BUBANI, Pietro
Nacque a Bagnacavallo (Ravenna) il 1º ott. 1806, si laureò in medicina a Bologna nel 1929. Dopo aver esercitato la professione medica per un breve periodo, si volse presto agli studi botanici ai quali dedicò con passione tutta la sua vita. Partecipò alla rivoluzione del '31e dovette perciò in seguito emigrare dallo Stato pontificio e cercare rifugio in Toscana. Ma anche da qui nel 1832 fu esiliato. Dopo un breve soggiorno a Bastia, dove entrò in contatto con alcuni esuli legati a Mazzini, si recò nel maggio dello stesso anno a Marsiglia. Dopo un vano tentativo di ritornare in Toscana, finì per stabilirsi a Montpellier, dove si dedicò allo studio della botanica. Dalla scena politica praticamente scomparve dopo un contrasto con i fratelli Fabrizi, che ebbero a difensore lo stesso Mazzini.
Per consiglio di F. Dunal (del quale rimase amico per tutta la vita) iniziò lo studio sistematico della flora pirenaica e il 21luglio 1836 partì per il suo primo viaggio scientifico. Soggiornò a lungo nella catena pirenaica trattenendovisi per molti mesi anche allo scopo di studiare lo sviluppo di alcune particolari specie vegetali; nei periodi invernali, sospendendo i viaggi, metteva a punto le sue ricerche a Montpellier con il Dunal e poi a Tolosa, confrontando le specie da lui raccolte con quelle dell'erbario dei Pirenei di Ph. de La Peyrouse conservato in quel Museo. Alla morte di Gregorio XVI, beneficiando di una amnistia concessa per l'elezione del papa Pio IX, il B. rientrò in Italia nel 1847 con quattordici casse di piante da lui raccolte nei Pirenei in undici anni di lavoro e di studio. Tornò molte altre volte nei Pirenei dal 1847 al 1852 per migliorare, completare, conoscere più ampiamente e più profondamente la flora pirenaica, a cui ormai veniva dedicando ogni suo interesse scientifico. Trascorse alcuni anni a Bologna, a Firenze più tardi lavorando sotto la direzione di F. Parlatore, ed infine a Bagnacavallo dove si ritirò a riordinare e a catalogare l'enorme materiale di cui disponeva e, dove si spense all'improvviso ultraottantenne il 12 luglio 1888. La Flora pyrenaea non fu subito pubblicata perché dopo pochi anni anche la figlia Felicita, cui l'opera era stata affidata, morì.
L'opera di maggior rilievo scientifico è la Flora pyrenaea e relativo erbario i cui due primi volumi furono stampati a Milano da O. Penzig dell'università di Genova fra il 1897 e il 1899.Le piante descritte sono nel complesso 2800, catalogate in 132ordini e cioè in 103ordini le Dicotiledoni, in 22 ordini le Monocotiledoni, in 7 ordini le Acotiledoni, Ogni descrizione di genere e di specie è sempre preceduta dalla citazione degli autori che si occuparono di quella pianta; di ognuna di esse riporta l'habitat, il tempo (mese) della fioritura e della fruttificazione, il tipo di suolo, luogo e data di raccolta, descrizione e varietà principali. Accompagna l'opera un erbario di sessantasei pacchi, ove di ogni pianta è indicato il nome specifico, generico, il luogo e la data di raccolta; esso è ora conservato nell'Istituto di botanica di Genova insieme con un altro erbario, pure del B., di contenuto più generale e costituito da centotrenta pacchi. Ma non tutta la regione pirenaica è stata esaminata: il B. si rammarica di non aver avuto il tempo necessario per completare l'opera. Scartando le specie non sicuramente indigene, il B. divide la regione pirenaica in tre zone biologiche: oceanica, mediterranea e alpina. L'oceanica comprende tutta la Cantabria, la mediterranea si estende nei Pirenei meridionali, la alpina che si estende nei Pirenei centrali usufruisce di più luce e di più aria. Rare sono le piante palustri.
O. Penzig, nella sua prefazione all'opera del B., la considerava preziosa per le notazioni originali, per la ricchezza dei particolari inediti, anche se prevedeva critiche specialmente a proposito della nomenclatura vegetale; infatti, avendo ritenuto ambiguo il significato di alcuni nomi di specie e genere, il B. lo aveva sostituito con sinonimi da lui creati, mentre altre volte, per una rivendicazione di priorità, aveva usato il nome dato dal Tournefort, al posto di quello dato dal Linneo. In un'altra sua opera - Dunalia, Imola 1878 - il B., accanto a numerose note botaniche, dava la descrizione di alcune piante della flora toscana, di cui però si era occupato superficialmente, e del Narcissus dubius e ricordava i molti suoi viaggi nei Pirenei.
In Flora virgiliana (Bologna 1869), seguendo l'esempio di altri quali il Bertoloni, l'autore si cimentava nella descrizione e nello studio delle piante ricordate da Virgilio: per ordine alfabetico, citando i versi in latino del poeta, le elencava tutte discutendo l'identità della pianta e talvolta denunciando il suo disaccordo con quegli studiosi che prima di lui si erano occupati dello stesso argomento.
In Dodecanthea infine, stampata in latino a Firenze nel 1850, troviamo la descrizione di alcune piante spontanee in Italia: quali la Thlaspi nivale, l'Helianthemum croceum,Polycarpon cupani ecc., ed una lettera al prof. Planchon in forma di osservazione su alcune specie di Frittillarie (Gigliacee).
Oltre a quelle citate si ricorda: Sudi alcune divergenze intorno alla nomenclatura botanica sorte tra il dott. P. B. e il compilatore delle pretese leggi prof. Alfonso de Candolle; lettera del dott. P. B. al sig. Godron..., Bologna 1854.
Fonti e Bibl.: Il Museo Civico del Risorgimento di Bologna possiede un fondo Bubani, comprendente oltre un centinaio di lettere sue o a lui dirette. Cfr., inoltre, Ediz.naz. degli scritti... di G. Mazzini..., Protocollo della Giovane Italia, III, V, ad Indices; E. Michel, Gli esuli italiani in Corsica, Bologna 1938, pp. 79, 82, 87, 94, 135, 194, 226, 231; P. A. Saccardo, La botanica in Italia, Venezia 1895, I, p. 40; II, ibid. 1901, p. 25; A. Bertoloni, Riferimenti sulle collezioni botaniche e i manoscritti lasciati dal dott. B., in Nuovo giornale botanico, XXIII (1891), pp. 206-215; E. Malinvaud, Uncoup d'oeil sommaire sur la litterature botaniaue pyrenéenne: B. et son flora pyrenaea, in Bull. de la Soc. bot. de France, LIV (1907), pp. L-LIII; LV(1908), pp. XLIV-LIV.