i cui aderenti furono chiamati capriolanti dal nome del fondatore e formarono uno dei tanti gruppi dissidenti, quali i clareni, gli amadeiti e i neutrali, che divisero in quel secolo l'Italia francescana. Alla metà del 1460 alcune zone dipendenti dalla vicaria osservante milanese, quali Brescia, Bergamo e Cremona, erano passate dalla giurisdizione del ducato di Milano a quella della Repubblica di Venezia. I frati bresciani, sotto la guida del C., di Matteo da Treviglio, Gabriele Malvezzi e Bonaventura da Brescia approfittarono della nuova situazione politica per reclamare l'indipendenza dai frati milanesi, i quali avevano il controllo della gerarchia amministrativa nella vicaria. Al fine di impedire ai bresciani di perseguire la loro politica separatista, nel giugno del 1467, nel convento di S. Angelo di Milano, fu tenuta una riunione cui presero parte, tra gli altri, Bonaventura Piantonida da Milano, vicario generale, Marco Fantuzzi da Bologna, il più vicino per grado al vicario generale, e Antonio Velocchio da Vercelli, vicario provinciale di Milano. Essi condannarono il C. e i suoi seguaci quali ostinati ribelli e fomentatori di rivolte. Al C. e ad altri suoi sostenitori fu dato ordine di lasciare Brescia, fu proibito di entrare in tutte le aree urbane della vicaria e fu offerta la scelta di entrare in un eremo o di unirsi agli amadeiti; ma il C. rimase fermo nella sua decisione di non assoggettarsi alla obbedienza milanese. D'altra parte, gli osservanti non volevano rinunciare ad un predicatore così noto e nel 1469 Marco da Bologna, da poco eletto vicario generale, tentò di risolvere il conflitto deferendo il C. a un tribunale superiore e ponendolo a confronto con gli atti e le scritture che il C. aveva preparato per appellarsi contro la precedente sentenza, testimonianza della sua pretesa sedizione. Il C. venne invitato a ripudiare le sue idee e a comportarsi quale figlio devoto della vicaria milanese. I suoi scritti vennero dati alle fiamme e, costretto dalle circostanze, il C. chiese perdono per il suo passato comportamento, atto che sia il vicario generale che i suoi collaboratori pensarono avrebbe portato finalmente la pace tra i frati milanesi e quelli bresciani. In conseguenza, nel 1470, il C. venne restituito alla sua antica carica nell'interno dell'Ordine.
Tuttavia non passò lungo tempo prima che cominciassero nuovi disordini. Soggetto alla Repubblica veneta, il Comune di Brescia desiderava, per ragioni politiche, che i suoi osservanti si rendessero indipendenti dalla vicaria milanese. Nel dicembre del 1471 il Comune avanzò presso il papa Sisto IV, presso il ministro generale dei conventuali, Giovanni d'Udine, e presso il Senato di Venezia la richiesta che ai frati bresciani fosse formalmente consentito di liberarsi dai legami che li univano ai frati milanesi. Secondo il Sevesi, lo storico del movimento dei capriolanti, fu il C. ad ispirare tale appello al Comune, cosa che sembra probabile, quantunque egli non solo volesse rompere la relazione tra gli osservanti di Brescia e il vicariato provinciale ma anche quella con il vicariato generale dell'Osservanza e sognasse di capeggiare una propria congregazione che sarebbe passata sotto l'autorità dei conventuali. A questo suo progetto si opponeva Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, il quale in una lettera a Sisto IV (in Sevesi, La Congregazione dei capriolanti e le origini…, p. 114), datata 1º genn. 1471, attaccò il C. e i suoi seguaci; tuttavia in seguito il C. riuscì a stabilire col duca buoni rapporti, come risulta da una sua lettera a Galeazzo Maria (ibid., pp. 114 s.), datata 18 sett. 1471, da Roma, dove probabilmente si era recato per cercare appoggi alla sua causa.
Un più valido sostegno alla causa del C. venne dal doge di Venezia, che in una lettera a Sisto IV richiese che gli osservanti del dominio veneto venissero affrancati dal dover obbedienza ai prelati milanesi. Nel 1472 Sisto IV affrontò la crisi spirituale e politica e pubblicò una bolla (18 febbr. 1472) con cui ai frati osservanti di Brescia, Bergamo e Cremona veniva concessa l'indipendenza dalla provincia di Milano e venivano posti direttamente sotto la giurisdizione del vicario generale dell'Osservanza. Veniva loro inoltre concesso il privilegio di celebrare, con il consenso del vicario generale, il capitolo, e di eleggere il proprio vicario, conformemente alla prassi dell'altra provincia della Osservanza. La bolla non soddisfece il C. il quale aspirava sempre a una completa indipendenza dall'autorità dell'Osservanza mentre irritò Marco da Bologna e altri osservanti fortemente contrari alla scissione dalla vicaria milanese, i quali tentarono di render vano lo stratagemma papale. Il C. si appellò al papa affinché richiamasse all'ordine Marco che non obbediva a quanto enunciato dalla bolla; Sisto IV diede allora maggior appoggio al C. e destituì Marco dalla sua carica negli osservanti. Il C., in una riunione del capitolo generale dell'Osservanza, tenutasi a L'Aquila il 15 maggio 1472, parlando in nome della nazione bresciana, espose il suo caso contro l'antico vicario. La causa, con il consenso del capitolo e di Marco da Bologna, fu rinviata al giudizio del ministro generale dei francescani, p. Vannetto, che insieme a tre frati delegati dal papa, investigò sulle accuse esposte dal C. e le controaccuse di Marco da Bologna. Alla fine la commissione si espresse in favore di Marco e il C. si lamentò con il papa che gli investigatori e Marco avevano insidiosamente complottato contro di lui. Ancora una volta Sisto IV decise in favore dei capriolanti e unificò gli osservanti di Brescia, Bergamo e Cremona a quelli di Venezia. Infine, nel 1477, il papa concesse al C. di formare un vicariato separato dei capriolanti, sotto la direzione del ministro generale dei conventuali. Il C. si trovò così per il momento vittorioso nella sua lunga lotta contro gli osservanti. I capoluoghi dei capriolanti furono Brescia, Bergamo e Cremona e dal 1477 in poi la nuova Congregazione si adoperò a fare proseliti nelle regioni circostanti.
Ma alla morte del C., avvenuta nel 1480, la Congregazione cadde rapidamente e l'anno seguente i suoi seguaci fecero ammissione dei propri errori e vennero assorbiti nella vicaria provinciale degli osservanti di Brescia, resa indipendente sia da quella veneta che da quella milanese.
Fonti e Bibl.: Mariano da Firenze, Compendium chronicarum ordinis FF. Minorum, Quaracchi1911, pp. 111, 125; L. Wadding, Annales Minorum, XIII, Quaracchi 1932, p. 464; XIV, ibid. 1933, pp. 3, 157, 278; P. M. Sevesi, La Congregazione dei capriolanti e le origini della provincia dei frati minori della Regolare Osservanza di Brescia, in Archivum franciscanum historicum, VII (1914), pp. 108-121; Id., La Congregazione dei capriolanti sotto il titolo di S. Bernardino, in Studi francescani, IX (1923), pp. 249-272; Id., S. Rocco di Brescia e laCongregazione francescana dei capriolanti, in Brixia sacra, XVI (1925), pp. 98-112, 147-177; Id., Corrispondenza milanese del b. Marco da Bologna, in Archivum franciscanum historicum, XLVIII (1955), pp. 303-404; A. Cistellini, La vita religiosa nei secoli XV e XVI, in Storia di Brescia, II, Brescia 1961, p. 418 n. 1; J. Moorman, A History of the Franciscan Order from its origins to the year 1517, Oxford 1968, pp. 498 s.; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., XI, coll. 854 s.