CAMUCCINI, Pietro
Figlio di Giovanni Battista e di Teresa Rotti, e fratello di Vincenzo, nacque a Roma il 6 luglio 1761. Mortogli presto il padre, si volse all'esercizio della pittura, segnalandosi come restauratore di antichi dipinti.
I "repolitor di quadri" ben potevano stimolare l'estro satirico dei contemporanei, da Pier Leone Ghezzi in poi; costituivano, tuttavia, in Roma, una componente indispensabile all'attività del massimo mercato artistico europeo. E dall'esercizio del restauro il C. passò con facilità al collezionismo e alla compravendita di opere antiche.
Ebbe fra i clienti più illustri i principi Borghese, che di solito gli cedevano (talvolta per riacquistarle più tardi) pitture riconducibili alle sorgenti del classicismo secentesco: memorabili sopra tutte le dieci Storie di Apollo del Domenichino, asportate in parte nel 1812dalla villa Aldobrandini di Frascati. Infatti, fin dalla metà del Settecento l'ambiente cosmopolita degli amatori d'arte e degli artisti che affluivano a Roma si era orientato verso opere di questo genere, coerentemente con l'indirizzo generale della cultura.
Negli anni della fioritura neoclassica, sulla cerchia più stretta del C. c'informa il Goethe, che nel 1787 lo trovava tra gli amici di Angelica Kauffmann, insieme con Antonio Zucchi, pittore stimato anche in Inghilterra, con l'inglese Thomas Jenkins, celebre (e non sempre scrupoloso) mercante d'arte, con Giovanni Volpato, incisore apprezzato, che, fra l'altro, divulgò gli affreschi di Raffaello in una versione tipicamente neoclassica. In tale ambiente, dominato dalle teorie del Winckelmann e del Mengs, il C. iniziò una sua collezione, ampliata poi dal fratello minore Vincenzo, ricca di opere importantissime: le "antichità" furono stimate, in data imprecisata, dal Thorvaldsen (A. D'Este, Memorie di A. Canova, Firenze 1864, pp. 457 s.). All'educazione del fratello Vincenzo si dedicò con impegno, riconoscendogli doti superiori di molto alle proprie; scelse per lui quello che si stimava tra i migliori maestri di Roma, Domenico Corvi (di cui egli stesso era stato discepolo). Nell'aprire la via a colui che - accanto al Canova - doveva considerarsi il massimo esponente del gusto ufficiale in Roma durante il dominio napoleonico e la Restaurazione, è da riconoscere il più chiaro successo del C. e, senza dubbio, il suo più valido contributo allo sviluppo di quel tardo neoclassicismo, conservatore e accademico, che doveva caratterizzare per molti anni la cultura artistica romana.
Morì a Roma il 4 nov. 1833.
Nel Museo Camuccini di Cantalupo oltre a copie del C. da quadri classici, sono conservati un suo Autoritratto e i ritratti delle Nonna e di una Zia materna;nella Bibl. dell'Istituto di archeologia e storia dell'arte di Roma (Mss. Lanciani 132)sono conservati accuratissimi disegni di statue della basilica vaticana. È ancora da studiare quanta della produzione del fratello Vincenzo debba invece essere attribuita a lui. Sono tratte da suoi disegni alcune incisioni di P. Bombelli.
Fonti e Bibl.: W. Goethe, Viaggio in Italia, in Opere, a cura di E. Zaniboni, Firenze 1940, II, p. 911; C. D'Onofrio, Villa Aldobrandini, Roma 1963, pp. 133 s.; F. Ceccopieri Maruffi, La gall. Camuccini nel racconto di un prezioso manoscritto, in Strenna dei romanisti, XXXV (1974), pp. 132-35.