BRUTO, Pietro
Nacque a Venezia da famiglia veneziana la cui presenza è attestata fin dall'inizio del secolo XIV. Dei genitori è noto solo il nome della madre, "Margarita q. Iohannis Bruti". Non conosciamo nemmeno la data di nascita, anche se a tale riguardo un'indicazione ci viene offerta dallo stesso B., che in una lettera del 22 dic. 1486 all'amico Oliviero da Arzignano dichiara di essere in età avanzata ("aetate iam ingravescente"). Dovrebbe quindi esser nato nei primi decenni del Quattrocento. Dopo i primi studi a Venezia, conseguì (come risulta dalla qualifica che lo accompagna in gran parte dei documenti) la laurea in artibus, probabilmente a Padova, per quanto ciò non risulti dagli atti.
La prima attestazione documentaria certa risale al 1463 (o forse, nell'ipotesi di un computo more veneto, e in accordo con un'altra testimonianza, al 1464), quando il B., ormai ordinato sacerdote, iniziò (per quel che ne sappiamo) la carriera ecclesiastica come parroco di S. Agata a Venezia; nello stesso tempo gli era affidata anche l'istruzione dei chierici destinati al servizio nella basilica di S. Marco, come indica il titolo di "rector scholarum in canonica s. Marci". Il 26 ag. 1468 ottenne da Paolo II l'episcopato di Croia in Albania, sollecitato a suo favore anche da un intervento del Senato della Serenissima; ma se da una parte si comprende molto bene l'assegnazione di quella sede ad un veneziano, dati gli stretti rapporti politici stabiliti con la Repubblica di S. Marco dal Castriota, è certo d'altra parte che, rifattasi incombente la minaccia turca dopo la morte di quest'ultimo, avvenuta pochi mesi prima, il B. non risiedette stabilmente a Croia; e nemmeno è sicuro che egli vi si sia recato a prendere possesso della diocesi. Poco dopo fu nominato vicario generale del vescovo di Cattaro, il veneziano Marco Negro, al quale succedette nel 1471, secondo la testimonianza più sicura (Eubel, II, p. 140), nel 1474 secondo altre. Ma anche a Cattaro, dove si adoperò per migliorare le condizioni economiche della diocesi, il B. dovette recarsi solo saltuariamente (l'unica sua presenza documentata è del marzo 1484), affidando l'amministrazione diocesana a vicari, di due dei quali si ha notizia certa (1476 e 1478). Infatti, pur conservando il titolo di vescovo catarense, il B. fu incaricato dal cardinal Giambattista Zeno, vescovo di Vicenza dal 1471, della luogotenenza di quell'episcopato, dove egli visse stabilmente fino alla morte. Non è noto con certezza l'inizio del soggiorno vicentino, ma non v'è dubbio che esso risale almeno al 1477, cui appartengono i primi documenti in cui il B. sia nominato come vescovo luogotenente dello Zeno. Per il resto quel periodo è fittamente documentato (grazie soprattutto ai recenti spogli archivistici di G. Mantese), cosicché possiamo seguirlo, quasi anno per anno, nelle varie attività del suo ministero.
A questo tempo vanno assegnate anche le vicende più salienti della sua vita, oltre alla composizione dell'opera che lo rese famoso, la Victoria contra Iudaeos. All'inizio di aprile del 1481 si recò a Trento, essendo stato affidato da Sisto IV a lui e ad un altro vescovo il compito di indagare sui miracoli attribuiti al beato Simone, il fanciullo che secondo la tradizione sarebbe stato barbaramente ucciso dagli Ebrei; il B. ed il suo collega comunicarono al pontefice le risultanze dell'inchiesta con lettera del 12 maggio dello stesso anno. L'uccisione del beato Simone ed altri episodi analoghi, il cui ricordo è vivissimo nella Victoria (ff. miiv-miiir, sir), e soprattutto nella Epistola contra Iudaeos, lo spinsero ad adoperarsi per ottenere il bando degli Ebrei da Vicenza, che infatti fu decretato il 12 giugno 1486: il fatto lo mosse poi a scrivere un'orazione in lode dei Vicentini, stampata alla fine della Victoria. L'avversione contro gli Ebrei, che si traduceva praticamente in una lotta senza quartiere, e che si accompagnava nel Bruto alla condanna sdegnata di ogni atteggiamento indulgente dei cristiani nei loro confronti, era sì stimolata dall'indignazione per gli infanticidi che venivano loro attribuiti, ma aveva il suo fondamento anche in precise ragioni teologiche. Per questo il B. sostenne più volte pubbliche dispute con i più dotti Ebrei di Vicenza (cfr. per es. Victoria contra Iudaeos, ff. [IIIr], hiiir, hvv-hvir, pirv); e qualche volta gli accadde pure di convertire alcuni di essi al cristianesimo (Epistolacontra Iudaeos, f. a8r).
La Victoria contra Iudaeos, Vincentiae 1489, che è l'opera più importante del B. (e che nel dicembre 1481risulta già composta da tempo, come indica la lettera di un amico, Barnaba Celsano, che lo esorta a pubblicarla), raccoglie i dogmi più e meno vulgati del giudaismo (soprattutto sulla persona di Cristo) per confutarli sulla base di solide conoscenze della Scrittura e della lingua ebraica. Il trattato, che è preceduto da una lettera al mantovano Giovanni Benavides ed è dedicato alla nobiltà vicentina, consta di due parti: nella prima, articolata in cinque capitoli, il B. si propone di dimostrare che Cristo è il vero messia annunciato dai profeti; nella seconda sono esposte quindici obiezioni, attinte ad altrettanti passi dei Libri profetici, mosse da due rabbini al B., e le confutazioni di quest'ultimo. L'opera si chiude con una lettera al pontefice e con la già citata orazione ai Vicentini. Con la Victoria il B. si riallaccia ad una tradizione di interesse per la lingua e la cultura ebraica (e, nella fattispecie, di trattatistica antigiudaica) che non era senza precedenti nel Veneto, e che si arricchirà più tardi, all'inizio del Cinquecento, in una situazione culturale molto diversa, di nomi fa mosi; per questo la sua opera andrà certo accostata, per vari aspetti, all'esempio anteriore ma meno noto di Paolo Morosini (De aeterna temporalique Christigeneratione, Patavii 1473), campione a Venezia della lotta antiebraica (cfr. F. Cornaro, De cultu s. Simonis pueri tridentini, Tridenti 1775, pp. 39 s., 83-90). D'altra parte la Victoria del B., benché non abbia avuto altre edizioni, pure conobbe un successo immediato non certo trascurabile e non comune per tale genere di scritti. Nel marzo del 1499essa fu infatti tradotta in volgare dal monaco benedettino Gregorio da Genova, a Polirone (il volgarizzamento è contenuto nel ms. A II 31della Biblioteca Comunale di Mantova, al quale si riferisce certamente, e non ad altra opera del B., l'informazione riportata dal Mazzuchelli, p. 2258);e qualche anno più tardi, nel 1503, la lettura della Victoria contra Iudaeos diede lo spunto ad un allievo di Guarino, Fino Fini, per riprendere gli argomenti del B. contro gli Ebrei e svolgerli con maggior forza e vigore nel suo In Iudaeos flagellum (Venetiis 1538;cfr. ff. aiiiiv, ciir).
L'Epistola contra Iudaeos (s.l. [ma Vicenza] 1477)è un breve testo in cui il B. chiede giustizia per l'assassinio del beato Simone, indirizzato "ad venerabilem virum presbiterum Petrum florentinum in Bassani oppido commorantem" (si tratta di Pietro da Firenze, capo di una congregazione fondata dal beato Beltramo da Ferrara, che in quegli anni si trovava appunto nel convento di s. Pancrazio a Bassano; cfr. G. B. Sajanello, Historica monumenta ordinis sancti Hieronymi congregationis b. Petri de Pisis, II, Romae 1760, p. 268);vanno inoltre ricordate del B. una lettera, del 2dic. 1481, ad un allievo di Ognibene da Lonigo, Barnaba Celsano, premessa all'edizione latina di alcune opere di s. Atanasio (Contra haereticos et gentiles, Vincentiae 1482) tradotte da Ognibene e curate dallo stesso Barnaba; ed una lettera, del 22 dic. 1486, ad Oliviero da Arzignano (anch'egli discepolo di Ognibene), in risposta, alla dedica fattagli da Oliviero della sua edizione di Valerio Massimo (Facta et dicta memorabilia, Venetiis 1487). Occorre infine ricordare che in quest'ultima lettera il B. accenna ad una sua opera De virtute amplectenda, non altrimenti nota.
La morte del B. fu assegnata dal suo primo biografo, Giovanni Degli Agostini, al 1491, sulla base di una testimonianza che non è stato possibile reperire (cfr. Marc.it. 8642, f. 230); tuttavia non esistono motivi validi per dubitare di quell'affermazione, che è in accordo con i due termini sicuri indicati dai documenti a nostra conoscenza: il 12 ott. 1492, in cui l'assemblea capitolare del convento vicentino di S. Maria dei Servi concede al B. il diritto di farsi costruire il sepolcro in quella chiesa, ed il 16 ag. 1493, in cui fu nominato il suo successore all'episcopato di Cattaro.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Vicenza, Arch. notarile, Gregorio da Malo, 12 ott. 1492.
Per la biografia del B. in generale resta fondamentale G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, I, Venezia 1752, pp. 495-508 (si vedano pure, con cautela per la presenza di qualche dato errato, i mss. del Degli Agostini, e cioè il Marc.it. 8642 [ff. 230-31], e i mss. PD 800 C [ff. 183-91] e PD 802 C [ff.456-57] della Civica Bibl. Correr di Venezia). Si v. inoltre: F. Cornaro, EcclesiaeVenetae... illustratae ac in decades distributae, Venetiis 1749, II, p. 386; XIV, Supplementa, pp. 191 s.; M. Foscarini, Della letteratura veneziana, Venezia 1854, pp. 363 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2256-58; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VI, 1, Venezia 1795, pp. 284 s.; G. Mercati, Ultimi contributi alla storia degli umanisti, II, Città del Vaticano 1939, pp. 38, 37. Sugli episcopati di Croia e di Cattaro si vedano: F. Cornaro, Catharus Dalmatiae civitas in ecclesiastico et civili statu historicis documentis illustrata, Patavii 1759, pp. 36-38; D. Farlatus-I. Coletus, Illyrici sacri tomus sextus, Venetiis 1800, pp. 471, 472-74 (si vedano pure gli appunti mss. del Coleti, alle pp. 472-73, in un esemplare di quest'opera, il Marc. lat. 2983); Id., Illyrici sacri tomus septimus, ibid. 1817, p. 450; P. B. Gams, Seriesepiscoporum, Ratisbonae 1873, pp. 398, 404; C. Eubel, Hierarchia cath. medii aevi, II, Monasterii 1914, pp. 122, 140. Sul periodo vicentino si vedano soprattutto i numerosi documenti inediti, parzialmente pubblicati o segnalati da G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, III, 2, Vicenza 1964, ad Indicem. Sivedano inoltre: S. Castellini, Storia della città di Vicenza, XII, Vicenza 1821, pp. 232, 246-47, 251; S. Lancellotti, Historiae Olivetanae... libri duo, Venetiis 1623, pp. 306 s.; F. Barbarano de' Mironi, Historia ecclesiastica della città,territorio e diocese diVicenza, I, Vicenza 1649, p. 214; II, ibid. 1652, pp. 198-205; IV, ibid. 1760, pp. 69, 90; V, ibid. 1761, 421; [B. Bonelli], Dissertazione apologeticasul martirio del beato Simone da Trento, Trento 1747, pp. 204 s.; Monumenta ecclesiae tridentinae, III, 2, Tridenti 1765, pp. 347, 458; G. B. Sajanello, Historica monumenta ordinis sancti Hieronymi congregationis b. Petri de Pisis, II, Romae 1760, p. 550; F. Cornaro, De cultu s. Simonispueri tridentini, Tridenti 1775, pp. 39, 52; T. Riccardi, Storia dei vescovi vicentini, Vicenza 1786, pp. 182 s.; G. Faccioli, Catalogo ragionato de' libri stampati in Vicenza e suo territorio nel secoloXV, Vicenza 1796, pp. 36 s., 39, 77-81, 175 s., 178 s.; Musaeum lapidarium vicentinum, II, Vicentiae 1803, pp. 22 s., 33; III, ibid. 1804, p. 121; Q. Tassello, Storia del santuario della Madonna dei miracoli di Lonigo, Verona 1942, pp: 33, 38-40, 86 s. Sulla Victoria contra Iudaeos si veda F. Secret, Notes sur les hebraïsants chrétiens, in Revue des études juives, CXXIV (1965), pp. 169-73. Il Cicogna, Delle Inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, p. 336, segnalando un codice contenente "Bruti epistolae a Ramusio traductae", le attribuisce per congettura al B., mentre è evidente che si tratta delle lettere greche dello pseudo Marco Giunio Bruto, con "Ramusio" probabile lezione errata per "Rinucio". Del B. infine parla anche F. R. Hausmann, Giovanni Antonio Campano (1429-1477)..., Freiburg i. Br. 1968, p. 497, che però lo confonde con un corrispondente ed amico del Campano, Pietro Vitali, a causa dell'appellativo "Brutius", e cioè "Calaber", con cui questi veniva chiamato.